13 aprile 2014

CIG: un ammortizzatore sociale contro i lavoratori



A Fabriano ci sono giovani appassionati che esprimono un'idea alta e colta di politica. Giovani che spaziano orizzontalmente dalla destra liberale alla sinistra socialista maesprimono un punto in comune: la serietà degli argomenti e della riflessione. Dopo aver pubblicato le provocazioni liberali di Lorenzo Castellani e le riflessioni sull'urbanistica di Nico Bazzoli oggi tocca a Manfredi Mangano con un articolato esame degli effetti prodotti dalla CIG. Manfredi ha 26 anni ed è laureato in Relazioni Internazionali con una passione per l'Europa dell'Est, per la storia del movimento operaio e per i temi di welfare. A 18 anni si è iscritto al Partito Socialista e questo la dice lunga sulla sua autonomia dalle mode politiche imperanti e sulla ricchezza del suo pensiero politico. Vive a Fabriano ma è di madre veneziana e padre palermitano: una garanzia di soggezione minima al provincialismo e agli ermi colli. (GPS) 

Lo scorso 15 gennaio, l'assessore al Lavoro della Regione Marche, Marco Luchetti, ha annunciato la firma del protocollo territoriale per l'erogazione della cassa integrazione in deroga, autorizzando fino a 519 ore (tre mesi), in attesa delle nuove norme annunciate dal Governo.
I dati nazionali sulla Cassa Integrazione ci confermano un panorama occupazionale e industriale estremamente preoccupante: l'allora ministro dell'Economia Saccomanni a Gennaio aveva staccato un assegno complessivo di 400 milioni di euro, di cui quasi 12 riservati alla nostra regione.
Che queste risorse siano già vicine all'esaurimento è il campanello di allarme di un sistema nato per tamponare situazioni di crisi occupazionale temporanea ma che nel tempo è diventato talmente esteso da risultare insostenibile: la ragione originaria con cui la CIG venne introdotta nel 1975 era quella di affrontare una “contrazione o sospensione dell'attività produttiva, per situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all'imprenditore o agli operai, ovvero determinate da situazioni temporanee di mercato” per la cassa ordinaria pagata dall'INPS, o di “crisi economiche settoriali o locali, per ristrutturazioni, riorganizzazioni o conversioni aziendali”.

E' evidente come, nell'intenzione del legislatore, uno strumento del genere fosse inteso per venire incontro a difficoltà momentanee, o al bisogno di ridurre l'eccedenza di manodopera in una situazione in cui fosse necessario rimodernare la struttura dell'azienda per tornare a produrre: erano i difficili anni '70 della riconversione dopo lo shock petrolifero e la “stagflazione”, ma ad essi fece seguito la “bonanza” degli anni '80 e i limiti della CIG non furono messi alla prova.
Già all'epoca, la CIG si mostrava uno strumento squilibrato, essendo sostanzialmente riservata a quelle grandi aziende mai troppo diffuse nel nostro Paese ma certo all'epoca più comuni: il compromesso sociale con cui l'Italia uscì dagli anni del terrorismo e della crisi, mescolando l'indulgenza fiscale verso le piccole e medie imprese con la protezione garantita a grandi imprese e imprese di stato, entrò però in crisi negli anni '90, quando i vincoli europei resero inderogabile la ristrutturazione della spesa pubblica.

Dagli anni '90 ad oggi, la CIG è quindi diventata da strumento di emergenza limitato sempre più l'unico vero ammortizzatore sociale del nostro Paese (accanto, ovviamente, al risparmio di nonni e genitori): utilizzata disinvoltamente dagli imprenditori per tenere la botte piena (massima flessibilità di utilizzo degli impianti e riduzione dell'incidenza dei salari sul bilancio) e la moglie ubriaca (la pace sociale in fabbrica), vide dilatarsi sempre di più il suo utilizzo, fino a venire autorizzata anche con pretesti più o meno risibili. L'INPS e i sempre più scarni fondi del Ministero del Lavoro divennero col tempo una specie di Bancomat.
Nel contempo, la crescente schiera di lavoratori atipici si trovava largamente marginalizzata dall'assistenza pubblica, condannata a inseguire l'utopia di un molto meno generoso sussidio di disoccupazione, mentre gli autonomi continuavano la loro “vita spericolata” priva di paracadute, e in cui la risposta alle avversità del mestiere andava cercata nella fortuna, in privazioni precedenti per accantonare un gruzzoletto di sicurezza, o nel nero e nell'evasione fiscale. L'inefficienza di questo sistema è diventata immediatamente evidente con lo scoppio della crisi strutturale che ha investito il mondo occidentale negli ultimi anni: la CIG è esplosa, totalizzando anche un miliardo di ore all'anno e esaurendo rapidamente le riserve INPS.

