7 giugno 2016

Le firme di Paglialunga e gli archivi della Fondazione

Oggi tiene banco il caso Paglialunga ed è probabile che il dibattito pubblico torni a infiammarsi, perchè niente funziona meglio di una tempesta in un bicchier d'acqua.

Per quel che mi riguarda non dedicherò alla vicenda né tempo né spazio perchè, d'accordo con l'insegnamento di Benedetto Croce, ritengo che il vero politico onesto sia il politico capace. E di politici capaci in città non se ne vedono. Ragion per cui credo che Paglialunga sia in ottima e frequentata compagnia.

Preferisco tenere accesa l'attenzione sul caso Fondazione - Veneto Banca, che sta rapidamente sparendo dalla scena senza averla mai occupata, se non grazie a qualche tentativo individuale di non lasciarla seppellire.

Tra un Paglialunga condannato per una firma apocrifa e 44 milioni di euro bruciati in una notte, reputo più importanti i denari perduti che gli inchiostri contraffatti. 

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Negli ultimi giorni diverse persone hanno manifestato l'esigenza di conoscere una storia di lungo periodo della Carifac e della Fondazione che della Carifac fu proprietaria. 

Alcuni fanno leva su questa chiave di lettura lunga per diluire le responsabilità attraverso una storicizzazione degli eventi in cui tutto si spiega e si giustifica dal dopoguerra al 2008; altri per dare uno sfondo interpretativo non banale ai crolli azionari che hanno coinvolto Veneto Banca. 

Quale che sia la ragione di questo "strutturalismo" l'esito di uno sguardo lungo condurrebbe a una conclusione univoca: il fine corsa di questi giorni non è altro che il decorso naturale di una storia democristiana, riconducibile al declino epocale di quell’arcipelago di banche rurali, locali e di Casse di Risparmio che consentì alla Dc di ancorare il proprio sistema di consenso territoriale a istituti bancari in cui la dimensione clientelare e politica prevaleva decisamente sul "fare banca".

Detto questo nessuno può permettersi il lusso di oscurare il presente e la sua dura cronaca, ossia l'azzeramento della partecipazione della Fondazione in Veneto Banca e il salasso subito dai risparmi privati investiti in azioni dell'istituto di Montebelluna.
Il focus sulla Fondazione non è frutto di un pregiudizio o di un qualche fumus persecutionis di natura personale o politica ma il risultato di un profondo cambiamento di scenario.

Non siamo più di fronte a una "questione democristiana" ma a un fatto collettivamente rilevante di cui la Fondazione deve rispondere politicamente perchè - come ebbe a sostenere il Consiglio di Stato (Sez. Cons. Atti Norm. 1.VII.2002 n. 1354/2002) - il patrimonio delle fondazioni bancarie «appartiene moralmente, anche se non giuridicamente, alla collettività dei depositanti», cioè alla comunità di riferimento. Non a caso nell'Organo di Indirizzo della Fondazione siedono, per disposizione statutaria, rappresentanti nominati dai consigli comunali dei comuni della zona montana.

Di conseguenza ogni cittadino dei comuni coinvolti è uno stakeholder della Fondazione, ovvero un titolare di interessi che possono essere diretti o indiretti, economici o non economici ma che vanno riconosciuti e tutelati in una logica a cui si ispirano anche le esperienze di responsabilità e rendicontazione sociale delle imprese.

La perdita di 22 milioni di euro di patrimonio non è, quindi, materia che possa riguardare esclusivamente gli organi di governo e di indirizzo della Fondazione.

Applicando la teoria degli stakeholder essa si configura come un fatto rilevante che esce dal perimetro statutario e obbliga moralmente il vertice della Fondazione a rispondere ai bisogni di conoscenza delle collettività coinvolte, superando l'asimetteria informativa che svantaggia i cittadini rispetto a chi è stato protagonista dei fatti.

