Indesit e gli Emissari d'Oriente

 

Se non ci fossero da piangere molte e amarissime sarebbe l'occasione per sbellicarsi dal ridere e per lisciare il pelo alla sventura. Nel 2010 un’intera comunità di lavoratori e cittadini di questo placido entroterra venne letteralmente pervasa e intossicata da notizie false e tendenziose su fantomatici cinesi interessati all’acquisto della Ardo e, via via, dell'universo mondo: porto, aeroporto, interporto e porta aperta per chi porta. Non c’era angolo di città in cui qualche curioso o sfaccendato non vedesse comparire soggetti rigorosamente con occhi a mandorla - ingiacchettati e con lo sputacchio incorporato - e delegazioni asiatiche conciate e acconciate di tutto punto; cinesi dall’identità quasi sempre romanzata e improbabile: cinesi italianizzati per parte di padre o di madre o comunque occuidentalizzati sin dai tempi delle missioni di Matteo Ricci; personaggi direttamente tratti da cartoni animati giapponesi e trasformati nel profilo anagrafico di compratori cinesi. Fu una vera e propria moda collettiva, un delirio di fabrianesi pronti a cancellare la lettera erre dalla propria fonetica, un tam tam inarrestabile e convinto di draghi e dragoni, al punto da contagiare anche l’allora Sindaco Roberto Sorci, notoriamente di scuola scettica, ribattezzato dal sottoscritto col calzante appellativo di Sor Ci Min. Panettieri con le filette in mano, fruttivendoli armati di melanzane e baristi in tazza grande: tutti si fecero propagandisti e precettori del verbo orientale, agit-prop del neocolonialismo asiatico e ausiliari dell’esercito di terracotta. Una sbornia a base di latte di soia e involtini primavera che rientrò nei ranghi a fatica e dopo lungo e persistente schiaffeggiamento, lasciando il ricordo indelebile di una comunità talmente bisognosa di coccole e speranze da risultare anche un po' mignotta, e quindi pronta ad occhieggiare a ogni fantasia spacciata come plausibile dal solito circo politico e mediatico. A distanza di quattro anni pare che la vaccinazione dei fatti non ci abbia immunizzati fino in fondo visto che ricominciano le tentazioni esterofile. Stavolta non su Ardo – ingloriosamente declassata dal sogno di Pechino alla realtà amarognola di Cerreto d’Esi – ma su Indesit, di cui da mesi e mesi si ipotizzano vendite, accordi, partnership globali e disimpegni familiari. Fino a qualche giorno fa era tutto un rincorrersi di voci e un darsi di gomito sull’interessamento di Whirlpool, sulla Fabriano americanizzata e, magari, su Obama candidato Sindaco al posto di Giancarlone. Stamattina nuovo cambio di stagione, ipotizzato stavolta dal segretario della Fiom Bassotti e immediatamente raccolto e rilanciato dal Carlino, la cui pagina fabrianese fu, nel 2010, una delle più scatenate sorgenti di accreditamento della corporeità delle “ombre cinesi”. E’ accaduto che un paio di giorni fa i sindacati hanno ricevuto alcune segnalazioni, da parte di lavoratori della Indesit, circa “inedite presenze di asiatici in giacca e cravatta che hanno visitato le unità produttive e di ricerca di Fabriano”(cit.Bassotti). Per il segretario dei metalmeccanici della CGIL si tratta, quasi sicuramente, di “soggetti interessati a sondare il campo per conto di qualche multinazionale”. Probabilmente perchè un asiatico in giacca e cravatta invece che col kimono dà più l'idea di uno che compra. Non è da escludere che possa trattarsi di interessamento, ma visto quel che accadde con Ardo non è davvero il caso di ricominciare col tormentone, abusatissimo, degli emissari asiatici in città, come se questo piccolo comprensorio, a lungo sopravvalutato ma oramai disintegrato e a pezzi, fosse al centro dei pensieri di un intero continente, oggetto di sogni e incubi di grandi multinazionali, miraggio lontano di resurrezioni in forma d’oblò e di cablaggi. Fabriano ha bisogno di messaggi circostanziati e di informazione vera e veritiera. Per questo se per le vie cittadine incontrate un cinese, un coreano o un giapponese pensatelo soltanto come un turista in cerca di informazioni perchè ha perso una delle strade che portano a Roma. E non dimenticate che vale sempre la massima saggia e dialettale utilizzata in molti film dal grande Carlo Verdone: e fenemosela!