Sicuramente sbagliava Berlusconi
a sostenere che l’evoluzione mentale degli italiani corrisponde mediamente a
quella di un bambino. Per esibire un briciolo di ragione il buon Silvio avrebbe
dovuto circoscrivere il campo visivo alla sola Fabriano, luogo che eccelle per
l’inenarrabile vocazione a credere che il diavolo è morto dal freddo, specie
quando a incaricarsi della narrazione è un politico o un qualche potente da cui è possibile lucrare incarichi e prebende. Si tratta di una tendenza innata e radicata che cresce
e si moltiplica anno dopo anno e generazione dopo generazione. Il fondamento
logico di questa “permeabilità alla propaganda” è la cosiddetta memoria random
dei fabrianesi, la celeberrima RAM del personal computer: memoria volatile e di
transito che non archivia e non sedimenta, ma funge soltanto da appoggio momentaneo. Questo tipo di memoria non produce memorie, non sedimenta storia e
aiuta un oblio replicato ogni giorno e tutti i giorni. Solo così è possibile spiegare
un fenomeno altrimenti incomprensibile e cioè la tendenza a perseverare in
alcune credenze ampiamente smentite dai fatti e dal buonsenso. Di questa
poderosa incapacità di storicizzazione resta, come pietra miliare, la
lunghissima e farlocchissima saga dell’acquisto della Ardo da parte dei cinesi,
ma si potrebbe continuare a lungo e con molti altri aneddoti in grado di dare
conferma empirica al primato di una RAM che egemonizza la fabrianesità senza
alimentare trasferimento e archiviazione di dati e informazioni nell’hard disk
collettivo. Ovviamente questa vocazione viene alimentata e stimolata dai
comportamenti del potere e dall’azione complice dell’informazione locale. Ieri, tanto
per andar giù di aneddoti, tutte le locandine sparavano una “non notizia” e cioè
che Spacca avrebbe incontrato a breve i vertici di Whirlpool. Una locandina a
caratteri cubitali colpisce l’occhio e la concisione del messaggio arriva
diretta alla mente, la condiziona e la orienta. Il chiarissimo non detto emergeva con brutalità quasi tridimensionale:
convincere in modo subliminale il fabrianese che questo incontro non è il
semplice gesto di cortesia di una multinazionale nei confronti delle
istituzioni locali del territorio in cui si è insediata, ma la prova e il
sintomo della capacità di Spacca di influenzare gli americani, di essere
interlocutore di una trattativa inesistente sulle strategie e sul Piano Industriale, ma comunque utile per rafforzare il proprio
ruolo simbolico agli occhi del cittadino elettore. La RAM, da questo punto di
vista, aiuta l’operazione perchè se tra un mese l’incontro tra Spacca e
Whirlpool si risolverà in un puro e semplice scambio di cortesie nessuno
ricorderà più l'annuncio apologetico di qualche settimana prima, a corollario della capacità taumaturgica del Governatore, quasi trasfigurato a Re Capetingio.
Ragion per cui, anche di fronte all’annuncio di un eventuale secondo round
autunnale di confronto, i fabrianesi saranno diligentissimi e pronti nel fare “ohhh” - come i
bambini della canzone di Povia - in quanto la RAM impedisce di fare tesoro delle
esperienze del passato, costringendo tutti a ricominciare da capo ogni giorno
come se fosse il primo giorno. A Fabriano questo propagandismo che fa leva sull’infantilismo
diventerà sempre più forte nelle prossime settimane e nei prossimi mesi per un
motivo semplicissimo e cioè che Spacca traballa coi lupi. Dalle pagine
regionali del Messaggero apprendiamo che potrebbe essere la senatrice pesarese Camilla
Fabbri la candidata del partito renziano alla carica di
Governatore delle Marche. Magari è solo una boutade di fine stagione ma di certo sintomatica
di un clima politico, ossia della volontà dei democratici pesaresi di chiudere
l’era del Gianmario al comando. Che per resistere al rischio di essere fatto fuori trasformerà
Fabriano in una trincea politica ed elettorale, in una Repubblica di Salò destinata ad andare sui coglioni a ogni campanile delle
Marche. E ancora una volta i fabrianesi saranno cornuti e mazziati. Ma forse ci meritiamo tutto e di tutto.
