Ho chiesto all'architetto Giampaolo Ballelli una riflessione sull'urbanistica fabrianese nel tempo del Giano scoperto. Ne è venuto fuori un delicato de profundis dell'urbanistica, un inno alla forza modellante dell'acqua e alla grazia del movimento. Da antologia (GPS)
Il Servizio Geologico degli Stati Uniti (USGS) ha identificato ben 16 parti del ciclo dell'acqua. Il ciclo dell'acqua è sempiterno. Senza non avremmo la vita sulla Terra. In omaggio a questo miracolo e al nostro fiume ho pensatpo e scritto un intervento circolare. Non ha inizio e non ha fine. Si può iniziare a leggere da qualunque punto per tornare alla partenza. L'urbanistica è morta. O quasi. Divorata da dentro, dalla sua stessa parte razionale, dalla sua passione per le leggi, dalla mania delle regole e la freddezza delle norme. L'urbanistica è ridotta a un povero vecchio, disegna lotti tutti uguali, strade tutte uguali, parcheggi tutti uguali. L’urbanistica è priva di senno, inetta nel pensare e ridotta a due sole dimensioni, incapace di ricordare ciò che era. Noi urbanisti siamo i responsabili della sua fine: mentalmente vecchi, impotenti o asserviti alle burocrazie. Per ritrovare l'arte di progettare lo spazio dell'uomo, lo spazio urbano, possiamo solo guardare alla città antica; come gli archeologi guardano alle passate civiltà. Nella città antica tutto è urbanistica, le piazze, le strade, i compatti fronti urbani, il progetto artistico dello spazio, le gerarchie dei volumi. Solo nella città vecchia ritroviamo lo spazio chiuso, misurato e rassicurante, contrapposto a quello aperto, infinito e misterioso. Nella città antica si entra e si cammina senza perdersi. L'uomo non cammina più, corre e si perde nelle anonime periferie. L'urbanistica generò la bellezza quando nella città antica realizzò lo spazio di relazione polivalente. Lo spazio di relazione polivalente non è un'invenzione moderna, le stesse cattedrali medioevali erano edifici polivalenti dove le persone, le comunità - oltre alla funzione religiosa, attività primaria - si recavano per le feste, per gli affari, per ogni genere di relazione. Un grande spazio chiuso ma permeabile, dove i cittadini entrano come nei fori romani o nelle piazze medioevali. Spazio chiuso da vari elementi di filtro che lo rendono accessibile e misurato. Lo spazio urbano non può essere aperto e sgranato, come in certe periferie, come in certe moderne piazze vuote. Deve essere un ambiente segnato da precisi confini, organizzato e articolato come un grande palazzo orizzontale. Nella città antica troviamo nette le categorie: dentro e fuori, aperto e chiuso, esposto e protetto. La natura resta fuori, come il giardino rimane fuori della casa. Non esistono boschi e prati ma orti e sempre circondati da mura. Non ci sono colline ma salite e terrazzamenti. In città lo spazio è protetto e misurato, è progettato per l’uomo. Fuori dalle mura rimane la natura selvaggia e incontaminata e quella antropizzata del contado agricolo. A questa regola solo un elemento naturale fa eccezione; il fiume. Il fiume unisce. È l'elemento fondamentale per costruire la sinergia tra la città, la campagna e la montagna. Perché il fiume, storicamente, ha costituito il grande motore di sviluppo del territorio. Il fiume è l'elemento di unione che attraversa ogni spazio, unisce mondi diversi, la terra con il cielo, l’ambiente incontaminato del bosco e della montagna, a quello contadino e collinare, fatto di filari e campi arati. Il fiume attraversa i campi, li irriga e fa crescere l'erba per il bestiame e quando penetra sotto le mura della città si trasforma nel quarto elemento. L’acqua, insieme al fuoco, alla terra e all'aria è fondamentale per tutte le arti: dai cartari ai fabbri, dai lanaioli ai conciatori, dai tintori ai ceramisti. Nel vallato cupo, l'acqua diventa forza motrice per i mulini, per le cartiere, per i magli. L'acqua è sempre in movimento, non solo quella del fiume. Anche quando la troviamo nella sua forma solida, il ghiaccio, si muove e si trasforma e modella il paesaggio. L’acqua scava e scopre la costituzione geologica e litografica del terreno. L’acqua mostra ai nostri occhi il disegno della roccia, frutto di una dinamica più antica, lenta e travagliata. L'acqua incava e il vuoto che ricava è parte del paesaggio, è spazio polivalente, è piazza naturale, è anfiteatro. Il