E’ sintomatico di una crisi profonda della nostra città – defraudata dal destino di un patronage merloniano che ha fatto smarrire valori, dimensione dei problemi e sistemi di orientamento, riducendo uan comunità a un’anomia quasi suicida - che all’antico e datato scontro tra destra e sinistra sia subentrata una polarizzazione anomala, una linea di faglia in cui si scornano un gruppo di pubblici esercizi a vocazione notturna e i residenti di alcune vie del centro storico, che cercano di rintuzzare bicchieri e decibel. Quel che pareva una estemporanea diatriba tra l’indole rumorosa e tiratardi delle giovani generazioni e l’epica del riposo di adulti, lavoratori e anziani, è diventata qualcosa di più complicato e austero, la parvenza infondata ed eccitante di un cozzo tra libertà e repressione, tra una Fabriano giovane che utilizza il dopocena come simbolo di contestazione dello status quo e una Fabriano tradizionalista e impolverata che vede nella socialità schiamazzo e nella musica rumore, ovvero disturbo della quiete pubblica, come si diceva un tempo con proverbiale eloquio da Codice Rocco. In realtà si tratta di una rappresentazione pittoresca ma forzata perchè già negli anni passati si era posto questo problema e furono diversi i pubblici esercizi costretti a strologare innanzi alla sempre efficace “protesta dei dormienti”. Quel che vede coinvolti, oggi, alcuni locali di Via Balbo e la popolazione ivi residente è, quindi, soltanto una replica del già visto, con la differenza che stavolta le parti in causa hanno preferito “drammatizzare” il confronto, ricorrendo all’arma mediatica dei comunicati stampa e dei titoli di giornale. Come era naturale si sono toscanamente consolidate tifoserie e fazioni che rendono periglioso il negoziato e la conciliazione anche perché, in questi casi, c’è sempre quello che per eccesso di zelo piscia fuori dal vaso: da una parte chi pompa sulla libertà conculcata e ferita, raccontando una movida stroncata da interventi e formule poliziesche, manco fossimo a Caracas; dall’altra chi prova a trasformare qualche improvviso e indesiderato risveglio notturno in annate di insonnia e di riposo devastato dal vociare sbronzo e dai frastuoni di strada. Da questo punto di vista serve, invece, una rapida smobilitazione psicologica che riporti il problema alla sua reale dimensione e natura. I locali di Via Balbo sono attività commerciali che devono essere messe nelle condizioni di operare, che hanno il compito di fornire legittimo e lecito svago ai fabrianesi e che devono farlo in modo redditizio, evitando però di accreditarsi come fortilizio di una libertà assediata, manco fossero il Circolo Petőfi durante la rivoluzione ungherese del 1956. Dal canto loro i residenti non possono continuare con la solfa del sonno interrotto e degli onesti lavoratori costretti a lavorare in deficit energetico causa schiamazzi, perchè bar, ristoranti, osterie e affini popolano la vita notturna delle città piccole e grandi, in tutto il mondo. sin dall'antichità. E Fabriano, per quanto fuori dal mondo, fa parte del sistema. Sicuramente non siamo abituati alla socializzazione di strada perchè dormire è stato per 50 anni il principale bisogno fisiologico dei residenti, e la rigenerazione notturna delle forze il primo comandamento della produzione di fabbrica e del suo complemento di produzione agricola e ortolana che serviva a dare concretezza di vita e di comportamento al metalmezzadro. Abituarsi al nuovo è difficile e cambiare pelle - come sa bene il serpente - è spesso cosa necessaria e dolorosa. Per questo è fondamentale garantire ai residenti un atterraggio morbido nella modernità della socializzazione di strada. Ma senza che il prezzo da pagare sia costringere i giovani a trascorrere le proprie serate altrove. I titolari dei locali hanno accettato saggiamente di arrivare a una mediazione e di proporre un Codice di Autoregolamentazione che, di fatto, rappresenta anche un elemento di contrazione del proprio giro d'affari. Dal canto loro i residenti non possono permettersi il lusso di dialogare con quel che resta delle giovani generazioni fabrianesi ricorrendo al linguaggio dello sgombero, al metodo delle multe e allo spirito delle ordinanze che proibiscono. In fondo, al sopraggiungere dell'orario di chiusura previsto, sono sufficienti un paio di pattuglie della Polizia - che invitino gentilmente i giovani a spostarsi altrove e a girare i tacchi verso casa - per trasformare un problema in una tranquilla e serena routine. Ma perchè ciò accada serve una merce rarissima: un minimo di reciproca comprensione. In fondo siamo tutti nella stessa barca. Che sta affondando.
