Marco Ottaviani si è dimesso da consigliere comunale a
seguito della nomina a consigliere di amministrazione della Fondazione Carifac.
Si tratta di una notizia che aleggiava da tempo e di una ipotesi che, col
passare delle settimane, era diventata via via più corposa. Ma nonostante gli
annunci sussurrati nei corridoi e nelle anticamere del palazzo, la notizia
resta intatta in tutta la sua portata perché Ottaviani, che piaccia o meno, ha
segnato - con la presenza ingombrante e canterina, con l’eloquio bizantino e la
corporatura penitenziale di un abate benedettino - più di un lustro di vita
politica cittadina. Nel 2007 – assieme a Enrico Carmenati, a Gabriele Patassi e
al sottoscritto – fu uno degli ideatori e dei fondatori del Caffè,
un’esperienza trasversale di successo che si consumò in poche settimane, anche
per via delle sfrenate ambizioni di Ottaviani che la utilizzò come rampa di
lancio politico senza preoccuparsi di dargli un seguito e una prospettiva. Una
rampa che funzionò egregiamente tanto che alle comunali di quell'anno
l’Emergente ottenne un tracimante successo personale di preferenze, che ne
affermò la fama di uomo nuovo della politica fabrianese e di sindaco in
pectore. Il primo mandato da consigliere di opposizione nella lista
Carmenati mise in luce un aspetto essenziale della personalità di Ottaviani e
cioè un’inquietudine irrisolta e permanente, che si andava a innestare in una
personalità fortemente autocentrica, producendo un effetto politicamente
letale: un’innata vocazione all'isolamento politico e a una visione
dell’impegno tutta incentrata sul sé, con la conseguenza che Ottaviani, nel
piccolo fabrianese, è diventato moltiplicatore e incubatore del vizio
principale che condiziona la scena e cioè l’idea della politica come percorso
solitario e al netto di ogni dimensione collettiva. Questa ricerca spasmodica
di uno spazio desertificato di altre presenze in cui valorizzare la decisione
solitaria e un tormento assolutamente individualizzato e non condiviso lo spinse
a lasciare la lista Carmenati, a fondare il Ponte e a compiere l’errore più
grave della sua breve stagione politica: il sostegno a Viventi in occasione delle
elezioni regionali del 2010. Ottaviani considerò quell'appoggio un investimento
che si collocava in un quadro politico caratterizzato dalla nascita del Modello
Marche, ossia l’accordo tra Pd e Udc di ricostituzione dell’antica solidarietà
democristiana, di cui veniva ritenuto un’espressione tecnocratica capace di
garantire la modernità e una tradizione garantita, in termini politici e
familiari, dal ruolo forte ricoperto nel vecchio scudocrociato dal papà Ugo.
Complici il carattere e una sostanziale tendenza a imporre egemonie sul sistema
dei partiti, il suo nome venne rapidamente bruciato nel grande falò delle
candidature a Sindaco del centrosinistra, costringendolo all'ennesima discesa
solitaria, con una candidatura a primo cittadino sostenuta da pochissima
società civile e supportata politicamente dal residuo rottamato di Futuro e
Libertà. I suoi sostenitori più accesi – nonostante lo splendido isolamento - ne
narravano in anticipo le magnifiche sorti e progressive, paventando il
ballottaggio e la vittoria finale al fotofinish ai danni di Sagramola che, pur
essendo sbilanciato a sinistra, era stato scelto come garante del patto tra i
democristiani. Il risultato elettorale fu nettamente al di sotto delle aspettative
e credo che l’idea di un altro quinquennio di opposizione fosse diventata
incompatibile con l’inquietudine e il bisogno di un riflettore acceso.
L’occasione per una fuoriuscita dal gorgo furono le recenti elezioni politiche
quando, dopo essere sceso in campo a sostegno esplicito di Monti, Ottaviani decise
di candidarsi alla Camera per l’Udc – perseverando colpevolmente nella liaison
con Viventi - senza immaginare che l’operazione centrista sarebbe uscita
martoriata e vinta dalle urne. Politicamente la sua carriera finì in quel
momento, perché il risultato quasi da prefisso telefonico dell’Udc sbarrava
definitivamente il passo al vero obiettivo che la candidatura teneva in serbo e
cioè la candidatura alle regionali del 2015. La nomina in Fondazione, con le
dimissioni da consigliere comunale, segna quindi la fine di una carriera
politica intensa ma breve e segnala quanto sia di corto respiro una politica
totalmente incentrata sul talento dei singoli, sulle loro virtù mai mobilitanti
e risolutive e sull'illusione sempre più nefasta che col voto si debba
scegliere la persona e non il partito. Come se la cosa pubblica possa essere
tutelata e valorizzata dal mix capriccioso di personalità e carattere
individuale e non da organizzazioni più vaste in cui le intelligenze si
mescolano e si confrontano smussando angoli, asprezze e pretese di
autosufficienza.
31 maggio 2013
30 maggio 2013
Tra cerchi, girelle e Ali-anelli
Ci sono cantanti ricordati per una sola canzone e attori che, senza volerlo, restano imprigionati in un unico personaggio: interpretano un ruolo e lentamente ci rimangono impigliati dentro. E quello che all'inizio sembra un colpo di fortuna e una scia di sicuro successo diventa, via via, una prigione sempre più stretta e mortificante, fino a che la maschera del personaggio non si sovrappone al volto diventando una seconda pelle che non si può staccare e da cui è impossibile liberarsi. Il povero Kabir Bedi, portato in gloria per l'indimenticabile interpretazione di Sandokan e per l'amore devoto alla Perla di Labuan, è stato condannato per la vita intera a essere la Tigre della Malesia; Leonardo Pieraccioni non ha più girato un film convincente dopo il successo esplosivo del Ciclone, per via di una comparazione con quella pellicola che lo costringeva ad essere continuamente a debito con la propria pietra miliare. E che dire della ormai dimenticata Irina Sanpiter che ha impiegato anni per liberarsi dal fardello di Magda, la mitica moglie che non ne poteva più dell'ossessivo e pignolo Furio, in Bianco Rosso e Verdone? O della bravissima e talentuosa Glenn Close, eternamente associata alla megera di Attrazione Fatale e ai conigli che sbucano dalle pentole? Oppure, passando dal cinema alla musica, basti pensare al repentino schianto dei Jalisse, surclassati da "Fiumi di parole" al punto da sparire a distanza di pochissimi mesi dalla vittoria al Festival di Sanremo. Ma quello della prigionia da ruolo è un rischio che si corre anche dalle nostre parti e pure nella politica; un rischio che, per il momento, vede in pole position solitaria e inattaccabile l'assessore Claudio Ali-anello (un cognome che è un destino), che sta legando drammaticamente identità politica e immagine pubblica alle rotatorie di Viale Moccia (si è fermato giusto in tempo evitando di diventare un tutt'uno con la raccolta differenziata). Da quando sono state inaugurate le due Mini Girelle Motta dei Giardini pare, infatti, che le polveri sottili siano di molto diminuite (co sta pioggia e co sto vento...) e l'avvocato ai lavori pubblici non perde occasione per farlo presente ai fabrianesi increduli o forse ignari, appuntando ogni volta, al bavero della propria giacca, una lucente medaglia al valore. Il problema è che la rimembranza è diventata sempre più ripetitiva e seriale e si teme, a breve, di giungere a forme devozionali d'impronta pagana, con la rotatoria della Serraloggia trasformata in una Stonehenge dedicata al culto solare e ali-anellico, ove sacrificare, prendendoli a caso e a campione, automobilisti dichiaratamente indecisi tra il dare la precedenza a chi arriva da destra o a chi sbuca da sinistra. E tanto per non lasciare a secco una cittadinanza desiderosa di cerchi magici e di giro girotondo, il Consiglio Comunale di oggi voterà le varianti di piano regolatore, per un totale di sei rotatorie e senza manco la certezza dei soldi per finanziare l'opera. A riprova che Ali-anello è entrato in fissa cosmica e ha un debole irrefrenabile - tra il religioso e lo sciamanico - per il cerchio e i suoi molti derivati. E visto che ha deciso di rinserrarsi per l'eternità all'interno di una circonferenza, come un emulo valleremitano di Giotto da Bondone che disegnava tondi perfetti, non si capisce perché non vada fino in fondo, facendosi assertore non solo dei cerchi piccoli ma pure di quelli grandi, che si generano per dilatazione quando una piccola rotatoria si trasforma in un Ali-anello a senso unico che gira e rigira attorno alla città. Per convincerlo sarà sufficiente smettere di denominare Sintagma la grande rotatoria, ribattezzarla Claudio e il gioco è fatto. Tanto Galli ormai non canta più. E se canta non gli passa.