29 agosto 2014
28 agosto 2014
Sagramola in Provincia? Dio ce ne scampi e liberi
Invece di abolire le province, sbianchettando enti inutili che sono serviti solo
a rendere mostruosa e onnivora la spesa pubblica, si è deciso di rimescolare gattopardescamente
le carte, cassando il processo elettivo
e facendo della Presidenza e del
Consiglio Provinciale organi nominati direttamente dalla classe politica dei
comuni coinvolti. Il Presidente
della Provincia diventerà, quindi, una sorta di Sindaco dei Sindaci, un primus
inter pares chiamato a presiedere
una Duma espressione non della
sovranità popolare ma dei diritti di un’aristocrazia
politica sempre più zarista che cerca, come l’oro, tutto ciò che le
garantisce inamovibilità e lontananza dalle centrali democratiche e di
produzione del consenso. Considerato il colore politico delle amministrazioni dei municipi della provincia di Ancona,
la privatizzazione legalizzata delle cariche pubbliche ha già prodotto un effetto e cioè la certezza che la
prima presidenza dell’ente “riformato” spetterà al Partito Democratico, pare nella persona di Giancarlone Nostro Gagliardo e Tosto. Se così fosse verrebbe
risolta, d’incanto, la vibrante diatriba tra Sagramola
e Sorci, che sta tenendo banco in questi giorni sul caso di Via Bellocchi, con l’ex Sindaco di Fabriano
libero di candidarsi a Palazzo Raffaello
senza dover fare i conti con la concorrenza interna del primo cittadino in
carica. Ma, come scrivevo giusto qualche giorno fa, gli interessi del Pd
sono in conflitto permanente con gli interessi dei cittadini. I fabrianesi, infatti, avrebbero meno da perdere da un Sagramola in
Regione piuttosto che in Provincia per ragioni di natura politica e amministrativa.
In quanto Sindaco in carica Sagramola risulterebbe
incompatibile ma non ineleggibile alla carica di Consigliere Regionale,
ossia potrebbe candidarsi e qualora eletto dovrebbe scegliere tra la
funzione di consigliere regionale e quella di primo cittadino. Considerati i
privilegi e la ribalta politica, Giancarlone
sceglierebbe ad occhi chiusi Palazzo Raffaello, con la postilla delle inevitabili dimissione da Sindaco. In questo modo i fabrianesi
si libererebbero della peggiore Giunta Comunale dal dopoguerra ad oggi e avrebbero
la possibilità di scegliere un nuovo Sindaco evitando, se possibile, di
regalare la carica di primo cittadino all’ennesimo amministratore di condominio
innamorato della fascia tricolore. L’accordo politico interno al Pd, per portare
Sagramola al vertice della nuova Provincia, sarebbe invece il massimo della
sventura per la città perché Giancarlone resterebbe bello e bullo Palazzo Chiavelli, con un
incarico per forza di cose indebolito dall'impegno anconetano. Di fatto
non riuscirebbe a fare né il Sindaco di Fabriano né il Presidente della Provincia. Ora, su questo versante a confrontarsi ci sono due scuole di pensiero: da un lato chi
plaude all’ipotesi perché ritiene che sbarcandolo ad Ancona farebbe su
Fabriano meno danni di quelli che ha combinato fino ad ora (della serie chi non fa non falla); dall’altro la
linea di chi teme che un Sindaco costretto a interessarsi di un territorio
complesso come quello provinciale, dovrebbe inevitabilmente delegare quote di potere
decisionale, se non di indirizzo, al Vicesindaco
Tini che, nel tempo che resta per la fine del mandato, trasformerebbe
Fabriano in una dépendance della sezione Udc e in una frazione del Comune di San Donato.
Insomma, se proprio non riusciamo a farlo dimettere
per giusta causa politica e sociale spediamo pure Sagramolone in Regione. Ma dio ce ne scampi dall’ipotesi
Provincia. Insomma promuovere per rimuovere. Antica e sempiterna saggezza della politica e del potere.
27 agosto 2014
Spacca - Indesit: VentiVenti o TwentyTwenty?
