Ho saputo subito, stamattina, della morte di Angelo Falzetti. Ha funzionato il vecchio passaparola dei comunisti, come se nei lutti scattasse il tam tam di una memoria politica ed esistenziale dispersa e irrisolta. Angelo Falzetti ci ha fatto credere a un comunismo gentile e solidale e ci reso digeribile anche il peggio di quel mondo ormai dimenticato: l’humus staliniano, la diffidenza nei confronti del libero pensiero, una durezza monastica che a fronte del lassismo odierno sembra meritevole di nostalgia, la presunzione di avere la storia e la ragione dalla propria parte. Ricordo senza veli quando il PCI decise di cambiare nome e natura: Angelo ne soffrì intensamente e non si diede pace finchè non mise al sicuro la bandiera rossa, quella storica con la falce e il martello dorati, perché quando hai perduto la bandiera sei solo un soldato del nulla. Come forse gli apparimmo noi giovani con la nostra voglia di modernizzazione politica che per lui, credo fosse qualcosa di incomprensibile e tutta inscritta in una infinita superficialità da iconoclasti impazienti e incapaci di aderire al dettato togliattiano del rinnovamento nella continuità. E nonostante questo ci volle sempre bene anche se gli avevamo dato il dolore più profondo della sua vita. Ma di Angelo ho anche ricordi antecedenti alla militanza politica. Ricordi di bambino, di quando mia madre lavorava all'albergo Italia, avanti alla stazione ferroviaria, gestito da Angelo e dalla moglie Assunta, donna straordinariamente simpatica, cuoca eccelsa – con i suoi indimenticabili e irripetibili cannelloni di carne - e custode severa di fatiche e memorie familiari. Di Angelo non posso non ricordare i racconti partigiani, la memoria commossa dello zio prete, la mitologia narrativa di una Resistenza vissuta con una impressionante e sincera continuità emotiva e il mio io bambino forse condizionato da quei racconti che immaginavo espressione di un eroismo che meritava d'essere scoperto. E poi un aneddoto di mio padre, collega ferroviere, di un giorno d’estate di metà anni settanta, a Roma, quando Angelo lo chiamò quasi urlando per presentargli un amico, un signore minuto e dimesso che rischiò di ritrovarsi in faccia il gesto di stizza di mio padre: Enrico Berlinguer. E poi un altro ricordo del tutto personale. Eravamo andati insieme al Palaeur nel 1988 per il Congresso Nazionale del Pci e mi presentò un'anziana e stupenda signora con cui aveva confidenza e cameratismo: Carla Capponi, medaglia d'oro della Resistenza e protagonista dell'attentato contro le SS a via Rasella. Ma Angelo, in quanto francescano senza saio e senza tonsura, era anche il comunista amico dei preti, il compagno che aveva il senso prfondo dell'unità popolare, uno che non credo sia mai riuscito a distinguere tra Cristo e Marx, l’incarnazione di un comunismo ecumenico, senza lotta di classe, in cui la solidarietà diventava fratellanza e il socialismo etica, morale e stile di vita più che gelida e spietata filosofia della storia. Mi è capitato tante volte di sentir dire da gente di provata fede anticomunista: “se i compagni fossero tutti come Falzetti sarei comunista anche io”. Come a dire che anche le distanze ideologiche più radicali e profonde si estinguono davanti al valore delle persone e allo stupore che nasce dall'incontro con una generosità sincera e contagiosa. Buon viaggio vecchio partigiano. Ti salutiamo a pugno chiuso e col segno della croce, perché sappiamo bene che per te erano la stessa cosa.
16 aprile 2013
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Giampietro hai descritto la figura di Angelo in maniera egregia , un uomo di valori e ideali purtroppo non più riscontrabili attualmente .Quinto
RispondiEliminaGiampietro hai descritto la figura di Angelo in maniera egregia , un uomo di valori e ideali purtroppo non più riscontrabili attualmente .Quinto
RispondiEliminaE' stato un saluto ai nostri padri che ci hanno rassicurato anche quando non eravamo d'accordo con noi...
RispondiEliminaAlla commemorazione dello scorso 25 aprile, organizzata dall'Anpi davanti alla cappella dei partigiani al cimitero di S.Maria, si era lasciato andare ad un'accorata e commossa quanto estemporanea orazione in memoria dei suoi "amici", trucidati proprio là quasi settant'anni prima, dolendosi quasi con le lacrime agli occhi di non essere morto insieme a loro... Un'emozione forte, tanto più sapendo ora che il prossimo 25 aprile non sarà lì in prima fila col fazzolettone e il suo carico di ricordi...
RispondiEliminaI partiti che usano (a volte abusano) della parola "sinistra", hanno dimenticato da un pezzo la memoria dei tanti che hanno sofferto e donato la vita per la Repubblica. Ora tutti i politici si sentono indispensabili, per il solo fatto di avere una tessera in tasca o una poltrona, è desolante quanto sta avvenendo nel poltronificio PD sia a livello nazionale, sia a livello regionale e locale.
RispondiEliminaVia Rasella e' stata la vergogna dei partigiani,non capisco perché viene ancora ricordata come un atto eroico,quando,per colpa di pochi hanno pagato con la vita piu' di 500 persone.
RispondiEliminaOnore ai giovani di Salo' !
tranquillo se non capisci, è normale! voi fasci non c'avete mai capito na mazza...
EliminaLa questione delle Fosse Ardeatine è molto chiara. I tedeschi risposero a un atto di guerra partigiana con un atto di barbarie contro i civili. La colpa è tutta dei tedeschi che fecero pura e semplice rappresaglia terroristica. La storia delle Ardeatine come colpa della Resistenza romana credo sia superata da tempo
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