24 aprile 2013

Il valore dell'Hospice


Più di una volta qualche commentatore di questa pagina mi ha rimproverato una tendenza demolitoria, una vocazione critica più disposta allo smontaggio che alla costruzione. E’ un rilievo infondato di cui voglio fare comunque tesoro. E per una volta voglio dedicare queste righe a un elogio. Non a una persona ma a una struttura, a una vera eccellenza della sanità fabrianese che, purtroppo per me, ho avuto modo di conoscere in quest’ultima settimana: l’hospice, ossia lo spazio dedicato ai malati terminali e a quell'universo complesso e particolare che è il fine vita. Rispetto a questa struttura ci sono riserve psicologiche e una radicata ritrosia di approccio, perché è un reparto in cui la cura non sana e non riabilita, ma accompagna, un’isola in cui si transita per un approdo che è tutto rivolto altrove. Eppure in quel reparto, dalle rassicuranti pareti gialle e dai molti e colorati quadri appesi, si gestisce la transizione più importante, quella che perché chiama in causa il valore del fine vita, la forza di cure palliative che impediscono di trasformare gli ultimi scampoli dell'esistenza in un’agonia lesiva della dignità che ciascuno di noi ha diritto di pretendere fino all'ultimo istante. Si tratta, ovviamente, di temi etici complessi, di cui si discute da tempo e con una grandissima articolazione di posizioni culturali, religiose e filosofiche che non è il caso di riprendere. L’elemento interessante, nello specifico, riguarda invece il livello e la qualità dell’hospice di Fabriano. E quando si parla del livello di una struttura come questa si fa, innanzitutto, riferimento alla qualità del personale. A partire da quello infermieristico che ho percepito come un vero e proprio corpo di élite.  Non solo per la professionalità dimostrata, ma anche per la consapevolezza del ruolo e per una profonda cognizione delle implicazioni etiche e morali connesse a quel lavoro. Agire fino all'ultimo istante di vita come se la persona malata avesse ancora davanti una intera esistenza – ed è quel che ho visto fare da Cinzia, Pierina e Stefania, giusto per ricordare qualche nome – ha dato una concretezza all'idea di dignità che credo vada riconosciuta e valorizzata come patrimonio che riguarda e coinvolge tutti i fabrianesi. Parlando con un importante dirigente della nostra sanità ho capito che l’hospice è ritenuto da molti una realtà che non merita troppa considerazione. Un po’ per questa sua funzione di limbo che prelude ad altro, un po’ per un pregiudizio diffuso secondo il quale sarebbe una sorta di luogo dell’abbandono, quando invece è uno straordinario spazio di umanità e di sollievo. Un po' perché forse la redditività delle prestazioni non è tale da smuovere interessi e passioni. Fabriano è una città colpita da un’abnorme quantità di tumori, che spesso si concludono con la morte di chi ne è colpito. Pensare al rafforzamento di una struttura come l’hospice, così importante ed essenziale, è quindi un investimento e un dovere per tutta la comunità. Sempre che la comunità sia abbastanza matura da superare pregiudizi e distorsioni che rasentano la rimozione freudiana.
    

11 commenti:

  1. Purtroppo i nostri grandi dirigenti riducono tutto al mero ritorno dei conti. (Per quel che gli conviene).

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  2. Parole sante Gian Pietro

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  3. Credo ci sia un problema di percezione anche da parte dell'opinione pubblica su questo tema

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  4. Credo invece che sia fondamentale far capire la qualità di questa struttura perché sono le eccellenze che qualificano e nel nostro ospedale ce ne sono molte sia tra il personale medico che infiermeristico. Meno , molto meno è lo spessore di chi amministra che spesso vanifica il lavoro degli operatori nei vari reparti!

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  5. bravo Gian Pietro ! in molti non hanno idea del grande servizio, l'umanità e la serenità di chi lavora negli hospice e di chi, + in generale, presta servizio in strutture socio-sanitarie in cui si condivide la quotidianità con i nostri anziani.L'opinione pubblica ne percepisce l'essenzialità, purtroppo, venendone personalmente a contatto in occasione di una malattia in famiglia. Questi reparti, il loro ruolo essenziale e le loro straordinarie specificità andrebbero fatti conoscere di +

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  6. non sei il primo, che mi parla bene di questo reparto...
    penso che chiunque ci sia entrato, ne sia uscito decisamente segnato; per il personale, non è una passeggiata, un ruolo del genere...è una vera e propria missione!
    quanto alla percezione dell'opinione pubblica, ci si "divide" tra chi SA, quindi elogia e vorrebbe mantenere, se non addirittura migliorare, questa struttura e gli altri...quelli che (fortuna nostra) ignorano ciò che avviene lì e cercano di non pensarci, nella speranza che non gli debba capitare di frequentare un posto del genere...
    è un comportamento ipocrita, dettato dalla paura...quando invece, è più importante sapere che c'è una certezza...quella struttura serve quotidianamente delle persone, nel momento più duro e difficile della loro vita; quando sei lì, non hai il carburante della speranza, ma solo la professionalità di chi assiste nella certezza che si può fare più solo quello.
    ______________________
    G.R.

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  7. l'hospice per averlo "vissuto" ben 3 volte e purtroppo tra poco ci sara' la quarta , è come una famiglia tant'è che quando finisce la degenza della persona cara , si sente un po' anche la mancanza di quel bellissimo reparto

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  8. al di là delle scelte delle grandi menti se investire o meno sull'hospice (cmq strutture ormai presenti in tutte le realtà ospedaliere), concordo sull'eccelenza della struttura fabrianese. tra i vari nomi andrebbe sicuramente fatto anche quello della dott.ssa Silva che a mio avviso è il vero motore dell'oncologia fabrianese, e oltre ad essere un medico di eccelsa qualità, ha saputo creare e sviluppare una simile struttura, senza dimenticare quello che è e quello che fa l'associazione oncologica fabrianese.

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    1. Ho solo indicato i nomi delle persone che ho conosciuto in tre giorni di permanenza e che di certo non dimenticherò per l'umanità e l'impegno

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    2. non avevo dubbi, ma il tuo post (insolito rispetto ai temi politici normalmente trattati) mi ha dato lo spunto per citare la dott.ssa Silva. Non so se l'hai conosciuta ma meriterebbe anche lei un tuo post...
      Purtroppo si conoscono queste realtà sempre nei momenti peggiori, eppure queste esperienze così forti e dolorose ci costringono a riflettere, a interrogarci ed - in un certo modo - riusciamo a dare il meglio di noi.
      Solo che questo effetto sparisce in breve tempo e torniamo quelli di sempre. Almeno io ho questa impressione.

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  9. Roberta Ricci06 maggio, 2013

    Sono vicina col cuore a questa iniziativa, sia per motivi strettamente personali...sia perchè ho avuto la fortuna di apportare un minimo di sollievo ai degenti dell'hospice, grazie al servizio circolante della Biblioteca in Ospedale, in collaborazione con quella Pubblica. Anzi, approfitterei dell'occasione che ha fornito Simonetti per sensibilizzare chi di dovere: queste attività fanno sentire le persone malate meno sole, rispettate, "prese in considerazione" e non messe nel dimenticatoio........un grande merito ovviamente va riconosciuto alla Dssa Rosa Rita Silva.

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