La rotatoria neolitica di Stonehenge |
29 maggio 2013
Rischio Giano nella Vallata della Creatività
Esondazioni.... |
Stamattina sul presto un amico
che ben conosce la politica fabrianese, le sue priorità e suoi cinismi, mi ha inviato
un messaggio, tra l’ironico e il rassegnato, sul rischio di esondazione del
Giano, che campeggia stamattina sui quotidiani locali; un messaggio accompagnato
da una postilla amara: “Fabriano annega socialmente e noi pensiamo al Giano”.
Si tratta di una verità oggettiva, di un dato di fatto che, d’istinto, stimola
e aizza riflessioni severe sui superficiali umori del popolo fabrianese e sulla
naturale vocazione del medesimo a farsi tenere a distanza di sicurezza dalle
cose che contano. Ma se ci imbarchiamo su questa linea di ragionamento si
ritorna rapidi all’idea che tutto il mondo è paese e ogni epoca, alla fine,
vive e vegeta replicando vizi e ragioni: Dum Romae cunsulitur Saguntum
expugnatur, scriveva Tito Livio per raccontare le infinite chiacchiere romane di fronte alla richiesta di aiuto di Sagunto, assediata dai cartaginesi
e quindi rasa al suolo. Come a dire che se tutti i fabrianesi fossero
concentrati sull'assedio della disoccupazione e della povertà incombente,
diventerebbero una compagine granitica, una falange pronta al conflitto
sociale, con la politica costretta a fare quel che disdegna con ogni sua fibra:
decidere, rischiare e farsi carico. E’ quindi fisiologico che il sistema
politico, la tecnocrazia comunale e i media di supporto convergano in un fronte
comune, per spingere il focus in direzioni meno ostinate e contrarie. Ma anche
da questi processi di distrazione di massa si può ricavare una lezione sulle
sottili dinamiche che si attivano se c’è da rimpastare il consenso e qualora si
ritenga utile sfaldare un fronte compattato da una visione o da un desiderio
comune. Come già era emerso, qualche giorno fa, da un divertente e demenziale
documento del Pd sul centro storico, la maggioranza di centrosinistra – colta e
sensibile per auto investitura e presunzione genetica - ha deciso che il Giano
non verrà scoperchiato integralmente e che il Ponte medievale dell’Aera – tanto
per onorare la Valle della Creatività su cui punta Sagramola con tanto di bando
e lilleri della Regione – non ha da essere rivelato e mostrato ai visitatori in
cerca di stupore, ma merita un’imbracatura coprente a base di cemento e fibre
di carbonio, perchè immaginare e supporre arrapa più che nitidamente vedere. Il
punto alto della discussione politica è che i cattocomunisti, ipocriti per
filosofia e convinzione, non sanno come dirlo e come giustificarlo, dato che
trattasi di atto oggettivamente vandalico che è difficile imbellettare come
dolorosa opzione a una cittadinanza che necessita di aggrapparsi a tutto,
compreso il greto di un fiume, già collettivamente dimenticato e rimosso per
almeno una quarantina d’anni. E allora, siccome non c’è verso di indurre a più
miti consigli e poi a rinuncia definitiva i nuovi adoratori della divinità
fluviale, cosa fa la politica? Manda avanti i tecnici, pensando che il parere
tecnico si presenti in scena con la neutralità che gli si addice e la forza
persuasiva di ciò che appare “terzo” rispetto alle mire puzzone della politica.
Ecco allora che si fa tesoro del contesto per evocare l’unica ragione che può
sfaldare il fronte degli scoperchianti, aprendo la strada alla decisione
irrevocabile della tombatura: il rischio esondazione del Giano. E siccome nella
vita è meglio nascere fortunati che ricchi, è giusto riconoscere che la giunta
Sagramola è stata baciata, assieme, dalla Dea Bendata e da Giove Pluvio, che
hanno regalato ai Becchini del Fiume un infinito cielo d’Irlanda con tanto di ripetute
tempeste e verde rigoglioso sulle colline adiacenti la città del fare. E giusto
per scuotere dove serve la fragile collettività locale, è entrata in azione la
Protezione Civile comunale nella persona di Urbano Cotichella che, ovviamente
si è guardato bene dal lanciare allarmi, limitandosi ad affermare che il fiume
“lo stiamo controllando e monitorando con attenzione”. Come a dire che
l’allarme tecnicamente non c’è ma quando un
tecnico “terzo” vigila e monitora, forse un qualche motivo di ansia lo si
può rintracciare. E ogni persona dotata di buonsenso sa bene che la paura di un
evento è assai più spaventosa dell’evento stesso e che la sensazione di vago e
di incerto è l’humus più efficace per accrescere una preoccupazione estesa e
pervasiva. L’allarme vero e proprio comporta, infatti, l’attivazione di una
procedura, e quindi necessita di chiarezza, di informazioni e di ordini
tassativi. Il lasciar cadere, come un venticello, un generico richiamo a
controlli e monitoraggi fa montare la piena e la propensione al panico con
inesorabile e governabile lentezza. Cosa dirà l’opinione pubblica di fronte ad
affermazioni apparentemente blande ma dense e allusive come quelle dell’ottimo
Cotichella? Inizierà a pensare che l’esondazione del fiume è una possibilità,
la cui concretezza non dipende dalla volontà degli uomini e dagli studi
idraulici ma dalla bizzarria climatica che pare smentire le serie storiche e le
ipotesi basate su una riflessione comparata con gli accadimenti del passato. Il
giornalista del Carlino coglie immediatamente il collegamento e nell’articolo,
non a caso, definisce l’attuale monitoraggio un vero e proprio test di tenuta
degli argini del fiume, rimarcando proprio quella drammatizzazione che potrebbe
risultare decisiva nello sbroglio della matassa. Personalmente non so come
andrà a finire ma, complice una meteorologia piegata a machiavelliche finalità,
credo che Sagramola disponga oggi di un asso nella manica per chiudere baracca,
burattini e rossellini senza troppe noie e proteste. E ogni giorno che passa
capisco sempre di più e meglio perché talune brillanti menti politiche
fabrianesi si siano interamente dedicate alla coltivazione di pomodori e
melanzane: c’è infatti più vita e più lungimiranza in una zucchina che nel più
illuminato degli amministratori.
