31 agosto 2012

La gelida manona e il timone della Concordia

Vignetta donata ai Bicarbonati del grande Fabrizio Moscè
Sandro Romani è rimasto in silenzio per diverse settimane, ha masticato amaro quando sentiva dire che la gestione Alianello avrebbe cambiato il segno alla politica delle opere pubbliche, ha resistito a fatica al tabula rasa evocato dai subentranti, si è rinchiuso in un mondo popolato di corsi e ricorsi, di quattro amici trasversali al Bar Centrale, osservando con pazienza la clessidra che avrebbe riportato in auge la politica contrapposta al fare neutro e abborracciato dei nuovi governanti. Ma alla fine è sbottato e con la stazza, il piglio e il sopracciglio folto ha svolto il ruolo che meglio gli si addice: quello di Mastro Titta da Senigallia, l'esecutore di sentenze capitali per nomina papale che, ogni volta che c’era da mozzare una testa indossava un magnifico mantello scarlatto. Stavolta la gelida manona si è abbattuta su Claudio Alianello che, suo malgrado, sta diventando il bersaglio di tutte le tensioni che albergano all'interno della maggioranza e dintorni più o meno critici e imbufaliti. L'ascia di Mastro Sandrone, attraverso le dichiarazioni rilasciate oggi a Claudio Curti del Messaggero, ha infierito su tutto: sulla pavimentazione di Via Cialdini, sui mutui contratti dal Comune per finanziarla, sull'interruzione dei lavori, sulle piccole rotatorie di viale Moccia contrapposte alle grosse rotatorie immaginate da Mastro Sandrone. Il tutto accompagnato da un perfidissimo apprezzamento nei confronti dell'operato dell'assessore Galli e da un colpo d'ascia preventivo a chi denigra l'operato dell'Amministrazione Sorci di cui Sandrone fu Vice assolutamente corpulento e rappresentativo. Insomma davvero un ritorno in grande stile del Mastro Titta rifondarolo; un ritorno che annuncia bollori autunnali a destra e a manca dove tutto ruoterà attorno al grande e mobilitante tema della viabilità e del traffico. Ma il dato rilevante è il protagonismo dell'assessore Alianello, che con la faccenda delle rotatorie, dopo le gratuite sparate da stato etico sulla maleducazione dei fabrianesi nello smaltimento dei rifiuti, si è molto esposto sul versante politico e del consenso personale. Probabilmente sente il bisogno di emanciparsi da Sagramola -  di cui è ritenuto supporter fedelissimo e ortodosso - e da un'immagine che lo insegue: quella del  Prescelto catapultato nelle alte sfere della politica senza aver mai assaporato l'amaro calice della sconfitta ma solo i prosecchini del successo. Un'immagine che non lo aiuta nella vera partita che gli sta a cuore: candidarsi a Sindaco fra cinque anni. Con la sparizione dalla scena di Sagramola, il mai avvenuto ingresso sulla scena di Patty dai Capelli Rossi, la fugace e già dimenticata presenza del Poliziotto del Cielo Giorgio Saittta, il mesto e benedettino silenzio di Frate Mario Paglialunga, sembra che la partita si giochi ormai tutta tra l'Udc e il segretario del Pd. Il che ci fa dormire male, come nei giorni di Caligola e Caronte. Anche perchè forte e concreto è il rischio di trasformare Fabriano in una frazione di Valleremita o in una località di San Donato. Per questo prego affinché oggi sia la volta buona, con Sagramola che entra in scena e riprende il Timone della Concordia. E siccome so che segue con piacere e gusto questo blog ho buoni motivi per credere che accoglierà pure il mio appello, e nel giro di qualche ora batterà quel colpo che gli ho così calorosamente chiesto di battere.
    

Giancarlone desaparecido a Twin Peaks

Vignetta capolavoro donata da Fabrizio Moscè
Negli anni novanta andavano parecchio di moda gli sceneggiati irrisolti, quelle serie a puntate con i finali ambigui e un tratto di mistero appeso tra il realistico, il thriller e il fantascientifico. Nel 1993 uscì X Files, che fu sicuramente la serie televisiva di maggior successo, con parecchi alieni, molti effetti speciali e due protagonisti piuttosto carini. Ma X Files non nacque a caso o nel vuoto. L'antecedente di successo fu "I segreti di Twin Peaks" di David Lynch, che divenne un tormentone generazionale grazie a una domanda scolpita nella storia della televisione: chi ha ucciso Laura Palmer? E' passato quasi un quarto di secolo ma ancora non sappiamo un cazzo di quell'omicidio. Il rischio è che Fabriano diventi un po' come Twin Peaks: la scenario di un giallo politico. E, nel caso specifico, temo che Laura Palmer non avrà le sembianze di un'esile biondina americana ma quella di un pedemontano barbuto, tutto casa, chiesa e Giunta Comunale: Giancarlo Sagramola. Per il momento non possiamo sostenere con certezza che si tratti di omicidio politico. La tesi prevalente è quella di una semplice sparizione. Il che autorizzerebbe a ricorrere più a Federica Sciarelli che alla vecchia serie televisiva americana. Resta il fatto che di Giancarlone non c'è più traccia. Inghiottito dalla calura estiva. Divorato da una canicola politica che forse non era in grado di sostenere. Al punto che non sono pochi i cremlinologi che sostengono che la nomina di un/una portavoce serva soltanto ad occultarne l'improvvisa sparizione dalla scena pubblica. Personalmente propendo per la spiegazione vacanziera, ossia una fuga a tempo determinato in qualche località balneare, comprensiva di inatteso e mirabolante taglio della barba per dare uniformità e slancio all'abbronzatura. Cosa che fa molto più CL che Azione Cattolica, ma va bene lo stesso. I più apocalittici propongono invece un Sagramola costretto all'esilio come un Re di Maggio e una Giunta ormai retta da un patto consolare provvisorio tra Galli e Alianello, con la benedizione discreta e altrettanto provvisoria, dell'assessore Balducci, meglio noto al secolo come "l'ingegnero della Curia". Scorrendo attentamento i quotidiani abbiamo potuto notare una forte tendenza all'esternazione dei due avvocati consoli che hanno completamente oscurato il primo cittadino ingenerando, nella popolazione, uno stato confusionale addirittura superiore a quello che si prova dopo essere usciti indenni dalle due rotatorie di Viale Moccia. Inoltre, secondo i più informati, sembrerebbe che l'assessore Tini stia organizzando, proprio in queste ore, una serata gastronomica presso la sua dimora di San Donato a cui sarà invitata tutta la Giunta. Nessuna notizia o conferma circa la presenza di Sagramola alla conviviale di maggioranza. E per questo comincio a essere davvero preoccupato circa le sorti di Giancarlone e lancio un appello ai lettori del blog affinchè sottoscrivano tutti uniti e compatti per un pronto ritorno sulla scena del Sindaco. Giancà ce stai a ffà preoccupà!!! Se ci sei batti un colpo. Uno qualunque. Ce basta un "amen" pe sta tranquilli. Te prego fatte vivo, sennò Sorci ritorna! Twin Peaks! Twin Peaks!
    

29 agosto 2012

Il Cupido esiliato


Caravaggio
Oggi parliamo d'amore. Di frecce spezzate, di cuori infranti, di un Cupido esiliato ma divertito come quello del Caravaggio. Amori politici che vanno e vengono ma si portano dietro una traccia smerigliata, al pari d'una bava di lumache alla Sagra di Cancelli. Ho già scritto di Tini e Urbani in più di un post, perchè con loro la politica ha oscillato tra saga e fotoromanzo. Ci ritorno su perchè in questi ultimi giorni, tra di loro, si è consumata l'ennesima polemica. Urbani a rimproverare Tini di aver tradito una comune promessa di sostegno alla scuola di Serradica; Tini a schiaffeggiare Urbani pigiando il tasto che fa più male: la perdita di lucidità a seguito di una sconfitta elettorale non ancora smaltita dal Pennellone di Nebbiano. Sappiamo bene che non esistono separazioni indolori e che rinfacciare è parte integrante del distacco traumatico, ma stavolta Tini è stato di una brutalità da latifondista. E siccome non ho mai fatto sconti a Urbani - come sa bene chi ha seguito la vicenda delle comunali - posso permettermi il lusso e la libertà di sostenerne le ragioni, quanto meno in termini di verità e galateo. Al netto di ogni nostalgia urbanesca per i tempi d'oro dell'accoppiata con Tini - che ho sempre ritenuto espressione di una indigeribile politica della continuità democristiana - penso che Urbani non abbia fatto altro che rammentare ad Angelino da San Donato un aneddoto emblematico della capriola politica in cui si sono cimentati gli amici dell'UDC. Rispondere a un'accertata rimembranza cambiando terreno e rimarcando la perdita di lucidità dell'interlocutore, ossia il deragliamento del giudizio urbanesco, getta un'ombra piuttosto fitta sullo spessore politico dell'assessore al Bilancio, che dovrebbe essere redarguito attraverso un immediato declassamento di funzioni. Anche perchè, ad essere maliziosi al cubo, ci sarebbe da ricordare che Tini, pur desiderandolo ardentemente da anni, non ha mai goduto di una candidatura a Sindaco e quindi è stato costretto, dalla realtà delle cose e delle scelte, a ignorare sia l'ambrosia del successo che l'assenzio della sconfitta. Cosa che di per sè lo pone un gradino al di sotto di Urbani. Il quale Urbani ha provato ad alzare la Coppa dei Campioni mentre Tini si accontentava di gareggiare direttamente per la Coppa Uefa. Questione di scelte, di gusti e di ambizioni. Inoltre - nella battaglia contro le presunte nefandezze del centrosinistra e del sorcismo che ha visto Tini e Urbani cinguettare assieme senza posa e senza pudore per un intero quinquennio - l'assessore al Bilancio credo abbia partecipato a diverse conviviali di opposizione, generosamente offerte dal pantagruelico candidato sindaco del Pdl che, anche per questo, non merita di essere sbertucciato in malo modo dal suo ex sodale politico-sentimentale. Certo la politica è universalmente ritenuta un po' bagascia e quindi soggetta a cambi repentini d'orizzonte e di alleanze. Ma qui stiamo parlando di compagni politici, di cum panes, di gente che ha mangiato lo stesso pane, che ha condiviso la stessa tavola e lo stesso catering. E così come ad aprile ho criticato chi diceva che Tini era una "solita faccia" solo per aver cambiato schieramento, oggi mi sento di criticare l'Uomo di San Donato che non può trattare Urbani come un "bruciato" solo perchè gli ha ricordato una verità incontrovertibile di cui si dovrebbe fare carico. Questa signori, è cattiva politica. Una malattia democratica che va curata e fermata prima che l'antipolitica, come nel 1922, travolga tutto e tutti. 
    

Il sinistro è assai più bello con la gioia di Alianello!


