30 settembre 2014

Via Balbo: la merce rara e la barca che affonda




E’ sintomatico di una crisi profonda della nostra città – defraudata dal destino di un patronage merloniano che ha fatto smarrire valori, dimensione dei problemi e sistemi di orientamento, riducendo uan comunità a un’anomia quasi suicida - che all’antico e datato scontro tra destra e sinistra sia subentrata una polarizzazione anomala, una linea di faglia in cui si scornano un gruppo di pubblici esercizi a vocazione notturna e i residenti di alcune vie del centro storico, che cercano di rintuzzare bicchieri e decibel. Quel che pareva una estemporanea diatriba tra l’indole rumorosa e tiratardi delle giovani generazioni e l’epica del riposo di adulti, lavoratori e anziani, è diventata qualcosa di più complicato e austero, la parvenza infondata ed eccitante di un cozzo tra libertà e repressione, tra una Fabriano giovane che utilizza il dopocena come simbolo di contestazione dello status quo e una Fabriano tradizionalista e impolverata che vede nella socialità schiamazzo e nella musica rumore, ovvero disturbo della quiete pubblica, come si diceva un tempo con proverbiale eloquio da Codice Rocco. In realtà si tratta di una rappresentazione pittoresca ma forzata perchè già negli anni passati si era posto questo problema e furono diversi i pubblici esercizi costretti a strologare innanzi alla sempre efficace “protesta dei dormienti”. Quel che vede coinvolti, oggi, alcuni locali di Via Balbo e la popolazione ivi residente è, quindi, soltanto una replica del già visto, con la differenza che stavolta le parti in causa hanno preferito “drammatizzare” il confronto, ricorrendo all’arma mediatica dei comunicati stampa e dei titoli di giornale. Come era naturale si sono toscanamente consolidate tifoserie e fazioni che rendono periglioso il negoziato e la conciliazione anche perché, in questi casi, c’è sempre quello che per eccesso di zelo piscia fuori dal vaso: da una parte chi pompa sulla libertà conculcata e ferita, raccontando una movida stroncata da interventi e formule poliziesche, manco fossimo a Caracas; dall’altra chi prova a trasformare qualche improvviso e indesiderato risveglio notturno in annate di insonnia e di riposo devastato dal vociare sbronzo e dai frastuoni di strada. Da questo punto di vista serve, invece, una rapida smobilitazione psicologica che riporti il problema alla sua reale dimensione e natura. I locali di Via Balbo sono attività commerciali che devono essere messe nelle condizioni di operare, che hanno il compito di fornire legittimo e lecito svago ai fabrianesi e che devono farlo in modo redditizio, evitando però di accreditarsi come fortilizio di una libertà assediata, manco fossero il Circolo Petőfi durante la rivoluzione ungherese del 1956. Dal canto loro i residenti non possono continuare con la solfa del sonno interrotto e degli onesti lavoratori costretti a lavorare in deficit energetico causa schiamazzi, perchè bar, ristoranti, osterie e affini popolano la vita notturna delle città piccole e grandi, in tutto il mondo. sin dall'antichità. E Fabriano, per quanto fuori dal mondo, fa parte del sistema. Sicuramente non siamo abituati alla socializzazione di strada perchè dormire è stato per 50 anni il principale bisogno fisiologico dei residenti, e la rigenerazione notturna delle forze il primo comandamento della produzione di fabbrica e del suo complemento di produzione agricola e ortolana che serviva a dare concretezza di vita e di comportamento al metalmezzadro. Abituarsi al nuovo è difficile e cambiare pelle - come sa bene il serpente - è spesso cosa necessaria e dolorosa. Per questo è fondamentale garantire ai residenti un atterraggio morbido nella modernità della socializzazione di strada. Ma senza che il prezzo da pagare sia costringere i giovani a trascorrere le proprie serate altrove. I titolari dei locali hanno accettato saggiamente di arrivare a una mediazione e di proporre un Codice di Autoregolamentazione che, di fatto, rappresenta anche un elemento di contrazione del proprio giro d'affari. Dal canto loro i residenti non possono permettersi il lusso di dialogare con quel che resta delle  giovani generazioni fabrianesi ricorrendo al linguaggio dello sgombero, al metodo delle multe e allo spirito delle ordinanze che proibiscono. In fondo, al sopraggiungere dell'orario di chiusura previsto, sono sufficienti un paio di pattuglie della Polizia - che invitino gentilmente i giovani a spostarsi altrove e a girare i tacchi verso casa - per trasformare un problema in una tranquilla e serena routine. Ma perchè ciò accada serve una merce rarissima: un minimo di reciproca comprensione. In fondo siamo tutti nella stessa barca. Che sta affondando.
    

