20 aprile 2017

I frizzi e i lazzi di un centrodestra scoppiato

Il centrodestra fabrianese è nel turbine di un miracolo al contrario: racchiudere nel proprio perimetro tutto il carnevale di queste elezioni comunali. 

Il passo indietro deciso da Urbani ha provocato una rottura degli argini politici nel campo berlusconiano e tutti coloro che negli anni passati erano rimasti quieti e nei ranghi hanno cominciato a muoversi in modo scomposto e caotico: passi falsi, repentini cambi di casacca, marchi politici usati come recipienti di piccole ambizioni, candidature annunciate, poi ritirate, quindi riproposte come l'aglio che risale dopo lunga e difficoltosa digestione.

Il risultato è un'area politica che cinque anni fa giunse al ballottaggio con il centrosinistra ed oggi rappresenta un arcipelago sedotto dai frizzi e dai lazzi più che dalla politica, un agglomerato risucchiato da un'insostenibile leggerezza dell'essere e del fare politica

Il centrodestra aveva un'occasione straordinaria: inserirsi come terza forza in una competizione confinata nello scontro bipolare tra grillini e piddini e rappresentare una valida alternativa per chi non vuole farsi schiacciare da una nuova tenaglia politica.

Il volo irrazionale e scomposto del moscone, che pare ispirare la cinetica di tutti i protagonisti del centrodestra, ha invece trasmesso una sensazione diversa: quella di un'area politica scoppiata, che sceglie a caso - per non dire di peggio -, si pente, si duole e si consuma in duelli rusticani che invece di dislocare l'elettorato lo concentrano ulteriormente sui due poli.

Il centrodestra ha pochissimo tempo per invertire la rotta e cambiare atteggiamento. Vincenzo Scattolini, uomo mite e di buone maniere, deve uscire dall'ombra e mettere ordine e pace in una coalizione in cui non si distingue più tra il disegno e il cazzeggio, tra la polis e i balocchi.

Il candidato Sindaco lo deve alla città e agli elettori del centrodestra. La rappresentanza è una cosa seria per tutti a prescindere, anche quando ci si candida per esserci e non per vincere e a prescindere da chi si decide di sostenere e di votare.
    

15 aprile 2017

Metterci la faccia non è più una virtù



Il problema principale del prossimo voto comunale è che si fatica a comporre le liste perché la maggior parte dei soggetti politici ha serie difficoltà a soddisfare il criterio delle quote di genere, conditio sine qua non per l’ammissione delle liste alla competizione elettorale.

Può sembrare un dettaglio tecnico quello delle quote rosa. Ma tecnico non è perché segnala una novità importante rispetto al passato: i fabrianesi, stavolta, non hanno nessuna voglia matta di candidarsi

Fino alle elezioni comunali del 2012 fu un diluvio di consiglieri comunali in pectore, cittadini pronti a proporsi come indispensabili artefici del futuro cittadino. 

E giù incontri, pranzi, cene, santini, manifesti, volantini, immagini, iniziative. Un carnaio di egocentrismi sospesi tra il ludico e il kitch e di soldi buttati senza apprezzabili ritorni.

E’ stata la crisi a cancellare parecchie fantasie politico-elettorali, ma in parallelo essa ha funzionato anche come una mareggiata d’inverno, lasciando a riva tronchi, ossi di seppia, conchiglie, oggetti. 

Fuor di metafora: il gusto della politica si è concentrato attorno a poche persone trascinate dalla corrente, a figure crepuscolari, a tipi da fine corsa, a decadenti chiamati ad assicurare al sistema la delegittimazione conclusiva e il cozzo finale.

Per la stragrande maggioranza dei fabrianesi la parola d’ordine di questa primavera del 2017 è restare alla finestra, tenersi alla larga da liste a candidati, rimarcare un bisogno di distanza vissuto come salvezza e come garanzia.

Stavolta metterci la faccia non è più una virtù ma un rischio di fregatura perché quando un sistema crolla trovarsi nei paraggi nel momento del “chioppo” aumenta la possibilità di trovarsi intrappolati tra il tragico e il patetico.

L’unico modo per fare politica è parlare d’altro: un tempo sarebbe stato un punto di vista controcorrente, riservato a pochi intimi. Oggi é consapevolezza sempre più estesa e diffusa. 

E forse, proprio per questo, non tutto è perduto. Nel frattempo Buona Pasqua!
    

8 aprile 2017

Il problema di Balducci non è Tini ma l'Udc


Se il gruppo dirigente del Pd fabrianese avesse uno spessore e una caratura apprezzabili sarebbe possibile figurarselo tormentato da tinte fosche sul futuro e da dubbi amletici su come sciogliere i nodi aggrovigliati di una coalizione che, per ora, non riesce a formarsi.

Il problema è che il gruppo dirigente del Pd locale, come disse il Financial Times parlando di Berlusconi, è unfit to lead, inadeguato a guidare il governo cittadino. Detto questo, tutto il resto è  una semplice conseguenza.

Ecco perchè i renziani fabrianesi non riescono a sciogliere l'unico nodo politico di rilievo: che rapporto intrattenere con l'Udc. L'Udc è il partito della crisi, la forza politicamente più coinvolta nel fallimento della Ardo, la rappresentazione partitica di una città ancora assoggettata a riti padronali ed è compresibile che frequentarla politicamente significhi connettersi al passato più discusso della nostra città.

Non è un caso, da questo punto di vista, che la lista civica trasversale che dovrebbe sostenere Balducci abbia posto un veto nei suoi confronti. Il punto politico dirimente è che il PD fabrianese non ha la forza e l'autorevolezza per prendere decisioni autonome e difformi rispetto all'indirizzo di un partito regionale che con l'Udc ha siglato un'alleanza strategica.

La toppa proposta da Crocetti & Co. per uscire dall'angolo è peggio del buco che dovrebbe coprire, perchè pone il problema su un piano politicamente sterile: imporre all'Udc la rinuncia alla candidatura di Angelo Tini come condizione per essere ammessa nella coalizione che sostiene Balducci.

Nella visione dei giovani renziani l'Udc senza Tini potrebbe essere un partner accettabile e digeribile. Con Tini no. Questo blog ha sempre espresso critiche durissime e mirate nei confronti di Angelino da San Donato ma sinceramente credo che immaginare l'Udc senza Tini sia come pretendere di fare un lungo viaggio a piedi muniti di scarpe bucate e senza tacco.

Il problema politico non è Tini ma l'Udc e ciò che essa rappresenta in città. Fossi il giovane Crocetti o il meno giovane Balducci all'Udc gli farei ciaone, mandandola a ramengo con la lista delle botteghe. Quando ti togli di dosso una zavorra del genere puoi perdere qualche voto ma ne recuperi molti di più di quelli che se ne vanno.

Ma così non sarà perchè chi non ha coraggio non se lo può dare. Amen.