E’ una campagna elettorale senza emozioni e senza erezioni. Barzotta fuori e dentro. Slogan elettorali da ludo parrocchiale, senza anima, scopiazzati altrove e utilizzati almeno mille volte in ogni latitudine. E se per caso ti ritrovi in mano il santino di qualche candidato ti viene subito da fare le condoglianze ai familiari per il lutto irreparabile. Non fiori ma opere di bene. Ma anche con la bonaccia c’è sempre un'increspatura da gustare, qualche Lazzaro risorgente che regala un sussulto, una mummia bendata cui la sorte ha dato le chiavi che aprono a un sorriso. Oggi, tanto per dire, mi è caduto lo sguardo sul Corriere Adriatico. Foto di Claudio Biondi e titolo degno di un foglio satirico: “Le Grandi Opere sono merito mio”. Mi sono sbellicato da solo e senza bisogno di solletico indotto dall'esterno. Cosa che accade solo in due circostanze: per sopraggiunta malattia mentale o per genuino sollazzo. Nel mio caso presumo sia sollazzo ma non ho certezze in proposito. Claudio Biondi è stato, di certo, un indimenticabile Assessore ai Lavori Pubblici, un genio delle pavimentazioni costose e dei marciapiedi modello Babilonia, un solerte asfaltatore di buche, sempre col camion di breccia pronto all’uso e la battuta affabulante da scavezzacollo che la sa lunga. Ma sinceramente di lui non si ricordano visioni urbanistiche da faraone egizio, pianificazioni particolarmente alate o indelebili impronte architettoniche in stile Brunelleschi. Men che meno grandi opere, che Fabriano non ha mai visto neanche in cartolina e che di certo non sarebbero mai potute nascere dall’attivismo bertoldesco di Claudio Scoccimarro (suo nomignolo storico ma tuttora di incerta origine). Immaginate quindi che spettacolo immaginifico pensarlo conciato da Faraone che ordina e comanda la costruzione di dighe sul Giano, sfingi in Piazza Bassa, piramidi alla Serraloggia e fontane regali al Piano! Un Claudio Biondi trasformato d’incanto in Tutanklaudion, che attraversa la città col suo carro decorato di geroglifici, di isidi e osiridi; i capelli color mogano - pericolosamente sensibili agli aliti di vento e a improvvise ed esilaranti verticalizzazioni - e gli occhi da divo scolpiti da un passaggio secco e spietato di eyeliner. Basterebbe questo colpo d’occhio virtuale a risolvere definitivamente il caso ma lo spettacolo vero è che Tutanklaudion se ne fotte alla grandissima di tutto e tutti. Fondamentalmente è uno che fa della sconfitta un fiore all’occhiello; anzi un bianco fiore vista la sua storica democristianeria: uno dei pochi colonnelli del merlonismo a non essere sbarcato nell’UDC o nel Pd; capace di soccombere per una minchiata di voti al suo gemello Sorci; presidente in maglione arancio (sti maglioni che palle…) del Fabriano basket con la testa in serie A1 e il culo in serie D; sfidante senza speranza del Prescelto alle primarie del Pdl, affrontate e archiviate con teatrale sconfitta. E oggi autoproclamato Faraone Bianco di una città che si consegna ai Sette Nani. Ma diciamocelo forte e chiaro: sempre meglio Faraone Bianco che Biancaneve! Tutanklaudion ti preghiamo di non asfaltarci pure le favole. Lasciaci vivere felici e contenti. Come in un racconto a lieto fine
20 aprile 2012
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