28 maggio 2013
I 5 Sberle tra il sonno di Rosaspina e lo specchio di Narciso
Ci sono diversi studi scientifici che, con dovizia di particolari e ricchezza di aneddoti, raccontano cosa accade alle persone quando sbancano alla lotteria: colletti bianchi che si illudono di avere dentro, da sempre, il sacro fuoco d'impresa e vanno incontro alla bancarotta; antichi cumulatori di contanti che si lanciano in spericolate speculazioni finanziarie e immobiliari; morigerati padri di famiglia che si scoprono frequentatori di postriboli e consumatori compulsivi di champagne e caviale; indomite scassamaroni che rinascono a nuova vita brandendo gigolò, balli di gruppo e corsi di cucina molecolare. Ma quale che sia la direzione scelta, due sembrano essere le cifre che accomunano tutti i vincitori per caso: il senso d'onnipotenza e il rapido tracollo. La politica, in quanto gioco di ruolo fondato sull'esercizio del potere, contempla anche essa sia la la presunzione cieca - generata dall'effervescenza del successo - che il Big Bang che chiude l'età dell'innocenza e dei prati fioriti. Gestire il successo - senza sbarellamenti ma con moderazione e lungimiranza - è, infatti, assai più difficile che raggiungerlo perchè un decollo verticale consuma in pochi istanti la modestia e il senso del limite, mette in circolo tossine e veleni intellettuali, alimenta l'intolleranza, stimola il razzismo culturale nei confronti degli altri - ritenuti sempre immorali e guasti - e suscita un atteggiamento che spinge ad autonominarsi guardiani del faro etico e civico. Da che mondo è mondo, e forse non è un caso, si migliora e si progredisce solo attraverso la gradualità, metabolizzando i cambiamenti e trascurando tutto ciò che spinge verso semplificazioni traumatiche e riduzioni di complessità demenziali e paracule. Da questo punto di vista la sconfitta del Movimento 5 Stelle, sostanzalmente dimezzato ovunque e per questo ribattezzato 5 Sberle, rimanda alla disfatta del vincitore di lotterie, che si trova prima ricchissimo e poi con le pezze al culo ma sempre nel giro di una sola notte. Li aspettavamo al varco, dopo settimane trascorse a barcamenarsi con le diarie e con la costante umiliazione della rappresentanza parlamentare, rivendicata come tratto identitario e alla fine forca caudina anche per molti parlamentari pentastellati. I grillini in tre mesi hanno dilapidato due terzi dei voti, con la stessa travolgente e superficiale velocità con cui li avevano incamerati alle politiche di febbraio. Non hanno meditato sulla durata breve della luna di miele e su quanto quel modo di fare, insieme eetremista ed ingessato, stesse sfaldando la base elettorale del Movimento. La vertigine del successo ha spinto i grillini a ritenere strutturale un voto che era volatile e transitorio, a guardarsi insistentemente l'ombelico in una sorta di onanismo compulsivo e seriale, a compiacersi a voce alta dei propri penultimatum a una politica che trovava intelligente e sicuro riparo nelle larghe intese, a recitare, come un mantra mondato d'ogni vizio d'intelligenza, la farsa ossessiva dell'apriscatole, a fare di ogni cittadino militante il terminale ansiogeno di un'appartenenza primorepubblicana negata violentemente a tutti gli altri, un replicante di tweet e di link senza fantasia e senza appeal, un rivoluzionario a 140 caratteri più che a 24 carati. Fino a trasformare i grillini in petulanti e pagani adoratori della propria immagine riflessa, Narcisi pronti ad annegare un intero sistema politico nelle loro visioni dualiste e manichee, senza accorgersi che si stavano consegnando mani e piedi a quel partitismo di cui volevano essere becchini legittimi e osannati. Paradossalmente il tracollo del 5 Stelle consegna al Movimento anche una grande opportunità, perchè si tratta di una sconfitta culturale prima che politica: quella di uscire dal sonno di Rosaspina, cominciando a fare politica senza più raccontare che per giocare a calcio è necessario utilizzare le porte del rugby, le regole del basket e le palle del tennis. C'è una componente riformista e dialogante del Movimento 5 Stelle - quella che a Fabriano, per intenderci, fa capo a Joselito Arcioni - che ha un'occasione storica per dare al grillismo un'impronta diversa e integrata nella dialettica di sistema, per liberare il Movimento dalla pretesa demenziale e impura di taluni di considerare tutti gli altri sempre un gradino al di sotto di un pensiero supponente e primordiale. E adesso cari grillini, arrendetevi: siete state disarmati. Perchè non avete dimezzato soltanto i voti ma anche la pretesa di ritenervi i migliori e la convinzione di essere gli unici a capire e servire degnamente il popolo. E allora scendere dal pero può solo farvi bene perchè politicamente si matura sempre con le sconfitte e non certo con gli exploit.
25 maggio 2013
Le pagelle della settimana cittadina
Gianmario Spacca voto 0
La Corte Costituzionale boccia la legge regionale relativa alle centrali a biogas. Un sonoro boccatone che sancisce un declino di approccio e di visione prima che politico. Giudizio critico: sfiduciato!!!
Roberto Crescentini voto 2
Risolve la crisi dell'azienda col solito ricorso agli ammortizzatori sociali ma senza spiegare perchè una realtà di successo come la Cotton Club sia passata in pochi anni dalle stelle alle stalle e senza passare dal via. Giudizio critico: smutandanto!!!!
Angelo Tini voto 3
La maggioranza vota contro l'ordine del giorno che chiede di togliere a Equitalia la riscossione dei tributi e il contrappasso è un assessore alle finanze democristiano che invece di tendere ai cittadini una mano sudata e bonaria ricorre a alla frusta e al bastone. Giudizio critico: indecente!!!!
Giorgio Saitta voto 4
Chiede che i gestori della piscina versino 66 mila euro di spese per l'elettricità anticipate dal Comune ma si guarda bene dall'andare fino in fondo mettendo all'ordine del giorno la revoca anticipata dell'incarico. Giudizio critico: annaspante!!!!
Claudio Alianello voto 5
Con frequenza ormai quasi quotidiana ricorda, urbi et or orbi, che gli sforamenti dello smog sono sempre di meno e che tutto dipende dalle minirotatorie di Viale Moccia. Ossia che la fine dello smog si chiama Claudio. Giudizio critico: presuntuoso!!!
Patrizia Rossi voto 6.
Annuncia il trasferimento in quel di Ancona della sezione notarile dell'Archivio di Stato rimarcando, con vibrante soddisfazione, che l'archivio catastale resterà invece nella città della carta e delle lavatrici. Della serie: chi si accontenta gode. Giudizio critico: impotente!!!
Annuncia il trasferimento in quel di Ancona della sezione notarile dell'Archivio di Stato rimarcando, con vibrante soddisfazione, che l'archivio catastale resterà invece nella città della carta e delle lavatrici. Della serie: chi si accontenta gode. Giudizio critico: impotente!!!
Andrea Boldrini voto 7
Grazie al suo impegno e alla sua determinazione la scuola per l'infanzia di Santa Maria può disporre di una nuova struttura bibliotecaria dotata anche di strumenti audivisivi e multimediali. La città degli analfabeti che cercano un padrone va combattuta a partire dalla tenera età. Giudizio critico: previdente!!!
Vanda Balducci voto 8
In totale solitudine presenta ricorso al TAR contro le procedure di acquisto, da parte dell'Asur, dell'immobile destinato alla sede amministrativa dell'area vasta. L'unica a rompere, per legittimo interesse, un silenzio assordante e corale. Giudizio critico: temeraria!!!
Giancarlo Vecerrica voto 9
Dopo centodieci anni torna a Fabriano il dipinto della Madonna delle Lacrime di fronte al quale si verificarono molte guarigioni. Forse per ricordarci che non ci resta che piangere e che di guarire dalla crisi non c'è proprio verso. Giudizio critico: profetico!!!
24 maggio 2013
Qualche riflessione sulla democrazia e su Casa Pound
23 maggio 2013
La Cotton Club e la fine di una cultura produttiva
Alla fine è stata aperta la
procedura per la mobilità per tutti i dipendenti della Cotton Club a cui, da
qualche mese, non viene più versato lo stipendio. Una scelta probabilmente
dettata dal timore di un fallimento dell’azienda che, nonostante il trattamento
prioritario riconosciuto ai lavoratori dalla normativa, comporterebbe un
imprevedibile dilazionamento dei tempi di riscossione degli stipendi arretrati.
Ma una mobilità pressoché totalitaria dei dipendenti significa anche un’altra
cosa e cioè che la vicenda industriale e produttiva della Cotton Club si chiude
definitivamente. Per anni Cotton Club è stata un vanto dell’industria locale,
un’alternativa “leggera” al distretto metalmeccanico, il frutto più avanzato e
compiuto di un’abilità produttiva di lungo corso che affondava le radici agli
inizi degli anni sessanta quando la famiglia Frigola fondò la Eurobust che
ebbe almeno tre lustri di successo prima di chiudere i battenti nel 1985, e
contava, nel momento di massimo splendore, 300 dipendenti diretti e una
settantina di indiretti per una produzione attestata intorno ai 2 milioni di
pezzi. Quella cultura produttiva, polverizzata dal fallimento della società,
fecondò altre esperienze di manifattura locale tra cui la Cotton Club fu quella
di maggiore successo, al punto che a metà degli anni novanta era ritenuta
un’azienda capace di competere con realtà di grande prestigio come La Perla.
