23 ottobre 2013

Il "riformismo" di MPM e la creatività del conflitto sociale



Ci sarebbe molto da commentare oggi, perché la città sembra di colpo ravvivata e scossa da spigolature, curiosità e notizie. Tra le news principali, restando ben saldi in un quadro di rimozione freudiana, c'è la nomina di Fabriano a città creativa dell’Unesco per nobile arte cartaria. Siamo solo noi e Bologna a fregiarci del titolo, quasi a formale riprova che il creativo - non ce ne vogliano tanto per dire i toscani e il neostatista fiorentino - aleggia prevalentemente in queste due contrade. Se così fosse vorrebbe dire che l’Italia tutta è più che mai decaduta. Ma siccome la creatività è, probabilmente, l’ultima scorza di know how che resta a disposizione del Belpaese, è naturale e non certo malizioso ritenere sia il brand di città creativa a non essere più di tanto attrattivo, forse in quanto dispensatore di risorse episodiche e irrisorie che non consentono effetti moltiplicatori e auspicate rinascite. Ma la città ha bisogno impellente di infiltrazioni di ottimismo per lenire il dolore da primato perduto e non sarà certo questo blog preoccupato e impressionista a nascondere trombette, mascherine e stelle filanti: pane e circo forever, anche se ultimamente i forni locali scarseggiano di granaglie. Da parte nostra ci limiteremo a osservare le celebrazioni e a fare gli aruspici del dopo sbornia, tenendo sempre in tasca una bustina di Minerva anche se, pasolinianamente, ben sappiamo che “l’intelligenza non avrà mai peso, mai”. La seconda notizia più che notizia è curiosità politica: Maria Paola Merloni si è dimessa da Vicepresidente di Scelta Civica dopo le critiche che l'ex salvatore della patria Mario Monti ha rivolto agli undici senatori sottoscrittori del documento di sostegno a Letta sulla legge di stabilità. Secondo la senatrice di Bellaluce il problema è che Scelta Civica – come già in passato il Pd – vive e agisce in evidente abisso di riformismo. Purtroppo la parola riformismo, che nacque per tutelare il socialismo da ogni tentazione soviettista, è diventata un abito mentale diffuso, un concept adattissimo e adattabile per nobilitare l'alternarsi di rinunce e militanze. Al che viene pure da chiedersi se siano scelte di vero e prezioso conio riformista i 1.425 esuberi della Indesit di cui la senatrice è azionista, o se sia adamantina ispirazione turatiana il prolungato e ininterrotto silenzio della Famiglia o il tentativo, ormai palese, di giocare a "sindacato buono e sindacato cattivo" pur di disporre, a stretto giro di posta, di un accordo con cui iniziare a macinare rilanci e ristrutturazioni. E a proposito di Indesit chiudiamo con qualche spigolatura. Radio fabbrica narra di assemblee infuocate negli stabilimenti fabrianesi, di un incipiente scollamento tra i lavoratori e le sigle che cercano l'appiglio firmaiolo, di forme spontaneiste che evocano ritorni ai cobas tanto radicali quanto apolidi nel sistema delle relazioni industriali bianche e paternaliste. Un clima ribollente in cui è facile che prendano forma e peso variabili non contemplate dai pianificatori del percorso lineare e dell’accordo in amicizia. E anche questa è, probabilmente, una delle mille forme di declinazione del "creativo", applicato alle linee spezzate e  vagamente cubiste del conflitto sociale. E chissà che l’Unesco, al dunque, non consideri patrimonio dell’umanità pure questo ultimo miglio di una vertenza a rischio oscuramento a causa del nuovo giubilo mondiale di arti e mestieri.
    

11 commenti:

  1. non abbiamo più tempo per le certificazioni e riconoscimenti, o si mettono a fare o la società la famiglia si disgregherà in pochi mesi, a Fabriano non c'è lavoro nelle agenzie non ci sono offerte e quelle che ci sono sono false, siamo allo step finale, stiamo morendo

    RispondiElimina
  2. Fabriano non può vivere di Unesco. L’industrialismo di Miura è fondato. Ma forse preferiamo consolarci guardando da un’altra parte

    RispondiElimina
  3. I riconoscimenti sono giochi di salotto lì nascono e muoiono. Ulteriore conferma che i nostri rappresentanti vivono completamente scollegati dalla realtà. Quando ti abitui ai privilegi che ti circondano nell'ambito di certi ruoli istituzionali la crisi la vivi solo per sentito dire.

