23 giugno 2016

E se fosse metalmezzadra un po' della nostra salvezza?

La scomparsa di Vittorio Merloni ha chiuso il cerchio di una lunga fase della nostra storia: quella di un'industria con le radici profonde, con gli stabilimenti ubicati a ridosso della città, quasi a garantire una stabilità fisica e visiva del lavoro e delle sue sedi; l'industria di un fare e un produrre di prossimità e di relazioni amicali che ha consentito ad alcune generazioni di fabrianesi di vivere il proprio percorso professionale tutto all'interno di una stessa azienda, in una logica capace di mescolare fedeltà quasi giapponesi e radicamenti tipicamente marchigiani.

Quel panorama industriale e produttivo, che era anche e soprattutto una forma mentis, è totalmente inattuale perchè la cifra prevalente del nostro tempo è il "nomadismo del capitale". 

Il territorio gode ancora della presenza di grandi realtà industriali produttive - basti pernsare a Whirlpool, Ariston Thermo Group, Elica, Franke, Cartiere Miliani - ma l'elemento dirimente è la consapevolezza che la loro presenza sul territorio si prolungherà fin quando sarà compatibile con le esigenze di competitività, in uno scenario che rende sempre meno influenti le motivazioni di carattere "affettivo".

Ciò significa che l'attuale tasso di disoccupazione - attestato attorno al 30% - potrebbe essere soggetto a ulteriori spinte verso l'alto, che determinerebbero pesanti fenomeni migratori in uscita e un brutale effetto algebrico sul saldo demografico.

Salvare Fabriano, in questo contesto, significa prevenire il rischio emorragico attraverso un approccio improntato al realismo minimalista, ossia sapendo che migliorare la situazione è al momento impossibile. L'obiettivo a breve, quindi, non può essere una prospettiva di rilancio ma soltanto una cronicizzazione stabilizzante dell'attuale stato di cose.

In questo quadro bisogna fare, metaforicamente, ciò che suggeriscono i giallisti: cercare la prova del delitto sopra il camino, ovvero osservare con attenzione consapevole quel che di solito tendiamo a trascurare e a tenere in disparte. Nel caso di Fabriano l'uovo di Colombo è ciò che siamo stati dal dopoguerra ad oggi: un territorio industrializzato che ha consentito la formazione di una classe operaia fortemente ruralizzata.

Non si tratta di imbastire l'ennesima sociologia polemica sul metalmezzadro ma di focalizzare lo sguardo su un aspetto e cioè che quel continuo tornare alla terra, all'orto e ai campi ha consentito al nostro territorio di essere soggetto a una continua manutenzione che ha garantito valorizzazione fondiaria e tenuta dei suoli e dei terreni.

Ciò significa che Fabriano – che dispone di 300 km quadrati di territorio – può concretamente pensare a una rivitalizzazione dell’agricoltura. La cultura rurale nel nostro territorio, infatti, non si è estinta perchè non si è verificato fino in fondo l’esodo dalle campagne anche in ragione della natura particolare del modello industriale affermatosi con i Merloni.


Abbiamo una storica cultura salumiera, un prodotto spendibile come il salame di Fabriano che per un banalissimo gioco di invidie è stato criminosamente privato di riconoscimento DOP, un istituto agrario prestigioso che sforna competenze agronomiche di primo livello, un sistema di comunanze agrarie potenzialmente utile anche se ridotto a poca cosa, una realtà associativa importante come la Coldiretti, enogastronomi di portata nazionale come il Dott.Piergiorgio Angelini e alcuni soggetti della ristorazione di cui sono riconosciuti i livelli di eccellenza.

Con questo retroterra di cultura, di tradizioni, di tipicità e di competenze possiamo immaginare un territorio capace di ragionare su un'agricoltura moderna e con potenzialità occupazionali o continuiamo a costruire alibi dicendo che questa è terra cattiva, senza resa, e che il massimo che si può fare è spendere qualche euro su pochi ettari di orti urbani?