Non ho visto la comparsata
televisiva di ieri sera del concittadino Governatore, perché ”la nottola di
Minerva spicca il volo sul far del crepuscolo” e suggerisce di non attardarsi innanzi ai prodromi propagandistici delle prossime elezioni regionali. Ma da
quel che ho potuto sbirciare in rete, pare che il GOV abbia rivendicato una sorta di tenuta economica
in controtendenza della nostra Regione – non confermata da nessun indicatore – rimarcando il peso
e il sostegno degli investimenti esteri nell'operazione "tenere botta". In pratica l’abile Gianmario, dopo
essere stato scavalcato dall’acquisizione americana del gruppo Indesit, si è
intestato l’operazione Whirlpool perché a parte il gruppo Ferretti, transitato
in mano cinese, non si vede un gran giro di capitali internazionali nella nostra regione al plurale. Tra l’altro non va dimenticato che nel mese di marzo
del 2014 Spacca entrò con passo d'elefante nelle manovre Indesit, siglando un memorandum con
i cinesi della Haier, per lungo tempo conteggiati tra i pretendenti della multinazionale fabrianese, e sarebbe
interessante capire che fine farà quell’accordo ora che il bianco
marchigiano è saldamente in mano americana. Il 3 marzo in un’intervista all’Unità
(http://www.partitodemocratico.it/doc/265752/spacca-ho-fatto-lintesa-coi-cinesi-per-sostenere-lindustria.htm)
Spacca affermò che “che il protocollo con
Haier ha risvegliato l'attenzione di Whirpool ed Electrolux, perché questo fa
del nostro distretto un territorio interessante su cui investire e sviluppare
prototipi nel settore del "bianco". Una bufala di dimensioni epocali perchè,
notoriamente, le grandi multinazionali acquisiscono marchi e mercati e non
certo i territori in cui si trovano uffici e stabilimenti, a meno che non si
tratti di zone franche di produzione,
generalmente ubicate in paesi vantaggiosi in termini di costo del lavoro, flessibilità
delle norme ambientali e dei requisiti di salute e sicurezza sul lavoro. E non è un
caso, da questo punto di vista, che il GOV, sui giornali del 12 luglio scorso, si
dichiarò sorpreso di fronte alla vendita di Indesit a Whirlpool, nonostante l’incontro
– evidentemente del tutto interlocutorio – da lui avuto il 23 di aprile con
Marc Bitzer, CEO di Whirlpool per il Nord America e l’Europa; una sorpresa confermata
anche dallo spottone naif e presenzialista realizzato in compagnia di Milani e Poletti -
per battere il tamburo sugli 83 milioni di investimenti previsti da Indesit - che spinse il GOV ad esporsi
proprio quando la trattativa con gli americani stava per giungere alle battute
conclusive e suggeriva prudenza e low profile. E conoscendo l'abilità del GOV questa scivolata non poteva che essere sintomo di estraneità rispetto processi in atto, perchè, in caso contrario, l'allievo di Moro avrebbe brillato per le sue rinomate doti di salamandra. E’ quindi sinceramente difficile individuare un qualche ruolo
centrale di Spacca nell’operazione Whirlpool, ma l’imminenza delle elezioni
regionali spiega questa sovraesposizione anticipata e bulimica, necessaria per
dare una spinta al ricandidato e al suo disegno VentiVenti. Nel frattempo,
mentre i sindacati vanno in tv a esprimere ansia e preoccupazione per l’arrivo degli
americani - visti ancora con la fisiognomica di un John Wayne e senza un cenno autocritico sulla fiducia e il sostegno dispensato
negli anni al capitalismo familiare e fuggiasco – Whirlpool affida a una
società esterna (notizia riportata oggi dal Corriere della sera) la
realizzazione di un’operazione meritocratica su 250 manager di Whirlpool Europa
e Indesit per individuare, tra di loro, la figure migliori da destinare ai
ruoli strategici previsti dalla nuova struttura di governance generata dall’integrazione
tra i due gruppi. C’è stato un tempo in cui certe selezioni di ruolo, nelle
grandi imprese di Fabriano, avvenivano su basi vicinali, parentali, amicali, di
cordata e di leccaculismo diffuso. Ora, gli americani saranno pure stronzi e delocalizzatori ma non sopportano le categorie protette e le corsie preferenziali.
Ma su questa nota di merito, ovviamente, Spacca e i suoi irriducibili alleati sindacali non si espongono: perchè VentiVenti da queste parti tira di più di TwentyTwenty.
