La tradizione e la cultura ci hanno abituati a stendere un velo pietoso sul suicidio. E' un evento traumatico su cui preferiamo glissare, di cui sfuggono ragioni e spiegazioni convincenti e che spinge a un rispettoso e glaciale silenzio, come fossimo chiamati a interrogarci singolarmente ma soltanto ripiegando in una dolorosa introspezione. La vulgata e il chiacchiericcio attribuiscono al suicida le stigmate della debolezza, della vigliaccheria e dell'egoismo di chi impone ai cari che rimangono un continuo e tormentato rincorrersi di interrogativi. Qualcuno, in un sussulto di romanticismo, rimarca il coraggio della vita interrotta come atto finale e definitivo di libertà. Altri, ispirati dal pensiero cristiano, si allineano alla denuncia dell'arroganza prometeica che spinge l'uomo a decidere l'esito di una vita che è dono di Dio e può essere recisa solo dal disegno imperscrutabile del Creatore. Ma, come ha spiegato il grande sociologo francese Emile Durkheim, esiste anche un suicidio che non nasce dal disordine interiore, perché matura in un contesto influenzato dalle dinamiche sociali più che dalle problematiche individuali. E siamo, in un baleno, al suicidio anomico, al gesto perpetrato da chi subisce un violento turbamento delle condizioni economiche o da chi interpreta l'evoluzione della società come qualcosa a cui non si riesce né a stare dietro né a tenere testa. Farla finita si fa espressione di un disadattamento e della volontà di scendere da una giostra che ci trascina chiedendo prestazioni sempre più impegnative, sempre più onerose e sempre più vane. Fabriano, negli ultimi mesi, ha conosciuto un susseguirsi di suicidi anomalo rispetto al nostro modus vivendi. Una realtà, la nostra, che proviene da livelli di grande benessere materiale e piena occupazione che hanno facilitato un senso forte e profondo di integrazione sociale. Un'integrazione intimamente connessa a un preciso statuto, fondato sulle gerarchie del denaro e sulla "posizione" raggiunta nella piramide sociale. Con un'offerta di lavoro superiore alla domanda il meccanismo dell'integrazione si riproduceva per congenita inerzia e le eccezioni venivano espulse e dimenticate come gravissime violazioni del comune sentire. L'imprenditore costretto a chiudere dai rovesci del mercato era considerato un "fallito"; il lavoratore o la lavoratrice che perdevano il posto, senza ritrovarlo nel giro di una settimana, sfigati alla nascita e senza desiderio di riscatto da consumare attraverso quella che Papa Francesco ha definito, con grande efficacia, l'"oscura gioia del pettegolezzo". Quel meccanismo sociale di integrazione ed espulsione - allo stesso tempo rassicurante e feroce - si è estinto in pochi mesi senza portarsi dietro la colonna infame del suo retaggio culturale, la tendenza innata a punire con le parole e con la diffidenza chi si trova in difficoltà per via di un lavoro perduto o di un'attività che smette di brillare e dare soddisfazioni. Di questo strascico velenoso di pregiudizi e di provincialismo arcaico sono le donne a pagare il prezzo più alto perché perdere un lavoro significa - per tutti ma per le donne in modo particolare - smarrire un importante disegno di autonomia personale da coltivare a dispetto di una cultura che rimpiange l'età dell'oro dei focolari, degli angeli e delle subalternità; provare una fatica gigantesca e vana nella ricerca di un'altra occupazione e, spesso, compromettere anche la stabilità dei rapporti affettivi e sentimentali. Il danno e la beffa che si sommano e diventano un'insostenibile pesantezza dell'essere, un macigno interiore che spinge al suicidio anomico perché l'uomo è un animale che spera e quando smette di sperare non riesce a convivere con la sua natura primordiale e con la perdita di certezze e di valori identitari. Ho letto qualche giorno fa di alcuni psicologi che si sono messi a disposizione gratuitamente per le persone che, nella nostra città, perdono il lavoro. Credo sia un'iniziativa di grande intelligenza e sensibilità perché in una situazione di crisi l'esperto di meccanismi mentali serve quanto e più di un patronato. Un tempo si esprimeva questo gioco di precedenze con una frase efficace e brutale: "
prima magnamo e poi pregamo". Oggi probabilmente è assai più vero il contrario.
Fabriano è una città dove il Cash è contato sempre più di tutto, qua la gente si credeva di Vivere a Milano ma siamo un Paesello che senza le sue multinazionali tornera a fare il Paesello
RispondiEliminaIl cash è stato una linea di demarcazione fondamentale. Sotto quella linea c'era un chiacchiericcio distruttivo ed emarginante. Quando penso ai fabrianesi non posso fare a meno di considerare anche questa apartheid
RispondiEliminaSiamo fottuti.
