A via Campo Sportivo c'è un piccolo negozio di generi alimentari. La proprietaria si chiama Elena e vende il miglior prosciutto crudo che si possa trovare a Fabriano. E' un negozio di prossimità, che smercia poche cose ma buonissime.
A qualche centinaia di metri dovrebbe sorgere il nuovo "centro commerciale" Gabrielli e forse anche un Mc Donald che altrove chiude e da noi cerca il malessere che pompa il junky food. Elena ne risentirà? Sicuramente, ma non più di tanto: continuerà a offrire il suo prosciutto d'alto bordo e la gente di Via Campo Sportivo, e non solo quella, che avrà voglia di un culo di porco non dozzinale continuerà a servirsi in quel negozio di prossimità.
Già perchè le nicchie esistono e spesso funzionano e il km zero, quando non è una finzione coltivata da enti che devono tenere in piedi un CdA, non necessita di protezionismi perchè esprime molte ragioni per sopravvivere senza regalìe. E poi la concorrenza un pregio ce l'ha: miete le rendite
di posizione e, con esse, quella modesta propensione all’innovazione che è il segno
distintivo di chi maneggia il business come fosse un gioco di piccoli monopoli.
Il vero problema, in realtà, non riguarda le dinamiche del commercio fabrianese ma la transazione che il Gruppo Gabrielli sta negoziando con il Comune di Fabriano: nuova destinazione d'uso dell'area individuata in cambio della sua bonifica e dell'impegno a finanziare, per intero, la rotatoria della Pisana.
In condizioni normali la natura e l'utilizzo delle aree urbane viene stabilita dal Piano Regolatore e, quindi, è titolare d'una solida ragione teorica chi sostiene che la logica delle varianti trasforma la città in un vestito d'Arlecchino, cucito attraverso una pezzatura casuale di interessi privati.
Ma in realtà a prevalere è una ragion pratica: Fabriano è, da tempo, un ospedale da campo e la situazione economica e occupazionale non consente di ragionare coi criteri del "dover essere". Ecco perchè è positivo non in sé ma rispetto alla situazione che qualcuno abbia ancora il coraggio, anche un po' scelerato, di venire a fare investimenti in questa valle di lacrime.
Se poi l'investimento crea qualche posto di lavoro, contempla operazioni di bonifica che il Comune non finanzierebbe manco sotto tortura e fa pagare a un privato un'opera che, diversamente, sarebbe finita dritta nelle tasche della collettività, viene spontaneo e naturale dire: perchè no?!
Invece ci sentiamo defraudati e cementificati come se ci fossero le condizioni economiche e sociali per fare come una volta: i preziosi e i figli della gallina bianca. La realtà è cambiata ed è ora che abbassamo le recchie lasciando a tempi migliori le reazioni disdegnose stile Farinata degli Uberti nell'Inferno dantesco.
Qualcuno, giustamente, fa notare come questa operazione sia accettabile ma solo in assenza di possibili porchette politiche e amministrative. Ma anche questa è una ragione teorica, di certo corposa e ineccepibile, che va declinata in chiave locale, perchè Fabriano, da sempre, vuol dire sotterfugio.
Pare che il nuovo supermercato ascolano si presenterà col marchio Tigre. Ma al fabrianese davvero non si addice l'eleganza misteriosa del grande felino. Molto meglio sarebbe stato battezzarlo Porchetta, un'insegna capace di descrivere una città, una mentalità e una cultura.
Se poi l'investimento crea qualche posto di lavoro, contempla operazioni di bonifica che il Comune non finanzierebbe manco sotto tortura e fa pagare a un privato un'opera che, diversamente, sarebbe finita dritta nelle tasche della collettività, viene spontaneo e naturale dire: perchè no?!
Invece ci sentiamo defraudati e cementificati come se ci fossero le condizioni economiche e sociali per fare come una volta: i preziosi e i figli della gallina bianca. La realtà è cambiata ed è ora che abbassamo le recchie lasciando a tempi migliori le reazioni disdegnose stile Farinata degli Uberti nell'Inferno dantesco.
Qualcuno, giustamente, fa notare come questa operazione sia accettabile ma solo in assenza di possibili porchette politiche e amministrative. Ma anche questa è una ragione teorica, di certo corposa e ineccepibile, che va declinata in chiave locale, perchè Fabriano, da sempre, vuol dire sotterfugio.
Pare che il nuovo supermercato ascolano si presenterà col marchio Tigre. Ma al fabrianese davvero non si addice l'eleganza misteriosa del grande felino. Molto meglio sarebbe stato battezzarlo Porchetta, un'insegna capace di descrivere una città, una mentalità e una cultura.