Ho ascoltato senza malizia l'intervista rilasciata a Radio Gold dall'Avvocato ai Lavori Pubblici Claudio Alianello. Un'intervista col foglio degli appunti sotto gli occhi, di quelle da ascoltare con le palle adagiate sulle ginocchia; una sorta di monologo in bianco e nero sulle cose fatte e su quelle da fare per i lavori pubblici, le emissioni, l'ambiente e la monnezza. Con qualche tirata di orecchi, neanche troppo velata, all'operato dell'ex assessore all'Ambiente Paglialunga, ormai costretto dalle circostanze e dai numeri a stare in Giunta seguendo la regola del silenzio benedettino, in un ora et labora che in nome del novello Frate Mario tradisce e rinnega il socialista laico e d'antico pelo. Ma il meglio di sè Alianello lo ha dato all'inizio dell'intervista, quando non si era ancora verificato il personale calo glicemico, parlando delle rotatorie di Viale Moccia. Dal tono della voce si percepiva soddisfazione e giubilo personale, una sorta di orgasmo ingegneristico accompagnato dalla rivendicazione ufficiale della "trovata" che ha permesso di archiviare i progetti faraonici del duo Raton & Mastro Sandrone da Santa Maria. E così abbiamo scoperto, ma ne avevano già parlato i giornali locali trattenendo a stento lacrime di adesione, che l'idea luminosa è giunta in porto direttamente dalla spremitura delle meningi creative di un cittadino virtuoso a cui l'assessore ha aperto la porta, il cuore e la mente. Ma, come spesso accade, la punizione è arrivata con un ritardo di solo qualche ora. Intorno alle ore 12 di ieri prima botta di lamiere alla rotatoria del Colle. Non ci sono informazioni su dinamica e colpe, ma pare siano stati coinvolti un pullman e un'automobile. Ovviamente, per rendere anche visivamente più scorrevole il traffico e più consistente il consenso all'operazione rotatorie, tutti in fila indiana fino a Vetralla. Cosa rara, se non impossibile, quando c'erano i noiosi e anacronistici semafori. Come ha detto giustamente una splendida signora dotata di sense of humour "rideva pure la segnaletica provvisoria". Attendiamo quindi fiduciosi il primo sinistro alla rotatoria della Madonna di Loreto, che è agevole quanto i tornanti del circuito di Montecarlo. L'altro ieri a ora di pranzo, tanto per non scrivere a vanvera, mi sono messo a osservare con attenzione cosa accade in quell'incrocio. Provo a riassumere: mostruoso affollamento di segnaletica orizzontale e verticale che restringe la percezione visiva dell'incrocio; scorrimento veloce sul lato destro, dove si può accelerare di brutto fin quando non si gira per il "parcheggione"; effetto strangolamento per chi prosegue lungo Viale Zonghi e in parallelo scorrimento veloce per chi imbocca Viale Moccia da Viale Zonghi. E per concludere la sensazione che sia andato a puttane ogni concetto di precedenza, cui subentrerà la giostra fortunosa dei gesti di cortesia. Non oso immaginare cosa accadrà con l'inizio della scuola e il caos che potrebbe provocare anche il più innocente dei sinistri. Per queste ragioni, oltre che per una sconfinata bruttezza, mi auguro che Alianello, in procinto di somigliare a Cimabue che fa una cosa e ne sbaglia due, sia così lungimirante da fare marcia indietro e chiudere la sperimentazione assai prima dei termini previsti. Anche se questo significasse un primo round ai punti per il nemico Galli e il suo anello Sintagma, perchè perseverare con le rotatorie vuol dire mettere direttamente la testa di assessore ai lavori pubblici sul piatto di San Giuseppe da Thionville. E non credo che ad Alianello faccia piacere giocarsi la collottola tanto presto e in così malo modo.

p.s a proposito...l'assessore Galli, proprio ieri sera su questo blog, ha annunciato che è stato messo on line il mitico Piano Sintagma. Ha mantenuto la promessa e di questi tempi non è cosa da poco. Di questo lo ringraziamo! E il blog dei Bicarbonati seguirà le attività del Tavolo sulla Mobilità quale che sia l'esito finale ma ovviamente facendo il tifo per l'anello a senso unico. Per prendere visione del Piano Sintagma cliccate sul seguente link: Piano Sintagma
    

28 agosto 2012

Passato e futuro della Mostra dell'Artigianato


Forse qualcuno non se lo ricorda neanche ma tanti anni fa la settembrina Mostra dell’Artigianato si teneva alla scuola elementare Allegretto di Nuzio, ossia nell’attuale sede del Comune e prima ancora, se non sbaglio, nei locali del vecchio Seminario di Via Serraloggia. Si trattava di edifici molto adatti a quelle prime forme fieristiche: lunghi corridoi e tante aule disposte a vagone l’una a fianco all’altra, utilizzabili come stand espositivi magari non bellissimi ma sicuramente funzionali. Ricordo la visita alla Mostra come un’emozione lontanissima e viva: piccoli assaggi di prodotti gastronomici e aziende locali che esponevano in un tranquillo viavai di fabrianesi con sempre poche cose extralavoro da fare. Non so perché ma quando penso alla Mostra dell’Artigianato mi viene in mente un antico, localissimo, dualismo: quello tra la Pellicceria Noemi e la Pellicceria Moretti. Ed è davvero strano che nella culla del metalmezzadro la memoria ritorni a vecchi e ormai dimenticati pellicciai. Chissà perchè. Poi, a seguito del successo della manifestazione, si decise di modernizzare la Mostra, trasformando il Corso e il Loggiato XX Settembre nella location più consona in termini di presenze e di efficacia mediatica. Purtroppo, col passare degli anni, la Mostra ha perso in originalità e acquistato in routine: sempre gli stessi, fedelissimi espositori, via via più incanutiti e soppiantati dai gazeboni della gastronomia, comprensibilmente egemonizzata dai cannoli siciliani e dalle olive di Cerignola, nonostante la strenua resistenza opposta dalle olive ascolane e dal sapore trasversale delle crepes alla Nutella. Quest’anno si cambia radicalmente formula. Ricorrendo a un vintage riveduto e corretto: stop all’esposizione all’aperto; combinazione tra contenitori d’arte e stand espositivi, fine del “di tutto un po’” e focus sulla “marchigianità”. Qualcuno l’ha definita una formula ambiziosa e di nicchia ma forse sarebbe più adatto considerarla il frutto di un bisogno di sopravvivenza. Certo, non avremo l’antico e romantico dualismo Noemi – Moretti, ma credo che rinnovare la formula sia stata una scelta necessaria della Giunta Sagramola. Così come l’avevamo conosciuta la Mostra dell’Artigianato era arrivata alla fase di declino del suo ciclo di vita. Continuare sulla vecchia strada avrebbe significato soltanto contabilizzare morti e feriti. Che si provi allora a cambiare: per il semplice gusto di farlo e vedere se si può proseguire nella sperimentazione, senza la solita solfa conservatrice della strada vecchia e della strada nuova. Ma al di là delle formule c’è una questione che va oltre la valorizzazione fieristica dei prodotti e delle piccole produzioni e riguarda il ruolo dell’artigianato a Fabriano. E non sarebbe male se si approfittasse anche di questo cambio di formula per aprire una riflessione sul futuro dell’artigianato a Fabriano; una riflessione che coinvolga, innanzitutto, gli amici della Confartigianato e della CNA che vivono la loro azione di rappresentanza direttamente a contatto con i drammatici problemi del comparto. Abbiamo perduto molto tempo a discutere di faccende marginali come i gettoni degli eletti, i ricorsi amministrativi, i parcheggi dei consiglieri comunali e via spugnettando. Sarebbe, invece, buona cosa tornare, marxianamente, alle grandi questioni economico sociali su cui si gioca la vita e la morte di questo territorio. E se la nuova formula della Mostra fosse servita anche solo a questo dovremmo esserne grati alla Giunta Sagramola. Perchè, magari senza volerlo, ci ha fornito un alibi e una sponda per meditare sull'ennesimo, localissimo tabù.
    

27 agosto 2012

Sagramola e i sette Vietnam

Da oggi si torna in pista. Stop ai teli insabbiati, ai lettini scomodi, ai prosecchi reiterati, alle scofanata con propositi di dieta, alle sbraciolate "sargicce, costarelle e vistecche", alle frittelle zuccherate delle sagre, alle foto delle vacanza low cost da caricare su Facebook. Da oggi cazzi amari per tutti! E senza bicarbonati e citrati ad alleviare i fuochi. Spero che Sagramola si sia riposato il giusto perchè si profila un'agenda politica coi fiocchi, da arrivarci a Natale implorando i cappelletti in brodo come la più preziosa tra le zone franche. Ci sono molti Vietnam all'orizzonte: boscaglie, agguati e guerriglie. Conflitti potenziali o latenti lasciati in sospeso in un'estate mai prima d'ora tanto generosa di canicola politica e di combustibili verbali. Sette Vietnam da leccarsi i baffi. Sette croci politiche su cui i Bicarbonati scorreranno copiosi.

  1. Il ricorso della Lista Paoletti. Se passa i 14 a 10 richiesto da Paoletti, Sagramola perde un consigliere comunale in favore dell'opposizione e consegna direttamente le palle all'UDC. Il segretario Pellegrini deciderà in piena libertà se strizzarle previa anestesia locale o senza terapia del dolore. Di sicuro lo farà a piacimento, come rito propiziatorio per il ritorno dell'orda bianca.
  2. Il ricorso sull'incompatibilità di Tini. Se viene riconosciuto incompatibile Angelino da San Donato va a casa ma ma si ritrova tra le mura domestiche anche Sagramola, perchè a quel punto l'UDC staccherebbe la spina. Nel caso si torna alle urne. E può accadere di tutto. Anche che il centrosinistra prenda una bastonata nei denti.
  3. Lo scontro sulla viabilità. E' la partita politica più interessante e ad alta tensione dell'autunno che s'approssima, la guerra tra il Partito delle Rotatorie e quello dell'Anello a Senso Unico. E' la vera Quintana faVrianese e l'assessore Galli ci si gioca il pollaio, le penne e la cresta.
  4. La nomina del Portavoce del Sindaco. Il nome del Cireneo dovrebbe essere ufficializzato a giorni. Frutto di un bando e di una selezione da far invidia al più geniale produttore di abiti su misura. Chi freme per sapere, e non riesce ad aspettare, può frugare nella discografia di Eric Clapton. Prima o poi troverà la canzone col titolo giusto.
  5. La Presidenza del Consiglio Comunale. Pariano è, come sempre, sotto tiro. Al Pd proprio non garba e c'è chi medita di farlo fuori senza aspettare troppo tempo. Renzo Stroppa, vecchia lenza corleonese, scalpita e ambisce allo scranno. Se salta come Presidente, Pariano esce dalla maggioranza che perde un consigliere. Se non salta Pariano la maggioranza perde un consigliere perchè Stroppa non lo tengono buono manco con la camicia di forza.
  6. La questione Giano. Sembra faccenda di poco conto e per questo è uno splendido scenario per casini di ogni genere. Se Sagramola sull'Aera strappa col passato è guerra nel Pd. Se non strappa è guerra con l'Associazione per la Tutela del Centro Storico. Comunque vada sarà un bordello.
  7. Il pagamento anticipato dei servizi a domanda individuale. Il pagamento anticipato spingerà le famiglie a far mangiare i figli a casa anche in caso di tempo pieno. Quel corrispettivo economico non potrà essere messo a bilancio con conseguenti tagli all'occupazione. L'altra scuola di pensiero ritiene sia meglio metterli a bilancio, accettando tempi di riscossione più lunghi che evitino tagli e famiglie strangolate. Scontro terribile perchè è puramente politico e non contabile come crede Tini. Roba da crisi di Giunta. Roba su cui ci sarà da divertirsi.
Si potrebbe continuare con mille altri temi. Ma già questo è un Settebello capace di accoppare un toro. Se Sagramola resiste di sicuro arriva fino in fondo. Altrimenti affonderà prima di tagliare la colomba pasquale. Ma vista la siderale assenza di opposizione é probabile che Giancarlone barcolli ma non molli. Si vedrà. E intanto buon rientro a tutti!

