Ariston Thermo Group ha disdettato gli accordi aziendali relativi allo stabilimento di Genga. Una scelta che, probabilmente, costituisce il preludio di una disdetta estesa a tutti gli stabilimenti italiani del gruppo.
Siamo entrati in una fase nuova, in cui il radicamento territoriale delle imprese non funziona più come remora e filtro protettivo rispetto a esigenze di competitività che oramai prevalgono su tutto il resto.
Ariston ha incarnato, storicamente, la componente più rocciosa e austera del merlonismo, lontana dal terzismo rude della Ardo così come dagli immaginifici lavaggi a suon di Velvet Underground della Indesit. Un gruppo vissuto quasi sempre a latere della città, volutamente lontano da qualsiasi osmosi tangibile con la comunità fabrianese, nonostante la mano invisibile ma presentissima di Francesco Merloni nelle scelte politiche e di governo locale.
Un gruppo che ha fatto dell'agire discreto un vanto e una prassi, fino a diventare - tramite la presenza carismatica del più anziano dei Merloni - il tabernacolo di una tradizione imprenditoriale che, vista col senno di poi, sembra stagliarsi più per le ombre che riflette che per le luci che emana.
L'annuncio della disdetta degli accordi aziendali allo stabilimento Genga rappresenta, quindi, il condensato simbolico di un'epoca che si chiude, l'epilogo di un tutoraggio locale che, dopo la vendita di Indesit a Whirlpool e lo schianto della Antonio Merloni, non aveva più ragion d'essere.
Ciò significa che anche le relazioni industriali sono rapidamente destinate a cambiare di segno, disponendosi in una logica negoziale più moderna e potenzialamente anche più confittuale. Un cambio di rotta che ha spiazzato i lavoratori e i sindacati che si sono distinti per una reazione tipicamente metalmezzadra: un blocchetto stradale con varco aperto, di tanto in tanto, su un'arteria strategica ad elevatissimo transito come è la strada che collega San Vittore Terme a Genga paese.
Nel frattempo l'indignazione sindacale ha toccato il suo apice sostanziale nella richiesta inoltrata all'azienda, in forma educatissima e sommessa come si addice alla parte subalterna nel contratto colonico, di essere convocati per raggiungere e siglare subitissimo un accordo.
Il precedente Indesit, da questo punto di vista, consiglia di non dare peso ai blocchetti e agli scioperetti perchè appena Merlò suona la fine della ricreazione tutti sull'attenti e via a firmare. Gli inventori storici ne hanno unilateralmente sancito la fine ma il metalmezzadro ancora non lo sa: è morto ma di nuovo s'inchina. Lo stesso automatismo d'una coda di lucertola che s'incurva senza più un corpo a cui essere saldata.
Ke botta...
RispondiEliminaNon bisogna più dare sostegno ai vizi di questa città e questo territorio
RispondiEliminaCentra per caso l'ultima acquisizione in Sud Africa?
RispondiEliminaLa più anziana dei Merloni è Ester, 92 anni circa.......... una roccia!!!! Il collante delle famiglie Merloni, la onnipresente senza apparire.......
RispondiEliminaServiranno altre 3 generazioni per poter trasformare il metalmezzadromerloniano in comune cittadino. ma forse per quella volta Favriano non ci sarà più. E i Merlons saranno dispersi in giro per il mondo, sempre più felici e sempre più ricchi, alla facciaccia unta di sugo e povera di saliva dei meschini metalmezzadrimerloniani.
RispondiEliminaQuesto dovrebbe far riflettere a chi avalla ancora la rielezione di matusalemme Spacca in Regione. È ora di finirla col foraggiento con fondi pubblici a queste aziende.
RispondiEliminaSimone' lo sai meglio di me con gli accordi siglati il sindacato ce piglia i soldi !!! È logico che corrono a firma' qualcosa, devono pur magna' anche loro, porelli
RispondiEliminaCiao Gian Pietro.
RispondiEliminaCome tempo fa, entro in punta di piedi per lasciare un mio piccolo parere.
La Whirlpool comprerà anche la Thermo?
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