18 giugno 2015

Una proposta ai prossimi candidati a Sindaco

I vincoli di bilancio che gravano sull'attività dei Comuni, accompagnati dalla rigidità della spesa corrente, producono un effetto devastante sulla democrazia municipale: la riduzione dei margini di discrezionalità della decisione politica.

Ciò significa che si sta procedendo, sempre più speditamente, verso un concetto di decisione unica e obbligata a cui un Sindaco è chiamato a conformarsi a prescindere dal colore politico dello schieramento che lo ha espresso.

Di fatto le esigenze di controllo della spesa pubblica, il Patto di Stabilità e le politiche rigoriste imposte dall'Unione Europea stanno rimpiazzando la decisione politica con la decisione tecnica la cui efficacia ed efficienza - essendo puramente funzionale - può prescindere dal consenso e dai processi politici ed elettorali.



Ciò significa che, in prospettiva, la figura del Sindaco perderà sempre più peso e significato a vantaggio di profili più tecnici e commissariali. Si tratta di una tendenza che può anche andar bene se si restringe il campo al funzionamento di un Comune, ma che diventa preoccupante se si cerca di combinare l’efficienza dell’ente con lo sviluppo della democrazia e del pluralismo.



Ad esempio le dichiarazioni sul verde cittadino e sulla manutenzione urbana rilasciate qualche giorno fa da Sagramola, testimoniano come il Comune di Fabriano sia già entrato nel tunnel della logica commissariale



In verità il Sindaco, pro domo sua, altro non fa che trasformare l'oggettività dei vincoli che gravano sul Bilancio in una prova empirica della fine della "discrezionalità decisionale" che attiene alle funzioni di governo del primo cittadino.


La realtà, ovviamente, è un po’ diversa da come Sagramola la rappresenta. I margini di discrezionalità, sebbene ristrettissimi e inseriti in un trend che tende a consumarli, non sono ancora azzerati e possono essere utilizzati per valorizzare la politica, ossia la democrazia.

Per dare un senso al confronto tra candidati e raggruppamenti politici è necessario mettere tra parentesi la cronaca cittadina, declinando nel futuro il ragionamento sui vincoli e sulle rigidità coinvolgendo, sin da ora, i soggetti politici che, probabilmente, si candideranno a governare la città nel 2017.

In questo senso mi permetto di lanciare un sasso nello stagno, con una proposta che, se adottata da tutte le forze politiche, potrebbe restituire alla democrazia municipale quel filo di razionalità di cui si continua ad avere bisogno nonostante il campo sia sempre meno popolato dai sacerdoti di Minerva e sempre più infastato di Furie urlanti.

Chi si candida a Sindaco, assieme alle forze che lo sostengono, deve depositare un programma che è vincolante solo per la regolarità della candidatura. Il vincolo viene quindi concepito in modo formale e ciò che fa sì che il programma sia considerato un passaggio burocratico e non la sintesi di una strategia quinquennale di governo. 

Uno degli effetti di questa riduzione di senso è il totale disinteresse per il costo del programma, ossia le risorse che possono renderlo realizzabile e sostenibile. Sapere quanto costa un programma di governo consente di correlare quel costo alle risorse disponibili a bilancio. 

In questo modo è possibile sapere in anticipo l’entità del delta, ovvero farsi un’idea del grado di copertura finanziaria di quel determinato programma di governo cittadino. Il fatto che ci si possa trovare di fronte a un delta negativo non significa che il programma sia sbagliato ma che la copertura finanziaria non può essere garantita dalle risorse disponibili nel Bilancio Comunale.

Di fronte a un delta di copertura un candidato e una coalizione seri dovrebbero indicare ai cittadini a quali risorse integrative e a quali linee di finanziamento intendono attingere per attuare quel capitolo del programma.


In questo modo i cittadini potranno scegliere tra chi è più serio e convincente e non, come spesso accade, tra chi spara la cazzata più grossa. Diversamente ci sarà spazio soltanto per la classica delusione di metà mandato e per il solito rimpallo tra chi certifica le promesse non mantenute e chi si difende riparandosi dietro l’ombra lunga del Patto di Stabilità.