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25 agosto 2012

Sorci mi scrive sulla cena con Spacca. Botta e risposta

Dal Sindaco Roberto Sorci ho ricevuto un messaggio, con preghiera di pubblicazione, in merito alla cena a base di crescia e affettati da lui consumata l'altra sera in compagnia del Governatore Spacca. Di seguito una mia risposta ai rilievi del primo cittadino.

Caro Gian Pietro, mi fa sorridere il fatto che due amici, durante le ferie, vadano a mangiare la crescia e tutti si domandino cosa ci sia dietro. Tutti sanno che io e Spacca siamo amici da oltre trent'anni e, dato che non abbiamo nulla da nascondere, non possiamo neanche più andare in un locale pubblico, ? Anzi, per la cronaca, dopo la crescia siamo andati da Otello a mangiare il gelato e se vuoi ti dico pure i gusti che abbiamo scelto! Ci siamo fermati a parlare con la gente che era li , poi abbiamo fatto un giro al giardino, anche li incontrando persone. Poi io sono rimasto da Otello con Bonafoni, Manzetti e altri mentre il mio amico Spacca è andato a casa.Vedi la differenza? Noi che non abbiamo nulla da nascondere andiamo nei locali pubblici pagando con i nostri soldi e tu ti diverti con il tuo simpatico cazzeggio a far impazzire le persone, mentre quei conigli che ti scrivono, con la loro codardia, si nascondono nell'anonimato e tu sai che io non tollero questo fare mafioso che si nasconde dietro l'anonimato. Io e te mettiamo la faccia su ogni cosa che facciamo mentre i tuoi conigli abbassano le orecchie. Molto probabilmente non possono andare in giro a testa alta in mezzo alla gente come facciamo io e Spacca, e quindi si nascondono.A proposito visto che io mi diverto come te a cazzeggiare voglio fare una domanda e una richiesta all'anonimo che scrive "ma i politici pensano solo a mangiare?" Allora gli domando: ma lui l'altra sera ha mangiato? La crescia e il gelato non mi risulta che me li abbia pagati lui, pero' se volesse farlo sono ben felice di farmi offrire la crescia almeno potrà parlare con cognizione di causa. Comunque mi ha divertito da matti il tuo cazzeggiare anche perchè conoscendomi sai che io dico sempre che è importante che se ne parli , mentre i tuoi cuor di leone non ti danno la soddisfazione di dedicarti le tue attenzioni letterarie perché un anonimo è un NULLA. Ciao Roberto Sorci

Caro Sindaco,
se non ti conoscessi a fondo da una ventina d'anni - come tu conosci me - prenderei per buono il tuo innocentissimo resoconto. Ma siccome ti conosco assai mascherina è difficile che possa prendere per buona la parte per il tutto, un racconto di gelati, crescia e parole senza immaginare e ipotizzare l'arrosto che accompagna il fumo. Il fatto che tu vada a cena con Spacca nel pieno di una polemica che ti oppone a Sagramola e a Tini non può essere derubricato a cena tra amici. E questa è una notizia. E siccome siete due uomini estremamente intelligenti e scaltri ben sapevate che scegliere con cura i tre luoghi più frequentati dai fabrianesi - cresceria fuoriporta, Otello e Giardino Pubblico - avrebbe suscitato curiosità e clamore politico. Non conosco di persona Spacca ma conosco te. E quando ci incontriamo parliamo di politica nove volte su dieci. Vuoi farmi credere che con il Governatore avete discusso di chicchere e piattini senza un cenno a Fabriano e alle sue faccende politiche? Può anche darsi che sia andata così ma non appare verosimile a chiunque non abbia l'anello al naso. E sinceramente mi colpisce che te la prenda con chi lascia messaggi anonimi sul mio blog accusandoli di una mafiosità che dovrebbe essere riservata a ben altre tipologie di comportamento. Al posto tuo e di Spacca mi farei invece due domande sul perchè a Fabriano sia così difficile per un cittadino senza potere metterci la faccia; mi farei due domande sul clima di pulizia etnica contro chi pensava con la testa propria instaurato in cinquant'anni di potere democristiano; mi farei due domande sulla vivibilità democratica di una città in cui metterci la faccia senza rimetterci il culo era una missione tecnicamente suicida. Adesso, piano piano, stiamo uscendo anche da questo tunnel perchè con la criusi sono finiti pure i soldi per foraggiare il silenzio. Certo è più bello ed elegante firmarsi sempre e mettere un sigillo sulle nostre parole. In questo blog io stesso sono stato oggetto di commenti anonimi a volte critici, a volte al limite dell'insulto. Avrei preferito conoscerne l'identità degli estensori ma va bene così. Fabriano deve ricostruire un clima di partecipazione a cui non è abituata e anche l'anonimato è uno strumento per suscitare un confronto e riabituare le persone allo spirito civico che in questa città è stato volontariamente e coscientemente distrutto. Tu caro Roberto sei un politico navigato, hai fatto il sindaco per dieci anni e per certi versi continui a farlo anche ora. L'asticella è molto alta per chi fa politica al tuo livello e non puoi permetterti il lusso di essere troppo permaloso. Come non posso permettermelo io nonostante sia uscito in malomodo dal circuito della politica attiva. Non si può pretendere di fare il pane senza sporcarsi di farina e poi arrabbiarsi se un anonimo cittadino ironizza sul lievito. Perchè così si dà ragione a chi parla e sparla di casta. Pensaci su e sorridi. A proposito...durante la cena birretta o vinello? Cari saluti. Gian Pietro Simonetti
    

FaVrianesi! Smettiamola di alzare la cresta!

Uno degli aspetti del berlusconismo che più faceva imbestialire l'opinione pubblica democratica e di sinistra (precisazione necessaria visto che si può essere democratici anche senza essere di sinistra) era legato a una frase simbolo del ventennio arcoriano: "Lasciatemi lavorare!". I cosiddetti progressisti vedevano in questa dichiarazione del Caimano il desiderio di far fuori l'opposizione, l'allergia alla critica politica, la brama di pensiero unico e la scarpa chiodata della tirannide televisiva. E giù indignazioni, petizioni, manifestazioni. Il problema è che i compagni, mutatis mutandis, diventano berlusconiani appena il bastone del comando lo pigliano in mano loro. Già nel piccolo di questo blog noto infatti, e con una certa frequenza, una ripetuta e severa critica della critica, un richiamo solenne ad accompagnare ogni formulazione problematica con la relativa proposta di soluzione, una disposizione ad accettare le peggio cose in nome di un "concretismo" che non rimanda a Gaetano Salvemini ma alla vision de Zio Antò, un'ossessione del "fare ma senza pensare" che appartiene alla tradizione più profonda di una comunità educata al produci, consuma e crepa. Siccome non amo passare per quello che fa il bastian contrario ho deciso di essere costruttivo pure sulle due rotatorie di Viale Moccia. Basta con la critica. E' il momento del consenso, del plauso e del battimani. Mi rimangio tutto quello che ho detto fino ad ora: le rotatorie sono esteticamente michelangiolesche, rappresentano un tonico per il senso civico del conducente, un sollucchero per il pedone e la scelta intelligentissima di una Giunta che fa del pensiero più profondo la cifra del proprio agire. Quindi smettiamola di denominare girelle, ciambelloni, rotatouille, ruzzolatorie e via disprezzando questi due capolavori della razionalità cartesiana . Come ha scritto ieri il Resto del Carlino con queste due rotatorie siamo di fronte a qualcosa di veramente nuovo e straordinario, per i pedoni, per le vetture e la mobilità degli umani. Una novità che si è cristologicamente realizzata in soli tre giorni, come si conviene a ciò che deriva dalla grandezza del pensiero e dalla sagacia dello spirito. Eccolo quindi il pensiero costruttivo che tanto piace ai poteri forti faVrianesi: una suonata di cetra, una leccata di culo e passa la nottata. FaVrianesi adeguiamoci e torniamo alla nostra antica e nobile natura di cittadini obbedienti e silenti! Stiamo alzando un po' troppo la cresta ultimamente!
    

24 agosto 2012

Pubbliche cene e segreti accordi

Stamattina mi è venuto in mente un film del 2006 di Pupi Avati "La cena per farli conoscere". Ci ho pensato perchè sul presto un uccellino mi ha riferito di una cena avvenuta ieri sera tra due soli, autorevolissimi, commensali. Una cena non certo per farli conoscere, perchè si conoscono da una vita e da una vita condividono nefandezze e fasti della democristianeria. Una cena per farli incontrare e tramare per l'ennesima volta. Un desinare in pubblico, tra occhi indiscreti che registrano e riferiscono obbedendo senza saperlo al desiderio dei commensali:  far alzare la marea del mormorio perchè la politica ha bisogno anche di ciarle e di panna montata ad arte. Non a caso, complice una calura feroce, i due misteriosi commensali hanno scelto un noto locale fuori porta, un luogo in cui è impossibile appartarsi, un ritrovo nazionalpopolare che appartiene alla tradizione gloriosa della faVrianesità gastronomica. Cena estremamente frugale e a base di affettati. Niente a che vedere con le portate luculliane e le anatre laccate della prima repubblica. In tempi di crisi anche chi conta deve far di conto. E adesso si sveli l'arcano: i commensali erano il Governatore Spacca e l'ex Sindaco Sorci. Si racconta anche che Sorci abbia girato tra i tavoli per salutare i fabrianesi assisi, come fanno le spose durante il banchetto matrimoniale. Di che avranno discusso? Del caldo? Dell'incendio di Serradica? Della raccolta differenziata? Dei capelli di Tini elettrizzati dalla spazzola d'acciaio? Mi permetto di dubitarne. Certo è che a qualcuno avranno fischiato le orecchie con corollario di notte insonne e bottiglia d'acqua sul comodino. E quindi, con spirito divertito e ludico, mi permetto di sottoporre, agli amici che seguono il mio blog, una domanda a risposta multipla sugli argomenti trattati in questa non improvvisata cena tra due pezzi da novanta della vecchia e intramontabile Democrazia Cristiana.

A. Hanno concordato la resa politica di Roberto Sorci
B. Hanno concordato un incarico politico compensativo per Roberto Sorci
C. Hanno concordato il ridimensionamento di Angelo Tini
D. Hanno concordato la data del dimissionamento di Sagramola
E. Varie ed eventuali

E adesso votate, votate, votate. E sulle varie ed eventuali sbizzarritevi!!!
    