29 settembre 2014

Gli interessi di Fabriano



Ieri Francesco Casoli ha rilasciato una lunga intervista al Corriere Adriatico, in stile tipicamente casoliano: epigrafica, tambureggiante e secca come un ramo. Il Presidente di Elica, affrancato dagli obblighi di prudenza e mediazione della politica attiva e del ruolo senatoriale, si è preso la libertà di ipotizzare una sponda critica a Spacca, alternando giudizi severi, ironici elogi al surfista che sa scegliere e cavalcare l’onda e una cognizione minimalista del Governatore in carica, inquadrato come candidato senza alternative seppur incartato dal decennio di governo. Insomma, il meno peggio che passa il convento in un momento in cui il sistema marchigiano d’impresa vive una stagione difficile e non fa più quadrato, come un tempo, attorno alla linea centrista e tecnocratica di Spacca. L’intervista di Casoli si colloca, quindi, in una linea del dialogo di cui si era già colto il simbolismo quando Spacca, qualche settimana fa, decise di partecipare alla cerimonia per l’inaugurazione di Via Ermanno Casoli. Sono, quindi, lontani, per non dire remoti, i tempi della polemica dura sulla vicenda Ardo, quando tra il Governatore e il Presidente di Elica si approfondì una linea di faglia che li vide più rivali che sodali rispetto allo sviluppo di quella crisi infinita e tuttora senza soluzione. In questo senso va colto anche un elemento collaterale del dialogo, un dettaglio che si colloca ben oltre il ruolo dei due protagonisti e cioè la tutela degli interessi di Fabriano. Non si tratta, ovviamente, di un richiamo sentimentale - perché la tutela di una comunità e di un territorio non si fa con le partite del cuore – ma di mantenere in piedi un canale di relazioni con la Regione e con tutto ciò che ruota attorno ad essa – a partire dalla sanità - che verrebbe immediatamente e violentemente ostruito qualora Spacca venisse liquidato dalla congiura in atto nel PD. In questo senso l’intervista di Casoli contribuisce a rimescolare le carte, ad aprire un dialogo senza diplomazie parallele tra le istituzioni regionali e una parte del mondo dell’impresa “biologicamente” ostile alla sinistra, e a promuovere una risposta unitaria rispetto agli interessi di Fabriano. Questa convergenza tra “carissimi nemici” è un dato di fatto che può non quadrare ai puristi del conflitto politico, ma di certo costituisce uno degli elementi di struttura di un’agenda regionale che, nei prossimi mesi, dovrà emanciparsi dall’attuale gioco di fiction e diktat. Un gioco in cui Fabriano, stavolta, rischia di rimetterci il collo e una fetta di culo. Saperlo per tempo magari non aiuta, ma di certo non guasta.
    