A Fabriano, il montare della crisi ARDO ha reso gran parte dei cittadini sinistramente esperti in materia: e del resto, lodevole è stato lo sforzo della Regione e della Provincia di Ancona per reperire risorse con cui venire incontro a una emergenza sociale e occupazionale estesa a moltissime realtà, e non solo a quelle cittadine (comunque macroscopiche per incidenza sul tessuto sociale locale).
Questi sforzi rischiano però di diventare inutili: sono passati 5 anni da quando la Cassa Integrazione Straordinaria è stata erogata per la prima volta nella nostra regione.
In 5 anni, lo Straordinario diventa quotidiano, routine, normalità: ma può essere “normalità” la realtà di una Regione che investe cifre stratosferiche nel tamponare la crisi di pochi grandi soggetti, lasciando scoperti precari, autonomi, e tutta l'enorme galassia dell'indotto? Può essere normalità tenere migliaia di persone a casa per anni, consentendo loro di lavorare esclusivamente con “Buoni Lavoro” occasionali da massimo 6660 euro all'anno, 2660 per singolo datore di lavoro ? Può essere normale pensare che aziende con sulle spalle cinque anni di cassa a zero ore (ossia, cinque anni di totale chiusura) possano un giorno riprendersi, tornare a produrre e rendere in qualche modo concreta la promessa, insita nello strumento della CIG, di tornare un giorno sul proprio posto di lavoro?

Saper reagire con forza all'emergenza è stato importante: non è semplice agire sotto pressione, sopratutto quando la pressione è permanente. Ma se la pressione diventa di lungo periodo, continuare a reagire sotto i ritmi dell'emergenza non produrrà soluzioni, ma solo tamponi. Tamponi che alla lunga possono essere perfino più dannosi.
Prendiamo il caso fabrianese: quali sono le possibilità che la ex ARDO ora JP torni un giorno ad assumere tutti gli ex dipendenti ? Nessuna, il mercato del “bianco” di bassa gamma è del tutto saturo.
Quali sono le possibilità che Indesit, scaduti cinque anni di cassa integrazione e contratto di solidarietà possa riportare la sua quota di mercato ai livelli pre-crisi e giustificando così il ritorno al lavoro di tutti gli esuberi che ci ha sbattuto in faccia negli scorsi mesi? Considerato che non è nemmeno chiaro se tra cinque anni il cervello di Indesit sarà in Italia piuttosto che in Germania o a Shenzen, appaiono molto basse.

In tutto questo tempo, però, la Cassa Integrazione, inseguita dai sindacati, concessa dagli imprenditori al posto dei licenziamenti (tanto, i soldi non sono i loro), e invocata a gran voce dai politici per vantare un successo “nel breve periodo”, ha sterilizzato sia la conflittualità sociale, relegandola a episodico scoppio di rabbia quando ritarda la rata, sia la riflessione sui limiti del modello di sviluppo industriale del nostro territorio: i sindacati, che avrebbero dovuto farsene portavoce, hanno finito per lasciarsi dividere dalla promessa dei famosi ammortizzatori sociali, spingendo nell'angolo quanti come la FIOM avevano cercato di porre il problema.

Il risultato è che, a cinque anni dall'inizio della crisi della Ardo e di converso dalla fine della “tregua” garantita da Indesit al territorio, in un panorama di continue chiusure e licenziamenti, il tessuto economico fabrianese è all'anno zero, e al di là di vaghe petizioni di principio sulla domotica o sulle magnifiche e progressive sorti degli agriturismi, poco o niente di concreto è stato messo in campo per dare una nuova prospettiva economica al Fabrianese.
Per aggiungere il danno alla beffa, i meccanismi di erogazione della CIG non assicurano alcuna formazione aggiuntiva al lavoratore, che si trova quindi prigioniero di un meccanismo per cui l'azienda lo lascia a casa perchè non è più competitiva in termini di produttività o di costi, ma il lavoratore si limita a invecchiare per uno, due, tre, cinque anni, senza poter nemmeno aggiungere al suo curriculum nuove capacità, che lo renderebbero adeguato a sopravvivere agli eventuali ammodernamenti organizzativi dell'azienda o quantomeno a trovarsi un nuovo lavoro.