23 agosto 2012

Una Girella Motta a Viale Moccia

Foto Cristiano Pascucci
I rapporti tra estetica e politica esistono anche quando ci appaiono come l'ultima delle connessioni possibili. La conoscenza del bello è un atto politico. Così come la conservazione della bellezza e la sua tutela. E' quindi politica la nobile arte liberale che si oppone al brutto imperante, al degrado studiato a tavolino, all'inarrestabile vocazione a imbrattare, insozzare, deturpare gli spazi, gli ambienti e le cose. Per comprendere il valore politico dell'estetica è sufficiente passare per Viale Moccia e fermarsi a rimirare la novellissima microrotatoria posizionata al primo incrocio, giusto avanti la strada che conduce a Collepaganello. Se fossi Il Sindaco o un qualunque assessore mi vergognerei di farmi vedere in giro. Anzi, cercherei la prima botola utile per calarmi dentro a tempo indeterminato. Per limiti di competenza non entro nel merito dell’utilità perché sicuramente ci saranno esperti, sia tra i detrattori che tra i sostenitori, in grado di sostenere ragioni e torti di questa opera davvero poco faraonica ed edificante. Per quel che mi riguarda mi limito al colpo d’occhio e all’elemento estetico che, a modo loro, caratterizzano e qualificano lo spazio urbano quanto gli aspetti funzionali. Mi si dirà che è solo una sperimentazione e che quindi si tratta di un brutto a termine. Maliziosamente mi viene invece da pensare che se il brutto impera in via sperimentale non oso immaginare quali vette di cattivo gusto si scaleranno in sede di realizzazione definitiva dell’opera. Ha ragione l’architetto Giampaolo Ballelli che, su Facebook, ha ribattezzato "rotatouille" la microrotatoria anche se, purtroppo, della ratatouille non ha il colore, il sapore e la fragranza. Volendo giocare alla nostalgia potremmo dire che la piccola rotatoria somiglia a una Girella Motta riveduta e corretta in fragola e fiordilatte oppure, tanto per onorare la sociologia della Festa di Santa Maria, a uno di quei ciambelloni della nonna col buco in mezzo che non si strozzano manco se li imbevi in qualche litro di latte intero e surriscaldato. Insomma la microrotatoria è brutta. Bruttissima. Un vero agguato alla decenza estetica. Invece, secondo l’Avvocato ai Lavori Pubblici, si tratterebbe di una gran figata perché con 40.000 euro, di rotatorie se ne tirano fuori addirittura due in qualche centinaio di metri. Come a dire che il risparmio è garantito e, alla fine, siamo tutti soddisfatti. Invece si dovrebbe imporre una nuova visione, dove l’utile si sposa al dilettevole e la bellezza si concilia con l’utilità. Altrimenti dovrebbero essere gli assessori a versare 40.000 euro ai cittadini, come risarcimento dovuto per lo stupro estetico, ambientale e urbanistico di certe opere che danno lo stesso piacere di uno slalom fatto di culo su un rasoio affilato. Ma è solo fantapolitica. E mai come oggi mi sono parsi belli i vecchi, interminabili e smoggheggianti semafori.
    

22 agosto 2012

IMU, outsourcing e barbatrucchi

Il nuovo Presidente Territoriale di Confindustria si chiama Morgan Clementi. Il cognome da ragazzo tollerante e il nome un po' fru fru, da star televisiva, costituiscono un mix rassicurante e pacifico. Un po' come quando Verdone, nel film Viaggi di Nozze, spiegava, con dovizia di notazioni romanesche, perchè chiamare un figlio Kevin offrisse maggiori potenzialità al nascituro rispetto ai più tradizionali nomi da evangelista o da riabilitazione di nonni e bisnonni. Bene, al nostro Morgan Confindustriale, nonostante i buoni auspici anagrafici, è andato maluccio il debutto mediatico. Il neo Presidente è intervenuto su un paio di proposte partorite dalla Giunta Sagramola: sospendere l'IMU per le imprese che assumono e destinare ai terzisti locali il grosso delle commesse date in outsourcing dai grandi gruppi industriali fabrianesi. Clementi ha detto si, con tanto piacere, alla sospensione dell'IMU e ha detto no, con poco dispiacere, alle commesse per i terzisti locali. Ossia l'esatto contrario di quel che avrebbe dovuto fare una grande organizzazione di rappresentanza datoriale di fronte alla devastante crisi del territorio. Un'impresa normodotata, infatti, assume quando ha senso dal suo punto di vista produttivo e commerciale. Altrimenti neanche si pone il problema. E quindi nessuna impresa assumerebbe solo per approfittare della sospensione dell'IMU, perchè sarebbe come comprare un cappotto soltanto perchè i bottoni sono in regalo. Dire si alla sospensione dell'IMU equivale, quindi, ad approfittare di una regalìa pubblica totalmente improduttiva. Certo, a caval donato non si guarda in bocca ma che Confindustria abbia detto sì alla sospensione dell'IMU fa pensare al sì che la sventurata Gertrude rispose al torbido Egidio nei Promessi Sposi. Anche perchè l'equivalente economico e finanziario della sospensione dovrebbe essere compensato, a bilancio, da denaro pubblico che verrebbe distolto dalle risorse destinate ai servizi. Il che non solo non è bello a vedersi ma fa pure un po' incazzare. In parallelo si fa fatica anche a capire il no di Confindustria alle commesse ai terzisti locali. Si tratta di una proposta che avrebbe meritato un sì grande come una casa. Perchè restituisce al territorio una quota del PIL perduto, incrementa il tasso di occupazione locale, rafforza la capacità di spesa delle famiglie, irrobustisce indirettamente le attività commerciali, ingrassa le casse comunali con maggiori entrate da addizionali IRPEF e diminuisce quantitativamente il numero di persone che, per reddito, hanno diritto di accesso a condizioni meno onerose ai servizi a domanda individuale. Siccome questi benefici per il territorio sono forse troppi è meglio dire di no, con la scusa che per rinascere occorre rifiutare ogni protezionismo e proiettarsi all'esterno, ossia ingrassare altri territori e altre imprese terziste che ci ridono in faccia e si danno di gomito su quanto sono fessi sti marchigiani. Sarà che sono leghista ma per prima cosa si dovrebbe fare quadrato qui, riportando un po' di soldi e di lavoro sul territorio, come ad esempio ha fatto Urbani, che avrà mille limiti e difetti come politico ma è un imprenditore che si è fatto carico concretamente del cosiddetto "rischio territoriale" nelle sue strategie di produzione. E solo dopo proiettarsi all'esterno, facendo squadra e sistema. Si tratta di una strategia in due tempi che, purtroppo, confligge col tradizionale egoismo faVrianese che prevede sacchi di sabbia in ogni finestra e strategie gelosamente individuali di sopravvivenza. E di fronte a barriere psicologiche come queste più che di Morgan Clementi ci sarebbe bisogno della Fata Morgana. O forse soltanto di un ennesimo Barbatrucco per tirare avanti.
    

21 agosto 2012

Caso Ardo: Salagadula, magicabula bididi bodidi bu

Ci vorrebbe Smemorina, la fata buona di Cenerentola, per svelare tutte le parole magiche che hanno accompagnato il caso Ardo: rilancio, acquisizione, spezzatino, ricapitalizzazione, bando. Una neolingua un po' popolare e un po' tecnica che è servita a far sapere qualcosa ai faVrianesi tenendoli, allo stesso tempo, a debita distanza da una piena comprensione di quel che stava accadendo alla Antonio Merloni. Tra le frasi killer di questa verità alla deriva, ce ne è una che ha mantenuto inalterato il suo appeal. Essa popola tuttora il dibattito proprio perchè è stata caricata di significati salvifici e di infondate speranze, e che neanche il magicabula riuscirebbe a decifrare nella sua intima capacità di suggestione: l'accordo di programma. Di fronte ai passaggi più devastanti del fallimento Ardo (è il caso di chiamare le cose col loro nome) politici e sindacalisti hanno evocato l'accordo di programma come un mantra, una stella polare capace di condurre il territorio fuori dalla tempesta economica e industriale. Non a caso è di questi giorni la notizia che la Fiom intende manifestare in autunno affinchè si rinnovi, al più presto, l'accordo di programma. Già, perchè un accordo di programma sulla vicenda Ardo era già stato firmato un paio di anni fa ma, al di là della pompa magna mediatica, non sembra abbia prodotto effetti tangibili. L'operazione di travisamento concettuale e linguistico costruita attorno all'accordo di programma è estremamente semplice: scambiare il contenitore con il contenuto. L'accordo di programma è, tecnicamente, un istituto concertativo regolamentato dal Testo Unico degli Enti Locali, utilizzato per l´attuazione di opere e interventi di interesse pubblico che richiedono l´azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni e autorità statali. Utilizzando le definizioni canoniche cosa deduciamo? Semplicemente che l'Accordo di Programma è un contenitore, ossia un elemento neutro che perde la sua neutralità solo attraverso i contenuti che lo vanno a riempire. Il primo accordo di programma di due anni fa era stato riempito con una dichiarazione di intenti che serviva solo a dare sostanza mediatica e di consenso alla Grande Burla dei cinesi e degli iraniani. Il nuovo accordo di programma, per cui tanto si battono i sindacati, non sarà altro che la riedizione aggiornata di quello passato perchè non sono i contenitori a fare i contenuti ma esattamente il contrario. In questo senso è opportuno rispondere ad alcune domande preliminari: il coordinamento tra i diversi soggetti istituzionali è un valore in sè o ha senso soltanto nella misura in cui quei soggetti esprimono una visione comune? Ed esiste un disegno comune di riconversione produttiva del territorio umbro-marchigiano coinvolto nel fallimento Ardo? Su quali nuovi comparti produttivi si intende investire? Quali livelli occupazionali si possono garantire con la riconversione? Sinceramente nessuno ha mai fatto cenno a questi interrogativi di fondo e dubito, quindi, che se ne possa parlare nell'accordo di programma, che avrà, invece, una caratteristica facile da prevedere e immaginare: un recipiente vuoto in cui buttare non idee da finanziare ma denari a fondo perduto con cui continuare a illudersi che tamponare sia un po' guarire. E se Fabriano e dintorni non escono da questo miraggio assistenzialista e levantino sono davvero condannati a una fine lenta e terribile.
    

19 agosto 2012

Al bello al bello chi c'ha l'Anello?

L'impressione è che la politica stia tornando in scena assai rapidamente in città. Poche ore di pausa ferragostana e di nuovo tutti a macchina calda. Di solito alle elezioni comunali faceva tradizionalmente seguito una specie di semestre bianco, sei mesi di nausea da politica, di vuoto generale da campagna elettorale e da promesse sbandierate ai quattro venti. Stavolta invece no e dopo l'elezione di Sagramola la tensione politica è rimasta sempre altissima su mille fronti. Specie all'interno della maggioranza. Tra Sorci e Tini su Bilancio e residui attivi. E oggi, pare, tra Galli e Alianello anche se tra i Due Avvocati siamo solo alle schermaglie iniziali, alla guerra non dichiarata e all'utilizzo sperimentale di armi tattiche. Il tema di questo potenziale conflitto è quello classico della mobilità e del traffico. Da una parte Alianello a decantare le magnifiche sorti e progressive delle due minirotatorie di Viale Moccia, di cui iniziano subito, ossia con sospetta urgenza, i lavori di realizzazione. Dall'altra l'assessore Galli che rilancia il Piano Sintagma e il relativo anello a senso unico intorno al centro storico della città. Ora, anche un bambino capirebbe che fare le due minirotatorie proprie mentre si discute di anello a senso unico significa mettere il bastone tra le ruote evidenziando una frattura in Giunta tra i minimalisti, che puntano a dare l'impressione che qualcosa si stia facendo comunque,  e gli oganicisti che, diversamente, immaginano interventi strategici e di più lunga maturazione politica. Il dato politico è che Alianello è tuttora segretario del Pd e quindi la linea delle microrotatorie è la linea del Pd mentre quella a favore dell'anello Sintagma non è la posizione dell'Udc ma quella di Giuseppe Galli, che abbiamo l'impressione abbia già iniziato a fare partito per se stesso in vista di obiettivi che vanno ben oltre il buon agire assessorile. Con sicuro acume Galli ha compreso che per andare oltre un semplice mandato da assessore ha bisogno di radicare un suo consenso personale nell'opinione pubblica.Un consenso prepolitico, legato alla concretezza delle scelte e che lo possa mettere al riparo dall'accusa di congiura. Il Piano Sintagma, da questo punto di vista, può essere il suo asso nella manica e la sua assicurazione sulla vita perchè la quasi totalità dei fabrianesi è favorevole all'anello a senso unico e se passa questa scelta rivoluzionaria sarà lui il principale beneficiario politico dell'operazione. In questo disegno oltre al Saturno politico Galli ha pure il tempo contro. Ma è una sfida politica e di ambizione personale che merita di essere seguita con attenzione perchè può aprire uno squarcio nel centrosinistra o essere metabolizzata e risolta al suo interno senza colpo ferire. Da storico tifoso dell'anello Sintagma, e solo per questa ragione, faccio il tifo per Galli, giudicandone, come sempre, parole, opere e omissioni. Il resto è politica. Roba che mi interessa assai ma che non mi compete più direttamente. E lo ritengo davvero un grande privilegio!
    

