17 marzo 2014

Cara Fiom su Indesit c'è più poco da fare


 

Da diverse settimane ho smesso di seguire, con sistematicità e attenzione il caso Indesit, che aveva tenuto banco su questo blog per tutta la durata della vertenza. Una disattenzione razionale, che non nasce dalla stanchezza ma dai fatti e, principalmente, dall’esito di quella battaglia su cui avevano puntato non solo i lavoratori coinvolti ma anche una parte importante e non nichilista della città. Il caso Indesit, è bene non dimenticarlo, fu letteralmente sprangato con la firma dell’accordo proposto dall’azienda e il ritorno all’ovile della Fiom, dopo il voto di sostegno quasi bulgaro all’accordo espresso dai lavoratori nel referendum indetto tra le maestranze. Un accordo che ratificava, giusto con qualche diplomazia di circostanza e qualche necessario “lavaviso” per il sindacato, tutte le decisioni adottate dall’azienda col Piano di Salvaguardia del giugno 2013. Di fatto si trattò di una resa incondizionata, di una debacle generata anche dal rifiuto sindacale di misurarsi con i reali problemi di redditività e competivitità dell’azienda. Una sottovalutazione dello scenario di mercato che impedì alle federazioni metalmeccaniche di proporre una piattaforma alternativa, limitando il negoziato a una lotta a oltranza poi spentasi in una notte - sicuramente più patetica che drammatica - al Ministero delle Attività Produttive. Una resa trasformata mediaticamente in un accordo difensivo ma dignitoso, nonostante contenesse il declino di fatto delle produzioni fabrianesi a vantaggio di quelle destinate all’area casertana. E di questa finzione resta indelebile, nella memoria dei fabrianesi, la rimozione dello striscione da palazzo Chiavelli, espressione clamorosa di subalternità del sindacato e delle istituzioni locali al potere d’impresa e ai propri limiti di visione. Da qualche settimana, negli stabilimenti fabrianesi della Indesit, sono riprese le agitazioni sindacali perché l’azienda sta facendo quel che l’accordo gli consente sostanzialmente di fare: intervenire unilateralmente nell’applicazione della cassa integrazione e piegare i contenuti dell’accordo al primato delle sue esigenze, anche disarticolando altri ambiti delicatissimi come quelli riguardanti criteri, natura ed enetità del premio di risultato. Il punto cruciale è che il modo in cui è maturato l’accordo tra Indesit e sindacati ha totalmente sbilanciato gli equilibri delle relazioni industriali, mettendo a repentaglio l’esigibilità dell’accordo, ormai incardinata nella pura e semplice sovranità dell’impresa e al netto di qualsiasi ipotesi paritaria e concertativa. Ha quindi ragione il segretario provinciale della Fiom Bassotti quando sostiene che questa non è la Indesit che conosceva. Ma a suo modo questa espressione condensa anche un difetto di realismo, perché il nuovo profilo comportamentale dell’azienda è anche l'effetto di sistema prodotto dagli errori e dalle debolezze di un fronte sindacale facilmente sfaldabile a colpi di cassa integrazione e di ammortizzatori sociali. Ed oggi è estremamente difficile per la Fiom – in quanto firmataria dell'accordo e nonostante la riserva di credibilità accumulata grazie al lungo e ininterrotto “malpancismo”  – alimentare una mobilitazione dei lavoratori, convincerli che sussistano margini di azione possibile, rilanciare un clima di coinvolgimento che si è consumato nell’istante stesso in cui il sistema delle aspettative, generato dalla mobilitazione e dalle parole d’ordine del sindacato, si è declinato in un accordo che ha raffigurato plasticamente un gap incolmabile tra le attese dei lavoratori e la loro percezione dell’esito della vertenza. Il risultato favorevole alla Fiom delle elezioni dell’11 e 12 marzo per le RSU delle sedi impiegatizie della Indesit, può aver consegnato alla Federazione di Landini la sensazione di un nuovo spazio di manovra da mettere rapidamente a frutto. A partire dagli stabilimenti di Melano e Albacina. Ma il punto è che l'accordo del 2013 ha delineato uno scenario nuovo che non può essere rimosso disinvoltamente, perchè mentre la vittoria è sempre chiara e univoca la sconfitta è bifronte come il volto di Giano: si può perdere bene e perdere male e la differenza tra le due possibilità è clamorosa e profonda quasi quanto l'oceano che separa la vittoria dalla sconfitta. Il sindacato e i lavoratori Indesit, con l’accordo e il referendum del 2013, hanno perso e perso male. E questo è un dato che tutto contagia e tutto condiziona perché un conto è risollevarsi dopo una battaglia persa e un altro è simulare un ritorno in scena a guerra finita, con le condizioni di agibilità stabilite dalla durezza o dalla magnanimità della controparte.
    

2 commenti:

  1. La zona franca a Fabriano è la cassa integrazione per tutti!!!

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    1. La zona franca e' farla franca

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