Di fatto, il meccanismo ricorda sempre di più le Poor Laws con cui il governo inglese cercò nel contempo di tenere sotto controllo e di sostenere finanziariamente le masse proletarie agli albori della rivoluzione industriale: sussidi erogati agli abitanti poveri della parrocchia dalle autorità locali, che andavano a integrare i bassissimi redditi da lavoro concessi dagli imprenditori e impedivano al lavoratore di agitarsi e perfino di cambiare residenza per cercare un nuovo impiego, pena la perdita del sussidio.
Quando questo meccanismo furbetto, per cui la collettività pagava indirettamente parte dello stipendio al posto degli imprenditori, venne messo in crisi dall'esplosione della disoccupazione in seguito al ritorno a casa dei soldati delle guerre napoleoniche, il risultato furono nuove leggi che riducevano l'assistenza e i beneficiari (e del resto, il Ministro del Lavoro Poletti non ha recentemente dichiarato che la CIG in deroga è uno strumento che va a esaurirsi ?).
Ne seguì una rivolta estesa a tutta l'Inghilterra, repressa nel sangue dalle autorità: c'è da sperare che non finirà così nella nostra città e in generale nel nostro Paese, ma in Inghilterra la prospettiva non era quella del deserto industriale.
Oramai, il tempo è passato e i milioni di euro sono svaniti: sarebbe stato più saggio forse ridurre a suo tempo l'importo degli assegni e osare, sperimentando sistemi misti in cui all'integrazione dello stipendio si accompagnasse una garanzia di formazione, di nuova qualificazione professionale, o un impiego nei Lavori Socialmente Utili, dall'assistenza alla lotta al dissesto idrogeologico.
Ora, il nuovo Governo Renzi promette sistemi universali di ammortizzatori sociali: è lecito dubitare, dato che l'ultima volta che un grande Paese europeo investì nella riforma di un sistema di assistenza sociale (peraltro costantemente portato ad esempio dalla stampa e dall'UE per il suo saper combinare generosità e competitività economica), ne seguirono anni e anni di maggiori investimenti e di sforamento del rapporto deficit / PIL.

Stiamo parlando, naturalmente, della Germania: diversamente da allora, però, non sembra intenzione né del Governo né dell'UE mettere mano o autorizzare significativi nuovi investimenti in materia di assistenza e formazione per i disoccupati. Spetta allora agli enti locali, Regioni e Comuni, superare la mancanza di progettualità e il tirare a campare delle autorità nazionali, e cercare essi stessi di dare una direzione e uno sbocco alla crisi. C'è bisogno di una riflessione a tutto tondo su cosa vogliamo fare, produrre, costruire, nei prossimi anni.
E in attesa di trovare le risposte, risposte concrete, bisogna mettere mano all'emergenza che vede migliaia di persone ferme a competenze che già 5 anni fa erano obsolete e prossime a trovarsi anche senza il famigerato sussidio.

La Regione e i Comuni dovrebbero fare un atto di forza, e riappropriarsi della progettualità su corsi di formazione troppo spesso usati come “nuovo Bancomat” da soggetti imprenditoriali più o meno in malafede, concentrando le risorse e prendendosi carico della riqualificazione dei lavoratori espulsi dal mercato; al contempo, bisogna mettere in campo un “Piano del Lavoro” che permetta a lavoratori e lavoratrici di continuare a essere attivi, rispolverando e potenziando i vecchi LSU.

Dove e come trovare i fondi ?

Anzitutto da eventuali nuove risorse nazionali da destinare all'assistenza; da fondi europei; da soluzioni creative, come quelle avanzate dal PD di Forlì (città in cui ho vissuto per la seconda parte dei miei studi e le cui vicende ogni tanto continuo a seguire), come lo scambio tra Lavori Socialmente Utili a favore della comunità e tasse comunali.

