Si discute, da qualche giorno, della possibile soppressione del presidio Polfer presso la Stazione Ferroviaria di Fabriano. Si tratta dell'ennesima falla che si apre nel corpo della città e che, ormai, fa somigliare Fabriano a un cartoon in cui un idraulico sconclusionato cerca disperatamente di mettere una toppa all'impianto, ma subito l'acqua si fa largo attraverso una nuova crepa e appena anche questa viene richiusa la stanza s'inonda attraverso l'ennesimo e sadico pertugio. Una volta è il Tribunale che chiude, poi la Stazione dei Carabinieri declassata a tenenza, quindi l'Ufficio delle Entrate che trasloca, e ancora l'officina riparazioni delle locomotive a rischio chiusura e infine il taglio del reparto di ostetricia e il caso Polfer. Di fronte a questo rutilante contesto di soppressioni e dismissioni le istituzioni hanno risposto limitandosi a rincorrere i problemi, appunto come farebbe un affannatissimo idraulico della Disney, senza chiedersi per quale ragione non ci sia ambito della vita cittadina in cui non si facciano i conti con un cornicione in bilico o con un muro portante che barcolla e forse crolla. La ragione è molto semplice anche se, per mille motivi di psicologia collettiva, risulta estremamente difficile da riconoscere e accettare: Fabriano è una città che perde pezzi non certo a causa di una congiura esterna o di una pura e semplice strategia penalizzante di spending review - messa in campo dagli enti pubblici coinvolti - ma perchè ha perso importanza e si stanno, quindi, sfaldando le tante sovrastrutture che avevano contribuito a sopravvalutarla, facendone un piccolo centro di gran lustro, di smisurata ricchezza e di enorme potere. E' accaduto quel che accade nella favola di Cenerentola: allo scoccare della mezzanotte la carrozza è ritornata ad essere zucca e gli eleganti cocchieri simpatici topolini di campagna in cerca di formaggio e granaglie. Esiste quindi un problema di approccio, ossia prendere razionalmente atto che Merlonia è diventata Cartoonia. Accettare questo violento e rapidissimo cambio di pelle non è facile per nessuno e anche ieri - nei tanti commenti postati in questa pagina sull'ipotesi di una Indesit con gli occhi a mandorla - si è potuta cogliere la deformazione percettiva di chi si ostina a non accettare la realtà, immaginando multinazionali che arrivano a Fabriano con in tasca denaro contante e ambiziose strategie di sviluppo di questo territorio. Nell'incapacità di elaborare il lutto siamo tutti personalmente coinvolti e non sorprende che il Sindaco si faccia interprete e megafono di questo dolore irrisolto, quando si mobilita sul caso Polfer - come già fece su molti altri temi e falle - soffermandosi sui dettagli invece che sulla sostanza più compatta e inquietante. E' vero, come dice il primo cittadino, che la soppressione del presidio Polfer crea un problema aggiuntivo di sicurezza, ma non è questo il punto cruciale. La realtà amara - e lo dico anche con note sentimentali legate alla mia biografia personale e familiare - è che la stazione ferroviaria di Fabriano non è, e non potrà, più essere un punto nevralgico della politica dei trasporti regionale e interregionale, perchè non siamo più quel centro economico propulsivo in grado di giustificare il mantenimento di una stazione che diventerà sempre più di transito piuttosto che di incrocio strategico. E da questo punto di vista sarebbe anche il caso di ricordare che, già alcuni anni fa, maturò una feroce polemica in merito alla scelta di Trenitalia, poi in parte rientrata, di sopprimere alcune fermate fabrianesi dei treni Eurostar. Su questi temi bisogna essere franchi a costo di apparire brutali: il Sindaco, rispetto ai singoli casi di soppressione, non può fare di più di quel che sta facendo, perchè alla politica non compete più alcun ruolo dignitoso e incisivo ma soltanto la produzione di intenti e di slogan. Ma sicuramente Sagramola può richiamare i fabrianesi a una nuova consapevolezza e cioè che Fabriano è ormai, in tutti i sensi, un centro minore che deve iniziare a pensare e a riflettere sul futuro, partendo da questa identità e dai punti di forza e di debolezza che la nuova configurazione determina. Purtroppo, invece, si preferisce continuare con le illusioni cenerentoliane, con "i sogni che son desideri" e con le rimozioni freudiane di chi rinuncia a guardare la realtà giocando con le parole e con le visualizzazioni, con i distretti creativi e con le etichette Unesco. Maddechè!
