I vincoli di bilancio che gravano sull'attività dei Comuni, accompagnati dalla rigidità della spesa corrente, producono un effetto devastante sulla democrazia municipale: la riduzione dei margini di discrezionalità della decisione politica.
Ciò significa che si sta procedendo, sempre più speditamente, verso un concetto di decisione unica e obbligata a cui un Sindaco è chiamato a conformarsi a prescindere dal colore politico dello schieramento che lo ha espresso.
Di fatto le esigenze di controllo della spesa pubblica, il Patto di Stabilità e le politiche rigoriste imposte dall'Unione Europea stanno rimpiazzando la decisione politica con la decisione tecnica la cui efficacia ed efficienza - essendo puramente funzionale - può prescindere dal consenso e dai processi politici ed elettorali.
Ciò significa che, in prospettiva, la figura del
Sindaco perderà sempre più peso e significato a vantaggio di profili più tecnici
e commissariali. Si tratta di una tendenza che può anche andar bene se si
restringe il campo al funzionamento di un Comune, ma che diventa
preoccupante se si cerca di combinare l’efficienza dell’ente con lo sviluppo
della democrazia e del pluralismo.
Ad esempio le dichiarazioni sul verde cittadino e
sulla manutenzione urbana rilasciate qualche giorno fa da Sagramola, testimoniano
come il Comune di Fabriano sia già entrato nel tunnel della logica commissariale.
In verità il Sindaco, pro domo sua, altro
non fa che trasformare l'oggettività dei vincoli che gravano sul Bilancio
in una prova empirica della fine della "discrezionalità decisionale"
che attiene alle funzioni di governo del primo cittadino.
La realtà, ovviamente, è un po’ diversa da come
Sagramola la rappresenta. I margini di discrezionalità, sebbene
ristrettissimi e inseriti in un trend che tende a consumarli, non sono ancora
azzerati e possono essere utilizzati per valorizzare la politica, ossia la
democrazia.
Per dare un senso al confronto tra
candidati e raggruppamenti politici è necessario mettere tra parentesi la cronaca cittadina, declinando nel futuro il
ragionamento sui vincoli e sulle rigidità coinvolgendo, sin da
ora, i soggetti politici che, probabilmente, si candideranno a governare la
città nel 2017.
In questo senso mi permetto di lanciare un sasso
nello stagno, con una proposta che, se adottata da tutte le forze
politiche, potrebbe restituire alla democrazia municipale quel filo di
razionalità di cui si continua ad avere bisogno nonostante il campo
sia sempre meno popolato dai sacerdoti
di Minerva e sempre più infastato di Furie
urlanti.
Chi si candida a Sindaco, assieme alle forze che lo
sostengono, deve depositare un programma
che è vincolante solo per la regolarità
della candidatura. Il vincolo viene quindi concepito in modo formale e ciò che fa sì che il programma sia considerato un passaggio burocratico e non la
sintesi di una strategia quinquennale di governo.
Uno degli effetti di questa riduzione di senso è il totale disinteresse per il costo del programma, ossia le
risorse che possono renderlo realizzabile e sostenibile. Sapere quanto costa un programma di governo
consente di correlare
quel costo alle risorse disponibili a bilancio.
In questo modo è possibile
sapere in anticipo l’entità del delta, ovvero farsi un’idea del grado di copertura
finanziaria di quel determinato programma di governo cittadino. Il fatto che ci si possa trovare di fronte a un
delta negativo non significa che il programma sia sbagliato ma che la copertura
finanziaria non può essere garantita dalle risorse disponibili nel Bilancio Comunale.
Di fronte a un delta di copertura un candidato e una coalizione
seri dovrebbero indicare ai cittadini a quali risorse integrative e a quali
linee di finanziamento intendono attingere per attuare quel capitolo del
programma.
In questo modo i cittadini potranno scegliere tra
chi è più serio e convincente e non, come spesso accade, tra chi spara la
cazzata più grossa. Diversamente ci sarà spazio soltanto per la classica delusione di metà mandato e per il solito rimpallo tra chi certifica le promesse non mantenute
e chi si difende riparandosi dietro l’ombra lunga del Patto di Stabilità.