E, in futuro, sarà bene usare sempre meno lo strumento della CIG e sempre di più quello dei contratti di solidarietà: lavorare meno, per lavorare tutti, finchè c'è possibilità di lavorare; e quando non c'è più, abituarci a pensare non a come salvaguardare un posto di lavoro morto, ma a come crearne di nuovi.

In ogni caso, dobbiamo uscire dalla logica emergenziale e abituarci a pensare in prospettiva: altrimenti, tra altri cinque anni, ci troveremo a contemplare la nuova ondata di licenziamenti, prepensionamenti e CIG varata dalla Indesit, e qualche gaudente burocrate potrà anche dirci di essersi impegnato a mobilitare gli ammortizzatori sociali: parafrasando lo storico romano Tacito, “fanno un deserto e lo chiamano ammortizzatore sociale.”

Manfredi Mangano
    

20 commenti:

  1. Una delle poche cose chiare che ho letto su questo argomento. Questi giovani dovrebbero governare

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  2. Direi analisi completa...ma la mia domanda e' sempre ststa questa. Un azienda ricorre alla cassa integrazione straordinaria...un mese dopo faceva fare straordinari il sabato...alla fine dell'anno magari quella stessa azienda chiudeva un bilancio in attivo di svariati milioni di euro...ma perche' la legge non ha previsto un restituzione dei soldi della cassa intrgrazione o quanto meno investire sul serio la stessa somma in nuove tecnologie???? Insomma quando cera da pagare la flesdione del lavoro....paga lo STATO, ma c'e' da riempire il portafoglio incassa il "padrone"..... antonio merloni ha talmente tanti soldi che potrebbe aprire una banca...questa e' purtroppo storia vera!!!!
    g.f.cav.

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    1. nome e cognome dell'azienda.... Antonio Merloni, Indesit, e ultimamente anche Elica!!! e guarda caso sono aziende che negli anni hanno sempre avuto famigliari in parlamento e alla camera!!

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    2. Tutti approfittano di tali vantaggi per il proprio portafoglio.. quando il lavoro cala... lo stato attappa il buco... quando c'è da fare cassa, incassa Merlò o chi per lui!!!
      Anch'io ero bono a fare l'industriale.. è come se uno comperasse delle azioni in borsa tramite banca e se c'è da guadagnare, il beneficio va all'investitore, se c'è da perdere copre la banca!!!
      Ma dove cazzo siamo??
      Anzi ma come cazzo siamo messi???
      Questi quando c'è da investire prendono soldi a fondo perduto dallo Stato, quando l'azienda è oramai decotta ed in questi anni hanno fatto vita da nababbi, consegnano i libri contabili in tribunale e operai a spasso!!!
      "Purtroppo", la vera fame non c'è, e le rivoluzioni sono sempre state fatte per non avere da mangiare e darlo ai figli!!!
      g.f. cav.

