11 ottobre 2015

L'ammainabandiera Indesit che fa diventare americani i fabrianesi

E infine giunse il giorno dell'ammainabandiera. Indesit non esiste più da qualche mese come realtà industriale autonoma ed era rimasta in piedi soltanto una differenziazione nominale rispetto a Whirlpool, una riserva risicata di simboli che servivano, quanto meno psicologicamente, a marcare il territorio e a tenere in piedi la finzione del "noi e loro".

Anche quest'ultima ridotta è caduta: la gloriosa "I" che campeggiava iconicamente sulla palazzina degli uffici centrali di Fabriano è stata smontata e tolta di mezzo. Come sempre accade quando si chiude un'epoca, quando cade un regime o semplicemente quando cambia l'assetto proprietario di un gruppo industriale.

I fabrianesi - convinti di essere cittadini di un'isola anomala e felice, governata con bontà e giustizia da una casata neorinascimentale -  non hanno mai creduto, fino in fondo, che la storia di Indesit fosse davvero finita. 

L'illusione di un'autonoma sopravvivenza del gruppo, seppur in presenza di un passaggio di proprietà, è stata consegnata a una parola che conteneva un concetto fuorviante e privo di contenuto reale: partnership

Whirlpool ha fatto finta di stare al gioco e in molti hanno creduto che questo atteggiamento da multinazionale rispettosa delle specificità pregresse rendesse plausibile un rapporto paritario, o al massimo non troppo sbilanciato, con il nuovo proprietario americano. 

Qualcuno ha pensato che l'effetto dell'acquisizione fosse una mezza sommatoria e non, invece, una colonizzazione senza mediazioni, giusto attenuata da una fase di transizione resa digeribile dalle necessità mediatiche di Renzi e dal gioco degli ammortizzatori sociali e delle fuorisucite incentivate.

Togliere la "I" dalla palazzina uffici e cancellare ogni residuo di memoria simbolica legato a Indesit è il segnale di una nuova fase; una fase in cui non sarà concesso riconoscersi in una comunità che si differenzia rivendicando know how, specificità e modelli produttivi e organizzativi provenienti dalla passata gestione merloniana e capaci di differenziare e mantenere in piedi un'identità nobile svenduta dai vecchi proprietari a prezzo di saldo.

Ormai o si è Whirpool o si è il nulla. Si chiama assimilazione ed è un processo in cui rasi, pizzi e merletti servono solo ad occultare le lame più aguzze e le operazioni più dure. Saranno i fabrianesi a diventare americani e non certo gli americani a ritrovarsi fabrianesi: una verità a lungo rimandata, che ha eroso le difese e circoscritto gli anticorpi.
    

10 commenti:

  1. Finalmente ti rileggiamo. Mi raccomando continua.

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  2. Grazie! Si tornerò a scrivere frequentemente. MI sono riposato abbastanza

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  3. È mai successo nella storia che gli americani, una volta sbarcati, non mettessero la loro bandiera e i loro uomini (non necessariamente americani) a gestire i loro interessi? Dopotutto hanno fatto un monumento a quel drappello di marines che issano la Stars&Stripes a Iwojima...

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  4. Lo hanno tolto perché Sagramola lo voleva appendere nel suo ufficio come quadretto ricordo, insieme allo striscione che gli operai avevano steso dal balcone del Comune.

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  5. Gli stranieri ci tagliano ben bene a tranci, ci spellano, ci friggono e c'arvoltano dentro un cartoccio, vogliamo fare la lista delle aziende storiche italiane che gli stranieri si sono comprati solo nel 2015 e scommettere su quante altre ne saluteremo nel 2016?

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  6. Ammortizzatori sociali ed uscite incentivate non hanno fatto altro che "rimandare" la fusione vera e propria al 1/1/2019 quando, scadendo i suddetti, l'ascia si abbattera dura ed implacabile. La scomparsa del simbolo caratterizzante la indesit come realtà autonoma, giusta per come sono andate le cose, non è altro che il preludio ad un futuro che, se va bene, ci vedrà assimilati, se va male, ci vedrà disoccupati. È il capitalismo, bellezza. E tu non ci puoi fare niente...

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  7. Da quel che si legge sui giornali magnano bene anche i grillini.

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  8. Mi spiegate che cazzo ci sta a fare Rossi in consiglio?

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