Considerati i molti lettori che si sono soffermati sul mio intervento relativo agli effetti prodotti dalla permanenza e prevalenza del metalmezzadro, credo sia utile continuare ad approfondire la materia. In proposito ho scambiato quattro chiacchiere con Stefano Gatti, amico di lunga data e storico fabrianese, che nelle sue pubblicazioni ha sempre cercato, in totale solitudine, di raccontare "l’altra storia" del territorio. Secondo Gatti quella che definiamo "fabrianesità", immaginandola come un destino condiviso e naturale, non è altro che il prodotto storico di uno scontro tra due modelli che si è consumato tra gli anni cinquanta e sessanta. Tra le pubblicazioni di Gatti vale la pena ricordare un libro degli anni ’90 sulla storia economica di Fabriano dalla fine dell'Ottocento fino al trionfo del Modello Merloni – che consiglio a quanti desiderano conoscere meglio la vicenda del nostro territorio - e, più recentemente, una preziosa ricerca di storia sociale dedicata al successo e al declino delle miniere di Cabernardi. Le risposte di Gatti sono illuminanti e incarnano un punto di vista interessante su come una città che dettava il tempo alla campagna si ritrovò, di colpo, dominata dalla sua cintura rurale. Buona lettura.
Stefano la crisi del modello industriale fabrianese sancisce il tramonto del metalmezzadro, come figura centrale di uno specifico modello di distretto. Tra i fabrianesi è sempre circolata l’idea che prima del metalmezzadro non ci fossero altro che pascoli, pecore e povertà. Tu sei stato l’unico che ha studiato senza apologie il modello Fabriano. Cosa c’era prima che cominciassimo a guardare la vita attraverso l’oblò di una lavatrice?
Quando, nei miei libri, mi riferisco all'"altra Fabriano" intendo proprio quel vissuto tipicamente fabrianese-urbano che si scontrò e perse nei confronti del cosiddetto "Modello Merloni", la cui genesi è storicamente rurale. Prima di Aristide Merloni Fabriano non era una città sottosviluppata, arretrata e depressa. Questa è la narrazione successiva dei vecchi notabili democristiani, ripresa e sostenuta dai nuovi notabili del Modello Marche che poi, guarda caso, sono sempre gli stessi. La straordinaria vivacità del movimento operaio fabrianese, del movimento cooperativo, dell'associazionismo dimostrano, invece, che la "Fabriano urbana" era una città eccezionalmente viva e sicuramente non povera: c’era molto artigianato ma soprattutto due grandi poli industriali, quello cartaio ad ovest e quello meccanico ad est, con lo stabilimento del Maglio.
E’ azzardato sostenere che l’affermazione del modello metalmezzadrile sia stata una vittoria delle campagne sulla città?
E’ sicuramente fondato. Corrado Barberis lo scrive chiaramente: "la città governata dalla campagna". Fu questo il senso della svolta del 1951. L'albacinese Aristide Merloni, campione di un modello di sviluppo totalmente diverso da quello che aveva caratterizzato Fabriano fino ad allora, si pose alla guida della Dc, partito all'opposizione, e vinse le elezioni comunali. E la Dc le avrebbe vinte, e a volte stravinte, per 44 anni, fino al 1995, l'anno della vittoria di Castagnari.
Il monoprodotto, ritenuto da tutti l'origine del male e l’elemento scatenante della crisi, era una conseguenza della visione metalmezzadrile o si è trattato soltanto, sul lungo periodo, di un gigantesco errore di strategia industriale?
Penso fosse un elemento caratteristico. Fabriano - soprattutto le frazioni e gli operai-contadini - si abbandonò completamente nelle mani della famiglia Merloni e quindi della Dc. Mi ricordo bene la frase ricorrente, quella che concludeva gran parte delle discussioni sul futuro della città: "stamo tranquilli, nun ce preoccupamo, tanto ce pensa el padrò, ce pensa Merlò!". La vita politica, la conflittualità, la dialettica vennero completamente azzerate. Moltissimi accettarono questo indirizzo, delegando sempre e comunque i Merloni, accettando il loro paternalismo in cambio del lavoro "sicuro", vicino alla propria casa, in prossimità del proprio campo e coinvolgendo in questo processo anche i propri figli. Con questo modello di sviluppo come pensi che potesse esserci spazio per la diversificazione e per l'innovazione?
L’economista Giorgio Fuà definiva la nostra una terra di «sviluppo senza fratture». Il sociologo Aldo Bonomi parla ormai di "fratture senza sviluppo". Il metalmezzadro non è il vero freno alla possibilità di un cambiamento positivo per Fabriano?