RispondiElimina"Novità ai vertici di Indesit Company. Andrea Merloni, delfino di Vittorio e attuale presidente della Indesit, ha lasciato la guida del gruppo ad Andrea Milani, da anni amministratore delegato della società, mentre per lui si è ritagliato il ruolo di presidente di Fineldo la cassaforte della famiglia che governa sul 41% del gruppo di elettrodomestici. E' quanto riportato da Repubblica.it."
http://radiogoldfabriano.blogspot.it/2013/04/cambio-al-vertice-per-indesit-company.html
bisogna vedere il seguito....e chi va avanti tra tizio e caio
EliminaMilani è meglio di Merloni. Vedrai che da a.d. puro svincolato dalla famiglia, inizierà a potare i rami secchi.
EliminaA mio modo di vedere il ramo più secco è proprio lui. e gli uffici sono stai portati a Milano lo dobbiamo al sig. Milani e se anche lo show room verrà esportato lo dovremo sempre a lui. E non credo che il sig. Milani abbia interesse ad investire nel nostro territorio. Uno che ha portato il suo ufficio a Milano perchè la sua signora a Fabriano ci stava stretta non mi da nemmeno un centesimo di fiducia.
EliminaBravo Gabriele, condivido. Il suo ufficio se l'è portato a Milano e il suo conto corrente alle ISOLE SAMOA.
EliminaChiamalo stupido, e Merlò paga paga e paga.
Ho gettato
Vi assicuro che il signor Milani non ha trasferito l'ufficio a Milano perché alla signora non piaceva Favriano (visto che è separato) ma perché c'è una volontà di liberarsi di questa cittadina di provincia che oramai non serve più. Abbiamo dato il cu..... alla famiglia ora pretendono anche le nostre emorroidi.
EliminaSantarelli non mi sembra che l'Antonio Merloni, che ha avuto la sua governance ben radicata a Fabriano, abbia avuto un destino fulgido. Invece di fare voli pindarici, Santarelli, in industria il concetto è semplice ... o hai un prodotto che funziona e si vende, oppure chiudi bottega. Fabriano o non Fabriano.
EliminaInoltre, Santarelli, non mi puoi paragonare l'azienda che è cresciuta sotto la gestione di Vittorio Merloni, con l'attuale. La Merloni di una volta era parte del gotha industriale italiano (quello vero), il che significava anche enorme potere politico, capacità di pressione verso i munifici finanziamenti statali a fondo perduto, sodalizio di ferro con gli Agnelli ... ora, pur essendo la Indesit una grande realtà internazionale, forse il contesto è diverso ... c'era la lira, l'Italia aveva il controllo dell'emissione di moneta e poteva sostenere le politiche commerciali etc. etc. ... insomma ... erano altri tempi, era un'altra Fabriano, era tutto più facile ... ora governare una multinazionale, di fronte a scenari mondiali sempre più interconnessi e mutevoli è impresa da fare tremare i polsi ... questo se vuoi fare l'industriale, altrimenti inizi a fare il finanziere. Dovresti sapere, Santarelli, che l'Italia è il paese che paga più cara l'energia in Europa ... è questa una condizione per essere competitivi? Credo che nemmeno Mandrake ci riuscirebbe, quando sei fuori mercato. Infatti i risultati, oggi, li ottieni producendo all'estero, oppure facendo prodotti di tale qualità e innovazione, che ti puoi permettere di applicare sui mercati esteri un ricarico di prezzo tale, che compensa la perdita di competitività sul prezzo ... vedi cosa fanno nella meccanica, nella moda o nell'alimentare di qualità etc.
EliminaIl futuro delle multinazionali in mano al capriccio muliebre? Siamo veramente alla decadenza...
RispondiEliminail "capriccio muliebre" è il classico pettegolezzo di provincia...in realtà un qualsiasi a.d. è praticamente obbligato a certi iter: valutare, individuare e tagliare rami secchi...
Elimina...e tuttavia capisco anche la sig.ra milani se fabriano le va stretta e preferisce milano...ci può stare, dai!
EliminaTotale solidarieta ala signora Miliani ci sta che si!
EliminaComunque vorrei, rischiando di passare per retorico volgere l'attenzione verso il dramma in sè. Chi sceglie di suicidarsi per difficoltà di qualunque genere denota un fallimento della società che dimostra di non essere affatto avanzata. Ma anzi indica un livello di decrescita notevole.
