Vae victis, verrebbe da dire. Guai ai vinti. Specie quando non riconoscono di essere gli artefici della sconfitta e accampano scuse, ribaltano su forze esterne i propri limiti di visione e delineano macro tendenze nazionali per evitare il bisturi e autoassolversi da ogni anatomia politica su sé stessi.
Il Pd di Fabriano ha perso male nonostante l'illusione della vittoria fosse un mantra che non hai mai abbandonato i protagonisti della coalizione Insieme per Fabriano.
Il distacco tra palco e realtà, la forbice smisurata tra aspettative e risultati ha irretito il gruppo dirigente del partito che a quasi tre giorni dal voto, a parte il balbettìo imbranato del segretario e del vicesegretario del partito, non è stato ancora capace di esprimere un giudizio politico degno di attenzione e di nota.
Questo silenzio ittico è un lusso che il Partito Democratico non può permettersi perchè la rappresentanza politica è una cosa seria: il suo candidato Sindaco ha ottenuto il consenso del 40% dei cittadini votanti e il PD esprimerà 4 consiglieri comunali, ovvero la metà dei seggi attribuiti alla minoranza .
La scelta di tacere, oltre a essere la conseguenza depressiva di un fortissimo shock politico, è anche connessa al tentativo di minimizzare il risultato fabrianese, di diluirlo e contestualizzarlo nel grande calderone del renzismo singhiozzante per non fare i conti con errori, carenze e presunzioni politiche.
Non sono casuali, da questo punto di vista, le dichiarazioni della Senatrice Silvana Amati - esponente di rilievo del PD marchigiano - secondo cui la crisi industriale, il terremoto e la neve hanno determinato il successo del 5 Stelle, quasi avvalorando l'idea di una sconfitta maturata in un contesto esterno e oggettivo di "calamità" naturali ed economiche su cui la volontà politica del Pd non poteva né agire né incidere.
E' molto probabile che sia proprio questa la linea difensiva del vertice democratico cittadino; il "non potevo" che rimpiazza il "non volevo", una fuga dalla responsabilità politica che può funzionare anche perchè il Pd fabrianese non esprime da tempo una minoranza interna combattiva, in grado di contestare questa interpretazione farlocca del voto e di proporre un gruppo dirigente e una linea alternativi rispetto a quello incentrati sul pernicioso Patto di Attiggio.
Ma c'è anche un altro elemento che racconta e descrive il silenzio poco innocente dei vertici del PD locale, è cioè il tentativo di guadagnare tempo, di posticipare gesti e parole in attesa che si chiarisca la partita sanguinosa che le sconfitte di Fabriano e di Civitanova Marche hanno aperto nel Pd regionale, inaugurata da un pesantissimo scambio di accuse tra il Sindaco di Pesaro Ricci e il Segretario Regionale Comi.
Il risultato di questa partita multi livello sarà un Pd cittadino percepito dalla società fabrianese come una forza politica inutile, un corpo residuale, una terra del tramonto destinata ad accogliere reduci, depressi e perdenti.
E' per tutto questo che la sconfitta subita domenica scorsa dal PD prosegue; perchè quando si perde male si perde più volte. Il dato delle urne, infatti, non è epocale solo per la dimensione del risultato ma perchè si innesta sul corpo di un partito oramai spopolato di militanti e dirigenti.
Se dovessero saltare Crocetti e Ducoli l'alternativa alla loro esclusione potrebbe essere soltanto un ritorno di Sorci, Mingarelli e Sagramola perchè il Pd non ha figure nuove su cui investire, ma solo uomini del passato che non possono rappresentare la svolta politica e culturale di cui il PD ha bisogno per uscire dal pantano in cui si è allegramente infilato.
Comunque vada per il Partito Democratico non sarà un successo. E in fin dei conti non sappiamo dolercene.
Il distacco tra palco e realtà, la forbice smisurata tra aspettative e risultati ha irretito il gruppo dirigente del partito che a quasi tre giorni dal voto, a parte il balbettìo imbranato del segretario e del vicesegretario del partito, non è stato ancora capace di esprimere un giudizio politico degno di attenzione e di nota.
Questo silenzio ittico è un lusso che il Partito Democratico non può permettersi perchè la rappresentanza politica è una cosa seria: il suo candidato Sindaco ha ottenuto il consenso del 40% dei cittadini votanti e il PD esprimerà 4 consiglieri comunali, ovvero la metà dei seggi attribuiti alla minoranza .
La scelta di tacere, oltre a essere la conseguenza depressiva di un fortissimo shock politico, è anche connessa al tentativo di minimizzare il risultato fabrianese, di diluirlo e contestualizzarlo nel grande calderone del renzismo singhiozzante per non fare i conti con errori, carenze e presunzioni politiche.
Non sono casuali, da questo punto di vista, le dichiarazioni della Senatrice Silvana Amati - esponente di rilievo del PD marchigiano - secondo cui la crisi industriale, il terremoto e la neve hanno determinato il successo del 5 Stelle, quasi avvalorando l'idea di una sconfitta maturata in un contesto esterno e oggettivo di "calamità" naturali ed economiche su cui la volontà politica del Pd non poteva né agire né incidere.
E' molto probabile che sia proprio questa la linea difensiva del vertice democratico cittadino; il "non potevo" che rimpiazza il "non volevo", una fuga dalla responsabilità politica che può funzionare anche perchè il Pd fabrianese non esprime da tempo una minoranza interna combattiva, in grado di contestare questa interpretazione farlocca del voto e di proporre un gruppo dirigente e una linea alternativi rispetto a quello incentrati sul pernicioso Patto di Attiggio.
Ma c'è anche un altro elemento che racconta e descrive il silenzio poco innocente dei vertici del PD locale, è cioè il tentativo di guadagnare tempo, di posticipare gesti e parole in attesa che si chiarisca la partita sanguinosa che le sconfitte di Fabriano e di Civitanova Marche hanno aperto nel Pd regionale, inaugurata da un pesantissimo scambio di accuse tra il Sindaco di Pesaro Ricci e il Segretario Regionale Comi.
Il risultato di questa partita multi livello sarà un Pd cittadino percepito dalla società fabrianese come una forza politica inutile, un corpo residuale, una terra del tramonto destinata ad accogliere reduci, depressi e perdenti.
E' per tutto questo che la sconfitta subita domenica scorsa dal PD prosegue; perchè quando si perde male si perde più volte. Il dato delle urne, infatti, non è epocale solo per la dimensione del risultato ma perchè si innesta sul corpo di un partito oramai spopolato di militanti e dirigenti.
Se dovessero saltare Crocetti e Ducoli l'alternativa alla loro esclusione potrebbe essere soltanto un ritorno di Sorci, Mingarelli e Sagramola perchè il Pd non ha figure nuove su cui investire, ma solo uomini del passato che non possono rappresentare la svolta politica e culturale di cui il PD ha bisogno per uscire dal pantano in cui si è allegramente infilato.
Comunque vada per il Partito Democratico non sarà un successo. E in fin dei conti non sappiamo dolercene.