Per ora ci si è limitati a dichiarazioni difensive e laconiche, fondate sul vecchio vizio manzoniano del "troncare e sopire, sopire e troncare" perchè molto di quanto accaduto è frutto di un retroterra di influenze incrociate che hanno orientato politicamente le decisioni formali.
 

Ciò significa che non si conoscerà mai la verità profonda e definitiva di questo decennio. Il massimo che si può pretendere è una verità ridotta, incompleta, segnata da formalismi e prudenze documentali e quindi, sostanzialmente assolutoria per tutti i soggetti coinvolti

Eppure - senza sperare in un processo pasolinano alla classe dirigente locale -  sarebbe già tantissimo rispetto agli omissis, alle notizie smozzicate e alle verità mutilate che sono circolate in questi anni e in questi ultimissimi giorni.

Come ho scritto qualche giorno fa il Presidente della Fondazione Ottaviani, se non si emancipa dai vecchi riti della democristianità rischia di finire come Gorbaciov, il rinnovatore travolto dal rinnovamento. 

Per evitare che ciò accada Ottaviani, dovrebbe giocare una partita rischiosa promuovendo un'operazione di glasnost, di trasparenza ricostruttiva e conoscitiva a vantaggio di tutti gli stakeholder, a partire dai cittadini fabrianesi: 

rendere pubblici i documenti approvati, le relazioni e i verbali dei Consigli di Amministrazione della Fondazione degli ultimi dieci anni.

Se lo fece Gorbaciov con gli archivi del PCUS credo possa tranquillamente farlo il Presidente Ottaviani con gli archivi della Fondazione, senza ripararsi dietro alla foglia di fico della privacy e della riservatezza.  

L'uomo è espressione del vecchio sistema ma lo interpreta in modo dialettico e modernista. E questo gli consente di agire, in potenza, come nessun altro potrebbe fare, perchè i cambiamenti sono possibili solo se l'innesco viene attivato dall'interno

Sta a Ottaviani decidere se essere un innovatore di processi o limitarsi a un viventiano rinnovamento nella continuità, ossia a una continuità senza rinnovamento.
    

8 commenti:

  1. "Tra un Paglialunga condannato per una firma apocrifa e 44 milioni di euro bruciati in una notte, reputo più importanti i denari perduti che gli inchiostri contraffatti." DA ANTOLOGIA!

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  2. Le fondazioni sono vigilate dalla Banca d'Italia e dal Ministero del Tesoro, che immagino controllino verbali e bilanci, quindi se vi è il sospetto di qualcosa di anomalo la strada è l'esposto agli organi competenti, la chiarezza può solo arrivare da organi di indagine esterni e non da Fabriano. Da Ottaviani ci si deve solo aspettare lungimiranza e correttezza rispetto al suo mandato attuale e rispetto a quanto votato in passato.

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  3. Ma si, facciamola passare in cavalleria la furbata di Paglialunga, cosa avrà fatto mai....che testa che avete

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  4. Chissà cosa dicono quelli che avevano sottoscritto azioni per assicurare l'assunzione del figlio in banca....

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  5. www.fondazionecarifac.it/Fondazione/Organi/Trasparenza

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  6. Da abbonato de L'Azione, mi chiedo:
    perchè l'articolo di pagina 10, a firma di un certo Alessandro M., indica entità delle perdite con nomi e cognomi delle vittime (es. L.C. di Staffolo o V.G. di Cupramontana) e non nomina nessuno di quelli che negli anni hanno fatto parte del Consiglio di Amministrazione o dell'Organo di indirizzo??

    E' giornalismo questo?
    Le ingenti perdite di qualcuno hanno la funzione di lenire le ferite dei concittadini?

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  7. 5200 euro spesi per ogni riunione dell'organo d'indirizzo? Ma ci rendiamo conto che sono anche soldi nostri? Non bastano le decine di milioni dissolte nel nulla?

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  8. La S Di m5s sat per SVEGLIATECI

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