Giancarlo Sagramola, il 19 aprile 2012, firma l’adesione alla Campagna a favore della democrazia paritaria nei Comuni italiani promossa dall’Anci. Non solo firma ma rivendica il nero su bianco e lo rilancia come elemento di caratterizzazione politica sua e della coalizione che lo sostiene. Intervistato in merito dichiara testualmente: “Il nostro contesto politico e il sistema dei partiti in generale scontano un grave ritardo su questi temi rispetto agli altri paesi europei. I dati indicano un tasso di presenza delle donne nelle amministrazioni locali del nostro Paese pari al 19,5% del totale. Cambiare lo status quo è necessario, per questo ho immediatamente sottoscritto l’adesione alla campagna dell’Anci”. Tutto lascia intendere una presa di posizione forte in materia, il varco culturale attraverso il quale arrivare al cuore del consenso femminile e alla promozione di politiche di conciliazione. Arrivano il voto di primo turno e il ballottaggio conclusivo. E cade l’asino. Infatti entra in Consiglio Comunale una sola donna, eletta nelle file dell’opposizione, mentre la maggioranza sagramoliana esibisce la sua totalitaria uniformità di genere: tutti maschi, come nelle camerate di un collegio bacchettone o nelle celle di una tristissima abbazia benedettina. Ossia il contrario dell’impegno del 19 aprile. Adesso, se Sagramola vuole davvero fondare il suo mandato sulla coerenza del progetto, deve metterci rapidamente una pezza. Se non volesse ispirarsi alla rigidità ideologica delle quote rosa potremmo pure capirlo. Ma tra i posti riservati per default in base al sesso e la sparizione di genere ce ne corre. Le donne a Fabriano, come dappertutto, sono la maggioranza della popolazione, lavorano, fanno girare i soldi, fanno funzionare parecchi ingranaggi familiari e sociali e si ritrovano una rappresentanza politica del 4% C’è qualcosa che non va; qualcosa che va oltre il brutale maschilismo montanaro secondo cui la politica, diversamente dal ciambellone e dalle crostate, non è robba da femmine. Visto che sul Consiglio Comunale non si può intervenire perché elettivo, Sagramola potrebbe giocarsi la regina di cuori direttamente nella nuova giunta che, diversamente dal Consiglio, nasce dalle sue insindacabili scelte. Perchè non piazzare un paio di donne, preparate e di valore, a fare gli assessori, munendole di deleghe pesanti e senza circoscriverle, quindi, alla solita solfa della cultura e dei servizi sociali? E’ mai possibile immaginare un centrosinistra di soli uomini che sostiene una giunta di solo uomini, come fossimo in una missione gesuita del Paraguay? Certo sul versante dell’opposizione le cose non è che cambino di molto. E’ entrata in Consiglio la sola Giovanna d’Arco Leli, la Pulzella di Collamato che ha sbaragliato la concorrenza col voto compatto del suo paesello e un sorriso solare, esibito senza pause pubblicitarie e interruzioni umorali. Insomma, una novizia assoluta che ricorda Alice nel Paese delle Meraviglie, ma è animata da una volontà di ferro e una gentilezza retrò che possono farne, senza mezzi termini, o una damigella senza prospettive o una rivelazione della nuova politica liberata di vecchi e tromboni. Per il momento una cosa possiamo dirla con certezza: con una trentina di Giovanne sparse nelle diverse liste ci sarebbe stata una vera e propria pulizia etnica dei candidati maschi, che sarebbero spariti dalla circolazione senza neanche un biglietto di saluto. Sapete cosa rischia la Pulzella di Collamato in quella fossa di leoni che è Palazzo Chiavelli? Di diventare la mascotte del consiglio comunale, il logo sorridente di un’istituzione che fa finta di includere e ti ride dietro, sbertucciando l’ingenuità dei novizi specie quando sono donne. Insomma la brava ragazza che piace a tutti, a cui tutti vogliono bene, a cui si danno consigli, esempi e testimonianze ma che nessuno, alla fine, si fila (politicamente s’intende). Per intenderci ancor meglio, quelle a cui si dà la parola per parlare di pari opportunità e per presentare ordini del giorno indignati contro la violenza a Rocca Cannuccia. Ma non fate l’errore di sottovalutarla la Pulzella di Collamato: sarà tra quelli che si applicheranno di più, che studierà attentamente veline, faldoni norme e tutto quel che serve per fare il consigliere comunale rompicoglioni. Magari non la vedremo fare ostruzionismo, fingendo collassi al microfono, ma su questo siamo tranquilli perché finché c’è D’Innocenzo c’è speranza. Ma questo lavoro di tombolo la nostra Giovanna d’Arco sarà costretta a farlo in totale solitudine, senza reti di genere e col supporto paternalista e sbrigativo dei soli maschi. A meno che, un Sagramola di colpo ispirato non faccia saltare il banco, infilando un fiocco rosa in giunta e un paio di signore pronte a far sanguinare i cervelli ottusi del maschilismo locale. Ma temo che pure stavolta tutto si ridurrà a una mimosa, sperando che Giovanna Leli, a fine mandato, possa tornare a Collamato senza conoscere i roghi politici di Rouen.
22 maggio 2012
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