5 luglio 2012

Una minoranza di peracottari

Mi è già capitato di scriverlo: se Atene piange, Sparta non ride. A un centrosinistra in affanno, che fatica a trovare la quadra e nuovi equilibri post sorciani, corrisponde un'opposizione che simula unità ma non converge su nulla; felicemente sfilacciata al suo interno e con tante parrocchie singolarmente convinte di rappresentare la summa della ragione e del valore. Fino ad ora la divisione è stata confinata nel retrobottega, come se le vergogne di Adamo possano essere coperte ricorrendo a qualche gigantesca e omertosa foglia di fico. Ma, come dicevano i nostri nonni, è inutile nascondere una cagata sotto la neve, perché tanto - prima o poi - la neve si scioglie e restituisce il regalino. E la liquefazione del manto è cominciata. A partire dall'ormai mitico ricorso sull'ineleggibilità di Tini. Evocato ogni giorno dal giorno del ballottaggio, appare e scompare dalla scena senza preavviso, consumando tempo, credibilità e certezze. Si vocifera di studi legali mobilitati, di sottoscrittori in affanno, di firme che vanno e vengono come le nuvole, di ventiquattrore che scoppiano di documenti e incertezze, di approfondimenti che si moltiplicano e allegati che impazzano. E i retroscenisti, ovviamente, mormorano, raccontano, si contraddicono, ma alla fine qualche indizio svolazzante resta comunque a disposizione di chi vuol vedere. Vi dico la mia: il ricorso sull'ineleggibilità di Tini raccoglierà poche firme tra i consiglieri di opposizione. Da quel che si vocifera saranno almeno sei su nove i consiglieri di minoranza che non sottoscriveranno l'atto antitiniano: chi per fare dispetto alla moglie partitica, chi per tenersi una porta aperta sul futuro, chi per non dichiarata contiguità col potere, chi perché "benaltro ci sarebbe da fare!", chi per mantenere relazioni e amorosi sensi consolidati nel tempo, chi per dissociarsi da promotori che fanno parte della stessa greppia dell'accusato. Credo che questo massiccio retrofront possa essere, in qualche modo, connesso anche con la drammatizzazione politica che del ricorso hanno fatto gli ideatori del lenzuolo antitini, esposto da qualche giorno in città. La politicizzazione spinta e non concertata divide e dà la sensazione che ci sia chi specula. E quale migliore occasione per dissociarsi di un fastidio ufficiale per certi toni pesanti e certe immagine pietrose? Ci vuole sempre un alibi per tagliare la corda con onore. Resta il fatto che si possono dare mille giudizi, articolati e diversi, sull'utilità di un uso massiccio dei ricorsi,. Chi scrive nutre, da sempre, infinite riserve sulla politica che ricostruisce la sua identità e il suo profilo attraverso le carte bollate. Ma il ricorso versus Tini, con il passare delle settimane, è diventato una cartina di tornasole dell'unità dell'opposizione più che un'ordalia sulla tenuta politica dell'assessore al bilancio e della maggioranza di centrosinistra. Per ora abbiamo visto all'opera apprendisti stregoni che hanno evocato l'ineleggibilità di Tini, l'hanno utilizzata come strumento di pressione politica e hanno promesso di mettere la maggioranza a ferro e fuoco, a costo di intasare tutti i tribunali della Repubblica. Poi al dunque c'è chi marca visita, chi ha mal di pancia e chi ci ripensa. Ho la netta sensazione che Tini resterà al suo posto, più forte che pria, e sarà la minoranza, panciafichista come non mai, ad essere spazzata via. Perchè se uno non ha il coraggio di sostenere posizioni e battaglie è molto meglio che eviti ogni accenno a quelle stesse posizioni e battaglie che già sa che non desidera combattere. Abbaiare alla luna, come fa il cane da pagliaio, e poi correre a cuccia quando c'è da mordere è indole non da oppositori ma da peracottari. Sagramola annuisce e ringrazia.
    

3 commenti:

  1. la così detta "opposizione da carta stampata"...
    bisognerebbe tenere sempre da conto il detto: prima di cominciare una battaglia, devi essere disposto a subirne le conseguenze ed a combatterla

    poi,però, sono in parte convinto che Tini, al bilancio, sia un personaggio che sta al posto giusto...almeno, diciamo che ha le competenze necessarie per poter fare qualcosa di buono...o anche no.
    ____________________
    G.R.

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  2. Diciamo che immaginare i conti di sanità e comune in mano a una sola persone non è proprio il massimo per chi come me è un sostenitore del federalismo a tutti i livelli. Mi sembra una tendenza ipercentralista da stroncare. Al di là delle competenze.

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  3. questo, è il pericolo....in effetti.

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