Il terremoto produce uno straordinario impasto
di sensazioni: paure ancestrali, danni materiali, notti all'addiaccio, crolli,
sopralluoghi, un'improvvisa torsione della vita quotidiana che si fa minaccia
latente fino a schiacciare l'esistenza sulla sequenza dei movimenti tellurici.
In
questo contesto, che somiglia a un anomalo scenario di guerra, si consolida un quadro
emergenziale in cui ciò che è importante e ciò che è urgente tendono
a coincidere: prevale il "qui ed ora", i distinguo perdono
sostanza e peso e la qualità degli interventi amministrativi si misura
sulla tempestività operativa, sui risultati di coordinamento e sulla capacità
di fornire risposte concrete in tempi sostenibili.
Partendo da tali considerazioni, e al netto di qualsiasi desiderio di politicizzazione del giudizio,
ho espresso pubblicamente pieno sostegno all’azione di Giancarlo Sagramola, che si è
mosso bene e ha saputo mettere a frutto l’esperienza del 1997, evitando la
drammatizzazione della situazione e il proliferare di una rischiosa polemica
politica, a dire il vero evitata da tutte le forze cittadine.
Proprio
in ragione di questo buon operare, da formica d’entroterra che bada
a governare l’emergenza lasciando sullo sfondo l'istinto
presenzialista, mi ha colpito negativamente l’intervista rilasciata dal
Sindaco di Fabriano al Fatto Quotidiano; un’intervista in cui il primo
cittadino strombazza orgoglioso la sostanziale tenuta degli edifici fabrianesi come frutto prelibato della buona ricostruzione successiva al sisma del 1997.
Non ho ragioni tecniche e
di conoscenza architettonica e ingegneristica per eccepire che quanto sostiene Sagramola corrisponda al vero,
ma fare certe affermazioni in un momento come questo - con interi paesi rasi al
suolo, un numero di sfollati conteggiati a decine di migliaia e un allarme che
non sembra destinato a rientrare - ha un retrogusto di evitabile presunzione,
un sentore che richiama l’eterna tentazione fabrianese di pisciare più lontano degli altri e di
proporsi come modello quando è prematuro farlo e sbagliato pensarlo.
Lo sciame
sismico è nel pieno della sua virulenza, le scosse proseguono
ininterrottamente e, come si diceva in precedenza, è solo l‘urgenza delle cose da fare a stabilire l’importanza delle
parole e delle opere.
Non possiamo fare previsioni né sentirci al sicuro solo perché
si è ricostruito bene e abbiamo il dovere di essere cauti sperando,
ovviamente, di non doverci mordere la lingua per aver fatto gli “sboroni” con troppo
anticipo. Anche perchè il modello di ricostruzione evocato da Sagramola fu applicato su scala umbro marchigiana e non solo fabrianese e visto l'accaduto di questi giorni per spiegare la buona performance di Fabriano mi aggrapperei più al culo che alla scienza.
Ed è per questo che chiedo a Sagramola di continuare a fare quel che, fino ad ora, ha
fatto bene, senza farsi distrarre dai microfoni e dalla ribalta. E se
può respinga al mittente pure uscite come quella del quotidiano che titola “Sagramola,
il super sindaco che non dorme mai” perché il primo cittadino assolve a un
mandato politico ed elettivo che non prevede nè pose eroiche né vocazioni taumaturgiche.