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  3. bella analisi ,in ritardo di almeno 3 anni ma non del tutto inattuabile, voglio partire al fondo, dai contratti di solidarieà,bellissimo strumento adattissimo a paesi in cui un dipendente medio guadagna 2300/2500 € al mese e il costo della vita è del 27/30% inferiore a quello Italiano, il dipendente medio italiano incassa netti busta paga tra i 1050 e i 1200€ se anche si pensasse ad un contratto di solidarietà di 2 ore al giorno , sono 14 ore settimana e 56 ore mese circa che comporterebbero circa 450 € in meno in busta paga, secondo voi è possibile questo? se lavorare meno per lavorare tutti vuole dire aumentare le famiglie che si avvicinano alla soglia dell'indigenza , bhe la solidarietà va a farsi candidamente fottere, e sposta i soli benefici a favore del'imprenditore che continuerebbe a produrre a un costo inferiore , altro è il discorso della cig , strumento da me fortemente contestato , in quanto come descritto molto bene sopra , produce solo una popolazione di lavoratori impigriti e demotivati riprendere una qualsivoglia attività lavorativa o un qualsiasi percorso riqualificante, e nel caso di quelli Fabrianesi, non tutti, a trasformarli in provetti campioncini di ciclismo amatoriale , l'abuso dell'utilizzo della cassa integrazione anche in anni di grande sviluppo , come strumento di regolazione dei carichi produttivi , inoltre ha autorizzato gli imprenditori di effettuare quel sadico gioco di creare esuberi a favore di carriere politiche .
    oggi secondo me l'unico modo per risolvere il problema del mondo del lavoro, ricominciando dalle piccole e medie industrie , in cui l'Italia è leader mondiale, è l'abbattimento della pressione fiscale portandola dai livelli attuali, che sono circa del 68% a un ben più gestibile 38% omnicomprensivo, da una deburocratizzazione reale di tutte le procedure sia di stat up che ordinarie, e un maggior coinvolgimento del dipendente nell'andamento dell'impresa, magari inducendo il proprietario a rinunciare ad un po di guadagno a favore di una maggiore consapevolezza del dipendente che se si vuole andare avanti bisogna produrre meglio, e non ho detto di più , ma meglio. quando si saranno raggiunti questi obbiettivi ? quando si eliminerà ogni sorta di ammortizzatore sociale inteso come strumento paracadute per le aziende, per le grandi aziende, istituendo un sistema di sussidi di disoccupazione vincolati, come già esistono in Germania e molti altri stati europei, ripristinando gli uffici di collocamento , dandogli effettivi incarichi di "ricollocare " e non come succede oggi con gli "uffici per l'impiego" che sono solo dei passacarte senza nessuna funzione specifica se non registrare i nuovi disoccupati o come sportello di acquisizione nominativi per le agenzie di lavoro interinale, da chiudere tutte o rimodulare attraverso norme specifiche e non di zona franca in cui fare ciò che si vuole. bisognerebbe anche , finalmente , produrre una legge che regoli i flussi di immigrazione in base all'effettiva necessità professionale o di disponibilità di domanda, quella attuale la si può usare sostanzialmente la mattina quando si va in bagno!! in pratica bisognerebbe fare quella riforma del mondo del lavoro che tutti i partiti decantano ormai da decenni e che nessuno ha messo in atto , quelle riforme del welfar che fanno poco manifesto elettorale ma molta equità di trattamento, e soprattutto sostituire una classe politica fallimentare con forze fresche con idee attuali e una visione molto proiettata nel futuro prossimo senza dimenticare il presente.Muratori Davide

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    1. Muratori sindaco, senza ruote lissie, vai murató facce sogna!

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  4. Bravo, bellissima analisi. Purtroppo tutto tristemente vero. E la sensazione che nessuno di quelli che comandano abbia voglia di fare niente di buono. E mi chiedo, e vi chiedo, PERCHE'?

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    1. fatti una domanda datti una risposta

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  5. Nell'articolo non si parla dell'accordo di programma che doveva rappresentare la salvezza dei lavoratori attualmente in cassaintegrazione e su come svilupparlo per renderlo efficace per potere reinserire i lavoratori in cig nel mondo del lavoro.
    Inoltre tengo a ribadire che attualmente la cassaintegrazione,per quanto riguarda gli ex a.merloni stanno riprendendosi cio' che negli anni hanno pagato da tempi non sospetti,dalla prima busta paga.Ricollocare tutti i lavoratori in cig e' sicuramente un'impresa titanica,ma non facendo niente e' davvero impossibile.Non un concorso,non un corso di aggiornamento vero e proprio,nessun incentivo importante per chi vuole intraprendere,niente di niente,cosi' non andiamo da nessuna parte.Nessuno e' finora stato in grado di ripensare il nostro territorio.Sempre tante belle parole ,tanti ottimi articoli su quello che sappiamo meglio di chiunque altro, anche perché nessuno conosce meglio di quello che si vive sulla propria pelle.
    Allora come,come uscire dalla logica emergenziale,come?
    Non se ne puo' davvero piu' di questi articoli molto ben elaborati che non portano a niente,sempre scritti da persone che non vivono il problema da protagonisti,ma che sono costantemente lontani sia fisicamente o che (beati loro)non vivono questo tipo di situazione sulla loro pelle,sempre gente che in fabbrica non c'e'mai stata e che fortunatamente per loro ora ci guardano con il cannocchiale.Non diteci sempre quello che' stato,lo sappiamo,non diteci quello che siamo ,sappiamo anche questo.DITECI COME,COME,COME,COME POSSIAMO VENIRNE FUORI,QUANDO SI DOVEVA ANDARE IN MASSA IN FABBRICA AD ARRICCHIRE QUESTI CHE ORA SE NE VANNO C'ERANO TUTTI A PRENDERCI PER MANO...ORA CHE SI TRATTA DI SALVARCI..NON C'E' ANIMA VIVA.
    DA SOLI NON CE LA FACCIAMO ALTRIMENTI LA AVREMMO FATTO.

