Una visione distaccata e smaliziata delle questioni sociali ci ha totalmente immunizzati dalle benignate televisive, dal correttissimo paroliere sulla "Costituzione più bella del mondo" e dalla retorica insincera e posticcia sull'articolo 1, mai applicato in quanto inapplicabile ma sempre richiamato per rimarcare il lavoro come diritto e non come effetto di congiunture del mercato e dell'economia. E sempre la stessa lettura delle cose, intelligentemente pessimista, ci ha insegnato che il problema dell'accesso al mercato del lavoro è anche figlio e frutto d'una iniquità sostanziale di trattamento dei lavoratori, della loro diseguaglianza di fatto davanti alla legge in quanto a sostegno, orientamento e tutela da parte del sistema di Welfare. E le differenze tra lavoratori trattati con i guanti bianchi e poveri
kunta kinte ridotti a cose posate in un angolo e dimenticate, spicca in tutta la sua geometrica potenza quando l'espulsione dai processi produttivi mette bruscamente in luce le disparità di tutela e di opportunità tra i sommersi e i salvati. In questo quadro spicca, manco a dirlo, il privilegio ontologico dei dipendenti pubblici, emendati dal rischio occupazionale e disposti in una zona franca sindacalmente intoccabile rispetto a qualsiasi oscillazione congiunturale o strutturale dell'economia e del mercato. Questa prima scrematura lascia sul campo soltanto due tipologie di lavoratori privati: quelli delle piccole e piccolissime imprese e quelli che operano in realtà aziendali dimensionalmente più significative. I primi, nettamente prevalenti in un Paese di impresa diffusa come l'Italia, costretti a poco welfare, a coperture risibili, a garanzie limitate e tutele farlocche; gli altri decisamente più riparati dalle maglie del diritto del lavoro, della giurisprudenza e da uno statuto dei lavoratori che nasce socialista ma, alla fine, crea più divisione che inclusione sociale. Ora, quando la crisi rompe l'equilibrio occupazionale, producendo un feroce ridimensionamento degli organici, si stratificano due raggruppamenti: da un lato i dipendenti delle aziende più grandi, che godono di ammortizzatori sociali e normative
ad hoc, perchè ritenuti dal sistema massa critica potenzialmente pericolosa per l'equilibrio sociale; dall'altro i dipendenti delle piccole imprese, messi ai margini del mercato del lavoro in forma di lento stillicidio, senza diritto alla cassa integrazione, con uno straccio di mobilità e giusto qualche pacca sulla spalla di fine corsa per rendere ancora più amaro il congedo. Ma a volte questa divaricazione, che dovrebbe far gridare vendetta ai superficiali apologeti della
Costituzione più bella del mondo, prosegue nei suoi effetti d'iniquità sociale fino a rendere odiosi non tanto i lavoratori che fruiscono di vantaggi aggiuntivi ma quel sistema statale che invece di garantire pari opportunità sguazza nelle divisioni originarie e le alimenta sfacciatamente. Prendiamo il caso della Ardo, vicenda scandalosa ed emblematica sotto diversi punti di vista. Per garantire l'assistenzialismo di massa il Leviatano statale assicurò una lunga stagione di cassa integrazione, poi rafforzata e potenziata dalla Legge Marzano - coi suoi ammortizzatori lunghi e corredata di finta continuità produttiva -; quindi le cessioni ministeriali contestate e annullate dal Tribunale, e poi l'Accordo di Programma - narrato come panacea d'ogni male territoriale - con tanto di fondi e agevolazioni per chi si faceva carico di riassumere non cassintegrati in genere o licenziati in genere, ma specificamente esuberi provenienti dal mondo Ardo, come se perdere il lavoro altrove fosse minor cosa rispetto al fuoriuscire dall'impero merloniano delle lavatrici conto terzi. Infine, si scopre che per dare un'altra, iniqua mano agli ex lavoratori della Antonio Merloni - che hanno comunque usufruito di tutele incomparabilmente superiori a quelle degli operai dell'indotto espulsi come riflesso della mala gestio merloniana - la Regione non si fa scrupoli di equità e di giustizia, dimenticando che tutti siamo a diverso ma unitario titolo contribuenti di questo ente che moltiplica i centri di spesa e le prebende. E, quindi, fu la volta del FEG (Fondo Europeo di adeguamento alla Globalizzazione), chiamato a finanziare un progetto attivato da Regione Marche e Ministero del Lavoro, basato su tre punti: servizi di orientamento e bilancio di competenze, formazione professionale con possibilità di svolgimento anche in azienda e incentivi finalizzati alla ricollocazione dei lavoratori ex Merloni. Insomma "a chi tanto e a chi niente", con la legge dell'80/20 (l'80% dell'impegno e delle risorse destinati al 20% degli esuberi ad andare bene) perfettamente applicata e pompata e tutto il resto del comprensorio ferito, senza lavoro e popolato di nuovi
figli della schifosa per i quali non c'è anima viva a orientare, a incentivare e a formare. E nessuno, per cortesia, venga più a farci la morale se non riusciamo ad applaudire "la Costituzione più bella del mondo" e se ci capita di invocare - mane e sera - l'improbabile avvento di un decennio thatcheriano.