Via Balbo: la merce rara e la barca che affonda
E’ sintomatico di una crisi profonda della nostra città – defraudata dal destino di un patronage merloniano che ha fatto smarrire valori, dimensione dei problemi e sistemi di orientamento, riducendo uan comunità a un’anomia quasi suicida - che all’antico e datato scontro tra destra e sinistra sia subentrata una polarizzazione anomala, una linea di faglia in cui si scornano un gruppo di pubblici esercizi a vocazione notturna e i residenti di alcune vie del centro storico, che cercano di rintuzzare bicchieri e decibel. Quel che pareva una estemporanea diatriba tra l’indole rumorosa e tiratardi delle giovani generazioni e l’epica del riposo di adulti, lavoratori e anziani, è diventata qualcosa di più complicato e austero, la parvenza infondata ed eccitante di un cozzo tra libertà e repressione, tra una Fabriano giovane che utilizza il dopocena come simbolo di contestazione dello status quo e una Fabriano tradizionalista e impolverata che vede nella socialità schiamazzo e nella musica rumore, ovvero disturbo della quiete pubblica, come si diceva un tempo con proverbiale eloquio da Codice Rocco. In realtà si tratta di una rappresentazione pittoresca ma forzata perchè già negli anni passati si era posto questo problema e furono diversi i pubblici esercizi costretti a strologare innanzi alla sempre efficace “protesta dei dormienti”. Quel che vede coinvolti, oggi, alcuni locali di Via Balbo e la popolazione ivi residente è, quindi, soltanto una replica del già visto, con la differenza che stavolta le parti in causa hanno preferito “drammatizzare” il confronto, ricorrendo all’arma mediatica dei comunicati stampa e dei titoli di giornale. Come era naturale si sono toscanamente consolidate tifoserie e fazioni che rendono periglioso il negoziato e la conciliazione anche perché, in questi casi, c’è sempre quello che per eccesso di zelo piscia fuori dal vaso: da una parte chi pompa sulla libertà conculcata e ferita, raccontando una movida stroncata da interventi e formule poliziesche, manco fossimo a Caracas; dall’altra chi prova a trasformare qualche improvviso e indesiderato risveglio notturno in annate di insonnia e di riposo devastato dal vociare sbronzo e dai frastuoni di strada. Da questo punto di vista serve, invece, una rapida smobilitazione psicologica che riporti il problema alla sua reale dimensione e natura. I locali di Via Balbo sono attività commerciali che devono essere messe nelle condizioni di operare, che hanno il compito di fornire legittimo e lecito svago ai fabrianesi e che devono farlo in modo redditizio, evitando però di accreditarsi come fortilizio di una libertà assediata, manco fossero il Circolo Petőfi durante la rivoluzione ungherese del 1956. Dal canto loro i residenti non possono continuare con la solfa del sonno interrotto e degli onesti lavoratori costretti a lavorare in deficit energetico causa schiamazzi, perchè bar, ristoranti, osterie e affini popolano la vita notturna delle città piccole e grandi, in tutto il mondo. sin dall'antichità. E Fabriano, per quanto fuori dal mondo, fa parte del sistema. Sicuramente non siamo abituati alla socializzazione di strada perchè dormire è stato per 50 anni il principale bisogno fisiologico dei residenti, e la rigenerazione notturna delle forze il primo comandamento della produzione di fabbrica e del suo complemento di produzione agricola e ortolana che serviva a dare concretezza di vita e di comportamento al metalmezzadro. Abituarsi al nuovo è difficile e cambiare pelle - come sa bene il serpente - è spesso cosa necessaria e dolorosa. Per questo è fondamentale garantire ai residenti un atterraggio morbido nella modernità della socializzazione di strada. Ma senza che il prezzo da pagare sia costringere i giovani a trascorrere le proprie serate altrove. I titolari dei locali hanno accettato saggiamente di arrivare a una mediazione e di proporre un Codice di Autoregolamentazione che, di fatto, rappresenta anche un elemento di contrazione del proprio giro d'affari. Dal canto loro i residenti non possono permettersi il lusso di dialogare con quel che resta delle giovani generazioni fabrianesi ricorrendo al linguaggio dello sgombero, al metodo delle multe e allo spirito delle ordinanze che proibiscono. In fondo, al sopraggiungere dell'orario di chiusura previsto, sono sufficienti un paio di pattuglie della Polizia - che invitino gentilmente i giovani a spostarsi altrove e a girare i tacchi verso casa - per trasformare un problema in una tranquilla e serena routine. Ma perchè ciò accada serve una merce rarissima: un minimo di reciproca comprensione. In fondo siamo tutti nella stessa barca. Che sta affondando.