RispondiEliminasolitudine....non c'è più il senso di appartenenza...chi sta col culo per terra, si sente tanto più emarginato, quanto è stato "bene" prima...la gente, quando può "prendere" è amica, quando potrebbe "dare" diventa indifferente.
Eliminanelle piccole realtà, per fortuna, c'è ancora solidarietà...quella vera!
Non c'è nessuna retorica caro amico. E' di qualche ora fa la notizia di una coppia che si è suicidata a Civitanova Marche. Stiamo parlando di cose che mordono la carne
RispondiEliminaSe posso aggiungere un elemento per un'analisi ulteriore. Non è proprio vero che Fabriano sia nuova ad ondate di suicidi... E' solo che ora diamo loro un significato ulteriore, più legato alla situazione economica e lavorativa. Ma le Marche in generale hanno il triste primato in Italia in quanto a suicidi, specialmente tra i giovani, e non mi stupirei se negli ultimi anni la nostra cittadina spiccasse tra le altre. Io mi domanderei se è proprio vero che a Fabriano si sia sempre respirato questo "senso forte e profondo di integrazione sociale"... E' vero che almeno prima avevamo il benessere e ora neanche quello c'è più, ma temo che questo sia solo un "carico da 11" rispetto a una città che è sempre stata molto individualistica nella quale, al di là della messa domenicale, momenti di socialità vera sono sempre mancati moltissimo.
RispondiEliminal'integrazione sociale a fabriano (ma probabilmente anche in altre zone d'italia), almeno negli ultimi decenni, si è sempre retta sul cosiddetto cash...adesso che di cash ce n'è di meno cominciano a crollare un po' tutte le sicurezze e resta la carcassa di una società tutt'altro che integrata, anzi piuttosto aridamente indivualista...è triste ma credo sia così.
Eliminatuttavia penso anche che sia un trend che si possa invertire, storicamente la necessità ha sempre comportato cooperazione e solidarietà.
però bisogna crederci, sul serio, iniziando a lavorare sulla propria testa e cominciando anche con poco, magari con un sorriso (invece del classico muso lungo) al forestiero/sconosciuto di turno.
L'italiano è individualista per natura ma qua a Fabriano si tocca l'apice sotto questo punto di vista, Io penso che una città come questa dove il Cash era tutto adesso se la merita proprio una situazione del genere!
Eliminala tanto desiderata meritocrazia...
EliminaTra tizio e caio, va avanti Caio.
RispondiEliminaIntervengo con un articolo che ho pubblicato il 19.02.2013.
RispondiElimina"NON CHIEDONO IL PASSAGGIO DELLE FRECCE TRICOLORI , CHIEDEVANO UN LAVORO, DIGNITA' E POTER GUARDARE I PROPRI FIGLI NEGLI OCCHI.
ABBANDONATI DAI PADRONI, DAL GOVERNO E DALLE BANCHE, DEPREDATI DA UN FISCO INIQUO E SOFFOCANTE: COSTRETTI AL "SUICIDIO DI STATO".
16.02.2013 - GENOVA, Castiglione Chiavarese: Ennesima tragedia della disoccupazione nel silenzio assordante di politici e saltimbanchi impegnati in una campagna elettorale che si sta dimostrando sempre più sporca, con false promesse, prese per il culo, senza idee concrete o con idee senza coperture.
Un uomo di 60 anni non sopportava più di essere disoccupato da alcuni anni, è salito sulla sua moto, ha raggiunto il Monte Pu e si è impiccato ad un albero.
Secondo gli ultimi dati di Eures, nel 2009 i casi di suicidio della disperazione per disoccupazione sono stati 357, uno al giorno. Nel 2010 i casi di suicidio tra i disoccupati sono stati 362, nel 2011 i casi hanno superato i 375 e, dal primo gennaio di quest’anno sono già circa 62 i “suicidi sociali”. Padri di famiglia che si impiccano perché, come disoccupati senza speranze, non sono più capaci di guardare i propri figli negli occhi; famiglie soprattutto con disabili all’interno che minacciano azioni forti contro se stessi o il più debole, in quanto stremati non per il peso del proprio congiunto, ma perché abbandonati a se stessi con un peso insostenibile anche per la forza di una madre e di un padre.
E mentre accade tutto questo, i “ciechi di stato” non muovono un dito per stroncare un malaffare diffuso, un sistema di corruzioni, collusioni, frodi, appropriazioni indebite e SCIPPI SOCIALI ai danni de i cittadini. DEBOLE CON I FORTI solo per dimostrare che non sono degli incapaci.