18 agosto 2012

La disinformazione e le Pussy Riot fabrianesi

Tra i molti problemi che l'affliggono, Fabriano deve fare i conti anche con una questione "minore" ma che, di fatto, incide profondamente nel modo di essere, di pensare e di porsi dei cittadini: la qualità dell'informazione locale e il ruolo della carta stampata. Ho sollevato il problema più di una volta. In particolare come segretario cittadino della Lega Nord. Una riflessione che, purtroppo, è caduta nel vuoto. Ci sarebbero mille aneddotti per dare forma e concretezza al problema informazione a Fabriano, ma è uno solo ad aver incarnato la sintesi della disinformazione quotidiana: il caso Ardo. La questione Ardo è stata trattata senza ricercare la verità ma il suo contrario: alimentando illusioni sul rilancio dell'azienda, sparando locandine che un giorno si e l'altro pure raccontavano di centinaia di operai che tornavano felicemente a produrre, rincorrendo le voci più infondate su acquirenti cinesi e iraniani. Tanto che la gara , a un certo punto, è diventata una specie di lotteria in corpo undici, con un quotidiano ad avvalorare la soluzione cinese e gli altri a confutarla, ovviamente dando per certo il contemporaneo sbarco degli iraniani. Il nodo cruciale è che la stampa locale forma il consenso al contrario: minimizzando le notizie e i problemi più importanti e procedendo a una vera e propria ipertrofia del nulla, con la cronaca più spicciola e ininfluente a farla da padrone nel rilievo dei titoli, nella spaziatura e nel posizionamento degli articoli. Oggi, tanto per restare in tema, sul Resto del Carlino abbiamo avuto modo di contemplare l'ennesimo capolavoro di disinformazione. Titolo: " Ricorso Paoletti, per il Tar illegittimo il ripescaggio". L'articolo comincia così: "Bocciato dal Tar il ricorso di Renato Paoletti che non avrà il posto di consigliere comunale in luogo di Bonafoni. Il Tar ha ritenuto illegittima la richiesta di ripescaggio dell'esponente della lista civica...". Leggendo questo articolo si deducono con certezza alcune cose: che il TAR si è riunito questi giorni e ha ritenuto infondato il contenuto del ricorso di Paoletti sull'attribuzione dei seggi in Consiglio Comunale. Ergo, Bonafoni resta al suo posto e buonanotte al secchio. C'è un piccolo particolare. Il Tar si è pronunciato una sola volta il 5 luglio perchè il ricorso, oltre a richiedere l'attribuzione del decimo seggio all'opposizione conteneva pure una richiesta di sospensiva dell'attività del Consiglio Comunale fino al pronunciamento del tribunale amministrativo stesso. E cosa dice il TAR il 5 luglio? Soltanto che unifica i due procedimenti e che non ritiene si debba procedere a sospensiva in quanto la decisione viene calendarizzata per la fine di ottobre (non ricordo la data precisa) e, quindi, visti i tempi strettissimi non ha senso fermare i lavori del Consiglio Comunale inceppando il sistema per qualche settimana che non modificherebbe la sostanza delle cose. In sintesi il TAR non ha respinto nessun ricorso semplicemente perchè il ricorso verrà esaminato nel merito a fine ottobre. Quindi sia il titolo che il contenuto dell'articolo del Carlino di oggi contengono una notizia tecnicamente falsa. Perchè agiscono in questo modo? Perchè ad agosto non sanno che scrivere? Ci può stare, ma siccome siamo uomini di mondo abbiamo una strana sensazione e cioè che il sistema informativo locale - anche a livello di informazione politica - si sta chiudendo a riccio a difesa dell'esistente e del nuovo corso sagramoliano. In questo senso il Sindaco dovrebbe stare molto attento agli eccessi di zelo di quelli che giocano a essere più realisti del re, perchè rischia di passare per il piccolo Putin fabrianese che fa condannare le Pussy Riot troppo dedite alla provocazione. Che nel nostro caso avrebbero le sembianze non proprio graziosissime di Renatov Paoletowsky, Sandor Romanov e Angelicov Costantinienko. I Pussy Riot della politica pronti a cantare incappucciati il punk del ricorso nella Chiesa di San Nicolò e per questo condannati a cinque anni di lavori forzati nell'azienda agraria comunale di Putido. Con la differenza che per loro non si mobiliterebbero Madonna e Paul Mc Cartney ma al massimo i Motozappa e i Vincisgrassi. Tanto per non tradire mai l'agricola faVrianesità del nostro essere.
    

17 agosto 2012

L'altra Fabriano....quelli che

In attesa di tornare a picchiare duro sulla politica, ferma per consunzione ferragostana, non ho potuto fare a meno di riflettere su due pezzi che ho recentementente postato su questo blog: su Unifabriano e sulla Festa di Santa Maria. Scrivendoli ho deciso di attaccare duramente e consapevolmente due santuari della faVrianesità più indigeribile ed eterna. Le reazioni sono state piuttosto violente e trasversali perchè sarà pur vero che il modello metalmezzadrile è andato definitivamente a puttane, ma non sia mai che vengano messe in discussione la sovrastruttura e il contorno che hanno accompagnato e sostenuto questa sorta di "socialdemocrazia padronale" fondata sulle schiene ricurve, gli stipendi bassi ma cumulati all'interno di famiglie allargate e la fetta di cocomero fresco per alleviare l'arsura da cablaggio e mietitura. Ho ripensato a questi due scritti con in mente Giuseppe Prezzolini - un individualista ribelle e un vero anarchico al netto di ogni collettivismo - che nel 1922 scrisse un vero e proprio Manifesto per la Società degli Apoti, ossia coloro che non la bevono, quelli che non si fanno fregare dal buonsenso, dalle versioni ufficiali, da quell'intreccio di complicità e interessi per i quali una mano lava l'altra e tutte due lavano il viso. Che è poi la rappresentazione metaforica più efficace e sintetica di una faVrianesità che non riesce proprio a piacerci in quanto conformista, merloniana e ruraleggiante. C'è un'altra Fabriano, con la B e senza la V, che merita una dichiarazione di intenti capace di aggregare quelli che... non si vantavano di fare il capetto alla Ardo ohh yeah!; quelli che non contavano un cazzo perchè non leccavano i culi giusti ohh yeah; quelli che non contavano un cazzo perchè non leccavano i culi punto ohh yeah;  quelli che leccavano i culi ma poi hanno smesso di farlo ohh yeah; quelli che hanno messo su la fabbrichetta ma non facevano i terzisti ohh yeah!; quelli che hanno faticato a mette assieme il pranzo con la cena pur di non dire babbo a chi ti dà il pane ohh yeah!; quelli che conta più l'intelligenza che il conto in banca ohh yeah!!; quelli che votano l'idea e non la persona ohh yeah!!; quelli che non hanno mai detto "tanto è tutti uguali" per fingere di non votare Dc ohh yeah!! quelli che non hanno mai detto "tanto è tutti ladri" solo perchè non gli asfaltavano lo stradello de casa ooh yeah; quelli che non andavano alla sagra del paese così li vedeva l'assessore ohh yeah!! Insomma un Manifesto dei Fabrianesi Sfusi, delle anime salve, degli spiriti solitari. Non è una buona idea? Ci si riconosce autonomamente, un'autocertificazione ideale e via andare. Senza analisi del sangue, delle parentele, delle relazioni, dei giri, delle camarille, dello stipendio e del "tu di cosa ti occupi" e tu "quanto guadambi". Sarebbe un fantastico esperimento di traversalità apolitica. L'unica politica possibile, in fin dei conti. Che ne pensate cari lettori?
    

16 agosto 2012

La grande sociologia della Festa di Santa Maria

Oggi scriverò un post sulla Festa di Santa Maria che mi scatenerà addosso una raffica di contumelie al pari di quelle ricevute per il pezzo su Unifabriano, dove una riflessione sullo spreco di denaro pubblico per sedi universitarie distaccate e sostanzialmente inutili è stata l'occasione per una difesa d'ufficio che ha visto i giovani studenti, invece che la nomenklatura, schierarsi a difesa dell'esistente più becero e triste. Segno dei tempi; segno di una giovane generazione che invece di fare la rivoluzione si schiera a favore del vecchio conservatorismo. Aveva ragione quel sovversivo romagnolo e bestemmiatore di Pietro Nenni: se uno a vent'anni non è rivoluzionario a quaranta sarà sicuramente un informatore della polizia.

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Dicevo della Festa di Santa Maria. Ci sono andato un'oretta ieri sera, per mangiare qualcosa di ritorno dal mare. Credo fosse la prima volta in vita mia e di sicuro sarà pure l'ultima. Lo dico chiaramente, fregandomene delle prevedibilissime e piccate reazioni: se uno vuole capire perchè Fabriano non cambierà mai deve fare un salto alla Festa di Santa Maria. E' un'affermazione senza giudizio morale, una pura valutazione antropologica della faVrianesità, la presa d'atto che le permanenze sopravanzano di molto i pochi barlumi di cambiamento. Nulla da eccepire sull'organizzazione - da sempre impeccabilmente orchestrata dall'intramontabile Spadini -, nonostante l'agghiacciante e anacronistica riproposizione di giochi popolari, come la ruota con prosciutto in palio, la pesca con lancio di cerchietti in plastica su premi ruotanti e i proverbiali tre colpi di palla alle lattine ammonticchiate. Soprassediamo pure sulla serata danzante, sia perchè il liscio marchigiano ha perso i suoi perchè dopo la svolta porno di Giancarlo e i Notturni, sia per l'indole giurassica di quegli ometti spavaldi che concepiscono il ballo come modalità spicciola per protendere la zona fallica a ridosso delle grazie baricentriche delle gentilissime signore. Messo da parte tutto questo, cosa rende la Festa di Santa Maria la consacrazione della faVrianesità più massiccia e granitica? Le facce dei faVrianesi che la frequentano. Gente che non incontreresti mai in Corso della Repubblica, che vive la città di lato, in modo sotterraneo e invisibile; gente senza delicatezze estetiche e una fisiognomica che rende tutti incredibilmente uguali e incredibilmente affratellati, come nei rimpasti genetici delle antiche dinastie regie. Non ho inquadrato, in una sera, una sola faccia da comunista, da fascista, da grillino, da berlusconiano. Per dire di profili marcati, di identità riconoscibili, di smorfie caratterizzate. Soltanto una gigantesca carrellata di lineamenti insipidi, di variazioni sul tema "casa, chiesa e orticello", di vero popolo democristiano - vivo, vegeto e redento - passato, senza disagio alcuno, dalla Festa dell'Amicizia alla Festa di Santa Maria, da Forlani a Spadini come se fossero la stessa cosa. Perchè forse sono la stessa cosa. Un ritrovo di successo della FaVriano che ha sorriso rassegnata di fronte alla crisi Ardo, che vive come se nulla fosse accaduto, che affida la propria vita al sistema delle relazioni personali più che alla cosa pubblica e all'impegno civico. Se invece di farci le seghe mentali con le previsioni, le chiacchiere colte e la sfera di cristallo facessimo tutti un salto, ex ante ed ex post alla Festa di Santa Maria, ci risulterebbero chiare e nitide diverse cose. Perchè c'è molta più verita in una fetta di cocomero e in un bicchiere di sangria che in tutta la sociologia d'accatto di cui siamo capaci noi sedicenti, ma sempre erranti, analisti della politica e dei suoi localissimi misteri.
    

