19 giugno 2013

Verrà Susanna e avrà i tuoi occhi

Per parecchio tempo si è creduto all'occhio rivelatore e a quella grande mistificazione poliziesca e investigativa secondo cui l'ultima immagine prima della morte era destinata a restare impressa nell'occhio della vittima. Mi sono domandato quale sia stata l'ultima immagine stampata negli occhi di Susanna Camusso al termine della manifestazione di ieri pomeriggio, con quale sensazione visiva sia ripartita per Roma e che disegno negoziale abbia maturato annusando l'odore e l'umore dei lavoratori presenti in Piazza del Comune. Concludendo il suo intervento il Segretario Generale della CGIL ha augurato "buona lotta" ai lavoratori della Indesit, promettendo loro vicinanza, sostegno e condivisione. Ma da sindacalista di rango e di razza credo abbia sviluppato anche deduzioni un po' meno augurali e più amare che provo arbitrariamente a immaginare, simulando un discorso pronunciato sottovoce e non divulgato dai mezzi di informazione. "Cari lavoratori della Indesit, sono venuta a Fabriano a portare la solidarietà e il peso della CGIL, pur sapendo che questa città è stata per decenni un luogo nevralgico del paternalismo padronale e una frontiera inattaccabile di egemonia del sindacalismo collaterale al disegno dell'industrializzazione senza fratture. Ma sono venuta qua convinta che la vertenza Indesit rappresentasse una soluzione di continuità, un vero e proprio trauma sociale, economico e culturale capace di rappresentare una linea del Piave per il lavoro e per la sua cultura civile e solidale. Immaginavo un clima sociale incandescente, una mobilitazione furente e un conflitto al calor bianco. Non li amo in sè ma solo quando sono veicolo e occasione per dare alla lotta un senso e una prospettiva. Per questo ero convinta che si dovesse nazionalizzare la vertenza e fare di Fabriano e degli elettrodomestici una esperienza paradigmatica attraverso cui ricostruire una politica industriale in questo Paese. Osservando la piazza semivuota, gli applausi composti e stanchi, la totale assenza di qualsiasi segnale di devianza e la defezione di molti dei lavoratori che rischiano concretamente di essere messi nel tritacarne, mi sono convinta che in questa città c'è sicuramente un problema industriale e occupazionale serio, ma niente di diverso e di peculiare rispetto a quel che accade nelle realtà del bresciano, del triveneto o in certi distretti del Piemonte. L'impressione che ho avuto e che riporto con me a Roma è quella di una città che è ancora capace di attingere a risorse di welfare familiare e a patrimoni accumulati in una logica di trasmissione familiare, generazionale e parentale. Insomma cari amici non mi è parso davvero di intravedere il sacro fuoco della battaglia, il desiderio trasversale di essere tutti in una stessa barca da riportare a riva, quel mix di rabbia e di orgoglio che serve per fare di una esperienza di lotta una pratica di resurrezione corale e collettiva. Siamo con voi, amici della Indesit, ma dopo questa giornata ci è venuto il dubbio che forse non è Fabriano il luogo più adatto da cui far partire una esperienza innovativa di sperimentazione industriale, sindacale e sociale, valida come buona prassi per l'intero sistema produttivo nazionale". E' sempre difficile e abusivo immaginare e dare forma a un pensiero che non si conosce e di cui non ci sono segni tangibili. Ma per una volta, pirandellianamente, se non ho costeggiato per filo e per segno  i confini del vero, di certo mi pare di aver delineato le tracce del verosimile.
    

10 commenti:

  1. Esatto, condivido! A Fabriano c'e' ancora l'unto di famiglia e finche' continua questa situazione NIENTE di buono puo' venir fuori da questa citta', niente modelli pilota per il rilancio, niente idee.....! E se non si sbattono i diretti interessati, che si lamentano tanto ma a bassa voce e tra persone fidate, di certo la citta' non si muovera' per loro........! Io non sono INDESIT ma ieri c'ero sotto al sole almeno a sentire la pancia della citta'......

    RispondiElimina
  2. Tante persone di quelle 500 non erano indesit questo dovrebbe fa pensa

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Che so tanti quelli che non hanno un cazzo da fare

      Elimina
    2. Giusto. Continuiamo a far vedere che lavoriamo a testa bassa, non ci mischiamo con sti perdigiorno e diffondiamo (ulteriormente) questo verbo, poi quando nessuno potrà spendere più un soldo, la popolazione sarà dimezzata, rimarranno un alimentari, un tabaccaio e un bar ricordiamoci che la cosa non ci riguardava.

      Elimina
    3. Andremo a fa la spesa a Matelica

      Elimina
    4. deduco che lavori alle poste se stai così tranquillo che la baracca tua non chiude

      Elimina
    5. Beh tu fino a ieri ce si stato tranquillo?

      Elimina
  3. e manco erano 500...

    RispondiElimina
  4. No non è così la storiella viene reiterata in ogni piazza cambiano solo i nomi delle dinastie," sono stanca ho caldo cazzi vostri", forse è piú questo pensiero poco pirandelliano e molto piú pragmatico che aveva in testa...... e se fossero stati sul palco Andrea Merloni e Maria Paola Merloni chiamata in causa dagli operai con un flebile e timoroso " Maria Paola dove sei!" dicevo se A.M. e M.P.M. dossero stati in piazza sarebbero stati accolti con religiosa sudditanza senza ciglio ferire.

    RispondiElimina
  5. Misero popolo educato ad essere schiavo timoroso protesti come se fosse una pausa al cambio turno, ormai avvilito aspetti la dolce dismissione totale, in una notte porteranno via tutto e al mattino troverai solo dei capannoni vuoti. È questa la moneta con cui ti ripagano.

    RispondiElimina

Sarà pubblicato tutto ciò che non contiene parolacce, insulti e affermazioni discriminatore nei confronti di persone