La vera rivoluzione, la vera intuizione di Aristide Merloni (proprio per questi i sociologi parlavano di "modello Merloni") fu quella di costruire gli stabilimenti, di piccole dimensioni, nelle campagne, assumendo come manodopera i contadini. Essi trasferirono e replicarono in fabbrica certi aspetti della loro cultura, sicuramente non aperta all'associazionismo solidale, diffidente rispetto conflittualità e incline all'individualismo. Aristide e anche i suoi figli non ebbero mai problemi con la loro classe operaia, che anzi li appoggiò, sempre e massicciamente, anche dal punto di vista politico. Per questo Fuà parlò, giustamente, di "industrializzazione senza fratture": non ci fu una cesura tra la società contadina pre-industriale e la società industriale-contadina. Ma questo modello non può andare oltre a ciò che è stato e quindi, secondo me, ha costituito un freno alla possibilità di uno sviluppo di tutto ciò che fosse "altro".
Non pensi che il metalmezzadro, come hanno sostenuto in molti, sia quasi più una realtà etnografica che una figura economico sociale?
Tu usi spesso la parola metalmezzadro, io preferisco "operaio-contadino": mi sembra una definizione più corretta. E sai anche che io ho una visione essenzialmente classista della società. Possiamo quindi dire che l'operaio-contadino è stato parte integrante del nostro proletariato rurale più che di quello industriale, proprio per gli aspetti cui abbiamo accennato.
Una volta si diceva, con un certo compiacimento, che erano merloniani pure i comunisti, come a dire che il sistema è sopravvissuto e prosperato anche grazie a un entusiasta consenso di massa. Come se ne esce?
E' verissimo: all'inizio la sinistra fabrianese, egemonizzata dal monolitico Pci, non capì la portata rivoluzionaria di Aristide Merloni, dell'operaio-contadino, del cambiamento venuto dalle campagne. Se leggi "Il Progresso" degli anni '50 e '60 non trovi mai un articolo di analisi seria, scientifica del modello Merloni. Anzi, non lo si riconosceva come modello, non si faceva autocritica, non si capivano le cause delle enormi batoste elettorali che la sinistra subiva. La sinistra non capiva come i Merloni e la Dc potessero godere di un consenso così imponente. A un certo punto rinunciarono a capire, a contrastare, a battersi contro, scegliendo altre vie: socialisti, socialdemocratici e repubblicani fecero ricorso a un'alleanza diretta, entrando nelle giunte con la Dc; il Pci lavorò a un'alleanza più sotterranea, meno palese. Quello che accadde nel 1998 ne è una convincente ed ennesima prova: per far rientrare gli eredi della Dc dei Merloni, estromessi quasi a sorpresa dal 1995 dal controllo politico su Fabriano, la "sinistra" (Pds e Rifondazione) scelse di sfiduciare un sindaco di sinistra e una giunta di sinistra! Quando lo racconto durante lezioni e conferenze che tengo presso le università o presso altri enti, il pubblico rimane per davvero a bocca aperta. Ecco, quella della giunta Castagnari - con tutti i limiti di una prima giunta di sinistra dopo 44 anni - era forse l'occasione per uscirne fuori, caro Gian Pietro, un'occasione che abbiamo clamorosamente e scioccamente sprecato.
Non sono uno storico e neanche così vecchio da poter ricordare tanto indietro, ma vorrei fare una domanda a Gatti: non è che al modello dell'"operaio contadino" (o metalmezzadro in una visione più radical chic, visto che il termine è stato coniato da illustri professoroni), preda dell'egemonia DC, non si sia assommato il modello del ferroviere-contadino, postale-contadino, in sintesi impiegato pubblico-contadino (azzarderei un neologismo terziarmezzadro), preda invece del PCI finto oppositore? Credo che la mentalità fabrianese del secondo dopoguerra possa essersi "sintetizzata" (nel senso chimico del termine) in questo modo: da una parte "ce pensa merlò" e dall'altra "tanto paga pantalò". Nitro e Glicerina in confronto non avrebbero fatto tanti danni. Riguardo la stagione Castagnari, concordo: oggi avremmo avuto una città diversa, (in confronto al solo rivoluzionario piano del traffico, i pilomat di sorci fanno tanta tenerezza). Ma la storia sta qui a dimostrare proprio che in tutto l'arco costituzionale non c'era la minima intenzione di cambiare veramente. Questa la grande colpa della sinistra fabrianese, nessuno escluso (e purtroppo qualcuno ancora sta in sella). La cacciata di Castangari fa emergere tutta l'arroganza, la presupponenza e l'incapacità delle sinistre di guardare oltre i propri singoli "io", "io", "io"...nel 1995 pensavano di poter manovrare Castagnari a loro piacimento, di avere in mano i fili della marionetta (un topo di biblioteca cosa vuoi che ne sappia). Invece Castagnari, novello Pinocchio senza fili, per tre anni li ha buggerati tutti. Per questo oggi Gatti quando racconta questa cosa suscita incredulità e, spero, ilarità.