15 agosto 2012

Truffe, servizi e spending review

L'azione dei Carabinieri di Fabriano, che hanno stanato una quindicina di extracomunitari che truffavano l'INPS incassando pensioni che non avevano più diritto di percepire, è un'occasione ghiotta per riflettere ma anche per evitare due interpretazioni speculari ed errate. Quella di chi si sfrega le mani leggendo nella truffa una sorta di patologia naturale dell'immigrato e quella di chi, a dispetto dei numeri e degli aneddoti, si ostina a rifiutare la realtà, implorando retoricamente di non fare di tutta un'erba un fascio. Il problema non è infatti ideologico ma squisitamente economico. Lasciamo quindi da parte l'annosa discussione "nazionale" del problema - quote, flussi, respingimenti, questione profughi - e concentriamoci sugli aspetti materiali e municipali di cui questo fatto può dirsi metafora. Il sistema di welfare, anche nella sua dimensione locale, presenta maglie molto larghe, una forte propensione a risolvere le questioni con azioni ad personam; una gestione dei servizi sociali che, nella ricerca del pietismo, alla fine risulta iniqua e punitiva; un senso di colpa, anche amministrativo, che per paura del razzismo cede e concede su tutta la linea. In questo quadro è del tutto naturale che qualcuno ne approfitti. Ed è naturale che sia più facile approfittarne quando il legame con la città e il Paese che ti ospitano è puramente strumentale e quando la via del ritorno alla terra d'origine rappresenta un anello forte per costruire situazioni e posizioni al limite della legalità. Mi racconta spesso un amico, davvero immune da tare razzistiche e xenofobe, che conosce situazioni e situazioni di persone che si spacciano per povere in canna e che nel loro Paese vivono tra gli agi, anche grazie al buonismo di cui siamo tutti indomiti e cattolicissimi dispensatori. Le graduatorie delle case popolari ne sono una rappresentazione forte anche se ormai incapaci, per la loro cronicità, di evocare rilievi, obiezioni e indignazioni. Oppure pensiamo al modello ISEE che sembra sempre meno adatto a fornire risposte giuste e solidali in relazione all'accesso ai servizi alla persona. L'assessore Saitta ha solennemente dichiarato che nella gestione dei servizi sociali vuole dichiarare guerra alla povertà e al disagio. Personalmente mi accontenterei di molto meno e di molto meno roboante: sarebbe sufficiente una spending review rigorosa e approfondita sulle contribuzioni ad personam e scelte di indirizzo generale che non ci facciano pentire di essere italiani e fabrianesi. Magari accompagnate da un'autocritica della classe politica locale che non proferì parola - tranne lodevoli eccezioni - quando si promuovevano i ricongiungimenti familiari, promettendo mari e monti che non sarebbero stati mantenuti e col solo scopo di superare i 30.000 abitanti, in modo tale da eleggere più consiglieri comunali e avere maggiori trasferimenti finanziari dallo Stato centrale. Parafrasando De Andre: per quanto noi ci riteniamo assolti siamo lo stesso coinvolti. Buon Ferragosto a tutti!
    

13 agosto 2012

Una modesta riflessione sui parcheggi ai consiglieri

Nei primi anni novanta, quando facevo il consigliere comunale, andavano di moda gli ordini del giorno sul nucleare, ispirati dai comunisti. E quindi capitava spesso di incontrare i cartelli di benvenuto, all'ingresso dei centri abitati, col nome della città e un sottotitolo uguale dappertutto: comune denuclearizzato. Quella dicitura, puramente simbolica e teorica, era una sorta di prolungamento politico della battaglia contro l'installazione dei missili a Comiso. Una roba di antichissima data che oggi sicuramente pochi ricordano o menzionano. Ovviamente i tempi cambiano. E cambiano anche le mode politiche. Al nucleare e ai missili sono subentrati altri temi, primo tra tutti il taglio dei costi della politica. Personalmente ho una visione politica di vecchio stampo, poco avvezza alle mode e al simbolismo - di cui pure riconosco la forza e le motivazioni - e probabilmente troppo condizionata dal fascino del rapporto di forze. Qualche settimana fa ho incontrato Joselito Arcioni al bar e mi ha informato di un'iniziativa del Cinque Stelle, ossia la rinuncia dei due consiglieri comunali del movimento al tesserino per l'utilizzo gratuito di qualsiasi parcheggio cittadino. Lì per lì mi è tornata in mente l'immagine di quei vecchi ordini del giorno sul Comune denuclearizzato. Un'iniziativa talmente lodevole da risultare sterile, nonostante sia il primo a ritenere odioso un benefit che non trova alcuna connessione con lo svolgimento della funzione di consigliere comunale. Posso infatti capire e approvare una franchigia per il giorno in cui si riunisce il Consiglio Comunale, ma un permesso illimitato diviene inaccettabile proprio perchè non trova una copertura, seppur minima, nell'esercizio della carica pubblica. In un simpatico video, pubblicato su Youtube, Arcioni e Romagnoli affermano che restituiscono il pass perchè loro sono cittadini come gli altri e agli altri cittadini non è stato consegnato alcun pass. Mi permetto di dissentire: Romagnoli e Arcioni non sono cittadini come gli altri. Semplicemente perchè esercitano una funzione di rappresentanza della sovranità popolare attraverso una specifica delega ottenuta dal corpo elettorale. Infatti, e non è un caso, il diritto di tribuna in Consiglio Comunale non può essere esercitato da un qualunque cittadino ma solo e soltanto dagli eletti. Insomma, condivido il gesto ma non mi convince la motivazione, perchè esisterà sempre una linea di frattura tra elettori ed eletti. E gli eletti, quale che sia la loro volontà, incarnano sempre e comunque una elite separata. Poco o tanto che sia. Ovviamente comprendo la ragione simbolica che ha ispirato questo gesto e il desiderio di mantenere acceso il legame emotivo col proprio elettorato, ma temo che gli amici del Cinque Stelle rischino molto alimentando questo sacro fuoco della perfetta sovrapposizione tra elettore ed eletto. Un fuoco che tiene alto il livello delle aspettative e incrementa, in parallelo, il rischio della disillusione e del chioppo, per dirla alla faVrianese. Una battaglia laica e chirurgica contro i privilegi è cosa buona e giusta. Ma occorre mettersi d'accordo sul significato di privilegio. Avere un parcheggio gratis 24 ore su 24 a mio avviso è un privilegio. Poter parcheggiare dovunque quando si riunisce l'organo sovrano della comunità, sempre a mio avviso, è esercizio della funzione elettiva. Ecco mi sarebbe piaciuta dagli amici del Cinque Stelle questa vocazione al discernimento. Che invece non c'è stata. Sarà per un'altra volta. Tanto Mario riapre prima o poi!
    

12 agosto 2012

Unifabriano: sotto il vestito niente...

Stamattina, prima di partire per qualche giorno di vacanza, ho dato uno sguardo al Corriere Adriatico. Sarà stata l'ora quasi albeggiante e il sapore allegro del caffè quando pure il palato stacca la spina, ma non ho dato molto peso alla notizia del rilancio di Unifabriano. Poi, pensandoci bene, mi sono reso conto che non glielo avrei dato lo stesso. Innanzitutto perchè ogni volta che i quotidiani parlano di rilancio bisognerebbe fare le corna a terra e poi tradurre al contrario, ossia in un arco di possibilità che va dal declino all'estrema unzione. E poi perchè Unifabriano non è mai riuscita ad appassionarmi. L'ho sempre vista come un polo universitario fittizio, un distaccamento concepito più in modalità clientelare che accademica, una forzatura a qualità ridotta all'osso che mi ha sempre suscitato un sentimento di rifiuto mescaolato a un moto di solidarietà verso gli studenti iscritti. Quegli studenti che non ho mai capito bene se cercassero un pezzo di carta senza sacrificio e disciplina o se, più semplicemente, non avessero trovato modo migliore per mandare a puttane qualche anno di studi e un po' di gruzzolo familiare. Di fatto la finzione storica di Unifabriano ha sempre ruotato attorno alla laurea in Ingegneria della Produzione Cartaria, considerata, con gran delirio ombelicale, una declinazione originalissima e irripetibile del genius loci fabrianese. Un titolo civetta su cui si è basato il modestissimo marketing praticato in questi anni di singhiozzante attività. In realtà la produzione cartaria ha cessato da tempo di rappresentare un fattore distintivo della fabrianesità, dato che le grandi scelte industriali del Gruppo Miliani non sono mai transitate in riva al Giano ma, più esattamente, per il Poligrafico dello Stato prima e per il Gruppo Fedrigoni poi. Una volta smascherata la finzione del binomio carta-Fabrianonon c'era più motivo, per uno studente attrezzato con dosi minime di cervello, di incarcerarsi a FaVriano per frequentare un corso di laurea in ingegneria meccanica privo di qualsiasi requisito e prova provata d'eccellenza. Privata della sua unica ragione sociale Unifabriano ha chiuso i battenti, rivelando i limiti culturali, politici e accademici di un campanilismo soggiogato dall'illusione di fare sviluppo popolando il territorio di scatole vuote. Oggi, di fronte a questo fallimento totale, si parla di rilancio di Unifabriano come polo formativo: corsetti d'italiano per stranieri, qualche ora di sicurezza sul lavoro che lascerà la stessa impronta di una pisciata sul marmo, e varie amenità new age che alla fine ci stanno sempre di mezzo come il pomodoro, per non dire di peggio. E' per questo che, sinceramente, mi incazzo quando sento dire che la chiusura di Unifabriano è uno dei sintomi della crisi della città, Nossignori! La chiusura di Unifabriano è solo la fine di una mistificazione burocratica e statalista che con la crisi di Fabriano non c'entra davvero una beata minchia. In soldoni: "Sotto il vestito niente"! E non è solo il titolo di un vecchio film degli anni ottanta ma una pennellata sintetica e conclusiva sulla piccola storia e senza nostalgia di Unifabriano.
    