Oggi al di là del destino della Cotton Club e dei suoi lavoratori assistiamo
impotenti alla consunzione di una cinquantennale cultura produttiva. E le
culture produttive, di fondo, non sono altro che sistemi di competenze che si
tramandano di generazione in generazione. E quando questo flusso di eredità e
di trasmissione si interrompe traumaticamente la sapienza cumulata nel tempo si
disperde in mille rivoli e cessa di esistere. E a quel punto non esiste una
cellula racchiusa nell'ambra che consenta di ricostruire, come in un Jurassik Park della manifattura, quelle abilità che hanno smesso di fertilizzare il lavoro. La fine della Cotton Club, insomma, non è
soltanto un ulteriore tassello della deindustrializzazione del nostro
territorio, ma anche una grave perdita sul versante della cultura produttiva,
una contrazione di know how che mette a repentaglio una lunga vicenda di
lavoro, di imprenditoria e di storia materiale della nostra gente.
22 maggio 2013
Sagramola is blowing in the wind
Nonostante l’impegno psicologico
che ci metto - e il pressante invito che mi si rivolge a essere costruttivo, a
proporre soluzioni e a fare l’ufficiale di complemento dell’armata di governo locale -
mi rendo conto che a Fabriano è davvero impegnativo trovare una sola ragione
per annuire e concordare con le posizioni della politica di maggioranza. Il Sindaco, che oggi
spegne la prima candelina del suo mandato, ha rilasciato un’intervista al Resto
del Carlino che, forse, aveva l’ambizione di essere una sorta di consuntivo
ragionato di questo primo tratto del percorso amministrativo. Ma a leggere bene
non c’è traccia di bilancio politico ma solo una prevedibile e
stentata meditazione sulla tanta gente che si reca in Comune a chiedere aiuto, su un’ipotesi farlocca di rilancio
economico e produttivo incentrata sull'azione taumaturgica di Unifabriano - su
cui sarebbe il caso di stendere un velo definitivo e pietoso e che viene tenuta
in piedi per ragioni che sfuggono all'umana comprensione (con le principali
imprese locali che hanno comprensibilmente smesso di finanziarla) – e su un’azione risolutiva ed epocale per il lavoro e l’occupazione come la ricognizione dei
capannoni sfitti (sic!) da destinare a nuove attività, di cui però non si vede
neanche l’ombra. Il resto dell’intervista presenta risvolti che sconfinano nell'onirico, con la fase REM incentrata sui grandi segnali che, secondo il Sindaco,
proverrebbero dal turismo e comprensiva di nota accorata su Fabriano città
accogliente, quando anche i sassi sanno che appena vediamo la faccia di un turista
corriamo a cancellare insegne e a incatorciare chiese e portali. Di fronte a questa
narrazione, assolutamente fantasiosa e unilaterale, fa capolino un interrogativo
sostanziale: ma per quale stravagante ragione il Sindaco ritiene necessario
rimarcare risultati di attrazione che non trovano corrispettivo nella realtà,
invece di riconoscere che siamo all'anno zero del turismo e che questa consapevolezza
del limite è la vera azione propedeutica di cui abbiamo bisogno? E per quale
recondita contorsione politicista si ritiene tanto peccaminoso il riconoscere
che il turismo non si improvvisa e che, in quanto settore produttivo come altri,
ha bisogno di competenze, managerialità, pianificazione e investimenti? E per quale strampalata anomalia di percezione invece di
decantare una generica bellezza cittadina Sagramola non si attiva per attuare simboliche
riforme estetiche a costo zero, ad esempio liberando una piazza suggestiva come
quella di San Nicolò dalle barbariche esigenze di parcheggio e dalla presenza
qualificante dei bidoni della raccolta differenziata? Non lo sapremo mai così come non conosceremo la ragione per cui chi ha ruoli pubblici tende sempre a dire una cosa in più invece che una in meno. The answer is blowing in the wind...
21 maggio 2013
Seppur controvoglia ci tocca tifare Quadrilatero
L'operazione Quadrilatero è nata sotto una cattiva
stella perché è stata concepita per svolgere una
funzione compensativa rispetto alla crisi del territorio e non di
supporto a un ciclo economico espansivo. Quando la grande opera viaria ha preso
forma e sostanza i buoi erano già scappati dalla stalla e il modello della
piccola impresa distrettuale umbro marchigiana aveva cominciato la sua
inarrestabile fase discendente. Non a caso all'apertura dei cantieri furono
diversi i soggetti pubblici e privati locali che reclamarono una sorta di
"imponibile di manodopera" con cui compensare
lo shock occupazionale della Ardo e la feroce mietitura dell'indotto.
Diversamente da quel che ci si aspettava l'avvio dei lavori non ha, invece,
prodotto alcuna ricaduta economica sul territorio e anche questa
promessa mancata ha trasmesso alla popolazione la sensazione di un'opera
costosissima, inutile e a pesantissimo impatto ambientale. Già, perché sfondare
l'Appennino per sostenere un'economia che tira e
produce occupazione ci può stare ma riempirci di gallerie per
impiegare venti minuti in meno per andare a Perugia alla festa del cioccolato i
coglioni un pochino li fa girare. Così come avvelena il sangue guardare le foto
ricordo di esimi politici locali, lestissimi nell'indossare il caschetto giallo
da cantiere per farsi immortalare sotto una galleria in presunta fase di
completamento. Fatto sta che i lavori sono andati avanti lentamente e a
singhiozzo, ma comunque in modo tale da tracciare una netta linea di
demarcazione tra il prima e il dopo: se l'opera non si conclude saremo di
fronte a un'incompiuta di altissimo sfregio e quindi occorre fare il possibile
per completare l'opera. Ferme restando la sostanziale inutilità economica e le
chiarissime finalità elettoralistiche. Ma quel che sconvolge è
la superficialità delle istituzioni: nella scelta delle società a cui
vengono affidati i lavori, nella colpevole sottovalutazione dei
rischi connessi alla loro sottocapitalizzazione, nel fatto che
la collettività paghi interamente un'opera e poi
gli ammortizzatori sociali a cui l'impresa a cui l'opera
è affidata fa ricorso a tutela dei suoi lavoratori. Da questo punto
di vista va chiarito che la cassa integrazione per i lavoratori di Impresa Spa
non rappresenta una garanzia di ripresa dei lavori ma soltanto un salvagente
collettivo per gli addetti ai cantieri. La ripresa dei lavori dipenderà dal
destino societario ed operativo dell'impresa, dalla moral suasion che
saranno capaci di esercitare i diversi stakeholders coinvolti, dal ruolo
dell'Anas nella scelta di una impresa sostitutiva e dalla forza con cui la
politica - Regione, comuni coinvolti e parlamentari del territorio -
deciderà di premere sui decisori. A questo punto è necessaria un'azione corale
e di sistema e la volontà di remare tutti nella stessa direzione per toglierci
tutti assieme questo dente del giudizio che rischia trasformare le nostre terre
in un deposito di ferraglia arrugginita, di sbancamenti abbandonati, di colonne
di cemento armato e di grandi pietre divelte. E a quel punto non potremo
nemmeno più affermare che, quanto meno, abbiamo ancora un bel territorio da
valorizzare.
20 maggio 2013
A Campodiegoli gli girano le pale
Non mi sono mai addentrato nelle
questioni energetiche. Servono competenze alte e specialistiche che non si
trovano al mercato del sabato mattina e che consigliano prudenza quando si
prova ad affrontare la materia. Invece anche nella nostra città è diventato
quasi più facile incontrare un ingegnere nucleare che un cassintegrato Ardo. Ci sono giovanotti vestiti da Prometeo
che raccontano di aver rubato il fuoco agli dei, gradassi politicizzati che
sanno tutto di impianti a biomasse di mega impianti eolici. Consapevole della
mia ignoranza tecnica mi tengo a debita distanza dalle certezze e, al massimo,
mi limito a esprimere qualche modestissima opinione personale. Ad esempio
sostenendo che le energie rinnovabili non mi convincono. Ovviamente considero
meritevole di grande attenzione qualsiasi sforzo finalizzato a superare quello
che potremmo definire il "vizio insopprimibile degli idrocarburi". Ma
ogni volta che mi trovo davanti a distese di pannelli solari o a gigantesche
pale eoliche, ho la sensazione che i fabbisogni energetici siano soltanto la
scusa per mettere in piedi un business redditizio, in cui quel che conta
non è la centralità dell’autonomia energetica ma raschiare lauti
incentivi statali, vendere energia elettrica ritagliando utili generati dal sovrapprezzo
- pagato dai contribuenti - e approfittare degli spazi interstiziali
di guadagno gentilmente messi a disposizione dalle perversioni di
funzionamento della Borsa Elettrica. Ciò significa, ad esempio, che ci vuole
molta fantasia e altrettanta subalternità culturale per restare
indifferenti di fronte l'installazione di pale eoliche in un territorio come
quello di Campodiegoli, fortemente antropizzato e addolcito da un profilo
collinare che è possibile ritrovare nelle opere di Piero della Francesca o di
Raffaello Sanzio. La Costituzione repubblicana all’articolo 9 impone la tutela
del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione. E lo fa nella
sua prima parte, quella che esprime i fondamentali dello stato democratico. Ciò
significa che la tutela del paesaggio è un valore repubblicano non negoziabile.
