24 agosto 2013

Ad Albacina chiodo scaccia chiodo: scende Cocco e sale Gentilucci

Il Sole 24 Ore di oggi, a pagina 18, dedica ampio spazio a quanto accaduto ieri allo stabilimento Indesit di Albacina. Ovviamente si tratta di una posizione di grande interesse perché, nonostante l’alto profilo giornalistico del quotidiano, siamo comunque di fronte alla punta di diamante editoriale della Confindustria, ossia a una fonte informativa per forza di cose sensibile alle ragioni dell’impresa e quindi naturalmente parziale e partigiana nel suo giudizio di fondo e di merito sui conflitti sociali in atto nel nostro Paese. Colpisce quindi che, nell’occhiello che accompagna l’articolo, Il Sole parli esplicitamente di fallimento del rientro anticipato nello stabilimento di Albacina, rimarcando la falsa partenza della Indesit e sottolineando il successo ottenuto da Fiom e Uilm che – a differenza della Fim Cisl - si sono opposte alla riapertura anticipata di alcuni reparti e hanno rafforzato questa volontà organizzando un "presidio all’alba" in cui hanno spiegato ai lavoratori le ragioni del rifiuto. E i circa quaranta lavoratori coinvolti nell'"anticipo" hanno rinunciato a rientrare in fabbrica. Per comprendere come questo avvenimento possa incidere sui rapporti di forza sindacali, e quindi sulla linea che i metalmeccanici assumeranno a partire dai prossimi giorni, è opportuno delineare il contesto generale, partendo dai risultati emersi in occasione delle elezioni RSUdi Albacina, tenutesi nel marzo del 2013 In quella circostanza la Fim Cisl ottenne più del 50% dei voti e 5 rappresentanti su 9. E’ quindi quanto meno singolare che, di fronte a una scelta delicata come il rientro anticipato dalle ferie, i lavoratori abbiano seguito senza defezioni la linea indicata da Fiom e Uilm, quando sarebbe stato logico e prevedibile immaginare una capacità aggregazione e formazione del consenso nettamente sbilanciate sulla linea dialogante della Fim, che detiene la maggioranza assoluta della rappresentanza sindacale unitaria nello stabilimento di Albacina. Di fronte a questo dato di fatto ci sono due linee interpretative: raccontare la bruciante sconfitta politica della Fim come un semplice incidente di percorso, una casuale buccia di banana su cui può capitare a tutti di inciampare e farsi male; oppure leggere di gli accadimenti di ieri come un cambiamento di fatto nei rapporti di forza tra le sigle sindacali dei metalmeccanici, con una Fim nettamente egemone e trainante nelle settimane iniziali della vertenza e costretta – dopo le prime riunioni del tavolo romano - a rincorrere un dinamismo che vede sempre di più la Fiom e la Uilm al centro della scena e capaci di ordire mobilitazioni efficaci. Se volessimo fisicizzare e sintetizzare, con un filo di brutalità, la trasformazione dei rapporti di forza all’interno del fronte sindacale potremmo dire che scende Cocco e sale Gentilucci. Ma metterla in questi termini sarebbe minimalista e fuorviante, anche se una efficace descrizione di scenario non può che alimentarsi pure di semplificazioni, sicuramente suggestive e gossippare ma di certo utili alla didattica del conflitto sociale. Dal punto di vista politico l’elemento interessante è, però, di tutt’altro altro genere e natura. A questo punto è, infatti, necessario comprendere come il superamento dell’egemonia numerica della Fim a vantaggio di una nuova impronta direzionale a base Fiom e Uilm possa modificare nel profondo la mappa e lo spirito della mobilitazione sindacale e l’intero approccio alla vertenza. Anche perché, di norma, le linee di rottura sindacale vedono allineate Cisl e Uil – in quanto sindacati contrattualisti e riformisti – rispetto a certe irresistibili tendenze radicali della CGIL e della Fiom. La vertenza Indesit, tra le altre cose, ha anche disarticolato i fondamenti della rappresentatività, ossia la capacità dell’organizzazione sindacale di unificare comportamenti ed esigenze dei lavoratori affinché essi operino come gruppo e non come sommatoria di individui. Il paradosso della Fim, nella vertenza Indesit, è quello di avere un ampio mandato alla rappresentanza – testimoniato dal risultato elettorale delle RSU - ma di essere a corto di rappresentatività, dato che i lavoratori di Albacina fanno quadrato attorno agli input delle organizzazioni minoritarie piuttosto che aggregarsi attorno al punto di vista della sigla maggioritaria. Come intenderà reagire la Fim a questa situazione di incartamento lo scopriremo solo vivendo. Certo è che la radicalizzazione dell’asse sindacale rende più improbabile l’ipotesi dell’accordo separato e meno indolore il tentativo del management aziendale di spostare le produzioni contando su una reazione docile delle maestranze e dei cittadini. E i fatti di Albacina di ieri possono essere considerati, anche alla luce di quanto accaduto fino ad ora, il più importante e significativo cambiamento dei rapporti di forza verificatosi all’interno del fronte sindacale dal giorno in cui l’azienda ha reso pubblico il suo piano di salvaguardia e razionalizzazione. Ed è anche per questo che se è difficile dire come andrà a finire è di certo lapalissiano ma vero ritenere che nulla, anche nel placido e lentissimo mondo sindacale, sarà più come prima.
    