11 agosto 2012

La vergogna di quel "giardino al contrario"

La Giunta Sagramola, per ora, ha marcato il territorio rispetto al passato sorciano soltanto a livello di dichiarazioni d'intenti. Una delle prese di distanza più nette ha riguardato il Piano delle Opere Pubbliche, definito dai nuovi (?!) amministratori un libro dei sogni da chiudere in un cassetto. La parola d'ordine del primo quinquennio sagramoliano pare essere "manutenzione". Stop alle opere che prevedono indebitamento, ai mutui accesi con la Cassa Depositi e Prestiti e alla possibilità di qualche investimento pubblici sul territorio. Si fa solo quel che viene pagato da altri: dalla Regione, dall'Unione Europea, dal GAL. E' questo il nuovo tormentone della virtù municipale: scroccare denari altrui trasformando lo scrocco in fulgida moralità finanziaria. Nei prossimi anni, quindi, solo manutenzione, conservazione, abbellimento, miglioria, recupero. Un vocabolario ingrigito e scarno che accompagnerà il consolidamento del sagramolismo, inteso come dimensione minimalista e conventuale della cosa pubblica. Ne prendiamo atto dando a Sagramola tutte le attenuanti generiche che merita chiunque debba affrontare e gestire la macelleria messicana messa in piedi dal governo Monti. Nel nostro piccolo, oltre a incazzarci come le formiche di Gino & Michele, possiamo dare un contributo alla politica della bellezza scovando le molte cose che, in questa città sempre più sudicia e levantina, meritano attenzione e manutenzione. Ieri abbiamo cominciato a sgranare il rosario delle malefatte buttando l'occhio sulla pista ciclabile abortita di Via Aldo Moro e reclamandone la riconversione ad usi civici più consoni all'ingente spesa sostenuta. Oggi proseguiamo gettando l'occhio su uno spazio urbano che grida vendetta dalla notte dei tempi e si trova sul lato interno dell'Anello Sintagma: il Giardino dell'Ospedale. Senza esagerazioni credo sia l'area più malandata, trascurata e sputtanata dell'intera città. Un rettangolo di "verde teorico" - che si allunga dall'incrocio dell'Ospedale fino alla Pisana -  invaso dalle siepi e da un fitto fogliame da cui potrebbero tranquillamente sbucare una testa d'anaconda o un coltivatore di caucciù dell'Amazzonia. Lo spazio giochi è piccolo e degno di una portineria di Tor Bella Monaca e dalla piccola fontana non zampilla più acqua ma in compenso fa bella mostra di sè una orribile griglia di metallo arrugginito. E' un "giardino al contrario" dove a nessuna persona normale verrebbe voglia di fermarsi a meditare o a prendere il fresco e dove soffre pure l'antico busto dell'industriale Miliani, che si domanda da tempo come cazzo funzionino i circuiti della memoria e della riconoscenza se la città che gli ha dato i natali ha deciso di relegarne il monumento nel bel mezzo di una microgiungla. Per rimettere a posto questo giardino, storicamente degradato dall'incuria, servono poche cose e neanche costose: un po' di illuminazione, una potatura umana delle siepi e degli alberi, la ricostruzione di qualche aiuola, un po' d'erba al posto della ghiaia, due giochi nuovi e via andare. Anche perchè una manutenzione intelligente del Giardino dell'Ospedale avrebbe un ruolo strategico anche rispetto alla bonifica di Piazzale Matteotti che, in certe ore del giorno e della sera, non è un bel vedere, non è un bel passare e non è un bel sentire. E ne sanno qualcosa le signore che passeggiano percorrendo l'Anello Sintagma. Vogliamo spendere poco e fare una buona politica? Iniziamo da queste piccole cose, che sono l'unico riformismo possibile in tempi di vacche magre. Giancarlone...se ci sei batti un colpo che poi, a cose fatte, un giro d'altalena non te lo toglie nessuno!
    

La vergogna della pista ciclabile

Qualche giorno fa l'amico G.R., che legge e commenta spesso i post di questo blog, ha fatto cenno all'unica pista ciclabile di cui dispongano i faVrianesi: quella infilzata tra la circonvallazione di via Aldo Moro e la strada che costeggia il nuovo Campo Sportivo. Sono un frequentatore abituale di quella zona perchè ci vanno a scuola i miei figli e ci vivono i vecchi. E come tutti quelli che si muovono in prossimità di qualcosa ho l'occhio abituato a sorvolare e a non farci caso. Leggendo le parole di G.R., invece, ho fatto di colpo mente locale e quella pista ciclabile mi è apparsa in tutta la sua potenza esteriore di luogo ameno e mezzo abbandonato. Un abbandono che, a progetto completato nel 2007, è costato al contribuente circa 250.000 €, a cui vanno aggiunti i 100.000 € donati da "Accendiamo Fabriano". Insomma un'opera da sovrani babilonesi, un fiore all'occhiello per il Comune e la sua inenarrabile sensibilità ambientalista. Tanto che, a suo tempo, l'amministrazione s'era pure impegnata a piantumare l'area, con l'intento di far crescere un boschetto. Attrezzato di panchine e tavoli da pic nic, perchè la faVrianesità non può prescindere, in qualsiasi progettazione degna di visione prospettica, dalla pagnottella col soppressato e da una fetta di cocomero. Ovviamente consumati al fresco d'una pergola o al riparo di una qualche fronda d'albero. Ma di questo boschetto - ambizioso come un giardino mediceo, popolato di meravigliose e variegate specie arboree e di erba verdissima e tagliata tanto a raso da far invidia a una residenza degli Windsor - neanche l'ombra (leggere per credere). Al posto del pittoresco e verdissimo paesaggio qualche spiazzo sterrato e con l'erba alta, più consono alla fienagione che all'agonismo popolare. Insomma 350.000 euro buttati nel cesso, anche in ragione di una frequenza d'uso della pista al cui cospetto risulterebbe movimentato e popoloso anche un campo sportivo alle falde del Gennargentu. In compenso risultano chiare le regole d'ingaggio per gli utilizzatori: casco obbligatorio; divieto di accesso a pedoni e animali e divieto di ogni attività agonistica. Il che significa che quel percorso breve e un po' bislacco è stato pensato esclusivamente come pista ciclabile, quando una larghezza di 4 metri - come dice l'amico G.R. - consentirebbe una coesistenza pacifica di ciclisti attrezzati, di bipedi corridori, di animali al pascolo e, già che ci siamo, pure di un parcheggio custodito per autobus. Ma i dati di fatto sono due: il primo è che i ciclisti "seri e allenati" non la usano quasi mai perchè per fare 1890 metri impiegano pochi istanti e a forza di girarsi in tondo gli passa pure, del tutto, la smania di pedalare. I pedoni, invece, sono esclusi per default dall'albo degli utilizzatori e anche una mamma o un papà che accompagnano i figli dovrebbero presentarsi muniti di bici e casco. Cosa abbastanza originale e improbabile. In più c'è da ricordare che trattasi di zona ferocemente assolata e quindi poco congrua per utilizzi pedonali tra l'altro ritenuti, in punta di regolamento, meritevoli di sanzioni amministrative. La domanda sorge quindi spontanea: che ce ne facciamo di una struttura recintata, mezzo abbandonata, non agonistica e a uso esclusivo di ciclisti che, giustamente, non se la filano di pezza? Lasciamo che l'asfalto se lo fottano gli agenti atmosferici per farci sopra qualche marchetta manutentoria? Piantiamo il grano negli spazi sterrati giusto per riesumare il mito autarchico del Mascellone di Predappio? Ci dirottiamo i bambini della Scuola Aldo Moro per farli scorrazzare tra la Statale 76 e il West? Oppure ci organizziamo un bel campo di detenzione per politici locali in disuso e in attesa di definitiva rottamazione? Ai miei amici lettori l'adua sentenza.
p.s. questo post nasce dalle osservazioni e dalle parole di G.R. che ringrazio di cuore.
    

10 agosto 2012

Se son rose fioriranno. Se son Galli canteranno!

L'Assessore ai Trasporti Giuseppe Galli ha annunciato l'istituzione di un tavolo di lavoro e di confronto propedeutico alla realizzazione del Piano Urbano del Traffico. Non più tardi di ieri, su questo blog, Galli ha pure confermato la massima apertura ai suggerimenti di tutti i cittadini che non possono partecipare al tavolo in qualità di rappresentanti delle forze politiche o delle associazioni di categoria. E siccome la sovranità appartiene al popolo e la delega ci ha rotto i coglioni - specie quando vede sempre in prima la associazioni di categoria, che sono associazioni come tutte le altre ma vanno mettendo il becco dappertutto con la scusa della funzione sociale e solidale dei corpi intermedi - proviamo a trasformare questo post in una sorta di Muro del Pianto dove raccogliere le vostre/nostre domande e riflessioni sulla questione "Traffico a Fabriano". Domande e riflessioni che mi impegno a raccogliere in un piccolo documento da inviare all'assessore come contributo di un gruppo di "faVrianesi sfusi" alle decisioni alte e solenni del Tavolo. Nel frattempo lancio un invito e una proposta. L'invito è all'assessore Galli: pubblichi sul sito del Comune sto cazzo di studio sulla mobilità curato dagli ingegneri Berti Nulli e Torcia della Sintagma di Perugia, che tra l'altro, all'epoca, costò poco meno di duecento milioni: una tombola, anche considerato che è rimasto a marcire in un cassetto per quasi due decenni. Lo si deve pubblicare perchè se ne parla da sedici anni, ma è stato condannato a una segretezza comparabile con quella del Rapporto sui crimini di Stalin, presentato da Nikita Krusciov al XX Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Così che ogni cittadino abbia, finalmente, la possibilità di scaricarselo in formato pdf, capire quali indicibili misteri contenga e di quali e quante bestemmie analitiche e proposte indecenti sia davvero corredato. Intorno allo studio della Sintagma si addensano infatti da anni speranze risolutive, rimozioni spinte al limite del'impronunciabile e sussurri misteriosi degni di una saga di Dan Brown. E per restituire saggezza e ponderazione alle cose la scelta migliore è rivelarle nella loro completezza più smitizzante e crudele. Quindi caro Assessore Galli tiri via la muffa che si è cumulata su questo studio, se ne goda lo ius primae noctis e quindi lo pubblichi on line, in nome di una glasnost che a FaVriano non si è vista neanche di sfuggita dai tempi di Gorbaciov e della caduta del Muro di Berlino. E dopo l'invito lancio l'unica proposta in cui davvero credo da sempre: chiamiamo un time out su questa pugnetta delle rotatorie e progettiamo, intorno al centro storico, un bell'anello a senso unico, con totale pedonalizzazione intra mura. Un anello di circa 3/4 km - percorso da un bus navetta elettrico - con un'area parcheggio continua a fila indiana su un lato della strada e sull'altro una bella pista ciclabile diversa da quella di Via Aldo Moro, che è davvero di una tristezza unica. Ovviamente l'anello dovrebbe riservare il diritto di precedenza a chi lo percorre, onde evitare il più possibile problemi all'altezza del grande incrocio della Pisana e dei due incroci dei Giardini Pubblici. Staremo a vedere per capire quali siano davvero le reali intenzioni dell'assessore ai Trasporti. E come sempre: se son rose fioriranno. Se son Galli canteranno!
    