28 settembre 2014

L'assist PD alla corsa di Gianmarione il Fru Fru

Il Governatore Spacca ci ha intinto di gusto il pane in questa personale new age, riscoprendo una dimensione dell'agire in cui la frivolezza si piega docilmente alle esigenze della lotta politica più dura: con la sua pagina di Facebook più simile a un inserto di TV Sorrisi e Canzoni che a uno spazio istituzionale; l'hashtag #marchebellezza replicato come un mantra estetico e un elogio da sabato del villaggio per il Medagliere del Verdicchio, una sorta di trasporto dionisiaco e degustativo prevalente rispetto ai più consueti canoni di lettura settoriale, economica e istituzionale. Di fronte a un cambio di registro così poco spacchiano che meno spacchiano non si può, il gruppo dirigente del PD regionale è uscito di senno in forma quasi ariostesca, con tanti orlandi che per disamor venner furiosi e matti d'uom che si saggi eran stimati prima. Già, perchè un conto è fare la pelle a Spacca attraverso il rituale delle purghe interne, altra cosa è competere con un Governatore che sperimenta affinità elettive direttamente con i marchigiani, ricalcando - al netto di motteggi e toscanismi - i canoni di un modulo politico tipicamente renziano. In casi come questo diventa decisiva la scelta del terreno di guerra e un partito connesso con la realtà avrebbe approfittato dell'onda per fare di certi successi pubblicitari e mediatici la prova della propria capacità di governo invece di regalarli in toto a Gianmarione, supportato appunto dall'ingenuità dei gattini piddini nella sua nuova immagine di one man show. L'effetto d'ira del PD ha assunto un profilo esilarante con la fatwa emessa contro il Sindaco di Ancona che aveva accettato di discutere con Spacca - in un convegno jesino - le nuove forme della politica tra partiti ed esperienze civiche. Alla fine la Mancinelli, ricorrendo a spiegazioni alquanto barocche, ha dovuto rifilare la sola perchè, in questo momento, anche il solo sedere vicino a Spacca configura eresie, scissioni e tradimenti e può causare la mutilazione di brillanti carriere politiche. Gianmarione, un tempo oggetto di leccaculismo diffuso e circondato di democratici reggipalle, evoca oramai il sentore del contagio politico, è diventato una sorta di Lev Trotzky rincorso da Baffone e dalla damnatio memoriae bolscevica, un virus Ebola da debellare attraverso l'isolamento politico, ma il PD - ridotto a sommatoria di appetiti e di individualismi senza cultura politica - non ha il minimo sentore di quante stravanganti e significative linee di solidarietà e di simpatia a favore del Fabrianese si possano innescare con questo genere di comportamenti punitivi e vessatori. Spacca si è limitato ad applicare i principi del judo, usando come leva la rabbia degli altri, con l'obiettivo di consolidare una dialettica totalmente sbilanciata a suo favore: il Pd ricorre alle purghe e lui si diletta con l'Auditel della Fiction; il PD reprime il dissenso e lui s'esalta col Medagliere del Verdicchio; il Pd schiaffeggia il Sindaco di Ancona e Spacca si fa sponsor e mentore della pellicola leopardiana. Insomma il partitismo cupo e ferrigno contrapposto a una solare missione di governo. Dopo dieci anni di mandato spacchiano in Regione, Comi e la compagnia dei rinnovatori renziani un miracolo lo hanno fatto di sicuro, ma rigorosamente al contrario: imbaldanzire un Governatore che sembrava avere il fiato corto, ridare lustro e respiro a un uomo di governo demotivato e sgonfio. In filosofia questo fenomeno è denominato "eterogenesi dei fini". Nella lingua di tutti i giorni "coglioneria". Ed è il modo migliore per perdere una partita che sembrava vinta in partenza.
    

26 settembre 2014

La fiction di Padre Gianmario tra Suor Angela e Suor Costanza



Il Governatore Spacca ha martellato per tutto il giorno sui social network: fotografie con attori e protagonisti della fiction, scatti al Bar DiVino piazzato all’interno del Loggiato San Francesco, conferenza stampa all’Oratorio della Carità, anticipazioni sulle pillole promozionali pro Marche che avrebbero preceduto l’inizio della trasmissione e comunicazioni ufficiali – a mezzo Facebook – circa la sua presenza innanzi al televisore di casa già un’ora prima della messa in onda. Insomma, un attivismo estremo quello di Gianmarione da Fabriano, l’energia baudesca di un politico consapevole che la rete ammiraglia di Mamma Rai avrebbe trasmesso, in prima serata, qualcosa di più di una fiction a sfondo religioso girata nella città della carta. Già, perché l’incipit di “Che Dio ci aiuti” non sembrava davvero la declinazione di un genere televisivo, ma un lunghissimo spot territoriale con dentro giusto qualche tonaca poco ispirata, un’apologia d’Appennino in alcuni passaggi iniziali talmente forzata da risultare perfino imbarazzante. Inutile girarci attorno: Spacca ha messo a segno un colpaccio politico e personale, sbattendo in faccia a tutto il PD marchigiano che lo vuole fuori dai maroni la beatificazione televisiva del suo feudo personale, quella Fabriano andata sul culo a tutti e rilanciata, urbi et orbi, con una sfacciataggine pari al suo desiderio di un terzo mandato. E’ probabile che la pubblicizzazione ostinata di Fabriano generi un qualche ritorno turistico per la nostra città, perché se è vero che migliaia di persone hanno raggiunto l’Isola del Giglio per  occhieggiare lo scheletro della Concordia, non si capisce per quale ragione un qualche migliaio di telespettatori affezionati non debba raggiungere Fabriano, magari soltanto per visitare il bar di Suor Angela e Suor Costanza. Per ora a colpirci è il dato politico e cioè lo schiaffo che Spacca ha rifilato in faccia ai suoi sicari e a quanti nel PD credevano che per pensionarlo bastasse strattonarlo con qualche minaccia. Quel che colpisce è l’impressionante squilibrio di mezzi tra Spacca e il resto del PD, col Governatore che bombarda dall’etere televisivo e dall’universo virtuale mentre Comi e i pesaresi pensano di spuntarla per il tramite di tristissime e itineranti riunioni di resoconto politico e amministrativo. In questo senso Spacca, nonostante il proprio background personale di tecnocrate pensoso, ha cambiato repentinamente pelle, replicando in chiave regionale la lezione berlusconiana: trasformare ogni cosa nel segno del suo necessario prodigio politico. Il convitato di pietra della fiction, non a caso, era proprio lui, quel Padre Gianmario che si intravedeva come un’ombra perenne tra Suor Angela e Suor Costanza. E non osiamo immaginare cosa accadrà nel PD quando il film su Leopardi trasformerà il favoloso poeta recanatese in un precursore, nel cantore ante litteram del Modello Marche, nel nobile antenato di un nobilissimo Governatore trasfigurato in un vero e proprio “poeta del fare” di cui, parafrasando A Silvia, così si potrebbe dire: 


Gianmario, rimembri ancor
quel tempo tuo governativo,
quando il comandar splendea
nel fare tuo saccente e ultimativo,
e tu, tecnorate e pensoso, ogni dissenso
altrui impedivi? 
 