26 agosto 2014
Accordo di Programma: rimodulare faccia, culo e cervello
Quando qualcuno mi domanda per
quale motivo dedico tempo a un blog ricorro a una spiegazione di tipo
narrativo: scrivo perché mi piace
scrivere, raccontare, offrire un punto di vista diverso e, e se possibile,
originale. Ma c’è anche un’altra ragione e cioè che adoro rivelare e denudare le cazzate del potere politico,
le piccole e grandi menzogne con le quali ammanta la sua notoria e miserabile
volontà di durare a scapito dei cittadini e della democrazia. Di pinocchiate, sempre
poco innocenti, abbiamo fornito esempi, scampoli e modelli di ogni genere e non
c’è mai giorno di pausa perché il potere
funziona come un processo a ciclo continuo, una catena di montaggio che non
smette mai di spargere i suoi liquami. Oggi, visto che è di colpo tornato in
voga, parliamo di uno dei grandi pilastri della menzogna d’entroterra, una minchiata
quinquennale sopravvissuta solo grazie alla credulità invertebrata dei
fabrianesi: l’Accordo di Programma.
Chi ha seguito con piglio e costanza la questione Ardo ricorderà che la genesi dell’Accordo di Programma fu
tutta politica e risale al marzo
2010 quando l’allora Ministro delle Attività Produttive Scajola, a dieci
giorni dalle elezioni regionali, appose la firma sul documento, consentendo a Spacca di mettere in
sicurezza il secondo mandato da Governatore. In realtà quel documento era
una scatola vuota, uno strumento general generico di sostegno ipotetico al
rilancio produttivo delle aree colpite dalla crisi della Antonio Merloni; un accordo
di cui erano evidenti le finalità extraproduttive, l’enfasi bizantina delle
parole e la funzione di calmiere politico ed elettorale. Ma nonostante i limiti
congeniti di concetto e di impostazione la prima versione dell’Accordo di Programma ottenne il plauso conformista delle
parti sociali, e in modo particolare dei sindacati che garantirono una preziosa copertura sociale alla
rielezione dell’ottimo Gianmario. Ma come sempre accade passata la festa gabbato lo santo. E infatti dell’Accordo si Programma
si persero letteralmente le tracce, al punto che nel mese di ottobre del 2012
Marche, Umbria e Governo furono costrette a una revisione, attivando quella che
fu definita – con linguaggio politically correct - la rimodulazione dell’Accordo di Programma, accompagnata da resoconti
giornalistici patinati e tutti tesi a narrarne in positivo le potenzialità,
l'impatto e le prospettiva. L'Accordo stanziava 35 milioni di euro, finalizzati
interventi di rilancio e reindustrializzazione delle aree colpite dalla
crisi della Antonio Merloni, ripartiti al 50% tra Marche ed Umbria. Ma come
sempre accade quando c'è di mezzo la spesa pubblica, le risorse vengono pensate
e destinate affinché si disperdano in mille rivoli e rigagnoli: furono, infatti,
56 i comuni marchigiani e 24 quelli umbri individuati come beneficiari
potenziali degli interventi previsti dall'Accordo di Programma. Una dilatazione
abnorme della platea, totalmente estranea al vero epicentro della crisi, territorialmente delimitata dalla dorsale
appenninica e dai comuni di Fabriano, Nocera Umbra, Gualdo Tadino e limitrofi.
L'Accordo di Programma, inoltre, avrebbe dovuto funzionare attraverso misure che
facevano riferimento alla legge n.181/89, potenziata per attrarre investimenti
e creare occupazione. Si passava, infatti, da un sostegno ai progetti dal 50%
al 75%, ma a condizione che venisse
assunta una quota minima di lavoratori ex Ardo accompagnata anche da un bonus di 5.000 euro per ogni lavoratore
riassunto: un contributo a fondo perduto del
20%, un mutuo agevolato del 50%, una partecipazione al capitale del 5%.
Già due anni fa, in totale solitudine, evidenziammo i limiti dell’Accordo di Programma
rimodulato, la sua elefantiasi burocratica che impediva di utilizzare le
risorse per garantire sopravvivenza e competitività a piccole e medie imprese ancora
presenti e attive sui mercati, l’immobilizzazione di risorse ed energie materiali.
Ma più di ogni altra cosa l’Accordo difettava di una consapevolezza di base
legata a un cardine delle dinamiche imprenditoriali e di mercato e cioè che un imprenditore assume solo se ha bisogno
di assumere e quando lo fa sceglie sulla base di requisiti di utilità e
non certo perché lo Stato gli regala un bonus per reinserire un
cassintegrato, tra l’altro con le competenze bruciate dagli ammortizzatori
sociali lunghi. Chi si fosse preso la briga di giudicare le
scelte compiute nella loro nuda e cruda concretezza - piuttosto che
farsi rintronare l'occhio da fumisterie ammantate di assi, misure, interventi e
normative - avrebbe immediatamente compreso che le risorse dell’Accordo sarebbero
rimaste congelate. Oggi, i cantori di due anni fa, rilevano i limiti dell’Accordo
e i suoi vincoli burocratici. E chiedono
l’ennesima rimodulazione. Ma rimodulare faccia, culo e cervello no?!
