Ieri l’Amministratore Delegato della Indesit Company Marco Milani ha rotto la strategia del silenzio, rilasciando una lunga intervista al Resto del Carlino. Lo ha fatto proprio mentre Susanna Camusso arringava i pochi operai confluiti in Piazza del Comune, così che l’evento sindacale fosse anche mediaticamente oscurato dalle attesissime dichiarazioni del CEO. A dimostrazione che questa vertenza si gioca pesantemente anche sul terreno, oramai strategico, della comunicazione. La coincidenza temporale tra le dichiarazioni di Milani e la manifestazione della Camusso non è, quindi, un fatto casuale, ma l’effetto della debolezza e della crisi di consenso trasmessa dal sindacato con il comizio del segretario generale della CGIL. Una risposta maoista quella del Presidente di Indesit, stile “bastona il cane che affoga”. L’intervista di Milani, tra le altre cose, è stata il primo vero successo mediatico realizzato dal vertice dell’azienda dopo l’annuncio del Piano di salvaguardia e razionalizzazione e dopo le dichiarazioni di esplicito dissenso messe nero su bianco da Francesca Merloni, a nome dell’altro ramo della famiglia. L’operazione mediatica lanciata ieri dal vertice Indesit aveva una specifica finalità: dividere lavoratori e sindacato, dando il colpo di grazia a quel filo che ancora – ma chissà per quanto - lega operai della Indesit e organizzazioni di rappresentanza. Milani lo ha fatto in modo sottile, meditato, con parole opportunamente studiate e con l’obiettivo di sparigliare e confondere la controparte. E quando c’è la guerra la prima a morire è la verità e la strategia di disinformazione assume un ruolo centrale rispetto all’esito del conflitto. Per questo Milani si è mosso con tattica leninista – un passo avanti e due passi indietro -, confermando senza mezzi termini che il Piano va avanti e che i 1.425 esuberi non si toccano. Ma invece di rivendicarne i contenuti, con l’orgoglio di un Cesare Romiti in Fiat, l’Amministratore Delegato di Indesit ha preferito rilanciare l’immagine di un manager costretto –quasi suo malgrado - a scelte dolorose ed emotivamente difficili. Come se i tagli fossero imposti da un’entità esterna, dal diktat di un mercato narrato come una divinità maligna che costringe e non da scelte deliberate e volontarie di maggiore remunerazione del capitale investito. In questo modo ogni parola di Milani emana costrizione, come se il Piano fosse un figlio adottivo da crescere con rigore e disciplina ma senza sentimento e senza amore. Un registro linguistico abile e funzionale a rompere l’assedio. Ragion per cui Milani può permettersi il lusso di rendere compatibili contraddizioni e contrasti in realtà insanabili: che Indesit delocalizza ma lo fa solo per restare in Italia, che ci sono 1.425 esuberi ma l’azienda non vuole licenziare nessuno, che si è disponibili a trattare col sindacato ma su un Piano che non può essere modificato. Stamattina i sindacati si dicono scettici sulle dichiarazioni del Presidente della Indesit, ma si sente lontano un miglio che le parole sul dialogo sono arrivate a destinazione e hanno alimentato, nei rappresentanti dei lavoratori, la solita, scontatissima illusione dello spiraglio che si apre. La verità è che stavolta la comunicazione di casa Indesit ha funzionato e bene. E Milani stamattina somiglia davvero alla Fiesta Ferrero: quella che ti tenta tre volte tanto. Missione compiuta.
20 giugno 2013
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
non si capisce come, quell'intervista era una presa per il culo palese anche a un chierichetto
RispondiEliminaStamattina i sindacati facevano gli scettici...ma dentro speravano e speravano...
RispondiEliminaAdesso bisogna pensare al Palio, poi al lavoro ci pesero da Martedì, perchè Lunedì è festa vero?
RispondiEliminasto weekend andamoce tutti mbriaca che è meglio poi dalla prossima settimana pensamo a sto macello!
RispondiEliminasi, si pensamoce dopo me riccomanno !!!
EliminaMisero popolo educato ad essere schiavo timoroso, protesti come se fosse una pausa al cambio turno, ormai avvilito aspetti la dolce dismissione totale, in una notte porteranno via tutto e al mattino troverai solo dei capannoni vuoti. È questa la moneta con cui ti ripagano. Ubriacati di vino e vomita sui sampietrini le tue disgrazie mentre i colletti bianchi sghignazzano sulle tue lacrime di sangue versate, t'anno tolto tutto l'orgoglio l'onore e la voglia di gridare, nasconditi perché non hai nemmeno la faccia da alzare. Triste è il popolo che non ha capito, che bisbiglia la sua fine e a passo lento con i chiusi occhi va verso il destino.
RispondiEliminaE quando avremmo dato fondo alle ultime risorse i nostri figli cominceranno ad andarsene... e questo sarà un paese per vecchi, si vecchi, ignavi e senza una storia da raccontare.