26 febbraio 2014
25 febbraio 2014
Il rischio cinese su Fabriano
I principali quotidiani nazionali
nell’edizione di oggi
– a partire dal Corriere della Sera e dal Sole 24 Ore – dedicano grande attenzione al caso Haier. Il gigante cinese degli
elettrodomestici ha, infatti, appena sottoscritto con la Regione Marche un
memorandum d’intesa per favorire lo sviluppo “di progettazioni e produzioni ad alta tecnologia da parte delle aziende
del settore per sostenere i livelli occupazionali e produttivi nel comparto
degli apparecchi domestici e professionali in forte difficoltà”. Come
scrive giustamente il Corriere della Sera, questo accordo tra la multinazionale
cinese e la Regione Marche potrebbe anche non essere il segno d’altri sommovimenti
in atto, ma di certo la mossa non è sfuggita alla sensibilità “animale” degli
investitori, che hanno letteralmente fatto schizzare verso l’alto il titolo
Indesit in Piazza Affari. Così come non è di secondo piano lo spiffero relativo alla disponibilità
dei cinesi di pagare un prezzo per azione assolutamente vantaggioso e remunerativo la famiglia Merloni. E non è un caso che il Sole 24 Ore - quotidiano di Confindustria e quindi tradizionalmente bene informato – sulla
vicenda dell’accordo tra Marche e Haier titoli espressamente “Il gruppo in pole position per Indesit”.
Inoltre, da fabrianesi abbiamo chiara nozione anche di un ulteriore aspetto e cioè
che il Governatore della Marche è uomo che proviene dal gruppo Merloni e
che, nonostante la grande autonomia acquisita nel corso di un lungo tragitto
politico, non incarna sicuramente il profilo dell’amministratore lontano, o peggio
ancora ostile, alle ragioni e agli interessi della Famiglia. Si tratta quindi di
segnali forti che spingono in una precisa direzione, anche se tutti sanno bene quanto le operazioni di merger
and acquisition siano ricche di colpi di scena e di repentini cambi di
scenario. E’ probabile, comunque, che nel giro di poche settimane la vendita della Indesit
a un grande gruppo mondiale - pudicamente e ipocritamente
rinominata partnership - troverà una soluzione
ufficiale e definitiva. E quale che sia l’identità e la provenienza dell’acquirente
Fabriano dovrà fare i conti con grandi cambiamenti strutturali. ma in modo particolare se alla
fine dovesse prevalere la soluzione cinese. Trasformazioni che non
riguarderanno soltanto l'organizzazione, le strategie e l'operatività della Indesit ma anche il profilo futuro della città e del
territorio. La situazione che stiamo
vivendo – 50% di fabrianesi in età da lavoro fuori dai processi produttivi – è talmente
grave da illudere i cittadini che il trasferimento della proprietà di Indesit dalla
famiglia Merloni a una realtà capitalistico-comunista, sostenuta dal più
potente totalitarismo planetario, possa essere qualcosa di routinario e indolore. Se
sarà Haier i fabrianesi devono essere consapevoli che la città diventerà un’enclave
cinese come lo è diventata, con altre modalità e per altre ragioni, Prato e il
suo sistema di produzione tessile, perchè la penetrazione commerciale del Dragone è sempre propedeutica alla penetrazione demografica di cui costituisce un trampolino. Tre anni fa su questi temi Edorado Nesi scrisse un bellissimo romanzo sociale (Storia della Mia Gente, Bompiani, 2011) che giunse a vincere il Premio Strega. Una narrazione dolorosa che descrive i rischi, le tensioni e
le frustrazioni di una comunità orgogliosa, come quella pratese, privata della cultura
del lavoro e dell’identità da una globalizzazione che, quando assume i contorni
potenti della “demografia cinese”, disarticola e consuma modi di vita, tradizioni
e abitudini radicate. E’ esattamente quel che potrebbe accadere a Fabriano e
che metterà in discussione strategie di adattamento e di sopravvivenza individuale e collettiva. Non è scritto
da nessuna parte che tutto ciò sia pregiudizialmente un male, ma è fondamentale sapere che,
comunque, nulla sarà più come prima. E poche cose mettono a repentaglio la
stabilità delle persone e delle comunità come un cambiamento che si afferma in
tempi strettissimi, perché non sono le trasformazioni in sé a stravolgere la vita ma l’accelerazione
feroce a cui, talvolta, ci sottopongono.