vuoto non è mancanza. Il vuoto è fondamentale. Nel Taoismo e nel Buddismo troviamo una categoria che a noi occidentali spesso sfugge: Wu, il vuoto. Il senso del Wu si trova in vari libri tra i quali il Lieh-Tzu, il vero libro della sublime virtù del cavo e del vuoto, scritto tra il 200 e il 300 D.C. E il Tao Te Ching, il libro del Tao e della Virtù. Secondo questo ultimo il Wu è una delle singole parti, la più importante, la parte che non c'è. Uno dei fondatori del taoismo Zhuangzi (369-286 a.C.) dice: «Facile è vedere il vuoto del vaso, difficile ammettere che tale vuoto costituisce il vaso al pari del pieno». Se il bicchiere non avesse il vuoto come potrebbe assolvere alla sua funzione? Come potrebbe contenere l'acqua? Ed una volta riempito come potrebbe tornare ad essere utile se non lo vuotassimo di nuovo? Il Wu consente il movimento, la dinamicità, senza il vuoto il bicchiere non potrebbe assolvere alla sua funzione. Se l’acqua non scavasse come potrebbe nascere una valle, un ansa, una grotta o l’alveo del fiume? Senza vuoto come può scorrere l'acqua? È il vuoto che consente di svolgere la funzione del fiume. Il vuoto è ottenuto dallo scorrere dell’acqua. Il movimento è la caratteristica principale del fiume, il suo scorrere perenne trasmette il movimento alla roccia e al paesaggio. I grandi architetti italiani del Barocco nel progettare i palazzi, le facciate delle chiese, le ardite lanterne sulle cupole negarono staticità alla massa muraria e trasmisero alla pietra il movimento, bloccandolo come lo scatto di una foto blocca un animale in corsa. Allo stesso modo il fiume modella la roccia, trasmette alla massa il moto, la libra nello spazio. Le sponde del fiume trasmettono il moto alle case costruite sull'argine. A lungo il degrado e la tombatura del fiume ci hanno tolto la grazia del movimento, lasciandoci una sorda parte di città inspiegabilmente curva. Ora si vede di nuovo l’acqua. L’acqua è movimento e le sponde del fiume trasmettono di nuovo il moto al fronte delle case. L’acqua riqualifica i margini fluviali, dà una funzione al vuoto dell’alveo, stimola l’inserimento di nuove funzioni culturali, restituisce voglia di fruibilità agli spazi lungo le sponde del Giano. Spazi degradati e dimenticati lungo il fiume, che ora tornano importanti. Ora appare, in tutta la sua forza, il problema delle sponde, l'esigenza di avere un percorso pedonale, di collegare i possibili e diversi livelli del percorso lungo il fiume. Garantire accessibilità dall'ambito urbano e restituire alla città le relazioni con il fiume. La presenza dell'acqua non ci lascia indiffernti, calamita l'attenzione, sussurra, canta e urla. L'acqua è sempre in movimento. L'acqua è vita, nell'acequa vivono e si riproducono innumerevoli creature e ogni luogo ha la sua acqua. L'acqua assorbe il carattere di un luogo, della sua gente. L’acqua è genius loci, prende la natura di un territorio, la sua particolare composizione, la sua temperatura. L'acqua non ha colore perché assume ogni possibile colorazione del luogo che attraversa. Ogni luogo ha un acqua con un diverso colore. L'acqua del nostro territorio scorre sui calcari bianchi e le ghiaie rosa, riflette tutti i colori del blu e del celeste, le sfumature del verde smeraldo, la brillantezza del platino. La nostra acqua ha bisogno di un alveo bianco e di bianche sponde. Il Corten è un particolare acciaio che forma una patina di ruggine a protezione. Le lamine di Corten previste per le sponde del Giano saranno scure, di colore ruggine intenso, bagnate quasi nere. L'acqua sarà sempre scura, come inchiostro, come in certe regioni dove dominano le ardesie o le rocce ignee. Un acqua di colore scuro che non appartiene al nostro territorio. La ruggine non appartiene al nostro territorio. La ruggine è il nemico mortale del metallo, il cancro del duro lavoro dei fabbri. Fabriano, la città dei fabbri. Il Corten con la sua ruggine è un materiale alla moda e oggi la moda ha preso il sopravvento sull'architettura e sull'urbanistica. Questa ultima dovrebbe creare spazi di relazione con il fiume ma, al contrario, progetta, lungo le sponde, sedute che voltano le spalle al fiume, per non guardarlo, negando ogni relazione. L'urbanistica che non progetta spazi di relazione con il fiume al massimo può definirsi arredo urbano. L'urbanistica è morta. O quasi.