Tornare a investire nel settore primario, pensare a start up agricole, cercare fondi europei per lo sviluppo rurale non è una sconfitta epocale o un ritorno alla vita agra dei campi e delle produzioni di sussistenza, ma uno spazio di imprenditorialità e di innovazione che vale la pena considerare e che dovrebbe occupare un grande capitolo della nostra agenda politica a breve-medio termine.

In fondo le fabbriche vanno e vengono e per fermarne il moto non serve a nulla implorare e imprecare. La terra, invece, resta. Valorizzarla o lasciarla incolta non è un destino ma una scelta.
    

22 commenti:

  1. Quella del Salame è stata una cazzata grossa. Se certificano cose assurde tranne quel prodotto che poteva tirare su anche un po' di occupazione. Fra poco manco si trova più il salame di fabriano

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  2. Quando leggo questi articoli mi incazzo perché ci vedo una possibilità che come sempre resterà lettera morta

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  3. Sono completamente d'accordo con te. Sarebbe ora, e forse e' anche passata, di ricominciare a valorizzare quello che per i motivi che sappiamo, cioe' la grande industrializzazione del nostro territorio, e' stato inevitabilmente trascurato.Mi riferisco all'agricoltura per esempio. Sono d'accordo con te che il fatto di sentir dire che la terra di Fabriano non e' buona e' una barzelletta. Abbiamo per estensione uno dei comuni piu' grandi d'Italia e non e' che il terreno manchi... Sarebbe il caso di sfruttare un po' di piu' gli studenti che escono dal nostro Istituto agrario che mi dicono sia uno dei migliori d'Italia. sara' un caso questo???? Penso al salame di Fabriano, che e' un eccellenza assoluta. Bisognerebbe valorizzarlo di piu'.Io non capisco una cosa. In tutta Italia si fanno delle manifestazioni per valorizzare prodotti ciofeca e noi non siamo mai riusciti a organizzare neanche una sagra del salame di Fabriano. con tutto rispetto abbiamo fatto trenta anni quella dell'anguria... Penso al turismo, un turismo mirato, chiaramente non quello di massa, quello e' impensabile.Ma un turismo diciamo anche religioso. Sbaglio o nel nostro territorio monasteri abbazie e chiese varie non mancano? penso alla carta, quella fatta a mano chiaramente, che andrebbe valorizzata ancora di piu', anche se qui sto vedendo dei grandi passi in avanti. Io non so' chi deve governare questi processi, ma credo che cosi'non possiamo andare avanti, e' ora che elaboriamo il lutto e dobbiamo capire che non esiste piu' il messia che viene qui e da lavoro a tutti. Bisogna che tutti nelle loro possibilita' si rimbocchino le maniche e si diano da fare. Sarebbe auspicabile finalmente una bella sinergia tra pubblico e privato. L'amministrazione dovrebbe fare il suo, che non e'creare posti di lavoro, ma creare le condizioni per poterlo fare arrivare. Quindi citta' pulita ordinata,con servizi che funzionino e sopratutto con burocrazia agile e snella che permetta a chi voglia di lavorare di farlo. Poi ci vorrebbero giovani che abbiano voglia di mettersi in gioco e intraprendere attivita'. So' che sono situazioni non facili da risolvere ma so' anche che con l'immobilismo non ne veniamo piu' fuori

    Luca Scarafoni

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  4. Caro Luca il tuo è un programma di governo della città e sono convinto che un'agricoltura moderna sia possibile. Prendiamo le risorse dell'accordo di programma. Sono diversi milioni di euro ma a nessuno è venuto in mente di ragionare su un utilizzo anche agricolo. Il demanio comunale viene lasciato incolto. darlo a piccole imprese agricole sarebbe una scelta rivoluzionaria ma come sai bene la pubblica amministrazione ormai vuole solo affitti e tasse. Continuo a sperare in reti di imprese private. Ma per riuscirci come dicevi anchye tu bisogna smettere di dire che la nostra è terra che non dà nulla. E' solo un grande alibi

