Il Piano Indesit è molto chiaro e la chiarezza solitamente paga. Il
titolo della "multinazionale senza più nazionalità italiana" vola in Borsa e gli azionisti
capitalizzano rapidamente l’annuncio, cumulando denari sulla promessa di strutture più leggere, di minori costi, di necessarie e indispensabili economie. Inoltre - tra le molte operazioni che fanno lievitare il titolo - la nuova dirigenza ha pure sbaragliato, in poche ore, una mitologia resistente e di lungo periodo, che rappresentava la Indesit Company come gruppo dialogante e gentile, in prima linea nella costruzione di relazioni industriali moderne e partecipative. Il sindacato, invece, è stato messo all'angolo, a dimostrazione che non sono più i tempi che Berta filava, e ciò aggiunge problema a problema, rendendo ancora più cupa la sofferenza dei lavoratori, sbalzati di colpo in un fotogramma del film Il Cacciatore, con i vietcong che giocano alla roulette russa puntando la pistola
sulle tempie dei prigionieri. I tagli di personale, con ogni probabilità, saranno
profondi e trasversali. Non solo per dimagrire uffici e funzioni ma anche per fare
fieno con la paura, servendosi di quel modo di agire che, da sempre, divide e
seleziona tra i sommersi e i salvati. Non a caso stamattina, sul
Messaggero, vengono rilanciate dichiarazioni anonime di operai e impiegati che
si cimentano con un’affermazione che è un classico dell’autolesionismo oltre
che l’impronta di una coscienza di classe assolutamente incompiuta e
primordiale: “speriamo non tocchi a me”. Ossia il futuro appaltato alla dea
bendata, al caso, alla benevolenza dei capi, al giro di caricatore vuoto, cinicamente dispensato dai vietcong. E’ una cultura
individualista a cui non bisogna indulgere perché è capace di scavare fossati e
solchi franosi, linee di faglia letali per la tenuta sociale della comunità
fabrianese. L’azienda lo sa e ci punta per erodere il dissenso e
affermare il suo proclama di smantellamento. Sia chiaro: il destino dei
lavoratori Indesit potrà variare di qualcosa e soltanto sul piano quantitativo, ma se sarà
questo l’approccio prevalente i salvati saranno i primi a rompere le righe, a
dissociarsi dalla vertenza, a ricercare canali personali di riparo e
salvezza, a dipingere di giallo e di crumiro le proprie strategie di sopravvivenza. E non c’è modo
migliore di fregare i lavoratori che dividerli, convincendoli che la lotta è
inutile, che esporsi mette a rischio il culo e fa comodo solo
a minoranze arrabbiate che hanno altri obiettivi rispetto alla difesa del
reddito e del posto di lavoro. Si tratta di un antico repertorio padronale ma
che a Fabriano – città metalmezzadra e senza coscienza di classe – può fare
ancora molto presa. Ma se l’unità sindacale è condizione necessaria di certo
non è sufficiente a creare spazi di negoziazione praticabili. Occorre anche una
saldatura tra lavoratori delle linee produttive e impiegati delle sedi
centrali, superando quella frattura che, a partire dalla Fiat nel 1980, ha
sempre visto i colletti bianchi schierarsi sempre dalla parte della proprietà e
del management aziendale. La lotta sindacale è fondata innanzitutto sui
rapporti di forza, e solo in seconda istanza sulla mobilitazione e sulle
abilità contrattuali. . Ricostruire i rapporti di forza è
quindi di primaria importanza. E per farlo servono alleanze: unità tra le sigle
sindacali, unità dei lavoratori, saldatura tra operai e impiegati e da ultimo,
ma non certo per ultimo, l’alleanza di contesto, la solidarietà ambientale che deve
coinvolgere una intera comunità che si mobilita a fianco dei lavoratori della
Indesit. E questo è sicuramente il passaggio più difficile. Non possono esserne
artefici i sindacati, troppo a lungo percepiti come complici di tutte le
svendite e di tutti i peggiori accordi. Non può farsene interprete la politica,
unanimemente sputtanata e predisposta al tradimento e all'accordo col nemico.
Non può farsene carico una Giunta di damerini terrorizzati dalla sola idea di
un fumogeno che passa vicino alla grisaglia o alla fascia tricolore. C’è solo un
soggetto che sulla crisi industriale di Fabriano ha pronunciato, senza
deviazioni e senza parentesi, parole di verità e costruito spazi di attenzione
e di ascolto: la Chiesa. Quella che stiamo vivendo a Fabriano, e lo dico con
assoluto rispetto e come metafora di dolore, è infatti una via crucis del
lavoro, il Golgota di una povertà che è condanna e non certo libera e gioiosa
scelta francescana. La Chiesa di Fabriano – con il suo Vescovo, i suoi giovani sacerdoti
e la Pastorale del Lavoro - può essere il lievito cristianissimo di un recupero
di solidarietà e di dignità da condividere tutti insieme con i lavoratori della
Indesit. Perché mors tua vita mea è ormai soltanto la consolazione magrissima degli stupidi e
degli inutili.
