E'
stata firmato l'accordo sulla mobilità alla Cotton Club, sottoscritto
dall'azienda, dalle organizzazioni sindacali di categoria e dai rappresentanti
della Regione Marche e del Comune di Fabriano. Si tratta di un accordo di fine
corsa, perché quando si tratta sulla mobilità vuol dire che è giunto il tempo
dei licenziamenti. E i licenziamenti in Cotton Club saranno 50 su una forza
lavoro di 72 dipendenti; licenziamenti che diventeranno operativi entro il mese
di agosto. L'accordo prevede la restituzione rateizzata di alcune mensilità
pregresse (come se pagare gli stipendi abbisogni di accordi aggiuntivi rispetto
a quanto previsto dal contratto di lavoro), un incentivo di 1.200 euro per
l'uscita volontaria (cifra che somiglia più a un'elemosina che a un contentino)
e l'impegno formale dei lavoratori a non impugnare il licenziamento considerato come
clausola di esigibilità dell'accordo. Dal canto suo l'azienda si impegna a
mantenere sul territorio quel che resta della sua produzione, a procedere a
eventuali nuove assunzioni scegliendo tra i lavoratori Cotton Club licenziati e
riconoscere una corsia privilegiata, nelle lavorazioni esterne, a imprese e
laboratori eventualmente costituiti da lavoratori licenziati. Ovviamente si
tratta di un impegno che riguarda il futuro e che proprio per questa sua
congenita incertezza non può contemplare clausole specifiche e chiare di esigibilità. E
sappiamo bene che senza esigibilità e senza sanzioni connesse, gli accordi
tendono a restare lettera morta. E' quindi difficile che questo impegno alla
territorializzazione della ripresa produttiva possa rappresentare un qualche
motivo di sollievo per i cinquanta lavoratori della Cotton Club che, nel giro
di qualche settimana, si troveranno senza lavoro. Ma in una visione generale,
estendibile anche ad altre realtà, è utile riflettere su come estendere ad altre realtà aziendali fabrianesi in crisi clausole di mantenimento di una relazione produttiva tra azienda e territorio.
In questo senso è fondamentale che sindacati e istituzioni lavorino per
garantire tutte le necessarie azioni di monitoraggio, proprio per dare sostanza e
concretezza agli impegni sottoscritti dall'azienda. Questo elemento di
contrattazione territoriale va, quindi, tenuto in considerazione anche per affrontare la
prossima bomba a orologeria, quel vero e proprio Vesuvio sociale che incombe
sullo spirito pompeiano dei fabrianesi e cioè la crisi della Tecnowind.
Parliamo di un'azienda gestita da un Fondo straniero, interessato per mission a
conseguire, in una pura logica finanziaria, una redditività degli investimenti
superiore a quella dei Titoli di Stato. L'assenza di cultura industriale e
il profilo puramente finanziario della proprietà hanno determinato una situazione molto critica, che
coinvolge 350 lavoratori soltanto nella nostra città, e che probabilmente
prelude a esiti dolorosi dovuti alla dimensione dell'indebitamento. Da voci
di corridoio pare che la banche siano disposte a intervenire sul credito
ingente che vantano nei confronti dell'impresa, ma solo in presenza di
un'acquisizione incentrata su una figura imprenditoriale in grado di fornire
garanzie di impegno, continuità e rilancio di un'azienda che produce tutto a
marchio del cliente, ossia incarnando un terzismo ormai incompatibile con la
dinamiche competitive del mercato. In questo quadro è fondamentale
territorializzare la crisi, mettendo attorno a un tavolo le banche creditrici, in modo tale da raggiungere un compromesso sul credito che garantisca la
vendibilità dell'azienda, il mantenimento della produzione a Fabriano e una
politica di eventuali riassunzioni con corsia privilegiata per i
lavoratori espulsi dal processo produttivo. Il tutto, in una logica di do ut des, in cambio di un
accordo aziendale sulla produttività, sulle retribuzioni e sulla flessibilità
che possa rigenerare l'utile industriale dell'impresa sperimentando forme di
democrazia economica e di partecipazione anche societaria dei lavoratori. C'è
da agire subito perché stiamo parlando di un numero di lavoratori che non si
distanzia molto dal livello di esuberi fabrianesi annunciato da Indesit e in quanto serve
davvero a poco fare la voce grossa quando alle cure mediche subentrano
direttamente l'estrema unzione e l'obitorio.