RispondiEliminaCommento molto molto acuto che condivido. La sinistra ferroviaria è un fatto storico accertato. Ma non credo siano stati modelli speculari per la semplice ragione che il modello Merloni ha vinto e che alla fine ha plasmato anche chi si sarebbe dovuto opporre. La merlonizzazione dei comunisti non è una battuta ma un elemento cruciale del consenso ottenuto da un certo sistema. Poi ci sarebbe da fare qualche riflessione sulle differenze tra la mezzadria marchigiana e, ad esempio, quella umbra e toscana. Ma ci torneremo perché aiuta a comprendere molte cose. Comunque grazie di questo commento che arricchisce la nostra riflessione. G.Simonetti
RispondiEliminaAnalisi precisa, sopratutto quando si parla dell'individualismo favrianese. Ognuno pensa ai cazzi suoi. Oa purtroppo Favriano ancora non ha toccato il fondo. Spero lo tocchi presto così almeno ci sarà da ridere.
RispondiEliminaAnonimo, beato te che ridi ma non c'è da ridere per niente.
RispondiEliminaNon so se per ignoranza o per suscettibilità ma mi sento punto dal termine metalmezzadro o operaio-contadino, mi sembra usato come per marchiare soggetti di scarsa levatura, servili egoisti stupidi.
Non dimentichiamoci che la storia dell’Italia industriale è questa. Con l’avvento delle macchine in campagna il lavoro calava anno dopo anno liberando braccia in quantità. Queste braccia si sono trasformate in operai, impiegati, pubblici dipendenti. Alcuni come me, non disdegnando le proprie origini hanno continuato a portare avanti il “poderetto” che il babbo ha comperato con una vita di sacrifici e rinunce. Le mie campagne sono verdi, pulite, lontane dalle colture intensive devastatrici, un vanto da mostrare all’eventuale turista.
Certo il metalmezzadro all’ora di votare, tra scegliere tre – quattro chiacchieroni “cittadini” nullafacentinconludenti e il “sor padrò” che te facea sta be’ e ammettetelo, comunque con gli attributi, cosa avrebbe dovuto scegliere?
P.S. Non sono Merloniano n’è democristiano ho solo voluto fare un’analisi rustica dal mio punto di vista. Saluti.
Sono contento di questo commento che propone un altro punto di vista sulla soria della città. Credimi Toni nè da parte mia nè da parte di Gatti c'era alcun intento di marchiare nessuno. Quello che dici non fa una piega e spiega molte delle cose che su cui abbiamo discusso. Abbiamo soltanto punti di vista diversi e credo che confrontarli possa solo fare bene piuttosto che metterci l'un contro l'altro armati. Grazie davvero. Gian Pietro Simonetti
RispondiEliminaMolti anni fa nell’intimità di un rapporto affettuoso una persona mi confidava che in piazza dichiarava di votare PC mentre nel segreto dell’urna metteva la croce sul simbolo della DC. Ecco che il post mi ha riportato alla mente questo episodio rimosso ma evidentemente non dimenticato. A mio avviso, se il potere politico non si fosse sovrapposto in maniera così indecente con il potere industriale non ci sarebbe stato “sor padrò da fatte sta tanto bene” da non vedere, dal rinunciare o dal non cercare una crescita parallela delle opportunità, delle coscienze e dell’intraprendenza di ognuno di noi fabrianesi. Qui c’è stata la precisa volontà di annichilire l’iniziativa privata per avvantaggiare l’andamento tranquillo dello sviluppo di quelle realtà industriali che ben conosciamo. Con tutto il rispetto di Toni e di quelli come lui che curano la propria campagna c’è un aspetto di queste stesse persone assolutamente intollerabile, quello di lasciare che altri facciano per loro. Grazie.
Eliminaquel che dici è provato dai numeri. Se ti capita dai uno sguardo a un libro di Dalmazio Pilati del 1990 intitolato "Fabriano in cifre". Ci sono tutti i dati delle elezioni: comunali, provinciali, regionali, politiche ed europee. Ed emerge clamorosamente che erano moltissimi i comunisti che alle comunali votavano dc. In più c'è un altro libro interessante scitto da Terenzio Baldoni "artigiani a Fabriano", una raccolta di biografie di artigiani fabrianesi. Leggendolo viene il magone perchè è la testimonianza di una città che poteva avere una storia diversa. Forse meno ricca ma più frizzante e ricca di opportunità. G Simonetti
EliminaEsattamente, é curiosando tra la storia di Fabriano che mi sono resa conto di quanto in epoca precedente alla nostra questa città fosse piena di talento e di iniziativa. La carta é solo l'esempio piú importante ma non erano da meno le molteplici attività, scuola pittorica compresa. Per concludere, il concetto di ricchezza é relativo, quanto tempo ci vorrà ora per trasferire e recuperare negli anni avvenire questo buco creato dalle "nostre" industrie?