Per dire no all’impianto di cinque gigantesche pale eoliche nelle colline di
Campodiegoli non serve quindi fare tutta una gran pugnetta tecnica e di impatto
ambientale perché infilzare torri di 80 metri, che sono necessarie per
sostenere le eliche, altera oggettivamente il paesaggio - producendo un
evidentissimo inquinamento visivo, oltre che acustico ed elettromagnetico - e
si pone in netto contrasto con il dettato costituzionale. In più c’è da
considerare che la produzione di energia elettrica da impianti eolici avviene
in difetto strutturale di continuità: se non c'è vento le eliche non girano e
l'energia elettrica non viene prodotta; se c’è troppo vento le eliche vanno
fermate lo stesso. Della serie “come fai ne manca un pezzo”. Tra l’altro si
dice che nei siti migliori è possibile arrivare a una produzione di circa 2.000
ore l'anno, ossia circa 5,5 ore al giorno. Per queste ragioni legate alla sua
discontinuità produttiva l'energia eolica non può soddisfare né le esigenze
energetiche della popolazione né quelle di ciò che resta del sistema
industriale locale. E allora consentitemi un j’accuse da cittadino che ignora e
ricerca semplicità e semplificazioni. Perché l’amministrazione comunale non
solleva al massimo livello un problema di costituzionalità legato al progetto
di impianto di pale eoliche a Campodiegoli? Ha scritto sul Corriere della Sera
un editorialista intelligente e moderato come Ernesto Galli della Loggia :”uno
dei peggiori flagelli che si è abbattuto nell’ultimo quindicennio su tutta la
Penisola, l’invasione delle pale eoliche: quei piloni e quelle eliche sempre
più gigantesche che in un numero sempre maggiore hanno alterato per sempre il
profilo costiero, la linea delle colline, lo sfondo paesistico di migliaia di
chilometri quadrati del territorio italiano.” Sagramola se ci sei…batti un
soffio: di lungimiranza, non di vento.
19 maggio 2013
Le pagelle della settimana cittadina
Giorgio Saitta voto 2
Interviene sul'Area Vasta e sul ricorso al TAR contro l'acquisto dell'immobile nonostante l'amministrazione comunale non abbia alcun potere in materia. Forse sarà il caso che qualcuno ricordi all'ottimo Saitta che è assessore ai servizi sociali e che la sanità, da molti anni, ha smesso di essere faccenda delle amministrazioni comunali. Giudizio critico: attardato!!!!
Giancarlo Sagramola voto 3
Afferma solenne e contrito che in città ci sono duecento famiglie che non mangiano tutti i giorni, ma non propone alcuna soluzione. Gliela suggeriamo noi: destini a un "fondo alimentare" i lauti premi che pare verranno distribuiti ai dirigenti comunali. Col piffero! Giudizio critico: populista!!!!
Cataldo Strippoli voto 4
Prosegue senza sosta l'attività mediatica dei vigili urbani che ormai sono sulla stampa con cadenza pressochè quotidiana. Da ultimo un rosario di numeri sull'iperattivismo della polizia municipale nonostante siano "solo" 22 gli operatori in servizio. Urge riflusso di presenza mediatica. Giudizio critico: invadente!!!!
Gianmario Spacca voto 5
Nonostante l'impegno e gli incontri sulla Quadrilatero cala un pesantissimo punto interrogativo che mette in discussione il completamento dell'opera aprendo la strada anche alla possibilità di una terrificante incompiuta. Bei tempi quando si tagliavano nastri elettorali nelle gallerie. Giudizio critico: ritardatario!!!
Raffaela Guerci voto 6
Lancia il baratto al femminile per i capi di abbigliamento, nobilitando la serata di lancio con affermazioni alquanto impegnative sulla politica del riuso. Nulla da eccepire, ma la sensazione è che la riscoperta del frugale sia solo un'altra frontiera del modaiolo e dello spensierato. Giudizio critico: a la page!!!
Emanuele Rossi voto 7
Propone di rinunciare a Equitalia tornando alla gestione in house della riscossione tributi per garantire un approccio più graduale e conciliante. Ma dimentica che Fabriano è governata da una sinistra ricca, borghese e mai in bolletta. Giudizio critico: fiscale!!!
Giuseppe Luciano Pariano voto 8
Nonostante una struttura muscolare non proprio michelangiolesca occupa, per quasi una settimana, tutto lo spazio informativo possibile organizzando, all'oratorio di San Nicolò, una partita di calcetto tra sacerdoti e politici come ai tempi dei compagnucci della parrocchietta . Giudizio critico: ipercinetico!!!
Claudio Biondi voto 9
In splendida solitudine critica la Giunta Sagramola un giorno si e l'altro pure. E sufficiente uno starnuto e arriva il giudizio universale del prode Scoccimarro. E alla fine è l'unico a tirare qualche sassata contro un'amministrazione inesistente. Giudizio critico: esilarante!!!
17 maggio 2013
Voci di premi a Palazzo Chiavelli
"Volano gli uccelli volano, nello spazio tra le nuvole....". Così cantava, tanti anni fa, Franco Battiato prima di cadere nella tentazione politica e di condividere il linguaggio blasfemo dell'invettiva. Dalle nostre parti invece volano gli stracci, planano i sussurri e fanno stormo voci che tutto sembrano tranne che dal sen fuggite. Fino a prova contraria, ovviamente, perchè da buoni e sicuri garantisti siamo ben lungi dal ritenere che il sospetto sia l'anticamera della verità. Però, fedele all'insegnamento della scuola stalinista in cui mi sono formato politicamente, preferisco tenere alto il saggio principio della vigilanza e dell'occhio attento. Non si sa mai. Ora, il punto di partenza è che questi sono momenti difficili, di vita agra e di miele amaro. I soldi scarseggiano sempre di più e senza lilleri, notoriamente, non si lallera. Ragion per cui si tende a fare incetta, a portare a casa quel che si può, a rimpinguare la cambusa in attesa che finisca il grande freddo. Le parole magiche sono due: obiettivo e incentivo. Nel mondo privato sono parole d'uso comune solo ai vertici delle imprese perchè il popolo è già tanto se conserva il posto di lavoro. Nel mondo pubblico la platea è, invece, più larga, ma solo raramente l'accesso alla retribuzione integrativa è legato al merito, dato che in certi ambienti il criterio fondativo è l'intruppamento politico e la fedeltà alla linea del partito anche quando la linea non c'è. Sicuramente gli incentivi nel mondo pubblico assumono la forma di una torta allettante quando sono coinvolti i dirigenti che, magari, decidono senza il controllo del padrone - che con l'occhio ingrassa il cavallo - come calcolare il raggiungimento degli obiettivi, come valutarlo e dividersi la torta. Nel farlo si comportano come una casta, un corpo franco dedito al proprio benessere di gruppo, una burocrazia sovietica che vive alle spalle di quei cittadini che, per etica e statuto, dovrebbe invece servire e riverire. Questo significa che l'incentivo nella pubblica amministrazione è già di suo scandaloso e che lo scandalo cresce e si moltiplica, in forma esponenziale, nei frangenti di crisi, quando la società affoga in un violento ritorno alla povertà di massa. Ed è proprio questo il momento di tirare una riga e di recedere da intendimenti di certo legittimi, ma che colpiscono al cuore il principio di equità, l'unico che può garantire uno straccio di coesione sociale residua. E se dovesse essere vero che si è in procinto di mettere nero su bianco una determina che prevede premi spropositati , per i dirigenti comunali, rispetto agli anni precedenti allora sarebbe il caso di chiedere un time out, un minuto di sospensione per riflettere sull'opportunità di operazioni che scavano fossati psicologici prima ancora che economici e sociali tra i cittadini. E mentre aspettiamo un sano e operoso ravvedimento ci piac sperare che l'opposizione consiliare, a partire dalle forze che dalla mattina alla sera si pronunciano contro la casta, verifichi il fondamento di certe ipotesi e, nel caso, sia abbastanza forte e convinta da farci sopra le barricate. Se poi la notizia fosse destituita di ogni fondamento meglio per tutti. E vorrà dire che si è fatta una buona prevenzione.