10 giugno 2013
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Il tempo divora velocemente un intero distretto industriale. Non hanno avuto nè lungimiranza nè capacità. Sono state utilizzate politiche simili alla filosofia della coperta corta. Copri la testa e scopri i piedi e viceversa. Ora è tardi per qualsiasi azione tantomeno per convegni sulla delocalizzazione. O si hanno le idee chiare per azioni drastiche e tempestive o continueremo a sbatterci su inutili ciance.
RispondiEliminaazioni drastiche e tempestive......siamo in guerra
EliminaSì vista la portata dei fuoriusciti dal lavoro
EliminaSi, ma quali azioni drastiche? Occupazioni ad oltranza (ppoi ci saranno i crumiri) oppure azioni a livello di riconversione (alle quali non credo proprio) ?
EliminaLe azioni drastiche sono il salvataggio di aziende magari costituendo cooperative, spesso si chiudono società che hanno valore commerciale solo per crisi di liquidità e questo è un controsenso. Distruggi un patrimonio che è difficile da costruire. Di certo si deve operare su tutti i fronti possibili, si devono unire le forze magari utilizzando part time le competenze che al momento attuale sono escluse dal mercato del lavoro. Si devono creare partnership, ed incentivare imprenditori a ampliare la loro unità produttiva anche a Fabriano visto che gli edifici inutilizzati cominciano ad essere di più degli utilizzati. Deve intervenire la Politica smettendola di piangere sul dato di fatto che non ci sono più i soldi ma lanciando idee e progetti. Anche a costo di rompere il corto circuito burocratico che frena ogni iniziativa.
EliminaLe cooperative? e poi chi le gestisce? I capetti che prima erano capo turno ed adesso stanno a fare a gara a chi lecca il culo meglio per salvarsi il posto? Ma suvvia, un pò di sano realismo.
EliminaPremesso che non sono molto favorevole alle cooperative ma in Umbria i lavoratori e quindi non chi vende fuffa hanno salvato aziende cotte. Come dicevo prima se un minimo di rendita commerciale esiste non hai bisogno di capetti pseudo scienziati. Sarebbero tutti soci e tutti coinvolti nella gestione anche se principalmente esiste la figura di Presidente ma nominata dai soci. Comunque non ho la pretesa di avere la bacchetta magica ma tra il lamentarsi e l'agire esiste un divario enorme. <il primo non porta nulla il secondo forse puoi commettere errori ma ci hai provato.
EliminaSono convinto che le trattative in questa fase così delicata debbano essere concertate ed eseguite con tutti gli interlocutori presenti allo stesso tavolo.
RispondiEliminaNel caso Cotton Club, pur di fronte alla crisi della Società, l'accordo ha previsto l'obbligo di mantenere la produzione residua, così come quella che ci sarà in futuro sul territorio, anzi più specificamente Comune di Fabriano con destinazione in via prioritaria alla Cotton e tutta la restante parte ai fasonisti che già lavorano ed occupano ulteriori maestranze.
Tale accordo prevede, ove sarà possibile, il reinserimento dei lavoratori in esubero attraverso il mantenimento della produzione sul territorio favorendo l'inserimento nelle aziende esistenti o la costituzione di una cooperativa di lavoro.
L'accordo è stato siglato con la mediazione dell'Amministrazione Comune di Fabriano, partecipazione della parte datoriale e stretta collaborazione con le organizzazioni Sindacali.
Ritengo che nel caso Tecnowind si debba replicare lo schema allargando la partecipazione al ceto bancario.