EliminaUn cammino fatto di mille passi, inizia con un passo. Non domandiamoci quanto sarà lungo il cammino, iniziamo a camminare, altrimenti non andiamo da nessuna parte. Guardare al passato va bene, ma solo per non ripeter gli errori fatti. Il futuro inizia solo se tutti iniziamo a camminare...
EliminaIniziare a camminare con le proprie gambe ora, dopo che per decenni si è camminato sulle spalle di qualcun altro mi sembra abbastanza ridicolo. Sopratutto poi se a guidare il passo sono gli uomini din questa Giunta comunale.
EliminaEcco l'essenza della fabrianesità. A mio parere "abbastanza ridicolo" è pensare ancora che tutto debba dipendere da quello che pensano e fanno gli altri (la giunta, il comune, merloni, i sindacati, le associazioni di categoria etc.). O realizziamo velocemente che il futuro personale e della cità dipende in primis da ognuno di noi o, sarà veramente la fine. Comunque anche se ai più sembra che le gambe dei fabrianesi siano anchilosate dal decennale immobilismo, sono fiducioso in una rinascita perché, nella mia piccola esperienza quotidiana, vedo che qualcuno si è già mosso per cambiare la propria condizione personale o della propria azienda, non delegando più ad altri. Ci vorranno anni? Non importa, ovvio che ogni giorno di ritardo nel partire sarà un giorno in più che ci vorrà per arrivare alla fine del cammino.
EliminaPessimismo dell'intelligenza e ottimismo della volontà...mai vero come adesso...
EliminaLa Giunta comunale deve guidare il passo o perlomeno non ostacolare chi intende camminare con le proprie gambe. Dice niente l'esempio della pista di go-kart? Cosa ci sta a fare la Giunta? Ad amministrare l'attivo ed il passivo di bilancio? Troppo semplice. Se ha le competenze, i mezzi e la volontà deve tracciare la linea, altrimenti l'immobilismo regnerà sovrano.
EliminaL'esempio della pista di go kart è proprio azzeccato! Dopo il no di Sorci non hanno aspettato di vedere se la nuova giunta fosse di diverso parere, ma hanno portato avanti il loro progetto dove vi erano condizioni favorevoli. Questo è essere artefici del proprio destino!
EliminaL'esempio della pista di go-kart è l'esempio che la giunta comunale predica bene e razzola male (l'ex sindaco io io io io io io io io io io predicava che il comune stava facendo i salti mortali per risollevare l'economia del territorio, forse per giustificare i soldi che Spacca sperperava nei suoi viaggi in cina !!!).
EliminaRiferendomi all’anonimo delle 12,57 (un nick non sarebbe male). Ma la democrazia è questo. Delegare ad altri. Certo se mi candidassi io prenderei i voti della mia famiglia, forse. Se avessi una mia azienda alle spalle che assumesse poi prima delle elezioni, tanti in più. La storia è questa ed i voti arriverebbero dal centro e dalla periferia. Ciao.
EliminaToni, lo storico non dà giudizi di valore: non sarebbe professionale se lo facesse. Lo storico locale deve ricostriure, partendo da fonti scientifiche e mettendole a confronto, il vissuto sociale, economico, politico, culturale di un territorio. E' ciò che io cerco di fare nelle mie ricerche, grazie alle quali ho scoperto che c'erano veramente due Fabriano, due modelli che si fronteggiarono negli anni '50 e '60, almendo fino alla chiusura del Maglio. Il modello Merloni stravinse ed i perché ho tentato di spiegarli nei miei libri così come ho tentato di raccontare quella che io chiamo l'"altra Fabriano".
RispondiEliminaSecondo me, tu sbagli quando dai dei perdenti quel giudizio sprezzante che hai formulato. Pensi per davvero che gli artigiani di cui parla Baldoni o gli operai delle cartiere e del Maglio fossero "quattro chiacchieroni cittadini nullafacentinconludenti"?
Stefano Gatti
No non penso questo. Le sue pubblicazioni saranno le mie prossime letture. Si, rileggendo l’intervento ho capito meglio, ma la frequenza dell’utilizzo del “metal-contadino” mi ha annebbiato e ho scritto di botto. Ho letto il tutto in un orizzonte temporale molto più limitato e recente. Mi riferivo ad altri più contemporanei. Saluti.
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