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    1. E' vero, questa tra le altre cose e' una citta' di lamentoni e ogni scusa e' buona per non far niente... possibile che in questa citta' non esistono risorse intelletuali e ingegnose per poter pensare a un modello di citta' alternativo? io non ci posso e non ci voglio credere. se fosse cosi' siamo destinati a sparire e io mi voglio ribellare all'idea. tante volte penso che qui non mancano solo i soldi come continuamente sentiamo dirci sopratutto da chi amministra la citta', ma mancano idee e voglia di mettersi in discussione e cercare di scuoterci da questa situazione. L'altro male che trovo insopportabile di questa citta'e' che le stesse persone che non alzano un dito a fare niente sono i primi a criticare chi cerca di fare qualcosa per la citta'.Penso che noi a Fabriano abbiamo proprio un problema grande che va' al di la' dei problemi contingenti che sono innumerevoli, ed e' il non fare per niente squadra per fare qualcosa perla ns citta',cioe' io ho la sensazione che parecchi concittadini non vogliano proprio bene a Fabriano. come sempre spero di sbagliarmi

      Luca Scarafoni

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  5. A proposito di "sociologia polemica" sul metalmezzadro =)

    https://www.facebook.com/notes/lab-sociale-fabbri/la-fine-della-storia-il-conflitto-sociale-nella-post-metalmezzadria/1078857402163740

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  6. Questo blog è uno dei pochi spazi dove si trattano argomenti importanti. E' un bel servizio alla città

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  7. Oltre che zappare l'orto di casa, avete l'idea di quella che è la situazione degli imprenditori agricoli locali?

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    1. Sono stati abbandonati addirittura gli orti comunali

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  8. Mi dispiace, lo dico con affetto, ma stavolta non ci siamo. Investire nella terra nella nostra zona è impresa ardua per non dire impossibile. per diversi motivi. Innanzi tutto siamo in una zona montana (nona caso non paghiamo IMU sui terreni agricoli) e le produzioni sono molto ma molto più scarse e contenute di quelle della zona jesi/costiera. Inoltre c'è la variabile prezzi che ci passa sopra come un carro armato: il grano duro sta a 20euro/quintale e con questo prezzo non ci si fa paro. E poi altri piccoli problemi: i cinghiali che per l'agricoltura fanno i danni molto più della grandine e la regione è sempre più restia a concedere rimborsi adeguati. E poi la scomodità dei terreni: si fa fatica a trovare terreni in piano e facilmente lavorabili e ben esposti. Non a caso oggi in agricoltura lavorano pochi soggetti con superfici molto importanti. Un altro dato: quest'anno all'agraria c'erano due 5 con una media di 16/17 studenti l'uno. I fabrianesi erano 4/5 non di più. Non più di 5 studenti faranno l'università gli altri bene o male proseguiranno le attività dei genitori. Il tuo discorso Simonetti calza a pennello nella vivina Matelica dove hanno il boom del verdicchio e tutti giù a piantare vigne (grazie anche ai contributi regionali) e le cantine (ce ne sono 7 strutturate) in deficit di materia prima... Lì si che hanno l'america...

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  9. Agricoltura? Ripeto, non abbiamo le campagne di Jesi, da noi crescono solo patate e rape e queste ultime le mandiamo in giunta al comune.

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  10. Questo è un argomento già trattato da questo Blog. Io già mi espressi in maniera negativa quella volta. Da allora i prezzi di mercato dei cereali si sono ridotti del 35/40%. L'allevamento bovino praticamente azzerato a livello regionale e anche nazionale sia per carne che latte. Arriva latte dall'Europa dell'est a 22 cent/litro. Quindi tutto il settore delle foraggere e leguminose per alimentazione animale ha avuto deprezzamenti del 50% e oltre e anche prodotto invenduto. I contributi PAC sono calati e caleranno per i prossimi anni del 3/5% annuo fino al 2022. Poi dopo si vedrà. Fallimenti di aziende già bene avviate sono all'ordine del giorno. La nostra Regione per aiutare ha imposto una tassa sul consorzio di bonifica di circa 5/10 euro a ettaro.
    Della truffa del biologico non ne voglio neanche parlare.
    Grani antichi e semi antichi mi fanno ridere. Se sono antichi e sono stati soppiantati un motivo c'è. Produzioni biologiche, viste con i miei occhi, non sarebbero mai accettate da un commerciante di convenzionale tanto la qualità è scadente. Dico truffa perché se andate su internet e guardate gli ettari coltivati in biologico e le produzioni ottenute, bene queste sono superiori che nel convenzionale. Questo significa che se comprate biologico vi mangiate convenzionale ad un prezzo molto maggiorato.
    Il Biologico fatto su tanti ettari con i metodi odierni è insostenibile. Esiste ancora perché i contributi statali sono ingenti e quindi si va avanti con quelli.