E' mio personale convincimento che l'assenza materiale dell'Ente locale Comune alle trattative possa impedire un controllo effettivo e la reale possibilità di mantenere i livelli occupazionali o comunque adoperarsi per tale risultato.
In questo caso dipenderà da Tecnowind capire se intende gestire l'intera vicenda con rapporti uno a uno o piuttosto in forma concertata.
Ass.re Politiche del Lavoro
Avv. Giuseppe Galli
Assessore non discuto l'attività svolta per il caso specifico della Cotto Club. Ma vista la portata delle aziende coinvolte in questa crisi ritengo che vadano affrontate con altrettanta forza le attività che riguardano il territorio. Ed in questo senso credo che debbano essere coinvolte tutte le parti interessate. In primis le associazioni di categoria che dovrebbero dimostrare di tenere monitorato il loro parco iscritti. Nel senso che sapendo e conscendo le singole aziende dovrebbero classificarle per potenzialità di espansione per criticità ecc (non mi dilungo troppo ma se desidera un confronto sono disponibile) poi successivamente và fatta una azione presso le Banche chiedendo che vengano definite in tutta trasparenza dove e come intendono intervenire ( con la finalità di anticipare ulteriori criticità e capirne la loro disponibilità per il territorio). Fondazioni, personaggi locali conoscitori di tessuti industriali diversi, magari ex Dirigenti a riposo che possano dare un contributo. Capire bene cosa si ha come risorsa e su cosa sarebbe opportuno iniziare un'azione di sviluppo. Politica imprenditori compresi. Le azioni solitarie non ci salvano e sarebbe ora di avere il coraggio e abbattere i muri e unirsi per un obiettivo comune.
Eliminatroppo disastro troppo !
RispondiEliminaè un disastro che prima o poi si sarebbe verificato. Lo sapevamo tutti anche se era più comodo rimuoverlo. Tre anni fa scrissi su l'azione un articolo in cui dicevo che avremmo fatto la fine di Sheffield dopo la chiusura delle miniere. Mi presero per matto ma di fondo eravamo tutti d'accordo che la fine era quella
RispondiEliminaTutti a fare Full Monty, tanto le palestre sono piene, e finchè son piene quelle la gente non muore di fame.
EliminaBasta con le lotterie!
RispondiEliminaUna cosa da fare è la riduzione dell'orario di lavoro fabrianese (e dello stipendio) di circa un 15/20%,per poter dare lavoro e dignità a chi disoccupato. Questo è anche l'unico sistema per far si che tutta la cittadinanza sia realmente interessata.
ci fosse anche una defiscalizzazione del lavoro, saremmo a cavallo...ma ce la faranno???
Eliminaormai è dal secolo scorso che s'è capito che il lavoro costa troppo, ma nessuno c'ha messo mai una pezza.
___________________
G.R.
Che Fabriano sta facendo una bruttissima fine ce ne siamo accorti tutti.da qui a qualche anno le cose cambieranno in maniera epocale,purtroppo.
Eliminapiangerci addosso non serve a niente.
Cerchiamo di trovare soluzioni,per quanto improbabili e non di facile realizzo.
Tu dici "RIDURRE L'ORARIO DI LAVORO FABRIANESE" potrebbe essere una soluzione.
Secondo me,per quanto non ci piaccia,prima o poi verra' adottata anche a livello nazionale.
Una volta si diceva"lavorare meno per lavorare tutti" be...adesso volenti o nolenti dobbiamo farlo per forza.
(alla faccia dei sabati e domeniche da lavorare)
Il tempo ci dara ragione??????
oggi chi ha 70anni mi ha detto che al borgo si vendevano le pecore, la fine sarà questa? ritornate ai pascoli? per gli altri non hi parole qui gli indistriali di battono il petto pet la crisi ma hanno siti produttivi in altri paesi dove gli affari vanno a gonfie vele! coglioni siamo noi che ancora gli crediamo, vedrete sta volta va a finire male ma molto male.....
RispondiEliminaMagari !!!
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