Giampaolo Ballelli
Il Servizio Geologico degli Stati Uniti (USGS) ha identificato ben 16 parti del ciclo dell'acqua. Il ciclo dell'acqua è sempiterno. Senza non avremmo la vita sulla Terra. In omaggio a questo miracolo e al nostro fiume ho pensatpo e scritto un intervento circolare. Non ha inizio e non ha fine. Si può iniziare a leggere da qualunque punto per tornare alla partenza. L'urbanistica è morta. O quasi. Divorata da dentro, dalla sua stessa parte razionale, dalla sua passione per le leggi, dalla mania delle regole e la freddezza delle norme. L'urbanistica è ridotta a un povero vecchio, disegna lotti tutti uguali, strade tutte uguali, parcheggi tutti uguali. L’urbanistica è priva di senno, inetta nel pensare e ridotta a due sole dimensioni, incapace di ricordare ciò che era. Noi urbanisti siamo i responsabili della sua fine: mentalmente vecchi, impotenti o asserviti alle burocrazie. Per ritrovare l'arte di progettare lo spazio dell'uomo, lo spazio urbano, possiamo solo guardare alla città antica; come gli archeologi guardano alle passate civiltà. Nella città antica tutto è urbanistica, le piazze, le strade, i compatti fronti urbani, il progetto artistico dello spazio, le gerarchie dei volumi. Solo nella città vecchia ritroviamo lo spazio chiuso, misurato e rassicurante, contrapposto a quello aperto, infinito e misterioso. Nella città antica si entra e si cammina senza perdersi. L'uomo non cammina più, corre e si perde nelle anonime periferie. L'urbanistica generò la bellezza quando nella città antica realizzò lo spazio di relazione polivalente. Lo spazio di relazione polivalente non è un'invenzione moderna, le stesse cattedrali medioevali erano edifici polivalenti dove le persone, le comunità - oltre alla funzione religiosa, attività primaria - si recavano per le feste, per gli affari, per ogni genere di relazione. Un grande spazio chiuso ma permeabile, dove i cittadini entrano come nei fori romani o nelle piazze medioevali. Spazio chiuso da vari elementi di filtro che lo rendono accessibile e misurato. Lo spazio urbano non può essere aperto e sgranato, come in certe periferie, come in certe moderne piazze vuote. Deve essere un ambiente segnato da precisi confini, organizzato e articolato come un grande palazzo orizzontale. Nella città antica troviamo nette le categorie: dentro e fuori, aperto e chiuso, esposto e protetto. La natura resta fuori, come il giardino rimane fuori della casa. Non esistono boschi e prati ma orti e sempre circondati da mura. Non ci sono colline ma salite e terrazzamenti. In città lo spazio è protetto e misurato, è progettato per l’uomo. Fuori dalle mura rimane la natura selvaggia e incontaminata e quella antropizzata del contado agricolo. A questa regola solo un elemento naturale fa eccezione; il fiume. Il fiume unisce. È l'elemento fondamentale per costruire la sinergia tra la città, la campagna e la montagna. Perché il fiume, storicamente, ha costituito il grande motore di sviluppo del territorio. Il fiume è l'elemento di unione che attraversa ogni spazio, unisce mondi diversi, la terra con il cielo, l’ambiente incontaminato del bosco e della montagna, a quello contadino e collinare, fatto di filari e campi arati. Il fiume attraversa i campi, li