25 agosto 2014
Kramer contro Kramer: quel che duole al Pd fa bene a Fabriano
Mentre Pino P. asciuga i panni bagnati dal gavettone SLA e ripone il secchio nel ripostiglio,
la blanda scena politica agostana viene nuovamente strattonata dal Sindaco Emerito Roberto Sorci che, dopo l’esposto alla
Corte dei Conti per danno erariale sulla questione Veneto Banca e Tesoreria
Comunale, ha pensato bene di smuovere Sagramolone
Nostro dall’appisolo estivo, con un toc toc sui lavori in Via Bellocchi, proditoriamente defalcati dal Piano Triennale delle Opere. Una mossa
tutta politica quello del Barbuto
Redivivo che ha completato l’affondo conficcando nella schiena del Sindaco
parole aguzze e infette, un vero e proprio dardeggio da antitetanica: “Ho l’impressione
che questa Amministrazione impegni più tempo a cercare di smentire quello che è
stato fatto in precedenza che a svolgere la propria attività”. Di fatto Roberto il Guiscardo accusa Sagramola di non fare un cazzo, limitandosi a concepire l'amministrazione come puro e semplice diroccamento delle ultime vestigia sorciane. Si tratta di un j'accuse pesantissimo e per questo focalizzare l’attenzione su Via Bellocchi non restituisce l'essenza del conflitto, così come sarebbe puro errore valutare
lo contro tra Sorci e Sagramola come
fosse un gioco di ripicche, un Kramer
contro Kramer estremizzato dalla prevalenza dei personalismi. La vera posta
in gioco sono, infatti, le elezioni
regionali dell’anno prossimo: Sorci
ci punta di brutto, anche se non scopre le carte manco sotto minaccia; e ci sta
facendo un pensierino anche Giancarlone,
perché Palazzo Raffaello lo
libererebbe dalla tortura delle critiche e dal peso di una dialettica quotidiana
che hanno trasformato il suo mandato di primo cittadino in una continuo cimento di ispirazione
veterotestamentaria. In questi desideri politici che si sovrappongono ed
entrano oggettivamente in attrito, c’è da considerare un aspetto tecnico che diventa subito politico e cioè che il sistema elettorale delle
regionali prevede le preferenze ed è basato su collegi a base provinciale. Dal versante delle preferenze potrebbe
trarre vantaggio Sorci che è in grado
di fare romanella tra gli elettori fabrianesi del PD con i quali ha consolidato,
nel corso degli anni, ininterrotte e costanti relazioni personali. Il collegio
a base provinciale darebbe invece a Sagramola
un vantaggio di popolarità, perchè Giancarlone
è stato per lungo tempo Vicepresidente
della Provincia di Ancona, carica politicamente smunta ma ricca di occasioni relazionali in quanto legata all’istituzionalità degli eventi, delle inaugurazioni e dei tagli
di nastro; prerogative che consentivano ai politici coinvolti di
farsi conoscere e di frequentare ogni borgo del territorio provinciale,
compresi i più sperduti, dimenticati e remoti. Si profila, quindi, uno scontro sostanzialmente equilibrato tra i
due possibili candidati con una certezza che appartiene al novero delle teorie accademiche e cioè che tanto maggiore sarà l’equilibrio tra i
contendenti tanto più elevato sarà il livello di distruzione potenziale che la
battaglia politica potrà generare nel Pd, partito a cui appartengono sia Sorci che Sagramola. I comunisti di una volta avrebbero detto che ci sono
tutte le condizioni per far esplodere le contraddizioni del nemico. Oggi, più modestamente e prosaicamente, ci
limitiamo a pensare che tutto ciò che
fa male al PD fa bene a Fabriano e ai fabrianesi. Come lo pensavamo a suo
tempo della Democrazia Cristiana, la grande madre che Darwin avrebbe definito “l’origine della specie” del Partito
Democratico.
@Bicarbonati è su Facebook https://www.facebook.com/Bicarbonati e su Twitter https:/twitter.com/Bicarbonati
@Bicarbonati è su Facebook https://www.facebook.com/Bicarbonati e su Twitter https:/twitter.com/Bicarbonati
Iscriviti a:
Post (Atom)