3 aprile 2016

La fine di un'illusione: la rottura del "lutto senza parole"

Parecchi anni fa - credo fosse il 2008 - il Direttore dell'Azione Carlo Cammoranesi mi chiese un articolo su come immaginavo il futuro di Fabriano. Scrissi senza mezzi termini che avremmo fatto la fine di Sheffield, la città deindustrializzata dalle cure equine della destra inglese che fa magistralmente da sfondo al celebre film Full Monty. 

Avevo assaporato da poco La Dismissione, il romanzo di Ermanno Rea in cui si racconta la chiusura dell'acciaieria Ilva di Bagnoli e quella  lettura, inserita in una ricca tradizione di letteratura industriale, mi aveva fornito qualche strumento di consapevolezza in più anche rispetto alla mia città. 

Una sensazione che ho provato, in seguito e con sfumature diverse, anche leggendo Acciaio di Silvia Avallone, ambientato nella realtà desertificata di Piombino, e Storia della mia Gente di Edoardo Nesi, in cui si racconta la fine di storie imprenditoriali e di piccole imprese nel distretto tessile di Prato.

La crisi violenta e definitiva del distretto metalmeccanico fabrianese non è stata elaborata da nessuno, è rimasta un lutto senza parole, non ha prodotto nulla che fosse riconducibile a una narrazione autoctona, non si è espressa in un romanzo in qualche modo emblematico e condiviso o in un'esperienza saggistica in grado di ricostruire un percorso e una memoria comunitaria.

Non poteva essere altrimenti. Non solo per oggettiva inesistenza di autori locali in grado di farlo ma anche perchè il mite operaio fabrianese non poteva seminare una visione di classe capace di fare cultura.  

Ciò che ha impedito ai fabrianesi di elaborare la fine dell'illusione preferendo fare come chi non si capacita della perdita di una persona e ne lascia, per anni, intatta la stanza, col desiderio di fermare il tempo e la violenta verità del distacco.

In questo quadro una possibilità di narrazione poteva provenire solo dall'esterno, solo da un occhio privo di contiguità fisica, psicologica e professionale col distretto, solo da chi non avesse memoria culturale e visiva di quei veri e propri rave party che il 13 dicembre di ogni anno si svolgevano nell'ormai decadente piana di Santa Maria.

In quelle notti maya le maestranze correvano e accorrevano - richiamate e rapite dal sabba industrialista - a riverire l'apparizione mistica e asiatica del Patriarca Antonio Merloni I° che contraccambiava il devoto assembramento di oranti e postulanti con tavole imbandite, suini fumanti di interiora calde e finocchio aromatico, concerti dei Pooh e di Jimmy Fontana - con la musica piegata come lamiera dall'acustica fordista dello stabilimento - e un fiume di frizzantini dozzinali perché così reclamava una classe operaia adorante, obbediente, votante, condannata alla tuta verde invece che alla casacca blu a scanso di equivoci marxisti.

Andrea Ranalli e Shoot4Change con il loro documentario La Fine dell'Illusione, si sono inseriti in questo spazio, montando un'operazione difficile: far uscire il lutto dal silenzio, attraverso la ferocia banale ma dirompente di una macchina da presa piantata in faccia a chi la crisi l'ha vissuta in presa diretta o di riflesso e un io narrante ridotto a un'intermezzo di immagini in cui la deindustrializzazione diventa una corsa di fotogrammi grigi restituti da vecchi capannoni senza più anima, macchine e umanità.

Un documentario a tesi non avrebbe funzionato, avrebbe irrigidito la comunità stimolandone le peggiori tentazioni difensive, avrebbe alimentato la sindrome della cittadella assediata. In questo modo, invece, la sequenza di storie personali e di testimonianze diventa un distillato di come ci vediamo, la sintesi visiva di uno stupore che non si è ancora consumato e che solo a tratti lascia intravedere un senso di lutto elaborato.

Qualcuno ha fatto notare, e forse anche a ragione, che l'insieme non restituisce sapori forti. Il punto è che, a Fabriano, solo un documentario a tesi, con una forte componente giornalistica e d'inchiesta, poteva riuscirci. Il modello della testimonianza personale può trovare sapori forti nella Terni operaia e comunista, non certo nella Fabriano metalmezzadra e cattolica.

Quello che emerge da La Fine dell'illusione, di conseguenza, è solo quel che poteva uscire da questa terra, l'immagine fedele di una consapevolezza che non ha trovato una giusta maturazione.

