6 maggio 2016

La giustizia di Salomone tra Veneto Banca, Comune e Fondazione


La notizia è il ribaltone in Veneto Banca, con i soci della lista delle "Associazioni degli azionisti" che con il 12% del capitale hanno conquistato il 57,9% dei voti dei presenti all'Assemblea tenutasi a Marghera.

La perdita di 882 milioni registrata nel Bilancio 2015, la stretta della Banca Centrale Europea e le incognite sulla quotazione in Borsa dell'istituto - aggravate comparativamente da quanto accaduto alla Popolare di Vicenza - hanno sicuramente creato le condizioni di contesto in cui è maturato un voto a sorpresa che ha nuovamente riscritto gli equilibri in Veneto Banca.

Il risultato del voto ha garantito alla lista vincente 12 consiglieri su 14. Per la minoranza sono entrati nel consiglio di amministrazione l'ex Presidente Bolla e l'ex amministratore delegato Carrus.

 La nuova configurazione del consiglio ha un effetto anche su Fabriano dato che nella lista che perso era presente anche l'avvocato Maurizio Benvenuto, non riconfermato nel CDA di Veneto Banca.

Benevenuto è stato per lungo tempo il trait d'union tra Veneto Banca e la Fondazione Carifac. La sua mancata rielezione rompe questa linea di connessione tra Montebelluna e Fabriano e pone la Fondazione di fronte a un nodo difficile da sciogliere e cioè se sottoscrivere o meno l'aumento di capitale di Veneto Banca, ovvero se infliggersi un salasso a cui farà seguito un crollo del valore delle azioni, con effetti deleteri e forse letali sul bilancio della Fondazione e sul suo assetto patrimoniale.

In questo senso la Fondazione sembra davvero in un cul de sac: sottoscrivere l'aumento senza più avere una rappresentanza nel CDA significherebbe svenarsi per essere marginali; non sottoscriverlo vorrebbe dire uscire di scena senza svenarsi, confinando la Fondazione nel recinto stretto della città e del territorio limitrofo.

Quale che sia la scelta che verrà effettuata un fatto è certo: il sole sta tramontando anche sulla Fondazione e sui suoi disegni di potere residuale

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Ed è anche alla luce di questi fatti decisivi che lo scontro tra Fondazione e Giunta assume il profilo di una divertente disputa manzoniana tra capponi condannati alla pentola, di un conflitto che merita di essere seguito perchè all'altezza di quelle storie estive che servono per passare il tempo sotto all'ombrellone. 

Sagramola dice che la Fondazione avrebbe dovuto sganciare 280 mila euro. Ottaviani sostiene che gli euri fossero 150 mila, come da accordi e da delibera dell'istituto. La differenza è di quelle grosse, quasi il cento per cento. Troppo per essere raccontata come incomprensione, equivoco, rumore irrisolto nella comunicazione tra soggetti in latente conflitto. 

A uno dei due è sicuramente scappato il piede dalla frizione ma non si è ancora capito a chi, per la semplice ragione che si può spararla grossa tanto per eccesso quanto per difetto. A chi credere? A nessuno, perché credere significa consegnarsi a un atto di fede che nelle cose degli umani raramente aiuta a distribuire le ragioni e i torti. 

Meglio un agnosticismo curioso e attivo, dato che lo spirito partigiano merita cause migliori, “luoghi meno comuni e più feroci” di un minuetto tra poteri bianchi che si contendono le spoglie dell'ex potere merloniano. 

Eppure la situazione incuriosisce e le cifre in ballo rimandano a una lotteria sballona che ha il suo appeal cronachistico, dato che in città non c’è davvero nulla di serio di cui discutere. E’ anche per questa leggerezza del tema che sarebbe interessante un arbitrato, un lodo dirimente, un giudizio di Salomone che consenta alla verità di emergere, ma senza provocare ulteriori crisi e altri inutili sconquassi. 

E chi meglio di Angelo Tini potrebbe risolvere pubblicamente la controversia? E’ democristiano come Ottaviani e Sagramola, proviene dal mondo della sanità come il Presidente della Fondazione ed è assessore al Bilancio nella Giunta del malconcio Giancarlone. 

Inoltre Angelino è influente in Comune, è decisivo nell’UDC e pesa del suo anche dalle parti di Corso della Repubblica. In più è un sopravvissuto vero del merlonismo, uno che conosce alla perfezione i sottili meccanismi che distinguono un accordo verbale tra sodali da una delibera tra confliggenti e sa bene quanto sia facile inciampare nei corridoi in cui si oliano e si smerdano le relazioni tra poteri affini ma concorrenti. 

Se Tini racconta l’accaduto e dice ai fabrianesi come è andata potrebbe chiudere la diatriba e ridare energia allo slogan del lassativo Falqui dei tempi di Carosello: basta la parola! La sua parola. Ci dica semplicemente, caro Assessore Tini, se a spararla grossa è stato Ottaviani o Sagramola. Tanto alla fine la quadra la si trova perché, come insegna la vecchia scuola dc, una mano lava l’altro e tutte e due lavano il viso.
    

6 commenti:

  1. Fabriano non conta più niente

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  2. "E chi meglio di Angelo Tini potrebbe risolvere pubblicamente la controversia? E’ democristiano come Ottaviani e Sagramola, proviene dal mondo della sanità come il Presidente della Fondazione ed è assessore al Bilancio nella Giunta del malconcio Giancarlone."

    Asinus asinum fricat

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  3. Il fondo Atlante entrerà anche in Veneto Banca, andando ad acquistare per 4 spicci quello che fino a ieri valeva miliardi.

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  4. Ambrosini rappresenta la lista degli associati e non quella del CDA uscente. Per me è una buona notizia.

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  5. La faccia di sagramoletto seduto in prima fila con la cravatta azzurro confetto mentre veniva nominato vincitore Ambrosini era tutto un programma

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