24 febbraio 2014
Il pagellone della settimana
Urbano Cotichella voto 8
Si mormora che, nell'ambito della riorganizzazione del personale, il mitico geometra del Comune sia stato accantonato senza tanti complimenti dopo più di trent'anni di onorato servizio. Come Zucchero prevedo inondazioni. E non del Giano. Giudizio critico: esondante!
Giuseppe Pariano voto 7
Dona il gettone di presenza dell’ultimo Consiglio comunale alle famiglie dei disabili che fanno terapie in piscina,
mentre il resto della maggioranza tace e incassa. Una domanda sorge spontanea: ma Pariano è ancora espenente del Pd? Giudizio critico: disancorato!
Mauro Cucco voto 6
Propone di istituire un mediatore che faciliti il rapporto tra imprese e burocrazia. Ma per facilitare si deve conoscere la burocrazia e per conoscerla serve un burocrate, ma se è un burocrate si dedicherà a complicare e non certo a semplificare. Elementare, Watson. Giudizio critico: candido!
Giancarlo Sagramola voto 5
Assieme al collega Sindaco di Pergola
chiede il ripristino della linea ferroviaria Fabriano-Pergola,
invocando i motivi turistici e proponendo una linea unica con Civitanova,
per dare vita - udite udite - a una “superstrada ferrata interna con tempi ridottissimi di
percorrenza”. Giudizio critico: maddechè!
Giuseppe Galli voto 4
Dopo la battaglia contro la
nomina esterna in sostituzione del dipendente comunale in mobilità, nel braccio
di ferro col Sindaco esce sconfitta la linea dell’assessore alle attività
produttive, ormai unico gallo nel pollaio vuoto. Giudizio critico: chicchirichiante!
Giancarlo Bonafoni voto 3
Dopo aver dichiarato eterna inimicizia alla
maggioranza per non averlo sostenuto nel ricorso sull’attribuzione dei
seggi, ritira le critiche e organizza una cena ipercalorica di consiglieri di maggioranza
e assessori presso il Dopolavoro Ferroviario. Giudizio critico: democristiano!