5 giugno 2013
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La progressiva perdita di competitività del nostro territorio si sta riflettendo negativamente sui livelli occupazionali. Serve a poco strillare ai quattro venti (e lo fanno sia quelli che da venti anni sostengono gli equilibri di maggioranza nelle Marche, sia quelli che prendono i voti ma poi vanno al mare al ballottaggio rimanendo un inutile presenza politica). Servono misure reali, forti, concrete e questo non può essere fatto a caldo. Ma non ci nascondiamo dietro a ragionamenti senza senso, a richiami al’etica, ai legami con il territorio. Guardiamo in faccia la realtà! Piaccia o no la manodopera è un costo, come le materie prime, l’energia ed i trasporti. Se si ha rispetto per chi lavora si deve affrontare il problema senza ipocrisia. Se vogliamo tornare ad avere lavoro per la nostra gente il sistema deve tornare ad essere competitivo. Abbattiamo il cuneo fiscale, abbattiamo il costo dell’energia, terminiamo la quadrilatero, utilizziamo i soldi per il rilancio industriale non per l’assistenzialismo perché una cassa integrazione che dura più di tre anni quello è.
RispondiEliminaNon vi piace la verità? Lo so è un discorso scomodo ma allora meno prediche e avanti cari signori che richiamate l’etica nei processi di produzione, avanti, c’è posto, mettete su una bella industria invece di parlare.
Caro Giampaolo chi come noi viene dal socialismo sa bene che etica e produzione non sono manco parenti....e che il capitalismo è una pecora che va tosata. Ma chiudere in bilancio 2012 tra squilli di trombe e di bandiere e poi fare un piano a lacrime e sangue senza dire prima una sola parola ha poco a che fare con i fabbisogni energetici e con le strutture di costo. Non credi?
RispondiEliminaLa gente tende a dimenticare presto, allora copio e incollo dal tuo post del 18 febbraio Simonetti: "Ma quel che conta è quel che si racconta e pare che alla Cena di Genga fossero presenti: Giancarlo Sagramola, Sindaco del Pd; Maurizio Fini, candidato alle regionali per il Pd nel 2010; Roberto Sorci, ex Sindaco di Fabriano; Claudio Alianello, ex segretario cittadino del PD e attuale assessore ai Lavori Pubblici; Renzo Stroppa, Vicepresidente della Cmunità Montana; Guido Papiri, Presidente della Fondazione Carifac; Domenico Giraldi, Presidente della Carifac; Gian Mario Spacca, Governatore della Regione Marche. Le altre sono figure minori del Partito Democratico ma sempre e comunque iscritti di un certo peso. Ho chiesto all'amico piddino Gola Profonda il senso di questo convivio e la risposta è stata favolosamente nitida ed evasiva al tempo stesso: "Gli esponenti del Pd erano lì per amicizia con la Merloni, che è stata nel partito fino a qualche mese fa, e non certo per ragioni politiche". Insomma, una rimpatriata in amicizia, una conviviale tra vecchi sodali, un momento di affinità elettive ma non elettorali organizzato giusto otto giorni prima delle politiche. Un'iniziativa a cui, verso la fine, ha portato un saluto politicamente pesantissimo pure il Governatore Spacca che pare non fosse, invece, presente alla serata all'Oratorio della Carità col vicesegretario nazionale del PD Enrico Letta"
RispondiEliminaGià....quelle presenze erano già una prefigurazione del silenzio...a tale proposito sarà uno spasso leggere le dichiarazioni dei partiti di maggioranza in città. Sai che contorsionismi!
RispondiEliminaSe maria paola merloni avesse avuto più successo alle elezioni sarebbe stata una storia diversa??
EliminaNo! Piuttosto la candidatura ha allungato i tempi, ma il destino era segnato.
EliminaLa moda del produrre altrove è dilagante: l'Azione non si stampa più a Fabriano ma in una tipografia di Loreto dove costa molto meno per via che questi hanno le rotative e a Fabriano no.
RispondiEliminaNon ce salva manco Cavina!
Ma a Roma ci rappresenta Lodolini per conto del PD di Fabriano (del quale non capisco più nemmeno se ha un segretario) ... Lodolini dixit (oggi): "Non è nella delocalizzazione selvaggia, nella speculazione industriale, nella mera logica del profitto e della finanza e nell’indifferenza del destino dei lavoratori che può consistere la soluzione ai problemi della crisi dell’economia regionale, nazionale, financo internazionale".
EliminaForse a qualcuno le cenette elettorali cominceranno ad andare di traverso ...
C'è anche Letta, grande amicone de Sagramola !!!
Eliminada un tuo post di gennaio "Ma la Merloni ha parlato anche di altro, di una scelta fondamentale per il destino e il futuro del nostro territorio e cioè che Indesit non sarà venduta a qualche grosso player internazionale del bianco ma resterà saldamente in mano alla famiglia Merloni, unita attorno a prospettive di crescita e sviluppo. E' la prima volta, da anni, che appare all'orizzonte la notizia in controtendenza di un'azienda importante che resta invece di chiudere baracca e burattini e trasferire le produzioni in qualche paese in cui i lavoratori possono essere utilizzati come carne di porco."
RispondiEliminami pare fosse poco prima delle elezioni
AB
Assolutamente si! Era stata direttamente lei sui giornali a chiarire questo punto. In quel momento, nonostante le elezioni, quel pronunciamento sembrò abbastanza rassicurante e mi impegno a ritrovare nel mio archivio gli articoli di quei giorni. E ciò nonostante i molti segni di preoccupazione che circolavano. la realtà ha superato ogni immaginazione. Confrontata con quel che è accaduto la frase di quel mio post non solo è diventata vecchia ma sembra addirittura demenziale
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