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  6. I sindacati, ultima la settimana scorsa la CGIL, parlano di rilanciare l'accordo di programma, convinti peraltro che sia stato già lanciato.
    Invece l'accordo di programma, almeno per me, resta ancora il terzo mistero glorioso di Spacca ed è davvero vergognoso che non vi sia un briciolo di chiarezza sullo stato di attuazione dell'accordo per la riconversione occupazionale.

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  7. L'accordo di programma risale alla primavera del 2010 quando assieme ai cinesi fu inventato per tenere buine le maestranze. Ma quei fondi non sono stati usati perchè non sono finalizzati a fare impresa ma a ricollocare artificialmente i lavoratori ex Ardo e a sgravi sulle immobilizzazioni materiali. Il problema è che una impresa non assume un cassintegrato solo perchè ha sgravi contributivi ma perchè ne ha bisogno. Se non necessita di personale non ne assume per fare contento Spacca. Così come quote a fondo perduto su impianti e macchinari hanno senso solo se un'impresa coltiva un disegno di sviluppo della capacità produttiva legato allo sviluppo del mercato. Diversamente non investe. Ma i sindacati si sono guardati bene dallo spiegarlo!!Loro fanno carovane per contestare la Spectre bancaria senza un lavoratore che li mandi rapidamenet a quel paese.

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  8. I sindacalisti sono stati riassunti tutti dalla JP ma non vanno al lavoro cio' non ha una spiegazione,o almeno non e' palesata.Forse e' stato detto loro vi assumo tutti ma non rompete le palle.Non dite per esempio che vendo macchinari,o che faccio lavorare gli operai quel tanto che basta per non fargli maturare ferie,permessi,tredicesima.premio presenza ecc...Tutti a casa allo scadere anche se c'e' da fare tanto paga lo stato.

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  9. A TORINO
    ironico, sel che è no tav, sostiene chiamparino, si tav
    Signori, un po' di serietà

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  10. Sicuramente il primo progetto che vogliamo realizzare è quello di “Work City” che avevamo presentato ed esposto qualche mese fa presso la sala Ubaldi. Michele Crocetti 23 gennaio 2014. Vai avanti tu che a me vien da ridere!

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  11. Ancora a ciacolare di queste beghe Simonaiss mi meraviglio di te cig a oltranza e sia benedetta è l'unica forma di reddito cosa andate cercando il coniglietto pasquale? Se ancora si spendono soldi è perché esiste la cig se finisce esodo di massa.

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    1. Esodo subito poccia soldi a tradimento.

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  12. Immaginate solo che la cig finisca domani mattina, cosa accadrebbe?

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  13. Non si potrà piu'pagare le bollette,i mutui,il mangiare,il bollo ,l'assicurazione auto eccc..
    Esclusione sociale.Se uno si ammala cazzi suoi.
    Anzi cazzi nostri perché a quelli che si augurano che la cig finisca che cazzo gliene frega,magari e'un dipendente pubblico senza figli.

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    1. IO SONO UN DISOCCUPATO E SPERO Che FINISCA AL PIù PRESTO ,soprattutto per quelli che spendono 4/5000 € per comprarsi la bicicletta nuova per fare il figo su per i monti!!!

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  14. con tutto il rispetto con il Sig. Mangano, che non conosco, sinceramente l'analisi mi sembra abbastanza ovvia, direi che più che un punto di vista è un riassunto di cosa è successo sino ad oggi. Dice l'articolo che la Regione dovrebbe ripensare il tema della formazione, e questo è condivisibile, anche se ce lo stiamo dicendo da qualche annetto ormai; però mi pare abbastanza complicato cambiare tiro formando nuove specializzazioni, quando non è solo il territorio a soffrire, ma anche il contesto italiano in genere. Insomma: insegniamo a tutti a fare gli imprenditori? L'articolo sarà anche lungo ed articolato, ma un po' troppo disascalico

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