Ieri Dario di Vico - Vicedirettore del Corriere della Sera, quotidiano dell'establishment economico finanziario italiano - ha ripreso e rilanciato una proposta dell'ex deputato del Pdl Maurizio Castro sulla possibilità di dare vita a un polo italiano degli elettrodomestici, guidato da Indesit, aggregando gli stabilimenti italiani di diversi produttori del bianco. In questo modo si determinerebbero sinergie, economie di scala, recuperi di competitività e, forse, anche risorse da destinare all'innovazione tecnologica che - secondo Castro tra l'altro anche ex manager di Electrolux - nel campo dei frigoriferi sarebbe addirittura ferma agli anni sessanta. Si tratta di un'ipotesi suggestiva ma di difficile realizzazione per diverse ragioni che, in parte, sono facili da immaginare e supporre. Non ultima la vera e propria dismissione culturale che ha spinto la politica, da almeno venticinque anni, a escludere dal proprio orizzonte qualsiasi ipotesi di politica industriale e di programmazione pubblica dell'economia. Certo sarebbe stato interessante se l'ipotesi fatta propria dal primo quotidiano italiano, avesse trovato una qualche sponda nella riflessione del Presidente del Consiglio Enrico Letta ha consegnato al Sindaco Sagramola. Il premier, invece, ha bypassato la questione limitandosi a ricordare che il Governo sta seguendo con attenzione la questione Indesit. Che tradotto dalla micro-lingua politichese significa che il Governo intende rimanere alla finestra e che i problemi del "bianco" vanno collocati in un quadro più ampio che è quello della crisi complessiva del settore metalmeccanico. E nel settore metalmeccanico chi conta non è il comparto degli elettrodomestici ma quello automobilistico, ossia la Fiat. Ciò significa che Letta, dal punto di vista dell'interesse nazionale, ha ben chiare le priorità: prima il mantenimento delle produzioni automobilistiche, come previsto dal programma di Fabbrica Italia, e poi, se avanza qualcosa sarà possibile parlare anche di Indesit e dintorni. E' quindi politicamente pericoloso forzare i significati e le posizioni perché, diversamente da quel che scrivono oggi i quotidiani, non ci sono davvero le condizioni per sostenere che Letta abbia rassicurato Sagramola. Quelle parole, comprensibilmente generiche e formali, nulla aggiungono e nulla tolgono alla dimensione e alla portata dei problemi e alle implicazioni del Piano di Razionalizzazione presentato da Indesit. Ma non sorprendono perché il Governo è per sua natura terzo rispetto alla negoziazione tra le parti sociali. Può sollecitare, stimolare, fare pressioni per avvicinare azienda e sindacati ma non certo imporre, perché la teoria e la prassi concertativa non contemplano e non prevedono azioni prescrittive da parte di organi istituzionali. A livello di Governo si è fatto invece riferimento alla possibilità di ricorrere ai contratti di solidarietà, con l'obiettivo di diminuire l'orario di lavoro e mantenere inalterati i livelli di occupazione, applicabili per le aziende per le quali può essere disposta la cassa integrazione straordinaria. Ma anche in questo caso si tratterebbe di una possibilità da esplorare in sede di negoziazione sindacale e non certo di un provvedimento che possa essere imposto direttamente dal Governo violando l'autonomia del confronto tra le parti sociali. Giusto per la cronaca. E senza comunicato Ansa.
Certo ex manager Electrolux.. che sta chiudendo in Veneto.. Vuoi tenere l'elettrodomestico in italia ? o tagli la pressione fiscale sulle aziende oppure il medio basso di gamma non ha margine se prodotto da noi. Date un'occhio a Natuzzi e avete l'ennesima storia. Indesit non puo permettersi di produrre da noi e o non vendere o vendere a margine quasi 0. Colpa solo del'azienda ? o della politica ? un operaio Tedesco compra prodotti tedeschi e pure medio alti perchè il suo stipendio è adeguato. Immaginate l'operaio italiano che produce il medio alto, non lo potrà mai comperare. Non parliamo certo dell'operaio che costruisce una ferrari ma di un operaio che costruisce un prodotto che con condizioni differenti potrebeb acquistare. Ma, e ora parlo di fantapolitica, ha senso prendere le tasse da un operaio e poi dargli la cassa, doverlo "mantenere" con sgravi oppure era meglio detassare gli stipendi bassi ? E defiscalizzare chi non cassaintegra ? Questo paese è costretto a dirti paga le tase la e poi prendi i soldi di qua per mantenere la PA, lo vogliamo capire ? Questo paese non può permettersi di distruggere le sue sanguisughe !
RispondiEliminaGli statali son la rovina dell'Italia, mantenuti dai sindacati. Bisognerebbe fare come in Grecia, taglio netto degli statali, finissero anche loro tra i disoccupati.
Eliminatuttavia col taglio degli statali non è che la situazione in grecia sia migliorata poi tanto...c'è solo più gente che sta nella merda...
Elimina"detassare chi non cassintegra"...ecco, fosse stato fatto, probabilmente, negli anni, tantissime ore di cig non sarebbero state chieste...
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G.R.
GPS, che stimo, è un buon analista politico, ma si è rivelato un pessimo commentatore economico.
RispondiEliminaCon questo post sposta responsabilità dall' Indesit al "Governo", e riguadagna credibilità.
Ho vissuto in Veneto e il problema in Italia è appunto quello della politica Industriale della nazione, inesistente!
Grazie sempre e comunque...qui si discute animatamente....
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