In questo senso Andrea Ranalli e Shoot4Change hanno colpito nel segno proprio grazie all'aroma blando del documentario che invece di stimolare i riflessi condizionati dei fabrianesi ha prodotto un interessante e articolato repertorio di reazioni.

Esse vanno dall'approccio critico di chi avrebbe voluto una lettura più dura e circostanziata dei fatti al dito puntato contro questo documentario perchè intacca quella rimozione del passato che è necessaria per far fermentare una nuova, terrificante illusione: che una company town manchesteriana, grigia e totalmente dedita forgiata da un fordismo mite possa svegliarsi, per un incanto suggerito dalle seconde file dello sfascio, lieve, creativa e con un grande futuro davanti. 

La Fine dell'illusione può avere molti limiti ma sicuramente ha un grande pregio: ricordare a tutti che il passato passa solo guardandolo in faccia e che un disegno di futuro può esistere solo partendo dal passato e dal presente. Il macigno dal sepolcro si toglie dopo avere abbracciato il Golgota: non c'è Pasqua senza Venerdì Santo.
    

14 commenti:

  1. C'hai messo un chilo de core

    RispondiElimina
  2. C'hai messo un chilo de core

    RispondiElimina
  3. Credo fosse il febbraio o marzo del 2006, quando un gruppo di giovani organizzo la visione del film Roger and Me, al CAG (S.Antonio-Fuori le mura).
    https://it.wikipedia.org/wiki/Roger_%26_Me
    www.imdb.com/title/tt0098213/
    www.youtube.com/watch?v=WQXYAUql6tI
    (prego chi ricorda meglio di corregermi, grazie.)

    Eravamo una ventina di spettatori, tra cui l'allora Sindaco, che a fine proiezione rassicurò i presenti, perchè la nostra situazione non era poi così grave...

    Nello stesso anno, gli amministratori comunali hanno speso poco meno di 500mila euro, per LA SOLA REDAZIONE di piano strategico, che veniva così definito:
    "E’ la nostra “carta del futuro”, l’asse di briscola che ci stiamo per giocare e che ci darà l’orientamento per i prossimi 7-12 anni..."

    http://www.piazzalta.it/download/fabriano_oggi_dicembre[1].pdf

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Me lo ricordo anche io. Bei tempi quelli di quel CAG, venne anche Luca Telese a presentare il suo libro, penso a Maggio. Oggi anche il CAG è chiuso.

      Elimina
  4. Gianpie'...Semplicemnte magistrale!

    RispondiElimina
  5. 1 100 1000 simonetti in questa città

    RispondiElimina
  6. Articolo molto ben fatto.Si parla pero'sempre delle conseguenze mai di chi ha volutamente pensato ,pianificato la fine dell'antonio merloni.Dei protagonisti nostri carnefici nessuno parla.I colpevoli sono rimasti impunuti.Nessuno ci racconda come e' andata veramente,tutti conosciamo gli effetti devastanti,ma pochi conoscono chi ha avuto la pistola fumante in mano.Raccontatecela per favore passo dopo passo ,lo so che ormai non serve piu' a nessuno,ma se dobbiamo affossare veramente almeno diteci chi ha voluto affossarci.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Avevo iniziato a scriverci un libro. Prima o poi lo pubblichero'

      Elimina
    2. Avevo iniziato a scriverci un libro. Prima o poi lo pubblichero'

      Elimina
    3. Fabriano più ricca di Pesaro.... Dov'è la verità?

      Elimina
    4. E' la verità, al netto del nero che c'è in tutte e due le città.
      Se a Favrià ancora nessuno ha fatto la rivolta, è perchè le pance sono piene.

      Elimina
  7. Come sarebbe bello raccontare il film magari con la frasina di circostanza ogni riferimento a persone etc e'puramente casuale.. sarebbe anche divertente farselo raccontare dai sindacati, sempre vigili, sempre pronti,sempre in prima linea,con vigore,con disinteressata passione e totale trasparenza

    RispondiElimina
  8. La narrazione di una storia si basa sempre sull'acquisizione di una documentazione.
    Si consiglia al riguardo la lettura del documento denominato Programma_Commissari_AM Parte Prima Parte Seconda disponibile on line.

    RispondiElimina
  9. Forse potrebbe dare qualche risposta la lettura del libro di Romualdo Latini "L'imprenditore accerchiato" storia di cento anni di attività.Ed:Albatros di recente pubblicazione

    RispondiElimina

Sarà pubblicato tutto ciò che non contiene parolacce, insulti e affermazioni discriminatore nei confronti di persone