    

25 settembre 2014

Annessi e connessi di Sagramolone in Cina



Le 3S della politica fabrianese – al secolo Spacca, Sagramola e Sorci – alla fine hanno deciso di giocare ai Tre Moschettieri, dispensando ai concittadini un “tutti per uno, uno per tutti” corale e munito d’occhi a mandorla, seppur differito nel tempo. La funzione d'apripista, rispetto alla montante Sindrome Cinese, per statura politica e ruolo istituzionale, fu assegnata dalla storia e dal destino a Gianmarione, lieto e in pieno agio nei panni d’un Marco Polo nostrale; un Governatore d'indole raminga e veneziana, di conseguenza dedito al viaggio commerciale e a inedite misture culturali tra l'italica “regione al plurale” e le remote contrade del Dragone: culto del gesuita e sinologo marchigiano Matteo Ricci, poi per omonimia trasformatosi in giovane e feroce rivale pesarese; accordi economici tra il reale e il fantasmagorico con misteriose e lontane province; soldi a più non posso per internazionalizzare li scarpari; e poi le Winx, Leopardi, il Verdicchio e, per finire, il rigoglioso melodramma sui cinesi col cognome italico ansiosi di comprare tutto, ma proprio tutto: Ardo, Porto d’Ancona, Interporto, Aeroporto Raffaello Sanzio. Fino al protocollo siglato con Haier dalla Regione Marche, capolavoro asincrono rispetto alla stoccata finale degli americani di Whirlpool. A rimorchio delle cineserie del Gov fu poi la volta di Roberto Sorci, ridanciano luogotenente di Gianmarione, che si propose come uno Spacca in Do Minore tanto da meritarsi l'appellativo di Sor Ci Min, per la passione con cui amava sollazzare i fabrianesi circa il sopraggiungere di maoisti cinesi che si innamoravano d'una Ardo mezza fallita e arrugginita non appena avevano la fortuna di transitare nel suo ufficio di allora Sindaco. Poi si scoprì che trattavasi di concittadini travestiti per la bisogna, ma questa è un'altra storia a metà tra il vero, il certo e l'inventato. Di fronte a questa fiera d'oriente poteva il buon Sagramola - fresco fresco di sacrificio in Provincia - essere da meno del Sindaco Emerito Sor Ci Min e del capo dinastia Zi Yan Mar (zio Gianmario per i digiuni di sinologia maccheronica)? No, non poteva. Ed ecco allora, notizia di oggi proveniente da ambienti municipali, il viaggio di Giancarlone in Cina. Sissignori, avete letto bene: il primo cittadino decolla nel corso di questa giornata. Destinazione il Celeste Impero. Ma che ci va a fare in Cina Yan Sag Lam? Forse a convincere gli autoctoni che Fabriano è tanto bella e venire a sputare e scoreggiare da questi parti è un affarone per tutti. Ma c'è anche chi mormora che si sia liberato un posto da ufficiale nell'esercito di terracotta e pare che Yan Sag Lam si sia convinto che una popolazione di statue è l'unico contesto in cui, finalmente, nessuno lo contesta. Ma come si diceva in apertura, la verità di questo viaggio non è commerciale e non è promozionale, ma di sodalizio politico, di conformità agli input spacchiani e di rivalità con quella lenza di Roberto Sorci, situazionista e cinico quel che basta per confinare Giancarlo Nostro in un permanente cono d'ombra. Yan Sag Lam, imbeccato da Angelino da San Donato (per i sinologi Sor Ti Nì), è solito dire e ridire che "non c'è i soldi". Evidentemente per questo viaggio "i soldi c'è". E sarebbe davvero una goduria ideologica se a provvedere alle spese del Cattolicissimo Giancarlone fosse quel Partito Comunista Cinese che applica scientificamente l'ateismo di Stato e la violazione dei diritti umani. Se invece a pagare fosse il Comune prevedo inondazioni al suo rientro. Nel frattempo: buongiorno Fabriano! Nǐ hǎo Fabliano!