30 giugno 2014

Il caso Indesit e le parole d'aspartame



Le sintetiche dolcezze del caso Indesit

LA PAROLA ASPARTAME: ALLEANZA
La vendita di Indesit è stata sistematicamente trattata e proposta ai lavoratori e ai fabrianesi, senza il risparmio di un’oncia d’aspartame. Serviva rendere più gradevole un certo retrogusto amaro di sconfitta epocale ed edulcorare la consapevolezza che il ciclo di vita di un modello industriale - come ogni cosa umana - è entrato nella sua fase terminale. In questi casi, un buon dolcificante aiuta ad ammansire il fiele che si mette in circolo e fa bene anche per melassare le critiche e i dissensi, seppur tardivi, che possono improvvisamente emergere. E’ stata sufficiente una parola per fare strage di realismo e incanalare l’umore non proprio ribollente delle genti pedemontane: alleanza.

IL RETROPENSIERO DELLA PAROLA DOLCIFICANTE
Lavoratori e cittadini hanno subito fatto tesoro della parola magica, perché "alleanza" fa pensare a una relazione mite, a interessi che convergono, a visioni che si allineano gradualmente, a soggetti che trovano l’uno nell’altro il pilastro risolutivo delle proprie debolezze. L’alleanza non è una somma, non è una fusione, ma una moltiplicazione di valore che non intacca l’autonomia delle organizzazioni e non altera i poteri di controllo e di governo delle strutture coinvolte. Dietro l’illusione di una Indesit in cerca di partner con cui siglare alleanze strategiche per sbaragliare il mercato, ha covato il desiderio di un’operazione che non cambiava assetti produttivi, modelli di organizzazione, livelli occupazionali e relazioni industriali. C’era l’illusione di un’acquisizione senza razionalizzazioni ed economie di scale, senza cannibalismi produttivi e di mercato, senza ricerche di produttività e senza ristrutturazione.

L’ILLUSIONE DELLA SOLUZIONE CINESE
Fino al punto di prediligere una soluzione cinese perché i cinesi prendono, pagano e se ne fottono di ragionare per efficacia ed efficienza. Una semplificazione che poteva funzionare fino a qualche tempo fa ma che, oggi, non fa i conti con la capacità del sistema imprenditoriale cinese di assorbire e mettere a frutto i modelli produttivi e organizzativi occidentali. Di fatto, sul tappeto, non c’è nessuna alleanza paritaria, ma proposte non vincolanti che prevedono l’acquisizione di pacchetti azionari finalizzati a modificare la proprietà e fanno scattare l’offerta pubblica di acquisto (OPA), visto che Indesit è una società quotata in borsa. C’è attesa e curiosità, come se il prevalere di Whirlpool, di Electrolux o dei nuovi cinesi apparsi all’orizzonte, possa determinare una variazione di destino – per i lavoratori e per i fabrianesi - quasi comparabile alla differenza che sussiste tra il giorno e la notte.

IL PROBLEMA DELL’ESIGIBILITA’ DEGLI ACCORDI
In realtà ci sono alcune questioni importanti da affrontare, e che sono tali a prescindere da come terminerà questa partita stranissima e lenta. A partire dall’esigibilità dell’accordo siglato da Indesit e sindacati nel mese di dicembre del 2013. Un accordo legato a due punti chiave, come la nuova dislocazione delle produzioni tra siti produttivi italiani ed esteri e i relativi livelli occupazionali necessari per supportare quelle linee strategiche.

NON C’E’ ACQUISIZIONE SENZA RISTRUTTURAZIONE
Con tutta la buona volontà è davvero spericolato immaginare un grande player internazionale che subentra a una proprietà e si allinea ai piani industriali e occupazionali di chi si è preoccupato di redigerli per garantire il massimo valore potenziale al proprio pacchetto di azioni in vendita. Comunque vada e chiunque vinca si profilano tempi duri per la nostra gente e per questo territorio perché ogni acquisizione che si rispetti si tracsina dietro scelte e strategie di ristrutturazione. E stavolta non ci saranno la Famiglia e i soliti noti del giro della politica a tenerci il culo al riparo dalle correnti.
    

6 commenti:

  1. sempre più grillo parlante!!

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  2. QUELLO CHE I SINDACATI NON SANNO
    Se Indesit sarà acquistata da whirpool Indesit morira' e insieme morira' la JP Industries perché attualmemente sta lavorando solo per Whirpool.Sara' una catastrofe per tutti i lavoratori ma questo i sindacati non lo sanno.Morta un'azienda sono pronti a dedicarsi invano ad un'altra ,quando morira' anche quella ne troveranno un'altra e cosi' via,Quando saranno morte tutte le aziende moriranno anche loro ,ma anche questo i sindacati non lo sanno.Moriremo comunque ma almeno combattiamo cosi' almeno non moriremo da soli.

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  3. GPS da dipendente non quadro non importante posso solo dirti che una buona parte di pulizia è gia stata fatta la maggior parte del lavoro sporco lo hanno fatto prima di vendere... Ne manca ancora.. Io non mi sono mai illuso.. Non so chi abbia mai pensato che non avrebbero venduto...

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  4. Sindacati in Italia sono un male assoluto non fanno gli interessi dei lavoratori da molto tempo

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  5. Credo che la soluzione migliore è la Cinese Chancong, o comunque un'altro Cinese chicchesia. Loro non hanno mercato Italiano e la Chancong in particolare non fanno elettrodomestici. I partner Occidentali sarebbe un vero e propio disastro. Questa è la mia umile opinione al riguardo.

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    1. Bene i cinesi, così nel giro di un anno acquisiscono know how e portano tutto in oriente.

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