14 maggio 2013
Al cittadino non far sapere quanto è buona la Variante a Belvedere
13 maggio 2013
La casa chiusa in una città già andata a puttane
Per anni e anni gli abitanti di questa conca - racchiusa e isolata tra quattro cantoni - sono andati in giro per il mondo a raccontarsi come progenie eletta di mastri cartai, tutta manifattura e filigrana, e di fabbri capaci, dopo naturale evoluzione professionale, di catapultare in orbite sconfinate e mercatiste lavatrici, scaldabagni e affini. Un genius loci accompagnato da un vanto etico abusivo, incastonato in un discorso teso a narrare la moralità dei fabrianesi, il decoro dei fabrianesi e la modestia dei fabrianesi. Una virtù di costumi mai spontanea ma sempre indotta e imposta dall'alto da una elite imprenditoriale che, senza leggere Gramsci, sapeva tradurre istintivamente i fondamenti del fordismo, inteso come intima connessione tra produttività del lavoro e repressione dei desideri. Per queste ragioni divenne un mantra condiviso l'idea che a Fabriano non trovassero spazio e lavoro manco le puttane, perchè sesso mercenario e lassismo mal si addicevano ai tempi e metodi della fabbrica metalmeccanica. Questo non significa che i maschi fabrianesi si siano serenamente adattati alla repressione, anche perchè il versante umbro della dorsale appenninica ha sempre pullulato di night club e bordelletti, dove diversi concittadini hanno maldestramente dilapidato tempo, denaro e relazioni familiari. Ciò detto la fine di quel potere economico e imprenditoriale trova indiretta e sociologica conferma anche nella recentissima e clamorosa chiusura di un lupanare, attivo in pieno centro urbano, ad opera del Commissariato della Polizia di Stato. Una casa chiusa che operava a pieno regime, 24 ore su 24, coinvolgendo un numero imprecisato ma consistente di clienti fabrianesi e di forestieri fatalmente attratti dal "vincere facile". Si tratta di qualcosa di inedito per la nostra città; un inedito che non rappresenta soltanto il simbolo della fine di un'epoca ma anche il sintomo di una normalizzazione rispetto agli standard di microcriminalità che coinvolgono le realtà comparabili con la nostra. Ma la fine di un'anomalia tutta fabrianese, ossia l'essere pienamente familisti e allergici a tentazioni e deviazioni, suggerisce anche qualche considerazione aggiuntiva e qualche domanda non oziosa. Come è possibile che una città basata su un controllo sociale a maglie strette -oltre che morbosamente attratta dal pettegolezzo e dalle "scopertelle" - sia rimasta tanto silenziosa e discreta di fronte a viavai in cui sono coinvolti molti fabrianesi e che, solo per questo, avrebbe dovuto scatenare le "chiacchiere" più feroci e disparate? Per quale misteriosa ragione le parole in libertà hanno lasciato campo libero a un'omertà fitta come una nebbia scozzese e resistente a tutti gli spifferi? Siamo diventati, di colpo e senza preavviso, una comunità di persone discrete o è il profilo della clientela coinvolta ad aver generato una barriera protettiva e - è proprio il caso di dirlo giocando sull'equivoco - a prova di lingua? Sappiamo bene che non è possibile, per ragioni di tutela della privacy, ma sarebbe davvero interessante compilare un elenco dei frequentatori perchè sono convinto che sia proprio in questa potenziale pink list la ragione di una discrezione tanto pervasiva e così lontana dai nostri usi, costumi e consuetudini. E allora, per una volta, faccio il tifo per i fabrianesissimi "chiappacazzi", invitandoli a esercitare il loro mestiere di narratori del vero e verosimile. Titolava ieri la bacheca locale di un quotidiano: "Casa chiusa: i clienti tremano". Lo confesso: oltre a vederli tremare mi piacerebbe pure sapere che se la fanno sotto. E non è detto che non accada davvero.
12 maggio 2013
Salviamo l'affresco dall'indifferenza dei politici
G.Loreti "Crocefissione" (foto di F.Moscè) |
Il post dell'altro ieri con la traduzione in vernacolo favrianese delle posizioni del Partito Democratico sul recupero del Centro Storico è stato molto apprezzato dai lettori del blog, che ringrazio calorosamente. In realtà quel testo nasce dalla profonda amarezza per l'incapacità dimostrata dal partito politico che governa da troppo tempo la nostra città, di "produrre cultura": a partire da sè stesso, dalle posizioni che assume e dal modo in cui le comunica. E questo accade quando le organizzazioni decidono di non prendersi più cura dei propri elettori, della qualità degli iscritti e del livello del proprio gruppo dirigente. Anche per questa ragione il Pd di Fabriano è diventato un albero senza fronde, un vegetale rinsecchito che ha scelto, senza remore e con presunzione da ottusangolo, di coccolare i portatori di preferenze piuttosto che investire sui portatori di cultura; una scelta che, tanto per intendersi concretamente, ha consentito a quel partito di privarsi, con quel menefreghismo liberatorio che gli zotici sono solito esibire quando si allontano quelli che "c'ha l'istruzione", di due figure come Piera Picchi e Sonia Ruggeri che, con il loro intelletto profondo e spigoloso, non avrebbero sicuramente consentito di mettere nero su bianco un documento che ha dato del Pd un'immagine più adatta a uno stand della sagra della pannocchia che alla tutela razionale e pensosa di una città in crisi.
Foto F.Moscè |
La verità è che, anche per colpa di politici ridotti al rango di scaltrissimi frati cercatori, siamo di fronte a una vera e propria catastrofe culturale di cui, credo, sia vergognosa ed emblematica sintesi il disinteresse che circonda le condizioni della Chiesa del Crocifisso delle Fontanelle. Si tratta di una chiesa del '700, che secondo Balilla Beltrame, faceva parte delle dodici chiesette del "cerchio mistico" ed era sede di una confraternita che il 14 settembre festeggiava solennemente l'Esaltazione della Croce oltre ad essere insignita di speciali indulgenze. Oggi, purtroppo, è una struttura diroccata e cadente che al suo interno presenta un affresco, letteralmente esposto alle intemperie, realizzato dal pittore fanese, di ispirazione bolognese e carraccesca, Giovanni Loreti e che raffigura la Crocefissione di Cristo. Secondo Fabrizio Moscè, che assieme ad altri fabrianesi è stato promotore qualche mese fa di un appello per salvare la chiesa, è già un vero e proprio miracolo che il tetto sopra l'affresco non sia ancora crollato. Vista la situazione sarebbe necessario salvare l'affresco e la campana e pare che non si tratti di un'operazione particolarmente onerosa. Ad oggi la proprietà della chiesa è privata e dispersa tra decine di eredi che, evidentemente, non hanno alcun interesse a finanziare il salvataggio dell'affresco e tanto meno il restauro dell'intera struttura. L'unica via percorribile sarebbe quella di un esproprio da parte del Comune che dovrebbe farsi carico del salvataggio, magari anche in collaborazione con la Fondazione della Carifac. Ma temo che nel caso si debbano fare i conti con la spiccata e rinomata sensibilità della Giunta in materia, e fa tremare i polsi il solo supporre che la questione possa essere oggetto di un altro documento del direttivo Pd: "Noialtri sarebbimo dell'idea de spianalla sta chiesetta, e de facce un parcheggetto a pagamento che po fa comodo de sabato quanno che il centro è tutto ntasato de machine pe via del mercato".
11 maggio 2013
Le pagelle della settimana cittadina
Come avevo promesso, qualche settimana orsono, si parte con la pagella della settimana cittadina. Ogni sabato, a partire da oggi, proveremo a dare il voto alle azioni pubbliche dei nostri concittadini, ovviamente con un focus particolare dedicato alla politica che, da sempre, è l'attività che più stimola votazioni, giudizi, critiche, censure, approvazioni e anatemi. Pagelle senza cattiveria ma solo con un po' di pepe.
