30 gennaio 2015

Fabriano che barcolla ma che per ora non crolla

Il Governatore Spacca, in trasferta romana per l'elezione del Presidente della Repubblica, ha colto l'occasione per fare un salto al MISE dove ha incontrato il Sottosegretario alle Attività Produttive sulla questone Ardo-JP. Risultato: una proroga di due anni dell'Accordo di Programma e relativa revisione dei criteri di accesso ai fondi e un Contratto di Sviluppo finanziato da Fondi Ministeriali per mantenere l'occupazione dei 700 lavoratori della JP. 

La linea che si sta consolidando, quindi, è molto chiara: guadagnare tempo, tenere in piedi l'impalcatura degli ammortizzatori sociali e degli incentivi per cronicizzare la crisi del territorio fabrianese. Si tratta di un approccio assistenziale che personalmente non condivido ma con il quale si prende atto di alcuni fatti inoppugnabili: il nostro territorio non ha un futuro industriale e non si profilano nuovi insediamenti produttivi in grado di compensare la crisi e riassorbire la manodopera.  

Di conseguenza si mette in quarantena un pezzo di città in età lavorativa, prendendo atto che non lavorerà più e non possiede competenze spendibili per trovare un altro lavoro altrove. Il sistema sociale si fa carico di mantenere questo pezzo di città a zero ore combinando strumenti di diverso ordine e tipologia. 

Una necessità sociale che crea iniquità e disparità di trattamento sempre più profonde tra categorie di lavoratori. Ma la giustizia non è di questo mondo e le esigenze di stabilità sociale alla fine tendono a prevalere sull'etica delle cose. 

Insomma, per ora Fabriano barcolla ma non crolla. L'interrogativo che aleggia riguarda la durata e la stabilità di questa barriera assistenzial-protettiva. Essa dipende da molti fattori. Non ultimo l'evoluzione del quadro politico regionale che, inevitabilmente, produrrà effetti e contraccolpi anche sulla configurazione economica e sociale di Fabriano.  

Non a caso, qualche giorno fa, Pietro Marcolini, uno dei due candidati alle primarie del Pd regionale, nel suo discorso di presentazione ha detto esplicitamente che Merlonia è morta e sepolta, quasi a rimarcare il ruolo di target negativo che Fabriano rappresenterà rispetto alle azioni di una classe politica che prova a chiudere il decennio spacchiano colpendo non soltanto il Governatore in carica - cosa politicamente legittima - ma anche la sua città di origine, cosa, invece, politicamente vendicativa.
    

20 gennaio 2015

Giuseppe Galli e la foglia d'ortica nel deserto

Le dimissioni dell'Assessore Giuseppe Galli arrivano con almeno un anno di ritardo e per questo somigliano a un pomodoro troppo maturo per risultare croccante e piacevole al palato. 

Questo blog è stato un testimone attento delle mosse di Galli che abbiamo descritto e narrato in decine di post. Spesso incoraggiandone l'iniziativa, a volte criticandone le eccessive prudenze, ma sempre nella convizione - disincantata e cinica - che potesse rappresentare una foglia di ortica nel culone sagramoliano.

L'ex assessore, infatti, è stato l'unico a cercare di interpretare il ruolo di governo cercando di combinare innovazione, dialogo e dinamismo. Ingredienti estranei alla cultura politica e amministrativa di una compagine fatalmente propensa al traccheggio.  

Non è un caso, da questo punto di vista, che le dimissioni di Galli siano state immediatamente archiviate e digerite dal Sindaco e dall'Udc, che stanno chiudendo la faccenda in termini di mera sostituzione, come se il j'accuse di Galli sulle deleghe apparenti e sull'immobilismo della Giunta sia soltanto la coda velenosa di un'esperienza politica e personale giunta al termine. E non è un caso che l'unica preoccupazione di Sagramola sia fare in fretta e arrivare al Consiglio Comunale di giovedì con il nuovo assessore già nominato.

C'è poco da fare: Galli era un corpo estraneo e proprio questa sua "vocazione al contrasto" era, allo stesso tempo, ciò che lo rendeva alternativo e e ciò che lo condannava a infinita debolezza. 

