Non mi appassionano i compleanni, le ricorrenze, le rimembranze. Men che meno gli anniversari, che stanno lì a ricordarti lacerazioni e ferite difficili da rimarginare. Ma domani sono quindici anni dal terremoto del settembre 1997. Una data simbolo per Fabriano, perché da quel giorno niente è stato più come prima. E’ come se quell’indimenticabile sussulto della terra avesse scritto la parola “fine” sulla nostra età dell’innocenza, e una comunità spensierata avesse casualmente incontrato l’altra faccia della vita, quella più lacera e inquietante. A distanza di tre lustri si celebra una memoria comoda e rassicurante, qualla che narra la perizia degli aiuti, l'ardore dei volontari, le maniche rimboccate dei concittadini, la professionalità emozionata della Protezione Civile, i mille balzelli bypassati della ricostruzione leggera e pesante. Con quello strascico quasi divertente della ricostruzione di Belvedere, raccontata come epopea del buonsenso e della lungimiranza: dieci milioni di euro per rifare un paesello di cento case e 70 anime. Alla faccia dell’efficienza e del risparmio! Comunque sia da quel 26 settembre – ed è opinione comune della maggioranza dei faVrianesi – nulla è stato più come prima. Sono affluiti soldi, molti soldi, per una ricostruzione che a ogni terremoto si abbatte quasi come una seconda calamità naturale. E si è costruito molto, troppo: nuove lottizzazioni, nuovi quartieri, nuove colate di cemento. Case e appartamenti largamente superiori alle necessità abitative ma in grado di provocare un effetto spugna verso cittadini che arrivavano a Fabriano per lavori a termine e poi si stabilizzavano in una città ancora certa e illusa del suo rigoglioso sviluppo. E’ iniziata così la svalutazione del patrimonio immobiliare, quasi un primo step dell'incipiente bancarotta economica collettiva. E da qui ha preso le mosse la mutazione antropologica di una popolazione ancorata a questi luoghi da un moto affettivo e da un profondo senso dell’appartenenza. Una popolazione chiamata a combinarsi e mescolarsi con nuovi cittadini giunti da un altrove senza garanzie di partecipazione, solidarietà e radicamento. Crisi immobiliare e crisi antropologica avrebbero meritato risposte alte e risolute. Ma gli sguardi dei decisori e degli influenzatori erano troppo presi a rimirare, sbavanti, il fiume di denaro che affluiva in città e si disperdeva in mille paraculissimi e vantaggiosissimi rivoli. E poi lo schianto finale: la crisi del monoprodotto rovinata addosso a una comunità già stressata dalle scosse della terra e dell'anima in un cortocircuito finale che ci ha spinti fino alla depressione economica. La notte tra il 25 e il 26 settembre 1997 una scossa del 5° grado della Richter ci svegliò nel cuore della notte. A distanza di quindici anni quel sobbalzo ci desta ancora. Perché da quella notte non abbiamo mai smesso di subire gli eventi e di guardarli col capo chino e le ginocchia piegate. Buon Anniversario Fabriano.
25 settembre 2012
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E' molto triste GianPi, ma quello che hai scritto non fa una piega, purtroppo.
RispondiEliminaHo gettato
La ricostruzione l'ho completata io io io io io io io io io io io
RispondiEliminaio io io io io io io io io io io io io io io io io io io io io io
Il punto non è intestarsi la ricostruzione materiale ma capire che l'origine psicologica del declino è lì...
RispondiEliminaVista la valanga di denaro comunque abbiamo perso una buona occasione per la riqualificazione e l'abbellimento della città anche se devo ammettere la macchina burocratica per la ricostruzione ha funzionato.
RispondiEliminase vai a vedere nel dettaglio, i lavori di riqualificazione del borgo (la parte del centro storico, ovviamente) vengono proprio dai finanziamenti del sisma....e, se non sbaglio, persino parte del finanziamento per il giano, deriva, seppur indirettamente dall'emergenza terremoto
Elimina_________________________
G.R.
TOGLI IL "PARTE"...TUTTO
EliminaD.V.
volevo esse' ottimista...
EliminaDiciamo che la macchina si è pure dilatata a dismisura tanto che abbiamo un ufficio tecnico che rasenta il gigantismo. E sul tema torneremo anche per un'altra faccenda.
RispondiEliminasi...un gigante dai piedi d'argilla...
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G.R.
Avendo scritto sul castello di Belvedere in un paio di libri vorrei aggiungere che - oltre alla valanga di soldi spesi dallo stato - molti proprietari si sono ritrovati con pesanti quote di accollo non preventivate. Sia detto per inciso non voglio fare le pulci al l'impegno encomiabile di alcuni residenti di "peso" del paesino, tuttavia come non notere il "danno culturale" procurato? Al posto di un castello del XIV secolo ora abbiamo un paesino delle Cinque Terre, tutto colorato con tinte del XVIII secolo, finestre con spallette di mattoni inventate, una passeggiata con pilastrini dove un tempo vi erano arcigne mura di difesa. Mi chiedo: considerato che il progetto fu approvato in conferenza di servizi dove era la Soprintendenza?
RispondiEliminaGiampaolo ogni volta che parli di materia Urbanistica non posso che approvare e condividere in pieno. Soprattutto sul discorso degli accolli e sull'occasione mancata per sfoderare un pò di buon senso e di buon gusto.
EliminaEnrico Setaro
sul fatto del preventivare le quote d'accollo, ci sarebbe da parlare per giorni...
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G.R.
Già si parla di danni economici e di soldi ma il danno che ci portiamo dentro da 15 anni, la consapevolezza di non essere niente contro la natura, che in pochi secondi tutto ti crolla e non hai più niente, ti resta solo la persona accanto che magari neanche conosci però la paura te la fà abbracciare ed insieme si piange per sfogarsi per far uscire il terrore che hai dentro.
RispondiEliminaPer questo anniversario dei 15 anni voglio ringraziare tutte le persone che quel giorno terribile e quelli successivi mi hanno abbracciato confortato e che hanno pianto insieme a me tutti coloro chem mi hanno parlato senza conoscermi tutti quelli che mi hanno telefonato per sapere come stavo e spero che questa città si incominci ad abbracciare ed ad aiutare anche oggi visto che stiamo vivendo il terremoto peggiore della nostra storia cittadina.
Sottoscrivo ogni virgola di questo commento
Eliminagrazie e sai che ti voglio bene D.A.
EliminaCi vorrà un'altra sgrullatella per reindirizzare le teste faVrianesi? Dico da anni che a Fabriano c'è veramente troppo unto ancora e non si pensa a fondo ai cambiamenti epocali che si stanno assestando in zona. Ma cos'altro deve succedere per capire!
RispondiEliminaOltre al villaggio delle bambole di Belvedere, dimenticate l'edificio in vetro e metallo arrugginito accanto al Comune, sul quale ormai bisogna gettare solo uno sguardo sconsolato e rassegnato.
RispondiEliminal'ecomostro di cui tempo fa chiesi l'abbattimento
RispondiEliminaPiu' mostro che eco ... visto quanto bisogna consumare di energia per difendersi dalla bollitura estiva con la vetrata esposta a sud.
RispondiEliminagufi!
RispondiEliminaVi dimenticate la costruzione dell'Allegretto ? nel posto peggiore ? umido e con una location scomoda ? Parlare di come le nostre vie si sono dissestate ? Forse solo le chiese ne hanno giovato. Non mi permetto di rientrare in come si sono spesi certi soldi perché andrebbe fatto con dati alla mano....
RispondiElimina19 anni oggi.
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