12 commenti:

  1. Da Filippo il Macedone ( divide et impera ) a Luigi undicesimo re di Francia (diviser pour regne ) cambia la lingua ma il metodo e' lo stesso

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  2. Divide et impera, questo è sicuro, Non altrettanto sicuro , ma probabile, la settimana prossima operai a casa (anche se non necessario) per mancanza di pezzi al montaggio,
    ovvia ripicca della direzione allo sciopero del reparto presse.
    O paura che ci stiamo avviando a fare la stessa fine dell'Antonio merloni, anzi molto peggio, i sette anni di cassa saranno un miraggio.
    Tra varie lotte a rimetterci saranno solo gli operai con stipendi sotto i mille euro, e quando sarà arrivato l'inverno saranno tutti stanchi e rassegnati al loro destino e non faranno più scioperi, forse il programma dell'azienda prevede questo.
    Forse l'unica salvezza sarebbe quella di avere una guida seria, capace di risolvere i problemi e non di amplificarli, di capire che Indesit costruisce elettrodomestici, che se non vengono PROGETTATI e costruiti bene, non si vendono, (ora ci sono concorrenti che prima non c'erano LG -SAMSUNG- ECC) ma questa è un'utopia.
    Ultima cosa, dopo essere andati in polonia e turchia, che se ne faranno di quel mucchio di impiegati e imboscati vari rimasti in italia all'altisonate polo per la progettazione di Melano e agli uffici di Fabriano? a voi l'ardua sentenza.

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    1. ............gli impiegati rimarranno al loro posto(non a caso hanno scioperato poche ore),gli operai piu' sfigati a casa e ai paraculi qualcosa gli troveranno da fare........

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    2. Mi associo..... Forse, al massimo, un 50% di impiegati, sono più di mille, in prepensionamento, ma di operai ne rimarranno pochi.

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    3. Voglio precisare che in caso di una mobilità non volontaria, che noi cerchiamo di scongiurare, ma dovesse verificarsi non ci saranno paraculi o raccomandati o quantaltro! Chi dovrà fuoriuscire dall'azienda, si individuera attraverso dei criteri di legge, carichi famigliari, anzianità di servizio e motivi tecnici organizzativi, in concorso tra loro. Quindi, l'azienda potrebbe anche prendere nomi (raccomandati) ma chi fuoriesce può impugnare il licenziamento ed avere ragione da un giudice che può reintegrarlo nel posto di lavoro. E' chiaro che per il reintegro di quel lavoratore, ne deve uscire un'altro. Ecco perché nessuno può promettere niente a nessuno, e nessuno può pensare di essere salvo. Però spero non sia questo lo scenario a cui si arriverà, perché significherebbe occupare le fabbriche e gli uffici.

      Sappiamo bene che l'azienda potrà dare la messa in libertà, ma quando si è in guerra, ognuno usa le armi a disposizione. Ci potrà essere la ripicca aziendale, ma tutti sanno che è appunto una ripicca e non è per non aver lavorato venerdì che si manderà a casa la gente (sempre se lo faranno) ma appunto perché si è in guerra. Ma qualcuno pensa, che dopo aver fatto iniziative che hanno molto dato fastidio all'azienda con costi per i lavoratori, gli stessi lavoratori avrebbero compreso una posizione sindacale atta a favorire il recupero?
      Credo che la coerenza sia ben percepita dai lavoratori. Dopo il comunicato prima delle ferie, abbiamo agito con coerenza, salvando le iniziative future. Come sempre grazie per l'ospitalità. Vincenzo Gentilucci.

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    4. Fabriano non puo' permettersi la chiusura di questa azienda,di questa come le altre. QUELLO che mi spaventa e' l'assordante silenzio delle altre categorie del territorio.Non e' bastato solo essere stati presenti alla manifestazione di luglio,ma stare vicino a tutti i lavoratori sempre,e non sperare nella ripresa di una macroeconomia che in queste condizioni non potra' mai arrivare.

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    5. Quello che a me spaventa di più e' che per quindici anni il sindaco di Fabriano e' stato un dipendente diretto della Indesit votato ed eletto anche da tutti i lavoratori che hanno creduto fino alle ultime elezioni che le promesse fatte sarebbero state mantenute. Illusioni di settembre.

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    6. Un plauso al l'anonimo delle 20.59. Aggiungo che gli stessi lavoratori per 2 volte di fila hanno mandato in parlamento MpM

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    7. Scusate ma avevo dimenticato di firmare il mio commento di ieri sera delle 20,59 ma rimedio ora : urbani urbano. Saluti a tutti

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    8. Grande Gentilucci, finalmente dopo tanta democristianeria un sano pensiero laico e riformista.
      Con stima M.llo Badoglio

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    9. Risolvere i problemi dei lavoratori è il fatto che merita precise risposte, il resto attiene alla propaganda, alle strumentalizzazioni cui in questo periodo qualcuno ricorre per dimostrare la sua improbabile guerra tra il bene e il male. Per qualcuno è più importante ol caso pubblico che trovare una soluzione nell'interesse dei lavoratori.

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    10. Se qualcuno pensa che la vertenza Indesit verrà gestita con i sindacati locali deve farsi vedere da uno psicologo . Dove erano questi signori quando la Antonio Merloni già da anni con i bilanci in perdita continuava ad assumere e con quelle assunzioni si gestivano i voti per Viventi e l' UDC ? A nessuno di loro e' venuto in mente di verificare i conti tramite i loro rappresentanti sindacali di fabbrica ? È non era mica difficile visto che i bilanci delle aziende si possono richiedere alla camera di commercio . Invece tutti zittì e ognuno alla ricerca e conquista di più tessere possibili per essere poi il sindacato di riferimento .

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