La vera sfida perduta è stata la viabilità, perchè era quello il campo dove, rispetto al passato, era possibile introdurre qualche elemento di rottura, sia nella gestione del centro storico sia rispetto all'insostenibile influenza esercitata da alcune categorie economiche impermeabili a ogni ipotesi di cambiamento.

Invece Galli si è impantanato nelle attività produttive, rincorrendo Sagramola su un terreno interventista, magari utile per dare la sensazione di un attivismo municipale ma che alla fine ha dimostrato i suoi limiti di struttura, fino a sfiorare la linea di confine del ridicolo con i penultimatum continuamente lanciati in direzione del Mise sul caso Ardo-JP.


Consapevole di questo mix di ostacoli e di errori politici Galli ha provato a prendere tempo, lavorando sulla proiezione esterna. In questo senso la profonda trasformazione della Mostra dell’Artigianato – divenuta evento di pregio da rassegna trash che era - è stata lo strumento mediatico e politico con cui Galli ha cercato di compensare il deficit di performance generato dall’impossibilità di incidere sul versante della viabilità e del traffico.

Come è naturale, in questi casi, si rincorrono molte voci sul futuro di Galli. C'è chi ne rileva una tempistica correlata all'approssimarsi delle elezioni regionali e chi, invece, prefigura una volontà di rivergination orientata alla costruzione di una lista per le prossime elezioni comunali.

Staremo a vedere. Certo è che la Giunta ha perso il meno peggio del mazzo: politicamente ambizioso e convinto che per promuovere l'ambizione fosse necessario incardinarla in un quadro di scelte politiche e di governo cittadino.  

Sagramola poteva "usarlo" come frontman per mettere in campo qualche operazione rischiosa ma necessaria a invertire la china. Invece ne ha percepito soltanto la "concorrenzialità politica" e ha agito per disinnescarlo e metterlo fuori gioco. Come avrebbe detto lo storico latino Publio Cornelio Tacito, Sagramola "ha fatto un deserto e lo ha chiamato pace".
    

14 gennaio 2015

La fine del fabrianese lillipuziano


L'integrazione in atto tra Whirlpool e Indesit ha mietuto le prime vittime, con la messa in mobilità di 20 dirigenti della "fu" multinazionale fabrianese. L'operazione fa parte di quel cambio di vertice che normalmente accompagna un'acquisizione, perchè chi compra non può permettersi il lusso di far condizionare le nuove scelte di gestione da figure legate al passate e fedeli alla vecchia proprietà.

Di questa natura delle cose è espressione anche l'assetto contrattuale dei dirigenti che possono essere licenziati con una facilità non riconosciuta per altre figure professionali. I primi 25 dirigenti furono messi in mobilità con il Piano di Salvaguardia di Milani ed oggi si prosegue su quella falsariga.  

Di fatto la notizia non c'è ma la FIOM ha voluto vederla lo stesso, quasi che la decisione di Whirlpool sia il preludio di una scrematura di massa di posti lavoro nel territorio fabrianese. 

In realtà l'esclusione dei vecchi dirigenti Indesit un effetto lo produce sul sindacato perchè azzera i soggetti del classico "dialogo sociale" locale, spostando il baricentro delle relazioni industriali a livello nazionale.

Come mi è capitato di scrivere qualche giorno fa la nomina di Franco Secchi a Vicepresidente prefigura una relazione morbida con la città ma siamo in un altro ambito e non credo che Secchi sarà investito di una delega alle relazioni industriali.

Ciò significa che la questione Indesit diventa una materia di intervento del "Governo centrale" e dei sindacati nazionali, con una quota di intervento delegata all'azione delle Regioni coinvolte.

Come fabrianesi saremo sempre più spettatori di processi concordati e definiti altrove. Il che ci aiuterà a superare quel vizio del provincialismo che spinge a pensarci come il centro del mondo e a guardare le cose con occhio lillupuziano e tic ombelicale.
    