Su Ostetricia taccia Saitta e parli il Direttore d'Area Vasta
Giorgio Saitta ha un merito
indiscusso, quello di aver contributo con l’Associazione Oncologica Fabrianese –
di cui è fondatore e Presidente – all’istituzione dell’assistenza domiciliare
oncologica e alla realizzazione dell’Hospice, la struttura residenziale per
malati terminali poi meritoriamente finanziata dal Prof. Abramo Galassi. Si tratta
di attività di grande rilievo, che meritano il rispetto e la riconoscenza di
tutti i cittadini fabrianesi. Ma, altrettanto nettamente, va detto che un conto
è il Saitta medico e un conto il Saitta politico, perché professione privata e
capacità di governo non sono mai troppo correlate, tanto che non è infrequente fare
i conti con fior di professionisti politicamente fallimentari e magari
imbattersi in soggetti di modesto percorso professionale ma capaci di brillare
nella gestione della res publica. Il
Saitta politico si era presentato sulla scena quasi in modalità pre renziane, promettendo guerra alla malattia,
all'emarginazione e alla povertà e preannunciando un tempo in cui attorno
al "sociale" si sarebbe combattuta una vera e propria crociata buona. Ma poi era inciampato in una dichiarazione da “poliziotto
del cielo” rilasciata all'Azione nel mese di luglio del 2012, in cui teorizzava una opinabile funzione della politica come sentinella dei costumi e della rettitudine
morale della persona. Una sgassata da stato etico che lo costrinse a un primo
periodo di silenzio, interrotto qualche mese dopo dall’annuncio, non esattamente epocale, dell’approvazione
del Regolamento di accesso dei cani ai parchi pubblici. Poi una sostanziale sparizione di circa
un anno, fin quando, a fine 2013, si cominciarono a tirare le fila del famoso
“supermercato dei poveri” sulle cui modalità di istituzione e di gestione oramai piovono pietre e domande che l’assessore evita e aggira con il movimento saittante di un’anguilla
del Polesine. E negli ultimi giorni una nuova opportunità mediatica: la paventata
ipotesi di chiusura del reparto di ostetricia dell’Ospedale Profili. E’ un tema
che Saitta ha preso letteralmente di petto, rilasciando interviste radiofoniche e dichiarazioni
sui giornali. Quel che colpisce – al di là delle opinioni che ciascuno di noi
può esprimere sui processi di razionalizzazione delle strutture sanitarie – è il
modo in cui Saitta ha deciso di intervenire sull’argomento e cioè come se, in quanto
assessore comunale, avesse voce in capitolo e poteri d'intervento in materia di decisioni riguardanti l’azienda
sanitaria. Al punto che stamattina il Corriere Adriatico lo presenta ai lettori come assessore alla sanità, delega di fatto estinta in
corrispondenza con i Dlgs del periodo 1992-1993 che hanno sancito l’estromissione
dei Comuni dalla gestione dei servizi sanitari. Ragion per cui Saitta non ha
titoli e poteri per sostenere che “insieme
al primario Lamanna stiamo cercando di raggiunge questo numero (i 500 parti
annui n.d.a.)”. Nel senso che può certamente svolgere una privata e
discreta azione di moral suasion sul
Direttore Generale della Asur, sul Direttore dell’Area Vasta o sullo stesso Governatore,
ma senza ricondurre questa attività diplomatica alla funzione assessorile perché questo approccio – oltre a configurare un’interferenza
rispetto all’operato di una struttura pubblica che è stata da tempo ripensata
in termini autonomi e privatistici – costituisce una
finzione politica che crea confusione e alimenta facili aspettative nei cittadini. Su questo tema l’unico legittimato a interpretare il senso comune
della popolazione è il Sindaco. Non in quanto titolare di poteri di
intervento, di cui lui stesso non dispone, ma perché nella sua figura si
riassume il concetto della rappresentanza politica della comunità locale. Eppure, come al
solito, nessuno si è preso la briga di intervenire per delimitare con chiarezza i campi di intervento,
le responsabilità politiche e gestionali e le prerogative dei diversi soggetti
coinvolti. I cittadini hanno firmato una petizione sul mantenimento della
divisione di ostetricia, e lo hanno fatto in presenza di una normativa che
stabilisce il tetto minimo di nascite necessarie a giustificare il mantenimento di quel reparto. Sarebbe, quindi, il caso che fosse direttamente il Direttore dell’Area Vasta a spiegare ai
fabrianesi quali strategie si intendano adottare in materia. Senza che il solito silenzio della tecnostruttura lasci campo libero ai megafoni
impropri e agli assessori che oltrepassano disinvoltamente le deleghe e i poteri attribuiti loro dal primo cittadino e dall'ordinamento.
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