La politica fabrianese ha smesso da tempo di essere un'attività presentabile. Per questo motivo seguirla, giorno dopo giorno come una medicina, ripropone sentori che sono un misto di frustrazione e di spatacco; ingredienti che si combinano dando vita a effetti esilaranti, quasi degni, nella loro fantasiosa leggerezza, di un Italo Calvino comandato a narrare le minute gesta di un piccolo e singolarissimo centro d'entroterra.
Lo ammetto: il fallimento dell'Unione Montana mi ha donato qualche ora di divertimento cazzeggiante, letteralmente lucrato alle spalle dei protagonisti, un gruppetto di politici convinti che la ricostituzione sotto mentite spoglie di un ente demenziale fosse meritevole di sfrenata passione e di conflitto muscolare tra schieramenti altrimenti anemici.
Nel Dopofestival - ormai stabilmente alloggiato sui social media e degno di gustosa attenzione - sono volate parole grosse: dalle accuse di fascismo a quelle di magheggio, con un abbassamento sostanziale della qualità del linguaggio e dei contenuti politici del confronto.
L'elemento umoristico della vicenda è che mentre a Fabriano volavano stracci, con ben tre Consigli Comunali in tre giorni - e la sessione di sabato sera trasformata in un'alternativa pirotecnica al ristorante o alla serata al cinema - in quel di Genga si era ben lungi dal trasformare l'adesione all'Unione Montana in un cimenti vitale e in una frontiera di sopravvivenza territoriale.
Totalmente indifferenti al surplus consiliare di testosterone fabrianese, i gengarini adottavano con pronunciamento bipartisan la decisione più naturale: votare contro lo Statuto e affondare il progetto. Il tocco di beltà è che l'operazione si è consumata sabato mattina, ossia 12 ore prima che a Palazzo Chiavelli andasse in scena l'ennesima figuraccia targata Sagramola e Pd e accompagnata dal diniego rombante e un tantinello folkloristico della minoranza.
Sagramola, invece di mordersi i gomiti per la propria incapacità di incarnare ed esercitare la leadership territoriale di Fabriano, ha accusato il Sindaco di Genga di aver tradito gli accordi (saremmo curiosi di conoscerne contenuti e natura ma si tratterà sicuramente di poltrone e gettoni), annunciando di volersi rivolgere alla Regione nella speranza che Gianmarione - in tutt'altre faccende affaccendato - gli tolga dalle mani la patata bollente che il Sindaco non è stato in grado di pelare da solo.
In poche settimane Sagramolone Nostro ha bruciato la Presidenza della Provincia, l'Unione Montana e la possibilità di un secondo mandato targato PD. E' sbagliato, quindi, chiederne le dimissioni perchè di fatto il Sindaco - da vero Tafazzi in fascia tricolore - si sta dimettendo un po' alla volta ogni giorno. Evidentemente, come da fiction, Dio non solo c'è ma ha pure deciso di aiutarci.