Alla fine Porcarelli l'ha spuntata ribaltando, sulla vendita di Ardo a JP, sia il pronunciamento di primo grado della sezione fallimentare del Tribunale di Ancona, sia la conferma dell'annullamento sancita in secondo grado dal Tribunale del Riesame.
Attendiamo di conoscere le motivazioni della sentenza della Suprema Corte, che chiude definitivamente il contenzioso aperto con gli istituti bancari, ma sin da ora è possibile esprimere una valutazione di consuntivo su una vicenda che si trascina da almeno cinque anni ed ha assunto, nel tempo, il profilo di una commedia che nulla ha a che vedere con una strategia industriale supportata da scelte ragionevoli e di prospettiva.
Gli ottimisti fanno quel che devono spargendo ottimismo, immaginando un brutto capitolo del capitalismo italiano che si chiude e una nuova pagina che si apre con JP che inizia a produrre, a riconquistare redditività, a saturare capacità produttiva, a conquistare quote di mercato vendendo auto elettriche, nuova frontiera produttiva dopo il declino dei piccoli elettrodomestici e la fine di un'illusione di competività sul bianco che il mercato non ha concesso neanche a Indesit.
Sicuramente, al di là di una strage del diritto dal sapore pannelliano e che dipende soltanto dalla continua interferenza della politica sulla vicenda, è inutile rimuginare sul passato e su quanto si sarebbe dovuto fare e non si è fatto.
Da oggi JP Industries non ha più alibi e ha il dovere di informare istituzioni, cittadini, lavoratori e parti sociali su cosa intende fare, a livello industriale, per giustificare le condizioni di favore dell'acquisto della Ardo e togliere di mezzo la sensazione nettissima e brutale di un'acquisizione in stile IRI in cui è lo Stato e non l'imprenditore a farsi carico delle componenti negative dell'operazione.
Non è un caso, in questo senso, che la notizia del pronunciamento della Cassazione sia uscita giusto qualche ora dopo la firma del prolungamento per altri 21 mesi della cassa integrazione per i 700 lavoratori migrati dalla Ardo alla JP.
Una coincidenza dal significato lapalissiano: la produzione in JP continuerà a procedere a singhiozzo, senza riassorbimenti stabili e significativi di manodopera e con un Piano Industriale che, come l'araba fenice, è ormai entrato a pieno titolo nel campo della mitologia economica del territorio fabrianese.
Gli amici delle organizzazioni sindacali, che guardano il dispositivo della Cassazione sul lato delle esigenze immediate dei lavoratori coinvolti, hanno comprensibilmente la notizia rimarcandone la sostanziale positività.
Per chi guarda, invece, la vicenda pensando più in generale al futuro del territorio, la vera notizia sarebbe l'esistenza di un Piano Industriale della JP Industries, perchè solo attraverso di esso è possibile misurare la prospettiva, valutare l'andamento dell'azienda e collocare i risultati a medio termine in un quadro di ripresa economica del territorio.
Per ora non c'è segno di pianificazione e di progettualità, ma il tempo è scaduto e gli alibi consumati. Tirare avanti per non tirare le cuoia non è più sostenibile. Non è più possibile.
A pareggiare il danno, le banche sono state salvate. contenti tutti.
RispondiEliminac'è chi dice che è una vittoria sulle banche. A me pare na strunzata!
RispondiEliminaNon mi frega nulla delle banche, seriamente qualcuno sa qualcosa del piano industriale?
RispondiEliminaLe grandi banche sono state accontentate con il bocconcino di banca marche facendo pagare il conto agli azionisti e obbligazionisti mal consigliati con dolo dai dipendenti. JP è stata accontentata acquisendo asset per oltre 100 milioni. E speriamo almeno che piano piano si inizi a produrre. A dimenticavo i 35 milioni dell'accordo di programma. Chi li prenderà ? Chi paga il tutto? I soliti poveri e ingenui cittadini.
RispondiEliminaHA pagato 10 ciò che valeva 150 ( milioni ) ha già venduto tutto ciò che c'era da vendere e ripagarsi
RispondiEliminadel poco che ha speso. Ha fatto un grande affare alla faccia dello stato che dovrà pagare altra cassa integrazione oltre ai dieci anni della Antonio merloni .STOP.
Il piano industriale non c'è, Indesit Whirlpool, primo produttore europeo, chiude......e questo senza marchio inizia??? ma va!! Per ora ci sono 21 mesi di cassa oltre a quelli già presi ...poi vedremo
Commento pungente, colmo d'invidia. Avanti le proposte producenti e non i commenti iniqui.
EliminaIl potere logora sempre solo chi non l'ha.
Tu hai il potere di sparare cazzate.
EliminaDopo tanti anni trascorsi a spalare letame sulla J. P. e i suoi dipendenti, la sentenza della cassazione deve essere stata un brutto colpo per il curatore di questo blog. Forza! Fatti coraggio, vedrai che forse troverai nuove motivazioni per continuare.
RispondiEliminaNon ho sparato letame ho solo contestao un'acquisizione fasulla, un disegno industriale che non c'è e dieci anni di ammortizzatori sociali.
EliminaLa vendita e' stata tutta una farsa per tenere calma la gente e far morire il tutto lentamente, il tutto avvalorato senza togliere nulla a nessuno ma riassumendo personale in base alla residenza e non alle capacita' lavorative, ssmembrando gli stabilimenti vendendo tutto il possibile, naturalmente il tutto con l'assenso tacito della politica e dei sindacati
RispondiElimina