Purtroppo nell’ultimo anno questi suicidi sociali sono aumentati: sono padri di famiglia che non sopportavano più una situazione che andava avanti da diversi anni e quindi anche prima del governo Monti. I "suicidi di Stato" hanno una gestazione più lunga di un anno. Ma, mal comune non è mezzo gaudio: il nostro dovere è quello di batterci affinchè tutti i cittadini possano avere una vita dignitosa uscendo dall’incertezza e dalla disperazione che, converrete, sono sempre più tangibili.
Il governo Monti si è presentato agli italiani promettendo equità, solidarietà e giustizia sociale; gli hanno dato credito e non riesco a trovare attenuanti per coloro che sono colpevoli, a mio avviso, di aver approvato manovre inique che hanno impoverito ancor di più i ceti più deboli, i poveri e .. tutelato i forti (banche).
Maurizio Corte.
Io dico questo Chi pensa che anche con un ottimo governo non dico buono ma OTTIMO la situazione a fabriano possa migliorare si illude! Io penso che se saremo.molto fortunati e andra su un governo decente potremo contenere i danni ma niente di piú!
RispondiEliminaAll'estero ci sverniciano in tutti i campi siamo rimasti al top solo nelle scarpe e nell'alimentare
Mi sorprende una grande ipocrisia ovvero che lavoro e denaro evitano il suicidio. Chi è mio coetaneo ricorda i suicidi di figli di famiglie benestanti e ricorda anche le molte vite bruciate dalla droga di figli di operai ma che vivevano nel benessere della metalmezzadria. Ora mi sembra alquanto meschino ridurre il suicidio alle sole difficoltà economiche. Molti paesi nordici, ricchi, con una società organizzata come il Giappone sono pieni di suicidi. Perché non parliamo invece di come la ricchezza abbia svuotato Fabriano di qualsiasi valore ? Chiese vuote, sedi di associazioni vuote, partiti vuoti, movimenti vuoti ( a parte quello che fa gli incontri in streaming )
RispondiEliminaMi sorprende una grande ipocrisia ovvero che lavoro e denaro evitano il suicidio. Chi è mio coetaneo ricorda i suicidi di figli di famiglie benestanti e ricorda anche le molte vite bruciate dalla droga di figli di operai ma che vivevano nel benessere della metalmezzadria. Ora mi sembra alquanto meschino ridurre il suicidio alle sole difficoltà economiche. Molti paesi nordici, ricchi, con una società organizzata come il Giappone sono pieni di suicidi. Perché non parliamo invece di come la ricchezza abbia svuotato Fabriano di qualsiasi valore ? Chiese vuote, sedi di associazioni vuote, partiti vuoti, movimenti vuoti ( a parte quello che fa gli incontri in streaming )
RispondiEliminala citazione di durkheim nel post ci ricorda che il suicidio (sempre esistito nelle società) può dipendere da diverse cause.
Eliminain particolare il suicidio anomico indicato da gps sarebbe tipico delle società moderne, sia in periodi di depressione che di sovrabbondanza, quindi nessuno qua ha sostenuto che i suicidi dipendano solo dal non avere il cash...allo stesso tempo però non si può negare che sia un fattore importante.
restando (a grandi linee) nell'ottica durkheimiana, i suicidi a fabriano mi hanno sempre dato l'idea di essere della tipologia "egoistica", cioè dovuti all'assenza di integrazione sociale: per anni a fabriano se non eri imprenditore/libero professionista/operaio non eri nessuno, un fallito...una visione democristianamente violenta e intollerante nei confronti delle diversità.
adesso che manca il cash finiscono per venir meno tutte le sicurezze legate al monopensiero dominante ed emerge chiaramente quella che viene definita "assenza di valori", ma che ritengo sia più corretto definire come "assenza di integrazione sociale", per cui la presenza/assenza del cash conta eccome!
meschine e ipocrite non sono queste considerazioni adesso, meschino e ipocrita è stato un certo modo di pensare che si è protratto per decenni.
E' un'ottima analisi e molto interessante
Eliminaconcordo sul fatto che in periodi come quelli che stiamo vivendo il supporto psicologico sia molto di aiuto, ma attenzione gente: psicologico, non psichiatrico!
RispondiEliminaal giorno d'oggi si corre sempre di più il rischio di far passare il disagio (per le più svariate condizioni) come una patologia (da curare con farmaci...ci siamo capiti, no?).
questo tipo di confusione è molto pericolosa e fabriano, da quel che vedo, non fa eccezione, anzi...
Il disagio come patologia è un rischio che non possiamo correre...è una nuova forma di potere
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