irriga e fa crescere l'erba per il bestiame e quando penetra sotto le mura della città si trasforma nel quarto elemento. L’acqua, insieme al fuoco, alla terra e all'aria è fondamentale per tutte le arti: dai cartari ai fabbri, dai lanaioli ai conciatori, dai tintori ai ceramisti. Nel vallato cupo, l'acqua diventa forza motrice per i mulini, per le cartiere, per i magli. L'acqua è sempre in movimento, non solo quella del fiume. Anche quando la troviamo nella sua forma solida, il ghiaccio, si muove e si trasforma e modella il paesaggio. L’acqua scava e scopre la costituzione geologica e litografica del terreno. L’acqua mostra ai nostri occhi il disegno della roccia, frutto di una dinamica più antica, lenta e travagliata. L'acqua incava e il vuoto che ricava è parte del paesaggio, è spazio polivalente, è piazza naturale, è anfiteatro. Il vuoto non è mancanza. Il vuoto è fondamentale. Nel Taoismo e nel Buddismo troviamo una categoria che a noi occidentali spesso sfugge: Wu, il vuoto. Il senso del Wu si trova in vari libri tra i quali il Lieh-Tzu, il vero libro della sublime virtù del cavo e del vuoto, scritto tra il 200 e il 300 D.C. E il Tao Te Ching, il libro del Tao e della Virtù. Secondo questo ultimo il Wu è una delle singole parti, la più importante, la parte che non c'è. Uno dei fondatori del taoismo Zhuangzi (369-286 a.C.) dice: «Facile è vedere il vuoto del vaso, difficile ammettere che tale vuoto costituisce il vaso al pari del pieno». Se il bicchiere non avesse il vuoto come potrebbe assolvere alla sua funzione? Come potrebbe contenere l'acqua? Ed una volta riempito come potrebbe tornare ad essere utile se non lo vuotassimo di nuovo? Il Wu consente il movimento, la dinamicità, senza il vuoto il bicchiere non potrebbe assolvere alla sua funzione. Se l’acqua non scavasse come potrebbe nascere una valle, un ansa, una grotta o l’alveo del fiume? Senza vuoto come può scorrere l'acqua? È il vuoto che consente di svolgere la funzione del fiume. Il vuoto è ottenuto dallo scorrere dell’acqua. Il movimento è la caratteristica principale del fiume, il suo scorrere perenne trasmette il movimento alla roccia e al paesaggio. I grandi architetti italiani del Barocco nel progettare i palazzi, le facciate delle chiese, le ardite lanterne sulle cupole negarono staticità alla massa muraria e trasmisero alla pietra il movimento, bloccandolo come lo scatto di una foto blocca un animale in corsa. Allo stesso modo il fiume modella la roccia, trasmette alla massa il moto, la libra nello spazio. Le sponde del fiume trasmettono il moto alle case costruite sull'argine. A lungo il degrado e la tombatura del fiume ci hanno tolto la grazia del movimento, lasciandoci una sorda parte di città inspiegabilmente curva. Ora si vede di nuovo l’acqua. L’acqua è movimento e le sponde del fiume trasmettono di nuovo il moto al fronte delle case. L’acqua riqualifica i margini fluviali, dà una funzione al vuoto dell’alveo, stimola l’inserimento di nuove funzioni culturali, restituisce voglia di fruibilità agli spazi lungo le sponde del Giano. Spazi degradati e dimenticati lungo il fiume, che ora tornano importanti. Ora appare, in tutta la sua forza, il problema delle sponde, l'esigenza di avere un percorso pedonale, di