Il migliore articolo che leggo da tanto tanto tanto tempo sul nostro comprensorio! Non cambierei neanche una virgola
RispondiEliminaQUOTO!!!
RispondiEliminaOggi Simonetti hai dato il meglio di te stesso
RispondiEliminasottoscrivo anche le virgole
RispondiEliminacomplimenti per l'analisi del territorio fabrianese. L'ingiustizia di quanto a ricevuto una famiglia e gli effetti negativi, diretti ed indiretti, che ancora si producono nei confronti di tutti i cittadini fabrianesi.
RispondiEliminabello scritto e intanto nevica, una cosa manca da dove ripartire? Aloisius Bell Sballetz
RispondiEliminaGiusto è vero! da dove ripartire? Simonetti scrivi anche di questo non solo delle cose negative!
EliminaNon mancheremo di affrontare anche questo tema: da dove ripartire
EliminaChiaro che questo scompenso mostruoso di trattamento ha creato un odio tra concittadini piú che palpabile ed anche capibile per molti versi
RispondiEliminaCHE SCHIFO !!! E QUESTI STAVANO PURE A PROTESTA' DAVANTI ALLA BANCA TOSCANA !!!
RispondiEliminaGrazie Simonetti per aver scritto di piccole imprese.
RispondiEliminaPermettimi di rimarcare un'altra delle ingiustizie di cui si parla poco che é quella riservata ai piccoli imprenditori: strano ma vero possono perdere anche loro il lavoro oltre ai loro dipendenti! Non avranno però gli stessi diritti: niente cassa integrazione nè mobilità, niente indennità di disoccupazione né assistenza sanitaria gratuita. Niente.
Per quel che vedo c'é troppa disperazione e troppo poco odio,
Lucia
VOLEMO PURE L'ODIO ADESSO? MA CHE STAMO A DI'?
EliminaStamo a dì che alle ingiustizie occorre una reazione, non la solita - squisitamente italiana - rassegnazione.
EliminaGiustappunto: ho avuto per una decina di anni una micro impresa operante nel settore dei servizi. 2 soci. Si lavorava soprattutto con le piccole e medie imprese. Crisi dei terzisti e crisi nostra. Attivita' chiusa. Sono nullafacente e nulla mi e' dovuto come disoccupazione. Bene. Una mia amica che ha fatto delle supplenze a scuola riscuote ogni mese 800 euro per credo 6 mesi. Ma scusate, la regola qual'e'? Io con la mia attività' ho pagato di tutto (IRPEF, INPS, IRAP, Camera di Commercio, Confartigianato, INAIL, ecc.) ma ora che non lavoro più' nulla mi e' dovuto. E soprattutto tutti i contributi pagati REGOLARMENTE all'INPS non li riprenderò' mai. A meno che non ricominci a lavorare........ Ahahahahahahahah..... E onestamente vedere queste casse integrazioni decennali mi comincia a scuotere il sistema nervoso!
RispondiEliminaIo non sono minimamente arrabbiato con quanti usufruiscono di opportunità di welfare che vengono concesse dalla normativa. Detesto lo Stato rapinatore che redistribuisce a pochi e penalizza tutti gli altri. Questo è stato corporativo, ovvero un mix di fascismo e sindacalismo istituzionalizzato. Un blocco da battere e da abbattere a colpi di liberismo sfrenato
RispondiEliminaBe', allora diciamo la stessa cosa. Non punto il dito contro chi usufruisce della legge ma contro chi la fa la legge e consente queste sperequazioni. Cerco il senso.... Come anche per la legge che prevede un assegno mensile di 500 euro per gli extracomunitari anziano che vogliono ricongiungersi con le famiglie residenti in Italia. Ma a che pensa 'sta gente, a che pensa!
RispondiEliminaQuesto e' davvero scandaloso e si lamentano pure di come vengono accolti dallo stato italiano.Tutto il santo giorno davanti ai bar a ubriacarsi poi se qualcuno gli dice qualcosa e' un razzista.Basta farsi un giro nei locali del borgo e ve ne renderete conto.
RispondiEliminaSi perché il Bar de piazzale matteotti é perennemente "invaso" da questo che bevono le birrette e stanno a panza all'aria che amarezza
EliminaIndesit Company
RispondiEliminaVAR%-0.57
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PREZZO8.77
Cambia argomento
Eliminacambiate piano 1400 esuberi sono la fine dell'industria a Fabriano nel presente e per il futuro, se il titolo perde di chi è la colpa? alzare il valore del titolo non serve a nulla lo congela e basta e oggi è il primo giorno di segno negativo, dovevate investire e fatelo allora non aspettate il compratore estero mascherato da salvatore, non salverà nessuno, l'industria è italiana che rimanga in Italia. Se farete così il titolo risalirà.
Eliminaa 10€ il titolo è in stallo
Eliminainnovazione e tecnologia
RispondiEliminaLancio di uova marce.
RispondiEliminaDi verdure passate.
Di agrumi ammuffiti.
Di cachi spappolati.
Di mozzarelle scadute.