Nel 1995, quando il burbero Castagnari – con enigmatico profilo da Conte Vlad e pelle pergamenata - saraccò Ridge Viventi, il Mascellone Bianco, in un drammatico ballottaggio in cui volarono stracci e tradimenti, si disse che un’orda di cosacchi aveva trasformato, senza preavviso, la Fontana Sturinalto in un abbeveratoio di cavalli. Già, perché allora vinse una coalizione in stile Afghanistan prima della jihad: gonfia di repubblicanesimo, di comunismo, di cattolicesimo collaborazionista e di pulsioni giacobine tanto che – dopo anni di coccolini e coccoloni ammorbidenti – assistemmo quasi attoniti alle prime clamorose morti politiche, poi seguite da altrettanto clamorose resurrezioni di Lazzaro. A distanza di così tanto tempo ho percepito di nuovo rumore di zoccoli ferrati nella Piazza Alta e ancora una volta cavalli assetati alla fontana; quadrupedi selvaggi, montati a pelo da una tribù di indiani che sono arrivati a El Paso e l’hanno messa a ferro e fuoco senza sparare un solo vaffanculo, ma con la buona educazione e le ottime maniere che si addicono al ceto medio riflessivo e alla borghesia che li ha votati in massa. Già, perché queste elezioni hanno un solo vincitore: il navajo mite Ioselito Arcioni e il Movimento Cinque Stelle. Josi ha sbaragliato le previsioni di tutti gli analisi, specie di quelli della buonora e del cappuccino: dicevano che era troppo moscio, che non tirava per via di quel sorriso quasi imbullonato tra gli occhioni grandi; dicevano che un grillino doveva essere più cazzuto e bombarolo per soffiare forte sull’antipolitica; dicevano che sarebbe franato alla prima buccia di banana e che era in caduta libera dopo i picchi delle prime settimane di campagna. Dicevano un sacco di minchiate e si è visto a urne aperte. Josi, dal canto suo, è rimasto calmo, quasi in un’altra dimensione come un guro zen, con la bicicletta attrezzata da ecologista alla Langer, sufficientemente corazzato per resistere alle pressioni, alle gufate e ai primi, inevitabili, carichi di liquame. Un novizio esperto insomma, un debuttante che la sapeva lunga, un candido giglio col pelo al petto e l’unghia a coltello. Ha preso il 15%, che è cifra da grande partito, e più voti della sua lista che è sintomo di buona nomea. Un successo pieno, quasi tracimante. Ma la partita di Josi e della tribù del Cinquestelle comincia da oggi: hanno staccato il biglietto vincente del Superenalotto ma anche un carico di aspettative eternamente in bilico, perché l’elettorato è generoso e volubile, idealista e capriccioso e si scazza in un baleno. Per questo la luna di miele con i fabrianesi sarà brevissima e ogni giorno avrà la sua pena e le sue delusioni. Ora sarà solo e soltanto la politica del Movimento a spingere verso il Cinque Stelle o il Cinque Stalle. Allo stato nascente subentrerà la prima istituzionalizzazione. E’ un percorso naturale e un campo minato allo stesso tempo. Come si dice adesso, serve una governance e una mission perché il futuro dipenderà dalle scelte, dalla capacità di aggregare e dalla volontà di non inquadrare le truppe in un pensiero unico. Josi e la sua band hanno in mano il biglietto milionario, ma tra ritirare la vincita e smarrire il tagliando nella tasca di un vecchio pantalone passa una linea d’ombra sottile, qualcosa che somiglia a un rasoio affilato che scorre avanti e indietro tra il deretano e i maroni. Insomma, se fino a ieri la sfida del 5 Stelle era quella di essere un movimento di successo da oggi sarà quella di diventare un movimento di valore. In bocca al lupo! Augh!
8 maggio 2012
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Una ventata di nuova. Poi il tempo ci saprà dire se sarà tramontana o libeccio. Sarebbe bene approfondire come nessuno degli assessori uscenti sia risultato il più votato...
RispondiEliminaQuella sugli assessori è una riflessione acuta ma secondo me è la maledizione di Sorci che li ha svuotati da sempre di tutto come arance di Sicilia di bella scorza e col nulla dentro
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