14 maggio 2012

Il voto New Age e il diritto all'astensione

Nel 1975 Maurizio Ferrara, comunista di ferro e padre del sulfureo Giuliano, scriveva a proposito di Pannella e compagnia: “i radicali so’ ’na manica de gente assai lasciva / finocchi e vacche ignude alla Godiva”. Ora, anche senza aver flirtato per il giro radicale di froci, mignotte e bagarozzi, va detto che dobbiamo molto al partito della Rosa nel Pugno. Gli dobbiamo molto in termini di cultura democratica e liberale e visto il Paese sostanzialmente clerico-fascista che siamo mi pare un debito di riconoscenza di primaria importanza. Ma c’è una cosa straordinaria, che nasce dal pensiero radicale e che anche oggi affolla il piccolo e il grande dibattito politico: la rivendicazione dell’astensionismo attivo, il diritto democratico di esprimersi anche disertando le urne, di considerare l’astensione non un sottoprodotto dell’ignavia e del cerchiobottismo nazionale ma uno schiaffo alla pretesa del voto furbetto. Ho ripensato a questo sdoganamento radicale leggendo, specie su Facebook, i richiami civici al dovere del voto in vista del ballottaggio di domenica. Richiami che non provengono da qualche antiquato cultore delle regole formali ma dagli schieratissimi sostenitori di Urbani. La tesi corrente, a dire il vero alquanto autoritaria, è che chi non vota appoggia Sagramola. Si tratta di una puttanata galattica perché il ballottaggio somiglia a un referendum ma non prevede quorum e, quindi, non serve una soglia minima di validazione del voto per eleggere il primo cittadino. Se vanno a votare dieci persone si diventa legittimamente sindaco con sei voti. Se ce ne vanno venticinquemila servono 12.501 voti, perché i valori si calcolano sul numero dei voti validi. La questione non è, quindi, di senso civico ma semmai prettamente politica ed è presto detta. Urbani è lontano qualche anno luce da Sagramola ed è convinto che una maggiore affluenza ai seggi lo premierebbe. Dimenticando che il centrodestra è sempre più fiacco degli avversari nel ballottaggio perché ha una base militante più esigua di quella dei compagni. Questa convinzione nasce da un ragionamento astruso che ho percepito guardando un’esilarante intervista rilasciata dal candidato del Pdl a Daniele Gattucci. Urbani, a un certo punto, pronuncia una frase emblematica e rivelatrice e cioè che il 62% dei fabrianesi ha votato contro il Modello Marche. Messa in questi termini la partita diventa di una facilità sublime: basta convincere quel 62% ad andare alle urne e il buon Giancarlone se ne torna a fare il dipendente comunale. Poco importa che in questa massa indistinta ci siano grillini, comunisti, centristi, rivoluzionari e pantofolai. Ossia persone e soggetti attratti dalla destra quanto una iena da una cassetta di pomodori sammarsani. Ma Urbani è un politico new age, un seguace di Scientology convinto che le cose si ottengano soltanto desiderandole e con input extrasensoriali lanciati agli invisibili fili che governano le leggi dell’attrazione. Quindi è assai più comodo immaginare questa massa indistinta come un’argilla plasmabile, pronta a votare per il candidato del Pdl se solo Urbani riuscisse a mobilitarla con qualche parola piccante e risolutiva. Ora, a parte che si potrebbe far rilevare a Urbani che il 78% degli elettori non ha votato per lui. Il che significa che se il Modello Marche non ride il modello Urbani di sicuro piange, ma sarebbe un inutile gioco a rimpiattino. Ma la cosa che sconvolge è, invece, la totale assenza di realismo e di lucidità politica che muove la coalizione del Capparo coi Denti d’Acciao. Un delirio alla Cervantes che ha trovato, stasera, un’ulteriore conferma con un manifesto in sette punti, uno più demagogico e irrealizzabile dell’altro. Compresa la creazione di posti di lavoro che, notoriamente, dipende dal livello comunale quanto il sole dai cambi di stagione sulla Terra. Un fritto misto di grillismo, di sovversivismo un tanto al chilo e di berlusconismo stravecchio e stracotto. Il modo migliore per alimentare un altro botto di astensione. Chapeau!
    

2 commenti:

  1. Per pareggiare i conti Urbani dovrebbe convincere circa 2800 elettori ad andare alle urne e votare per lui. Anche mettendo insieme tutti i voti dell'elettorato di Ottaviani, il più vicino idealmente, gliene mancheranno almeno 1300.
    Quindi sulla carta la partita è persa. Specie se gli argomenti per convincere sono quelli che campeggiano sui manifesti questi giorni.
    Ma, c'è sempre un ma.
    Perchè la coalizione che appoggia Sagramola non è poi così coesa e penso di non sbagliare se dico che le poltrone sono già tutte assegnate, per cui occorre vedere se gli inevitabili delusi nella spartizione degli assessorati continueranno a spronare i propri elettori o li inviteranno ad andare al mare.
    Magari 1300 voti Urbani li recupera così. Non sarebbe del resto la prima volta che accade a Fabriano. C'è sempre qualcuno che per far dispetto alla moglie si taglia il pisello. Altro punto è che Urbani per convincere qualche elettore in più a votarlo, piuttosto che fare proclami dovrebbe essere corente con la campagna fatta finora e avere il coraggio di presentare, oggi, una squadra di assessori veramente fuori dagli schemi, gente nuova, facce pulite, ovvero l'esatto contrario delle "solite facce" che ha fatto girare sulle vele prima del 6 maggio.
    Se lo facesse, metterebbe alle corde Sagramola che invece per come sono andate le cose nella sua coalizione, non potrà che presentare appunto "i soliti sospetti", che se presentati prima del 20 maggio gli farebbero perdere voti in modo copioso.
    Insomma, Sagramola sarà col pippaculo fino alla fine e dopo, una volta vinto, sarà sulla graticola per 5 anni.

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  2. Condivido quasi alla lettera!

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