collegare i possibili e diversi livelli del percorso lungo il fiume. Garantire accessibilità dall'ambito urbano e restituire alla città le relazioni con il fiume. La presenza dell'acqua non ci lascia indiffernti, calamita l'attenzione, sussurra, canta e urla. L'acqua è sempre in movimento. L'acqua è vita, nell'acequa vivono e si riproducono innumerevoli creature e ogni luogo ha la sua acqua. L'acqua assorbe il carattere di un luogo, della sua gente. L’acqua è genius loci, prende la natura di un territorio, la sua particolare composizione, la sua temperatura. L'acqua non ha colore perché assume ogni possibile colorazione del luogo che attraversa. Ogni luogo ha un acqua con un diverso colore. L'acqua del nostro territorio scorre sui calcari bianchi e le ghiaie rosa, riflette tutti i colori del blu e del celeste, le sfumature del verde smeraldo, la brillantezza del platino. La nostra acqua ha bisogno di un alveo bianco e di bianche sponde. Il Corten è un particolare acciaio che forma una patina di ruggine a protezione. Le lamine di Corten previste per le sponde del Giano saranno scure, di colore ruggine intenso, bagnate quasi nere. L'acqua sarà sempre scura, come inchiostro, come in certe regioni dove dominano le ardesie o le rocce ignee. Un acqua di colore scuro che non appartiene al nostro territorio. La ruggine non appartiene al nostro territorio. La ruggine è il nemico mortale del metallo, il cancro del duro lavoro dei fabbri. Fabriano, la città dei fabbri. Il Corten con la sua ruggine è un materiale alla moda e oggi la moda ha preso il sopravvento sull'architettura e sull'urbanistica. Questa ultima dovrebbe creare spazi di relazione con il fiume ma, al contrario, progetta, lungo le sponde, sedute che voltano le spalle al fiume, per non guardarlo, negando ogni relazione. L'urbanistica che non progetta spazi di relazione con il fiume al massimo può definirsi arredo urbano. L'urbanistica è morta. O quasi.
Giampaolo Ballelli
Architetto Ballelli le faccio i miei complimenti. E' un manifesto culturale che dovrebbe essere fatto proprio da tutti i sostenitori del Giano libero. F.P.
RispondiEliminaComplimenti un saggio interessantissimo come non ne leggevo da tanto tempo. Una sola domanda come si suol dire mi sorge spontanea: Ballelli come ha potuto far coesistere per tanto tempo la sua cultura, la sua lucidità di pensiero, con le bassezze della politica cittadina? Dia retta a me non sprechi le sue preziosissime energie con questi quattro ciarlatani di rione. Lei è altro. Con stima. L.C.
RispondiEliminaDi sicuro Sagramola e Alianello non c'hanno capito una mazza
RispondiEliminaSarebbe stato strano il contrario
EliminaMa i lavori sul Giano per la politica, almeno per una parte di essa, continua ad essere motivo di orgoglio perchè finalmente verrà convogliata la merda al depuratore. Come disse il buon GPS a suo tempo la merda è il bandolo della matassa, il nocciolo della questione, il punto focale di tutta la questione. L'urbanistica? Chi è questa sconosciuta?
RispondiEliminala merda e i ratzilla
EliminaChiedendo questo pezzo a Giampaolo sono andato a colpo sicuro. E ne è uscito un intervento "orchestrale"
RispondiEliminaDirei che hai perfettamente inquadrato la situazione, ottimo intervento.