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    1. Quoto tutto quello scritto dall'utente sopra. Finalmente un post scritto da uno che è del mestiere. Basta alle favole della decrescita felice e del ritorno alla campagna, quello lo puoi fare in Basilicata dove hanno da coltivare ma non hanno le persone da destinare ai campi. Qui si è campato per 50 anni con l'industria, l'agricoltura serviva come sussistenza per non andare al mercato.

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    2. Grazie se questo scritto è rivolto a me. L'agricoltura è stata la prima vittima della delocalizzazione. E' vero che la terra non si delocalizza, ma i trattori e i mezzi tecnologici si e questo è stato fatto grazie a capitali e tasse nostre spediti all'est europa e nord Africa. All'estero gli agricoltori hanno uno stato amico che li aiuta a vendere e a conquistare i mercati organizzando reti di vendita. Oltre a questo, l'abbattimento di barriere protettive, i mancati controlli alle frontiere hanno di fatto distrutto l'agricoltura italiana. Anche quella della Basilicata.

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  11. Bene aspettiamo che torna un altro Merloni! Gli altri si attrezzano noi facciamo i fighi sprezzanti verso la terra

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    1. Incomincia tu a lavorarla, compra un terreno e fai una start up agricola.

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  12. Bene aspettiamo che torna un altro Merloni! Gli altri si attrezzano noi facciamo i fighi sprezzanti verso la terra

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    1. Mandiamoci i grilletti a lavorare la terra, con le loro cooperative

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  13. Io non capisco cosa si intenda per agricoltura moderna. Cos'è ? L'agricoltura comandata con i droni? Con lo smartphone? Io al supermercato trovo 12 mesi l'anno pomodori e fagiolini. Che infatti vengono dall'Egitto. Anche se abbiamo 300 km quadri di terra, non è detto che sia coltivabile.

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  14. Interessante oggi 28 giugno l'articolo sul corriere della sera sul l'acquisizione da parte di Veneto Banca della Carifac.

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  15. basterebbe fare un po' di fieno e mettere pecore/capre da carne e da latte..ma bisogna incentivare questa riconversione....

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  16. bella idea, rilancio con una mia vecchia idea del cartone ecologico in canapa, quella industriale s' intende, che si coltivava bene nelle nostre zone.
    il comune da la delega per la coltivazione e mette a disposizione le terre incolte di proprietà. ci sarebbe un mondo da inventare dietro un discorso del genere dato che tutta la lavorazione industriale della materia prima è rimasta ferma agli anni 40 quando ne venne vietata la coltivazione. ma eravamo in italia secondi produttori mondiali dietro solo la russia e primi per qualità di tessuti.
    avevo anche un nome per questo cartone: marchemp. immaginavo tutti i prodotti prodotti nelle marche imballati in questo cartone ecologico e sostenibile.
    torniamo a lavorare la terra, valorizziamo le nostre campagne che com'è stato detto non permettono colture raffinate, e poi di gente che sa fare carta e cartone dovremmo averne in giro no?
    non so se avete avuto modo di vedere i due bellissimi campi coltivati a canapa la scorsa estate avanti al cimitero d' attiggio e al crocicchio di paterno, di un verde emozionante.
    sarebbe bello trovare la rinascita attraverso la terra

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