RispondiEliminaSe siete svegli è da un pezzo che ve ne dovevate andare, altro che aspettare la fine delle risorse.
EliminaConcordo! Ma che ve credete de fa? Il problema è strutturale
EliminaQuando 5 anni fa dicevo di cercare un'alternativa fuori Fabriano mi prendevano in giro. Adesso sento parlare di "figli che cominciano ad andarsene". Ho 37 anni, e i pezzi migliori della mia generazione se ne sono andati da Fabriano, e da un pezzo. I miei migliori amici ora lavorano a Parigi, Londra, in Spagna, a Doha, Dubai, in New Jersey: molti altri in Italia, nelle grandi città. I furbetti che si sono fatti imbucare dai propri genitori adesso temono per il loro futuro. E tutti continuano a pensare a queste decisioni della Indesit come a un tradimento, non riuscendo a capire che questo capitalismo non ha alternative.
EliminaSamuele
all'anonimo delle 18:37: hai ragione, il ragionamento non fa na piega
EliminaMisero popolo educato ad essere schiavo timoroso, protesti come se fosse una pausa al cambio turno, ormai avvilito aspetti la dolce dismissione totale, in una notte porteranno via tutto e al mattino troverai solo dei capannoni vuoti. È questa la moneta con cui ti ripagano. Ubriacati di vino e vomita sui sampietrini le tue disgrazie mentre i colletti bianchi sghignazzano delle tue lacrime di sangue versate, ti hanno tolto tutto l'orgoglio l'onore e la voglia di gridare, nasconditi perché non hai nemmeno la faccia da alzare. Triste è il popolo che non ha capito, che bisbiglia la sua fine e a passo lento con i chiusi occhi va verso il destino.
RispondiEliminaNino siamo nel 2013 viga la competitivita se non sei all'altezza chiudi
EliminaMa si...fin'ora ce semo raccontati le barzellette ..adesso raccontamoce le poesie !
EliminaNei giorni scorsi è uscito un articolo su un giornale nazionale dove a parlare è la terza generazione della famiglia Merloni, Andrea e Maria Paola, dichiarando che “Fabriano non si tocca”. Peccato, sono solo parole. Parole che il loro padre “predicava e sosteneva”, lui convinto che il cuore pulsante della Indesit era Fabriano. L'azienda fu fondata negli anni trenta da Aristide Merloni, imprenditore così attento al futuro dell'impresa e della famiglia che già alla fine degli anni sessanta aveva organizzato la società in tre divisioni.
RispondiEliminaAl caro Vittorio assegnò gli elettrodomestici. Noi tutti crediamo che sia stato un “personaggio” capace di fare i propri interessi. La storia ci racconta che nel 1987 ci fu l'entrata in Borsa e l'acquisizione di Indesit che andò a sostituire il nome di “Merloni Elettrodomestici” e diventò marchio Europeo. Grandi cose per l'azienda e allo stesso tempo grandi cose anche per i cittadini fabrianesi e comuni limitrofi, perchè si apriva in questo territorio il modo del lavoro. Tante famiglie investirono la propria vita nell'azienda di Vittorio, azienda dove si è vero si lavorava, ma c'era anche tanto rispetto nei confronti dell'operaio; azienda che, con il passare degli anni, fece crescere intere famiglie.
Oggi a rispondere è la terza generazione di operai, che da tanta rabbia è travolta e l'unico desiderio che ha è gridare al mondo intero e a questo sistema marcio, sporco e corrotto che vuole continuare a vivere dignitosamente e raccontare questa storia. Non possiamo e non vogliamo immaginare che si possa far finta che non stia succedendo nulla!!!!!!! Tutti noi vorremmo essere fiduciosi sperando che i nostri politici possano capire che il lavoro, e di conseguenza l'occupazione, è un problema enorme, da risolvere al più presto.
A questo proposito vorremmo denunciare anche il fatto che la signora Maria Paola Merloni andò a bussare a casa di tutti i cittadini del suo comprensorio per chiedere il maggior numero di voti per la sua candidatura alle ultime elezioni, ottenendo la vittoria al Senato. Adesso siamo noi operai a pretendere da Maria Paola una soluzione immediata riguardo gli esuberi e per salvaguardare la sua città dal declino, dalla disperazione e dalla povertà.
Quando MPM ha bussato alla tua porta chiedendoti il voto, glielo hai dato?
EliminaSe si adesso sono affari tuoi.
dici "una soluzione immediata riguardo gli esuberi e per salvaguardare la sua città dal declino, dalla disperazione e dalla povertà"...declino probabile, disperazione improbabile, poverta...ma come ce pensi!
Eliminada Maria Paola una soluzione immediata???? Aspetta e spera...la prospettiva è ...il cane de Luzi. La Merlonia non era e non è un posto statale, non era obbligatorio lavorarci
RispondiElimina