RispondiEliminaNB
Ad Umbertide hanno fatto una bella opera di valorizzazione:
RispondiEliminahttps://it-it.facebook.com/media/set/?set=a.138581586178019.13605.126522284050616&type=3
LE FRASI STORICHE DELLA SETTIMANA 7 (fino al 28 MARZO)
RispondiElimina• Apriamo il Giano e famo i navigli a Favria !!! Le pantegane già ce stanno, manca tutto l'altro (23 MAR)
• (come è il DNA di Fabriano?) il dna è metallurgico!!!? (24 MAR)
• (ma è solo una malattia) mettetevelo in testa osannatori del dna metallurgico. E' finita, si è chiuso un ciclo storico (24 MAR)
• (ho visto cose che voi Favrianesi) esistono città che hanno intere vie lunghe il doppio e il triplo del Corso fabrianese che sono piene di locali? In queste vie si alternano pizzerie, birrerie, ristoranti, vinerie e pub, senza l'ombra di un negozio di abbigliamento. (24 Mar)
• (ma ora è tempo di andare) Ma sarà troppo tardi, avremmo nuovi padroni venuti da est con gli occhi a mandorla ed il viso color limone. (24 MAR)
• forse il Liceo Francesco Stelluti il prossimo anno non avrà iscritti a sufficienza per formare una classe legata all'indirizzo classico. In questo Fabriano somiglia a Pompei, dove ormai ogni muro che cade è solo una riga in più nella contabilità del disastro. (25 MAR)
• (er popolaccio) Simonè fa che levano i camioncini della porchetta il sabato mattina al mercato. Allora sì che ce incazzamo tutti!! Del Liceo Classico non ce frega niente a nessuno (25 MAR)
• (ma anche l'illuminazione) Scegliete una formazione agraria e imparate per bene a coltivare la terra in modo sano, abbiamo acqua, sole e oltre la metà di terre coltivabili ancora incolte.
E poi non dimentichiamci che oltre al sola, l'acqua, la terra abbiamo anche sussidi niente male per gli agricoltori. (25 MAR)
• (i protagonisti della Fabriano by night) .I bar sono pieni di extracomunitari ubriaconi e rissosi che vivono foraggiati dal comune. (25 MAR)
• (non date retta, donne) l'eroina in particolare è una sostanza semisintetica tant'è vero che venne brevettata e messa in commercio dalla bayer (proprio nello stesso anno dell'aspirina), per curare varie patologie e particolarmente consigliata per i dolori mestruali. (26 MAR)
• (si potranno vedere i pesci) io li o visti sotto fermaket vicino al molino mezzanotte sono cavedani. è qialche anno che ci sono tornati (26 MAR)
• tranquilli che i rami ricresceranno! (28 MAR)
• Sono circa 30 anni che poto piante, nessun titolo ma tanta pratica sul campo. I tigli non si potano drasticamente, e i tagli andrebbero protetti con mastice apposito. In quel modo puoi potarci i salici, ma neanche tanto. Luigi P. (28 MAR)
Pesci,chiusure delle scuole,e ubriaconi.Si annuncia una bella Primavera.
sri D.
2 sono miei, in particolare la prima. Sono soddisfatto .
EliminaComplimenti, bellissimo intervento.
RispondiEliminaSettimana da incorniciare per il blog. Complimenti!
RispondiEliminaA Giampaolo Ballelli già li ho fatti privatamente.
Io la butto la'. Ballelli sindaco e Simonaiss assessore alla cultura. Che diamine meglio di Sagramola e della Rossi saprete fare!
RispondiEliminanon copiamo
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaGianpaolo, stai sempre sul pezzo!
RispondiEliminaGrande Ballelli. Tutti meravigliati che anche un socialista, di Forza Italia quindi Presidente del PDL ed ora con Alfano possa dimostrare intelligenza e sensibilità sociale.
RispondiEliminaCon stima M.llo Badoglio
Scusate se riprendo il post precedente.Volevo dire ,parlando di alberi,che quelli piu' sani e con le chiome piu' belle sono quelli secolari del bosco che nessuno pota.
RispondiEliminaio non c'ho capito ne mazza a parte che l'urbanistica è morta ma che ce importa se tutto il corso è chiuso l'economia non gira e i poveri aumentano possibile che i problemi so alberi potati fiumi fogna scoperti bo
RispondiEliminaRingraziamo l'amministrazione competente per la desertificazione del centro storico.
RispondiEliminaamen
Elimina