9 gennaio 2015

A Fabriano non si lavora ma si spaccia e si pippa



In un post del 27 ottobre 2014 avevo scritto che Fabriano vive sotto il tallone di due dipendenze: gli ammortizzatori sociali lunghi e la cocaina. Come accade sempre, in questi casi, furono diversi i "minimizzatori" che mi accusarono di esagerare, di indulgere a un racconto semplificato e immaginifico della realtà fabrianese.

Le recenti operazioni messe a segno dai Carabinieri hanno invece dimostrato, con la concretezza della merce sequestrata, che a Fabriano si spaccia e si pippa a go go e che esiste un mercato assai più ramificato e prospero di quel piace credere e far credere ai "minimizzatori".

Si tratta di una realtà che si potrebbe anche archiviare come effetto collaterale della crisi economica ed occupazionale del territorio. Ma sarebbe una risposta comoda e di superficie, espressione di quel guardare altrove a cui è stato educato il docile popolo fabrianese e metalmezzadro.

Il consumo locale di bamba, invece, non ha nulla di "sociale" e di sociologico, se non in certi soggetti che fanno dello spaccio un grasso palliativo con cui rispondere alla disoccupazione. Per il resto siamo di fronte a un consumo ludico, che attraversa trasversalmente ceti e professioni e non esprime più nulla di borghese, anche se i giornali amano raccontare la tradizionale balla della "Fabriano bene" che trema.

La vecchia concezione della cocaina come droga classista è tramontata da un pezzo e la trasversalità del consumo fa sì che attorno ad essa si generi una sorta di "non ostilità" collettiva, quasi che sniffare sia un'opzione tra le tante, come andare al ristorante o leggere un libro avanti al camino.

Questo atteggiamento genera una zona grigia di tolleranza non dichiarata, un tana libera tutti che mette sottosopra la realtà e tende a far apparire quasi anomale le operazioni di polizia che vengono realizzate per stroncare lo spaccio di cocaina e la diffusione perniciosa del cosiddetto consumo personale.

Ora, la repressione dello spaccio spetta alle forze dell'ordine, così come la scelta di sniffare chiama in causa il libero arbitrio del singolo. Il rincoglionimento collettivo generato dalla zona grigia e dal consumo pervasivo riguarda, invece, l'intera comunità e si tratta di un fenomeno che manda in tilt quella lucidità di pensiero collettivo che è condizione necessaria per determinare una risposta efficace alla crisi. Perchè anche in questo caso, nessuno si salva da solo.
    

4 gennaio 2015

Whirlpool e la rondine che, forse, fa primavera

Col nuovo anno si è chiusa l'era Merloni in casa Indesit. La manager spagnola Esther Berrozpe ha assunto la Presidenza e Marco Milani, protagonista della lunga e complessa transizione che ha condotto alla vendita del gruppo fabrianese, ha rassegnato le proprie dimissioni.

Le operazioni di integrazione del business Whirlpool-Indesit hanno impattato anche nel primo livello di governance, con la nomina di sette Vicepresidenti (4 di provenienza Whirlpool e 3 Indesit).

Di fatto la Berrozpe ha dato vita a un Direttorio, incaricato di affiancarla e sostenerla nelle decisioni strategiche che verranno assunte. In questo quadro l'elemento interessante è che uno dei sette Vicepresidenti nominati è il fabrianese Franco Secchi, Direttore del Mercato Italia Indesit e Presidente del Ceced Italia.

Secchi è un fabrianese doc, fortemente radicato in città e proveniente da quell'Azione Cattolica Diocesana forgiata da Don Tonino Lasconi e tradizionalmente attenta alla dimensione sociale della fede e all'impronta pedagogica dell'essere cristiani.

Anche se è difficile esprimersi con nettezza sulle intenzioni del nuovo management incaricato di gestire l'integrazione tra Whirlpool e Indesit, la nomina di Secchi può essere interpretata anche come un segnale distensivo nei confronti del nostro territorio, come il tentativo di costruire un canale autoctono di comunicazione con la città che dia chiaramente il senso di un dialogo e non di una rottura tra la comunità e la multinazionale americana.