    RispondiElimina
  4. Condivido pienamente... finché non hai paura di guardare la cassetta della posta o di fare un estratto conto vuol dire che la crisi te la metti alle spalle in un attimo

    RispondiElimina
  5. ed anche oggi è finita questa bella giornata di merda nella città senza lavoro...me la sbatto la creatività se non ho da mangiare

    RispondiElimina
  6. Secondo me è tutto molto più amaro di quello che si pensa. Non è che non vedono la crisi perchè sono lontani dai problemi che porta: la crisi la vedono bene, e sanno benissimo che sono cazzi di chi non ce la fa. Loro ce la fanno, altri 15mila ce la fanno. Pensionati, dipendenti pubblici, piccoli proprietari terrieri, cartai, piccoli imprenditori ( è ovvio che non chiuderà il 100% delle fabbriche, magari il 60% si, ma non più....), proprietari immobiliari, proprietari terrieri, "artisti" che magari vivono di rendita....questi qua sono i nuovi fabrianesi. E chi non ce la fa? Chi non ce la fa FUORI, via da Fabriano, e prima accade e prima chi resta sarà felice. Sanno benissimo che la nuova Fabriano sarà a misura di non più di 20-22mila persone. Sanno che dovrà spopolarsi. Sanno che chi rimane qua senza lavoro soffre, allora ti guardano, ti sorridono nello stesso modo in cui sorridono ad un barbone, un pazzo o un disabile, e ti dicono "la crisi è brutta", ma se ne fregano. Sanno che ci saranno nuove gerarchie. Sanno che devono cercare di entrare o rimanere nella Fabriano che conta, di tirare avanti fino alla pensione. I liberi professionisti stanno morendo, ma non tutti. Muoiono quelli con studi grandi, che facevano lavorare sottoposti che non possono più pagare. Quelli piccoli e i giovani che fanno tutto in una stanza sopravvivono bene. Saranno loro a raccogliere l'eredità degli avvocati e dei commercialisti più noti, degli ingegneri e degli architetti a spasso. E gli altri? Gli operai che fine faranno? Gli ex-operai hanno 2 possibilità: emigrare o vivere nell'indigenza. Chi può vende la macchina. Chi ha un orto torna a coltivarlo. Alcuni faranno lavoretti in nero. Alcuni saranno costretti alla microcriminalità. Molti vivranno con le pensioni e con i conti in banca dei genitori, finchè potranno. L'ostacolo più duro da affrontare è quello nella testa: NON C'E' FUTURO, ma nessuno lo dice. Allora si continua a sperare, in molti continuano a rimandare una partenza, si continua a non cercare un'alternativa. Si spera e si pensa che "non può toccare a me". Intanto, ai piani alti si vince un bel titolo Unesco: una cosa eccezionale in tempi di vacche grasse, fosse arrivato 20 anni fa sarebbe stato il segno di una città che aveva capito il segno dei tempi. Adesso è una beffa, e possono festeggiare solo i "nuovi fabrianesi", quelli col lavoro sicuro, con la casa di proprietà, magari un pezzetto di terra e il culo al caldo.

    Samuele S.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A Fabriano chi è che non ha la casa di proprietà? il 95 % della popolazione non la ha. il restante è composto da immigrati (ma alcuni ce li hanno) e da emigrati da altre regioni.

      Elimina
    2. Volevo dire il 95% la ha.

      Elimina
    3. ha perfettamente ragione Samuele, voglio vedere chi andrà al Gentile da Letta e Prodi il 15 novembre

      Elimina
  7. Ti assicuro che c'è un 20% che non ce l'ha, e sono molti quelli che ne hanno 3-4 e le danno in affitto, non solo ad "immigrati" ma anche a giovani coppie "autoctone".
    E poi, se pensiamo che gli "immigrati" non siano fabrianesi sbagliamo di grosso: non è che bisogna esserci nati per far parte del problema ( o della soluzione). Dai, sforziamoci di uscire da logiche vecchie, su.

    Samuele

    RispondiElimina

Sarà pubblicato tutto ciò che non contiene parolacce, insulti e affermazioni discriminatore nei confronti di persone