Mario Paglialunga voto 2
Proclama ai quattro venti che la rinascita cittadina parte dal commercio e che entro fine mese apriranno 35 nuove attività commerciali, con tanto di premio coraggio di 1.500 euro erogato dal Comune. Passano poche ore e Mauro Bartolozzi, a nome dei commercianti, riconduce il tutto a emerita minchiata. Il Paglia a quel punto tace bastonato e mesto. Giudizio critico: ammaccato!!!!
Mauro Bartolozzi voto 3
Dopo aver redarguito Paglialunga sull'apertura dei nuovi negozi si appella all'amministrazione comunale con una richiesta che colpisce per originalità e innovazione: aiutateci, abbassate le tasse! E i cittadini in coro: Bartolozzi abbassate i prezzi. Giudizio critico: recidivo!!!!
Francesca Merloni voto 4
Chiude con Poiesis e si inventa Poetico, nuovo format con iniziative ridotte all'osso. La fine di un'esperienza di successo raccontata come nuovo inizio e sogno che continua ma adattato al clima spartano della crisi. E' una fine annunciata in cui tutti proseguono col plauso sapendo che è soltanto l'ultimo giro. Giudizio critico: annoiata!!!!
Giancarlo Sagramola voto 5
Dopo aver giocato, per anni, al gioco del cattolico che predilige il micio micio coi comunisti si dimentica di inviare il Gonfalone del Comune alle celebrazioni dell'eccidio di Arcevia, nonostante la presenza del Presidente della Camera. E che vuoi che sia! Giudizio critico: smemorato!!!
Guido Papiri voto 6
La Fondazione Carifac decide di finanziare una colonia a Marzocca per 15 figli di cassintegrati. Si ignorano i criteri di scelta ma siamo certi che il Pierrot di Belvedere, in linea con quel che è sempre accaduto in città, non cadrà nella tentazione di distinguere tra figli e figliastri. Giudizio critico: umanitario!!!
Perseo Pellegrini voto 7
Accusato di ricettazione per aver acquistato rame rubato viene assolto con formula piena dal tribunale di Fabriano e la notizia viene pubblicata con un misero trafiletto a dimostrazione che tra accusa e difesa c'è un intollerabile abisso mediatico. Giudizio critico: innocente!!!
Don Umberto Rotili voto 8
Il giovane sacerdote a la page coinvolge quasi 130 giovani in un musical che diventa spettacolo di successo, dimostrandosi grande organizzatore, ottimo motivatore ed eccelso cercatore di sponsor. Ma sarà altrettanto trascinante nell'evangelizzazione? Giudizio critico: amen!!!
Jessica Rizzo voto 9
Dopo aver dato i natali alla carta e alle lavatrici il nome di Fabriano, recentemente, è salito agli onori della cronaca grazie alle gesta fiscali della nota ex pornostar. E' proprio il caso di dire che Fabriano non conta un cazzo. Giudizio critico: esuberante!!!
10 maggio 2013
Caro Pd di Fabriano...parla come mangi!
Tanti anni fa sulle pagine di Cuore, settimanale di satira politica e di resistenza umana, campeggiava, assai seguita, una originale rubrica intitolata "Parla come mangi". Il contenuto era straordinariamente efficace: veniva pubblicato un testo, generalmente di natura politica e a bassissimo livello di leggibilità, di cui l'autore della rubrica si incaricava di fornire ai lettori una traduzione allo stesso tempo concettuale e letterale. Con sicuri effetti d'ironia ma anche di chiarificazione circa le reali e recondite intenzioni dell'estensore trattato. Ho provato ad applicare il metodo "parla come mangi" a un documento firmato dal Pd di Fabriano, che è stato pubblicato su Facebook e riassume, con linguaggio quasi esoterico, le posizioni del partito democratico sul Piano di Recupero del Centro Storico - Borgo. Di seguito troverete, quindi, i diversi passaggi del documento seguiti da una mia traduzione un po' vernacolare, evidenziata con il carattere rosso.
L’interesse suscitato su una riqualificazione della nostra città, dimostra l’amore e l’attenzione che i cittadini e tutti i comitati che si sono formati, dedicano alle problematiche che propendono a salvaguardare il nostro territorio dal punto di vista sociale, storico ed ambientale. Il contributo di idee , proposte e soluzioni per restituire alla città di Fabriano e all’intero territorio la migliore fruibilità del suo fiume rientra nel Piano di Recupero denominato ‘Centro storico – Borgo’ e comprende una vasta area attorno all’asta fluviale del Giano nella zona che va, dal Ponte di Via IV novembre, a monte, fino al ponte di Via del Molino, a valle.
Purtroppo i favrianesi c'ha scavallati de brutto e alla fine semo stati costretti a ffa i conti co la salvaguardia de sta città che prima gestivamo tranquilli e senza la rottura de cojoni de comitati, petizioni e articoli di giornale. Ma per quanto avete voluto toglie la polvere da sotto il mobile, dando la stura a sti argomenti senza manco chiedece l’autorizzaziò, è bene che sia chiara na cosa: che se fa quello che è previsto dal Piano de Recupero ‘Centro storico – Borgo’, cioè dala zona che va dal Ponte di Via IV novembre fino al ponte di Via del Molino. Quindi metteteve l’anima in pace e fateve i cazzi vostri.
In altre parole il terzo stralcio riguarda l’insieme del Piano di Recupero approvato, che nel dettaglio riguardano i seguenti lavori:
1° Stralcio. Riqualificazione urbana : dal punto di vista urbanistico, l’obbiettivo principale del piano attuativo consiste nella rivitalizzazione della città vecchia, con la valorizzazione del patrimonio edilizio danneggiato dal sisma del 1997 e con la creazione di nuove condizioni di accessibilità.
Tocca mette a posto un po’ de cose perché avemo un po’ di soldi da spenne e quel che conta è solo l'appalti e l'ha detto tanto bene pure quel democristiano de Sagramola.
2° Stralcio. Sistemazione idraulica del Fiume Giano : per quanto riguarda gli aspetti ambientali , gli interventi di riqualificazione e valorizzazione della scena urbana concernono in primo luogo la rimessa in luce del Fiume Giano che ovviamente non può prescindere dalle opere di sistemazione della rete fognaria.
3° Stralcio. Sistemazione della rete fognaria : obbiettivo del presente progetto è quello di coinvolgere tali acque all’impianto di depurazione cittadino, al fine di completare il sistema fognario della città di Fabriano e ridare all’alveo del fiume la sua funzione naturale.
Fino adesso avemo scaricato la merda nel Giano e mo ve regalamo na collettazione coi fiocchi. Invece de ringrazziacce state sempre a di che non basta e che volete altro. E fenetevela cazzo!
4° Stralcio. Interventi strutturali : la progettazione degli interventi di riqualificazione urbana del Fiume Giano dal punto di vista ambientale hanno inevitabili implicazioni sugli aspetti strutturali del manufatto di calcestruzzo che attualmente costringe il suo alveo.
Visto che dovemo fa le fogne approfittamo pure pe dà na bella imbragata ai ponti. Du bbotte de calcestruzzo e de fibra de carbonio e passa la paura.
Dopo questa brevissima sintesi , il problema vero, che divide e fa discutere, è che dopo una la rimessa in luce del Giano e la concomitante sistemazione delle fasce laterali e le opere strutturali, una piccola parte di esso verrà ritombato. Tutto ciò non per insensibilità politica o per ottusità tecnica ma perché, dal punto di vista idrologico, gli interventi riguardo al fiume, sono quelli indicati nelle risultanze dello studio idrologico e idraulico del Giano per la valutazione del rischio esondazione e pertanto con questa situazione, la zona a monte di Via Fratti sarà utilizzata come eventuale area di espansione delle piene, per aumentare il grado di sicurezza nel centro storico dove verrebbero garantiti i franchi di sicurezza adeguati, migliorandone le condizione ambientali e inoltre verrebbero realizzate opere strutturali di argine ,costituite da muri in conglomerato cementizio armato addossato, che migliorerebbero la sezione di imbocco del Giano entro il tratto chiuso.