Si tratta, ovviamente, di un'interpretazione ardita e speranzosa ma di certo, da oggi, Whirlpool fa un po' meno paura. La decisione della Barrozpe, di cui ignoriamo i contenuti manageriali, è anche una decisione politica: individuare in Franco Secchi un punto di mediazione soft tra la città e l'azienda oltre che un elemento di continuità con la precedente gestione di Indesit.

La questione cruciale da risolvere riguarda le forme e le formule dell'interlocuzione possibile, perchè un dialogo ha sempre bisogno di due parti legittimate e di pari livello che si confrontano sul merito dei problemi. Fabriano, ad oggi, non sembra in grado di esprimere autonomamente la "qualità del dialogo" necessaria. 

Ciò non toglie che si profila l'opportunità nuova di far valere, al massimo livello Whirlpool, i bisogni economici e occupazionali del territorio. E di questi tempi anche una rondine sola è capace di fare un po' di primavera.
    

1 gennaio 2015

Perchè lascio Sagramola al suo destino di Re Travicello

Primo post del 2015 e terzo anno di Bicarbonati. Come tutte le cose di questo mondo anche la scrittura ha il suo ciclo di vita e la sua fase di declino. Il declino riguarda quella che si potrebbe definire la stagione prima oppositoria e poi maramaldesca dei Bicarbonati. 

La fase oppositoria si è consumata nel primo anno, con la narrazione puntuale del sagramolismo come disfatta culturale e politica della comunità fabrianese; un racconto che ha avuto il suo culmine con la "crisi Tares", il momento in cui il già fragile rapporto tra il Sindaco e la città si è irreversibilmente deteriorato.

Il 2014 è stato,invece, l'anno maramaldesco dei Bicarbonati, il periodo in cui abbiamo ucciso un uomo morto, colpendo un'amministrazione che non incide la pellicola ed è del tutto estranea e superflua rispetto alla crisi della città

In questo modo ho commesso il più penalizzante degli errori: tenere in vita una Giunta morta, rappresentarla nei suoi minuscoli vizi e nelle sue penose brame come se fossero degne di nota, di indignazione e di influenza.

In parallelo l'approccio maramaldesco ha favorito anche lo sviluppo di una "opposizione sagramoliana", ossia persone e gruppi ossessionati dal Sindaco, convinti che la sconfitta politica di Giancarlone sia di per sè un elemento di progresso e di ripresa quando è evidentissimo a tutti che Sagramola è un Re Travicello: una carica senza autorità, capacità e carisma.

Il 2015 dei Bicarbonati sarà, quindi, un anno senza ectoplasmi di Giunta e di partito. Parleremo del futuro di una città con 5.000 disoccupati, della distruzione di futuro generata dalla trasformazione degli ammortizzatori sociali in reddito di cittadinanza, delle possibilità di riconversione economica in settori come il turismo, del ruolo e del futuro della sanità e dell'Ospedale, degli effetti territoriali dell'incorporazione di Indesit in Whirlpool, del ruolo della Fondazione e dei rischi di definitiva marginalizzazione che si corrono con le nuove ipotesi di aggregazione regionale che cominciano a circolare.

Ovviamente parleremo anche di politica, di quella che può incidere su questi temi, ossia del livello regionale. La dimensione comunale la mettiamo da una parte in attesa che essa esprima qualcosa in più di un F24 con obbligo di pagamento.

Se volete farvi un'idea del perchè sia necessario fare un salto qualità legato ai contenuti date un'occhiata a Facebook. Il 2015 si è concluso con una pippa infinita e terrificante sulla neve: da una parte un pezzo di cittadinanza pronta a drammatizzare due dita di neve pur di attaccare Sagramola; dall'altra un Sindaco che risponde "schiaffeggiando" i suoi cittadini come se non dovesse rispondere a nessuno di quel che fa o di quel che omette di fare.

Parafrasando il Duca di Mantova nel Rigoletto verdiano potremmo sintetizzare il nuovo anno dicendo che Sagramola e i suoi oppositori "per me pari sono".