9 agosto 2012

Mastro Lindo e il Vestito di Arlecchino

"Dell'Aquila il rostro, l'ugna e l'ala". E' il motto della Nobile Contrada dell'Aquila, in quel di Siena. E forse anche il grido di battaglia di Giancarlo Sagramola che stamattina ha rilasciato, al Messaggero, un'intervista politicamente ricca ed efficace. D'attacco. Alla Zeman per intenderci. L'uscita del primo cittadino appare davvero ben congegnata e, probabilmente, preparata a tavolino. Innanzitutto sotto il profilo personale perché Sagramola evita di presentarsi come il Mastro Lindo della situazione, riconoscendo la complessità dei problemi e togliendo alla figura del Sindaco quell'aura fastidiosa di Unto dal Popolo che deriva un po' dall'elezione diretta e un po' dalla sempre incombente "vertigine del successo". Questa scelta del basso profilo è un modo situazionista di mettere a frutto un'incoronazione di minoranza - non dimentichiamo  che Sagramola è stato eletto dal 27% degli aventi diritto al voto - trasformandola in una linea di demarcazione politica e psicologica rispetto al passato. E qui lo stacco con Sorci si fa sostanziale e trova il suo compimento in un'azione che Sagramola avrebbe dovuto sviluppare subito dopo il voto: aprire all'opposizione in nome dell'emergenza. Il Sindaco, in verità senza una riflessione d'alto profilo sul ruolo dell'opposizione negli enti locali che avrebbe dato lustro alla sua svolta, si rivolge alla minoranza rimarcandone l'approccio costruttivo ed arrogandosi il merito di un inatteso quanto positivo ritorno al centro della scena del Consiglio Comunale. E questo è il dato politico più rilevante dell'intervista che, se raccolto, potrebbe comportare anche una frattura nella minoranza tra la componente più governativa e quella teoricamente più ruggente. Ma c'è un altro passaggio importante perché delinea un conflitto con Sorci che non sembra destinato a risolversi a tarallucci e vino. Sagramola infatti ufficializza con parole nettissime una rottura col passato, connessa allo stato dei conti e del bilancio, affermando che i numeri attuali non gli appartengono e non se li sente addosso, che la Giunta sta sviluppando solo azioni di tamponamento e che a partire da settembre si avvierà la fase dello sviluppo che ha in mente. Un quadro di volontà e di vincoli aggravato dalla diminuzione dei servizi a domanda individuale che pone un problema occupazionale a cui Sagramola intende dare una riposta volontariamente rifondarola: lavorare meno per lavorare tutti. Che è un modo per garantirsi anche la non ostilità di Rossi. Su questo versante c'è da dire che l'intervista di Sagramola somiglia un po' al vestito di Arlecchino perché cerca di tenere assieme molte posizioni e molti colori: l'ispirazione sociale del vendolismo, il rigore ragionieristico del Vicesindaco Tini, la rottura culturale prima che politica con quel che resta del sorcismo. Il gioco di Sagramola è politicamente rischioso ma è l'unico possibile per un Sindaco che sente il peso di un quinquennio difficile, cosparso di trappole, tagliole e bucce di banana. La forza di Sagramola è che la sua maggioranza è tenuta assieme dalla paura. E la paura è un collante forte su cui è possibile imbastire anche una geometria variabile di relazioni e di alleanze e un trasformismo alla Depretis. In questo momento a Sagramola serve avere Tini per fermare Sorci. Poi magari serviranno Ottaviani e Rossi per fermare Tini. E' un gioco a forte contenuto tattico che presuppone un'abilità manovriera non da poco e mica da ridere. Ma il gioco può funzionare solo incastrando al meglio tutti i tasselli del mosaico. Dentro e fuori il Consiglio Comunale. Dentro e fuori la Giunta. Con uno snodo nel rapporto con l'opposizione che passerà anche per il sottovalutato, ma d'ora in poi strategico, Pariano. E per gestire questa trama complessa Sagramola si dovrà giocare davvero tutti i peli della barba e quei pochi bulbi che gli restano in testa. E non sarà di certo il tanto atteso e vituperato portavoce l'artefice di questa trama affascinante e bizantina. Potrà essere solo lui. ne sarà capace? Chissà. Intanto faccio mia una confidenza di un esponente dell'opposizione che non si vede ma conta parecchio: "Sagramola sarà un osso duro. Più duro di Sorci".
    

8 agosto 2012

Via Crucis, Rotatorie, Semafori e Miniere

C'è un gran fermento in città. E nelle frazioni. Domenica scorsa è stata inaugurata la Via Crucis di Valleremita. Distrutta a inizio Ottocento dalla truppe di Napoleone. Ho letto di un'intera comunità in festa. E ho immaginato il secolare lutto finalmente sanato coi denari dell'Unione Europea. Valleremita come la Vandea, Dieu le Roi contro i giacobini, il cuore trafitto dalla croce assiso innanzi alla ghigliottina. Un revanscismo cattolico tutto radici e cultura, benedetto dal Governatore e dal Sindaco. O forse, assai più prosaicamente, il segno di una località amena divenuta, all'improvviso, luogo di potere e di pellegrinaggio. Chissà perché! Comunque da tenere d'occhio, perché come alla Corrida di Corrado "non finisce qui". Amen.
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Fossi Sagramola seguirei l'ispirazione di Bruno Vespa. Fabriano ha bisogno come l'aria di un bel plastico. Come la villetta di Avetrana. E quella di Cogne. Con un plastico in ufficio costringerei gli assessori a parlare solo dopo aver sperimentato simulazioni in scala ridotta e coi modellini fatti a mano. Prendiamo le rotatorie di Viale Moccia. Volete mettere la prova su plastico con tutte le macchinine allineate? E' lì che si decide bene se fare le grandi o le piccole rotatorie, se abbattere dodici alberi o lasciarli dove sono, se progettare l'aiuola a prato inglese e darsi allo spartano di quattro ciottoli arrotondati da piazzare in mezzo. All'ingresso dell'Ospedale Profili c'è un bel plastico di tutta la struttura, dove probabilmente trascorreva qualche serena ora serale il Pierrot di Belvedere. Dovrebbe provvedere anche Sagramola. Ma senza dirlo a Castriconi, che sarebbe capace di di prendere il plastico, terremotarlo, ricostruirlo e inaugurarlo almeno "enne volte".

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Fermo immagine ancora su Viale Moccia. L'Avvocato ai Lavori Pubblici Claudio Alianello ha parlato. Non si faranno le due grandi rotatorie ma solo due piccole rotatorie. La spesa scende da 700 mila euro a 40 mila euro e verranno pure salvati i dodici alberi altrimenti condannati al taglio. E i lavori partiranno subito. Mi faccio una domanda che si fa ogni cittadino: ma se il risultato, in termini di viabilità era lo stesso, perché si desideravano così tanto rotatorie che sarebbero costate diciassette volte di più? Siamo passati dalla totale perdizione progettuale di Mastro Sandrone da Santa Maria alla miracolosa virtù finanziaria dell'Avvocato ai Lavori Pubblici? Forse che tra poco inizieremo a sentire profumo di violette all'altezza delle rotatorie? Diteci, diteci. Perché la calura produce miraggi. E i miraggi fanno prendere fischi per fiaschi.

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Non dirò se la rotatoria mi piace o meno. Sono gusti personali e sui gusti non si fa politica ma dibattito estetico. Voglio solo dichiarare il mio amore per il semaforo che se ne va. E col rosso che per sempre ci lascia è l'addio a quelle piccole soste a motore acceso, dove cambi la stazione radio e ti dai una guardata ai capelli. Dove pensi ai cazzi tuoi e tamponi e quindi scendi per una serena constatazione amichevole di sinistro. Il semaforo, di mattina, è quella domanda in più che fanno i bambini a cui riesci persino a rispondere con pedagogica e affettuosa dolcezza. E' la scaccolata di naso di chi ti si affianca per girare a sinistra e la sgassata della mamma smadonnante che per una volta non vuole essere l'ultima ad arrivare a scuola. Con le rotatorie niente pause brevi, niente soste snack, neanche quel filo di incertezza che separa il verde dal giallo e quel ruminare accennato della mente fin che scatta il verde. Crashhhhhhh!!

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Giancarlone ha disposto che venga esposta la bandiera a mezz'asta per ricordare la tragedia della miniera di Marcinelle in Belgio, dove nel 1956 morirono tantissimi italiani. E' una scelta che condivido anche perché, ultimamente, ho maturato, per caso, una certa sensibilità per la storia delle miniere. Quest'anno si celebrano i 60 anni dell'occupazione delle miniere di zolfo Cabernardi, iniziata a fine maggio del 1952. Quattro anni prima di Marcinelle. Un'occupazione durata 39 giorni che non impedì alla Montecatini di procedere alla chiusura degli impianti. Il 25 giugno, nell'ambito delle Celebrazioni previste, la Compagnia Papaveri e Papere di Fabriano metterà in scena una rappresentazione teatrale sull'occupazione della miniera, di cui ho curato sceneggiatura e testi. La dignità del lavoro sempre e comunque.

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E cliccatelo sto "Mi piace"!!!! Me fate contento senza spende niente! Oh Favrianesi!!!! (I Bicarbonati su Facebook
    

7 agosto 2012

Libri, asfalti e cocomeri

La calura agostana inizia a mordere e le notizie diventano sempre più rare. L'onore al merito è tutto per Silvano D'Innocenzo che, pur di ammazzare il tempo e occupare le colonne anemiche dei quotidiani, s'impalca a fierissimo nemico delle zanzare. Ed eccolo oggi, sui giornali, a descrivere giardini infestati da sciami di culicidi, vecchi e bambini urlanti e in fuga dai giochi serali, file moscovite avanti alle farmacie in cerca di lenitivi. Un'apologia della disinfestazione, arricchita da spettacolari fraseggi apocalittici, che ci fa sentire meno soli e più freschi. Ma è ancora Silvano a tenere banco: prossimo appuntamento giovedì alle venti. Dalle zanzare alla cultura. Trentaduesima presentazione del libro di Alessandro Moscè allo Chalet dei Giardini Pubblici, organizzata dai commercianti del centro storico e da DJ Silvano, con accompagnamento di panino, salsiccia e bibita, per non perdere di vista la profonda ispirazione culturale che precipita nei libri dopo essere passata tra le lumache di Cancelli e prima di annegare nella trippa in umido di Santa Maria. C'è solo un neo nel mix di cultura e barbecue progettato dai commercianti: la fetta di cocomero finale, la cui assenza non consente, al momento, di addivenire a una completa e soddisfacente chiusura del cerchio della favrianesità gastronomico culturale. Ma oggi sui giornali tiene banco anche l'assessore Paglialunga che, con precisione quasi didascalica, spiega, urbi et orbi, tutte le tappe del rifacimento di Via Cialdini. Un'opera informativa meritoria e preziosa per i cittadini, per la viabilità comunale e anche per i Bicarbonati maliziosi. Dove risiede la malizia? Semplicemente nel fatto che Paglialunga ha quattro deleghe - commercio, sicurezza e polizia urbana, partecipazione e software libero - dove è davvero difficile collocare il rifacimento di una strada, che, più opportunamente, sembrerebbe una competenza naturale dell'Assessore ai Lavori Pubblici. Ora, le spiegazioni possono essere tante e di tanti tipi. Magari Alianello è in vacanza e lo ha semplicemente delegato a fare le sue veci. Oppure l'Avvocato ai Lavori Pubblici, visto che va assai di moda, ha nominato Mario come proprio portavoce. Ma a voler maliziare fino in fondo c'è pure una terza possibilità e cioè che Paglialunga abbia voluto fare un dispettuccio a chi gli ha tolto il giochetto mediatico della raccolta differenziata dei rifiuti. E' risaputo, infatti, che l'assessore al commercio soffre enormemente all'interno di una Giunta che lo considera un intruso, un residuo passivo, un debito di Sagramola nei confronti del passato e dell'inquieto predecessore Sorci. Inoltre Paglialunga incarna una vicenda politica e culturale craxiana e socialista che è oggettivamente incompatibile e nemica di un'amministrazione comunale che presenta dosi massicce di cattolicesimo democratico e di sinistra democristiana da sempre filocomunista e antisocialista. E a complicare la faccenda c'è pure la faida interna nell'IDV, con la guerra sempre meno sotterranea - pare che i due non si rivolgano neanche più la parola  - tra Paglialunga e la Malefora. E il dispettuccio, se uno più uno fa ancora due, sembra rivolto pure contro la Signora dell'IDV, sodale e collega dell'Assessore ai Lavori Pubblici. Ma i dispettucci, in politica, hanno le gambe corte e alla fine sono un favore fatto agli avversari interni ed esterni. E per Paglialunga vale ancora il testamento di Meo del Cacchio del grande Trilussa che gli dedicai in un articolo per l'Azione di qualche anno fa: "A Mario P., che doppo er Concordato nun attacca più moccoli e va in chiesa, je lascerò, sia detto senza offesa,er sospetto che c’abbia cojonato e fosse più sincero ne li tempi quanno ce dava li cattivi esempi."