Il problema è che ce volemo fa un parcheggio sopra al Giano e quindi ce tocca chiudelo proprio do voi insistete per tenello aperto. Però con tutto sto baccano che fate ce tocca trovà una spiegazione che riduca al minimo le incazzature dei fabrianesi che avete eccitato co sto fiume e ste missioni sotteranee. E allora è bono pure il rischio esondazione perché sto fiume avrà pure la portata de na pisciata trattenuta un po’ più a lungo ma la gente tra alluvioni e terremoti se spaventa sempre il giusto e quindi co la storia della sicurezza ve fregamo de sicuro.
Non si può però giocare o fare gli illusionisti con prospettive virtuali illudendo i fabrianesi che, il Ponte di Via Fratti, (a tale proposito il lavatoio in pietra rinvenuto in tale zona verrà risistemato), soprattutto il più “famoso” Ponte dell’ Aera su Via Cialdini, il Ponte detto “Notari” in Via Le Conce, il Ponte di Via Madonna delle Grazie e il Ponte di Via della Moline, li rivedranno o ne usufruiranno come i nostri antenati. Salvaguardiamoli , risaniamoli e usiamo loro tutte le attenzioni possibili perché, ad eccezione di quello di Via le Conce ,a cui verrà riservata intervento a parte, si tratta di ponti ad arco che vanno mantenuti per la loro valenza storica. Il Ponte dell’Aera, che suscita tanto interesse, purtroppo non verrà mai rivisto come una volta, anche se il Giano sarà riportato completamente alla luce, perché nel corso degli anni sopra oltre alla presenza di una strada (Via Cialdini) sono state costruite case e botteghe e queste certamente non potranno essere abbattute.
E poi basta co sta storia del Ponte dell’Aera e de Bernardo Rossellino. Se stava tanto vè prima che Fabrizio Moscè s’ndasse a pià tanti cazzi co la telecamera la sotto. Quel ponte non se lo ricordava più nessuno. Mo invece tutti a parlà de arco acuto e arco sesto e tutti a fà gli architetti quando che invece quelli che capisce ce l'avemo dal Comune. La meglio cosa è non fallo vede più a nessuno sto Ponte che alla fine occhio non vede e core non dole. Tempo du anni e non ce pensa più nisciuno.
Dobbiamo essere soprattutto razionali e concreti. Pensare ad esempio ad una pista ciclabile che, partendo da quella già esistente sotto lo stadio ,e farla arrivare fino in centro, sfruttando gli argini del fiume, non sarebbe una buona idea? Se le questioni di sicurezza inoltre sono garantite, andrebbe bene anche la scopertura totale, e lo studio dei professori di Perugia potrebbe essere un utile supporto per la eventuale variante. Dobbiamo però tener presente che il valore principale del progetto, sta comunque nella realizzazione dell’impianto fognario, l’opera senza la quale non si può pensare a nulla. Giano Bifronte, che guarda il passato e il futuro e che è il Dio degli inizi materiali e immateriali, e Mastro Marino, uomo umile e semplice ma soprattutto di buon senso, che seppe pacificare due nobili e potenti fratelli, dovrebbero far riflettere, perché cavalcare slogans politici o meri interessi personali non aiutano a risolvere i problemi, ma a confondere ed esacerbare gli animi dei cittadini, che in una fase cosi terribile della nostra economia hanno bisogno soprattutto di certezze reali e di concretezza.
Alla fine quello che conta è che avemo levato le cacate. Si proprio non se po fa a meno lo scoprimo sto fiume, ma parlamoce chiaro: che cazzo ce frega a tutti quanti? Qui frega solo a qualcuno che se deve fa i cazzi sui. Magari non è vero ma pure questo funziona sempre. Se dici che su na cosa uno se deve fa i cazzi sui tutti quell’altri va via de botto e der tutto. Pensamo a le cose serie amici mia, che co la cultura mica ce se magna!
9 maggio 2013
Ballarò val bene una messa...in scena
Sabato scorso, circa a ora di
pranzo, ho ricevuto da un amico un messaggio privato sulla posta interna di
Facebook dove venivo avvisato che una troupe di Ballarò sarebbe stata in città
il giorno successivo (domenica 5 maggio) per trattare due temi: il progetto di
tombatura del Giano e la realizzazione della Casa di Riposo sui terreni
dell’Agraria. In un primo momento ho avuto la classica reazione ombelicale e ho
pensato che il Comitato del Giano era davvero abile e capace di aprire porte
solitamente sbarrate. Ma un attimo dopo ho razionalizzato la situazione e mi è
venuto naturale sorridere nel pensare una troupe della Rai – che ha snobbato
anche una crisi come quella della Ardo, per dimensioni seconda solo a quella di
Alitalia – che si sposta da Roma e arriva a Fabriano per trattare, su Ballarò,
questioni come il Giano e l’Agraria per le quali gli italiani di certo non si
strappano i capelli. Sono sincero: non ho sentito puzza di bruciato e mi sono
limitato a percepire una sensazione di stranezza, una sensazione da film di
Verdone, da “o famo strano”. Ovviamente, nonostante l’invito, non mi
sono presentato all'appuntamento per la semplice ragione che le stranezze non
mi attirano. Ed ho praticamente dimenticato la faccenda, fin tanto che non mi
sono caduti gli occhi su un ampio articolo del Messaggero che, martedì 7
maggio, dava conto degli esiti di questa missione della troupe Rai, riportando
una dichiarazione rivelatrice della senatrice Serenella Fucksia secondo la
quale “erano settimane che mi chiedevano un intervento, alla fine proprio
domenica mi hanno chiamato dicendomi che erano a Fabriano e ho colto la palla
al balzo”. Effettivamente di solito accade proprio così: una troupe di Ballarò
– trasmissione notoriamente legata a problemi nazionali di ordine economico e
sociale – arriva a Fabriano per trattare due questioni esclusivamente locali e
già che sono qui alzano la cornetta e chiamano la Fucksia che, ovviamente,
coglie la palla al balzo. Sinceramente ci sembra una ricostruzione buona per
chi ha l’anello al naso, ossia per nessuno. E non è un caso che uno dei
presenti mi abbia confermato che i temi locali erano soltanto un gancio per
quel che interessava Ballarò era avere le dichiarazioni di una senatrice del 5
Stelle, avvezza di suo alle polemiche giornalistiche, sul governo Letta e
dintorni. Pare che i grillini abbiano esordito affermando che Agraria e Giano
sono loro battaglie a cui si sono accodati altri movimenti di opposizione,
creando frizioni proprio in un fronte che è assai largo e trasversale e di cui
i grillini sono una componente tra le tante. Ed è divertente la foto allegata all'articolo del Messaggero, dove si vede il consigliere Romagnoli che
calorosamente esterna con esponenti di altre forze politiche chiamati a fare da
sfondo senza essere avvisati della loro funzione. Infatti a nessuno di loro è
stata data l’opportunità di parlare. Fatto sta che Serenella Vodafone si è
messa al centro della scena occupandola per intero. Non azzardo ipotesi ma
tendo escludere la casualità perché Ballarò fa parte delle trasmissioni che
Grillo considera oggettivamente immonde e che proprio una comparsata da Floris
costò la carriera politica della ex grillina epurata Federica Salsi,
delicatamente accusata di ricerca mediatica del punto G. L’escamotage pensato dall'abile Serenella potrebbe essere di questa natura: evitare la presenza in studio per
scongiurare processi interni al Movimento attribuendo il tutto alla casualità
di una troupe capitata per caso tra queste valli. Insomma costruire una
sceneggiatura adatta a garantire una presenza televisiva senza correre il
rischio di incorrere in provvedimenti disciplinari e referendum on line. Tutto
legittimo e politicamente naturale. Ma non oso immaginare cosa sarebbe accaduto se una troupe
Rai, pagata dai cittadini attraverso il canone, fosse giunta a Fabriano per
intervistare un esponente di qualche altro partito. Immagino si sarebbe
scatenata la canea più selvaggia sull'uso dei soldi dei contribuenti. Ma forse
sbaglio io a supporre, a essere orgogliosamente andreottiano, pensando male proprio mentre tutti pensano
bene e fanno "ohhh" come i bambini della canzone.
8 maggio 2013
L'insostenibile leggerezza dello scaricabarile
7 maggio 2013
Terzoni abiura dai 2.500 e dal pauperismo grillino
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