A commento di un post di stamattina, un amico ha lasciato un messaggio interessante che provo a sintetizzare: l'opposizione è quel che è, e alla fine Tini è un politico che di bilancio se ne intende. E chi ci capisce può fare molto bene o molto male. Ma resta il fatto che certe competenze contano. Lo posso dire? E' una considerazione che non fa una piega. A questo proposito non torno sulla questione del ricorso e della possibile ineleggibilità dell'Assessore al Bilancio che, nel caso, sarà valutata da chi di dovere. Per quel che mi riguarda mi sono limitato a svelare qualche altarino. Col gusto toscanaccio della burla feroce e del sano cazzeggio. Ma la questione Tini mi interessa da un altro punto di vista, squisitamente politico, che al momento non mi pare sia stato minimamente considerato. Fabriano è in crisi. E la crisi ha dissolto un sistema di potere carismatico, familiare e fortemente centralizzato. La morsa allentata consente oggi una libertà di azione e di espressione che non era minimamente concepibile fino a qualche tempo fa. Un fatto che restituisce vitalità intellettuale a una città che ha bisogno, come l'aria, di autonomia e di spirito critico. Affinchè ciò avvenga e si consolidi è necessario che i centri di potere siano molti, indipendenti, magari pervasivi ma possibilmente conflittuali tra di loro. Qualunque nuova forma o assetto centralista rappresenta invece un attentato alla riconquistata ma fragile libertà dei fabrianesi. La storia della nostra città ci ha abituati erroneamente a ritenere "potere" solo ciò che fosse riconducibile a singole strutture familiari o a gruppi industriali. Ma è un errore di prospettiva che va corretto, perchè rappresenta un riflesso condizionato: guardare il presente e il futuro con le zone di comfort e gli schemi che abbiamo ereditato e metabolizzato dal passato. La questione Tini, a mio avviso, rientra in questo nuovo tentativo di coaugulo dei poteri. Ricoprire il ruolo di direttore amministrativo ospedaliero e territoriale e l'incarico di Assessore al Bilancio del Comune significa, infatti, avere in mano una leva fondamentale della governance delle due più grandi e importanti strutture pubbliche di prossimità. E la governance sul bilancio vuol dire esercitare un potere enorme di indirizzo politico, di orientamento delle scelte e di condizionamento delle decisioni. E' sostenibile una concentrazione di poteri di questa portata, focalizzata attorno a un'unica persona? E' tollerabile che in un momento di risveglio della coscienza civile si rimpiazzino i mille fiori dell'autonomia con un rigurgito di centralismo da far invidia a Francesco Crispi? Domande semplici e dirette che non troveranno risposta neanche nel ricorso più raffinato, perchè alla politica si risponde sempre e solo con la politica.
5 luglio 2012
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l'accentramento è pericoloso...quanto il "do ut des" tipico dell'attuale politica...
RispondiEliminamentre l'accentratore, in qualche modo, però, risalta, e attira su di se gli sguardi di chi può controllare, nell'altro caso, gli accordi sotto-banco, sono difficili da scovare.
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G.R.
Veloce riflessione sull'argomento: ma siamo sicuri che il potere carismatico e fortemente centralizzato a Fabriano non ci sia più'? Penso piuttosto che qualche "catalizzatore" di potere sia cambiato, come nei cartoni animati dei barbapapa: cambia la forma ma la sostanza rimane invariata. Temo che il risveglio coraggioso, rumoroso e partecipativo della coscienza del fabrianese sia lontano da venire!
RispondiEliminaIl risveglio favrianese si concretizzerà al massimo in un peto maleodorante.
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