12 giugno 2012

Chi di metalmezzadro ferisce....

Dopo lungo silenzio, complici le elezioni che deformano la realtà delle cose, è ritornata in scena una questione operaia che la città ha sempre preferito collocare a lato di se stessa. Un ritorno in tre atti. Atto numero uno. Il sasso in piccionaia lo ha lanciato Claudia Mattioli, cassintegrata Ardo neoletta in Consiglio Comunale, presentando un ordine del giorno poi approvato all’unanimità dal civico consesso. Quando si vota all’unanimità le possibilità sono due: o c’è una mobilitazione ardente che arriva fin dentro le istituzioni o ci si sbriga, tutti assieme, a togliersi di dosso una faccenda divenuta pesante da sopportare. Considerato il clima che si respira in città tendo a pensare si sia trattato di un’alzata di spalle collettiva, trasformata in uno di quei gesti che sono parte integrante della tirannide del politicamente corretto. Atto numero due. Sui giornali si ricomincia a leggere dell’indignazione degli operai esclusi dall’operazione J.P. Industries. Affermano di essere stati presi in giro dai sindacati, che avevano garantito il rinnovo della cassa integrazione straordinaria e una nuova fase di Legge Marzano. Come se la dialettica sociale fosse davvero appesa a una firma ministeriale e come se la deindustrializzazione del territorio possa essere scongiurata a colpi di denaro pubblico e di meridionalizzazione del lavoro e del non lavoro. Scena numero tre: venerdì affluiranno da tutta Italia i lavoratori Indesit per una manifestazione nazionale che fa seguito all’annuncio della chiusura dello stabilimento di None in Piemonte. Fabriano nuova capitale operaia quindi? Fa sorridere il solo pensarlo. Perché se a Fabriano ci fosse stata una cultura operaia molto probabilmente non saremmo in questa situazione. Non perché gli operai siano automaticamente artefici di una resistenza ai processi di deindustrializzazione ma perché, di norma, sono portatori di una visione “disperata” che è in grado di produrre forme negoziali creative, solidarietà e cultura comune. Ma Fabriano è una città operaia senza cultura operaia e non poteva che reagire così: prediligendo il silenzio e l’erosione solitaria, intaccando risparmi e patrimoni familiari, illudendosi di essere ancora città a problemi zero e disoccupazione sottozero. Leggevo qualche tempo fa sul quotidiano della Cisl, Conquiste del Lavoro, che la crisi Ardo è stata la più grave dopo quella Alitalia, sia per gli effetti diretti che per i contraccolpi sull’indotto. Allora immagini che gli operai facciano cose turche per fare del caso Ardo una metafora del declino nazionale e per difendere il posto di lavoro; ti figuri una città messa a ferro e fuoco non per il gusto di distruggere ma per tenere in piedi la ragione sociale di molte vite. Invece no. Neanche una manifestazione, di quelle col cielo grigio e le palle girate. Soltanto un presidio consumato in pochi giorni e la tendenza irredimibile a pararsi il culo da soli. Nulla a che vedere con le lotte degli operai della Tyssen a Terni, tanto per dirne una. Niente che potesse produrre letteratura e romanzo sociale e quindi identificazione. Nessuno scrittore fabrianese potrà mai scrivere un libro come Acciaio o come Storia della mia gente. Non a caso l’unica battaglia è stata quella per gli ammortizzatori sociali lunghi, ossia per una soluzione d’emergenza trasformata in forma cronica di sovvenzione improduttiva, che si fa sintomo di sconfitta proprio per il suo essere percepita come unico discrimine tra speranza e disperazione. La verità non detta è che hanno mobilitato di più tre operai appollaiati per qualche settimana su una gru o su un tetto che 2.500 cassintegrati del nostro territorio, che hanno preferito andare a funghi o passeggiare ai Monticelli – con le dovute eccezioni ovviamente – piuttosto che costruire una piattaforma sindacale degna di questo nome. Nel 1996, quando conoscemmo la prima crisi industriale locale con il caso Cartiere Miliani, venne in città un parlamentare di rango, che sintetizzò la situazione con una battuta che non ho mai dimenticato: non vedo copertoni bruciati, macchine rovesciate e cassonetti divelti. Non vedo gli effetti di questa crisi di cui parlate. Si trattava, ovviamente, di una boutade perché non è che una crisi esiste soltanto se si rivela attraverso forme luddiste, ma di certo era evocativa di un clima, mediatico e sociale, che è necessario per alimentare attenzione, consenso e soluzioni. La verità amara, che nessuno ha mai avuto il coraggio di sostenere, è che la Ardo è franata anche perché, come avrebbe detto Marx, qui c’è una classe operaia in sé ma non una classe operaia per sé, un ceto sociale senza coscienza sociale. Con il culmine simbolico d’inappartenenza raggiunto alle elezioni comunali quando gli operai hanno votato di nuovo per l’Udc, a ulteriore conferma di un individualismo che è la vera campana a morto di questa città. Un fatto che, da questo punto di vista, mi ha colpito è che una operaia combattiva e solidale come Barbara Imperiale abbia raccolto poco più di trenta voti alle comunali. In una città come Terni, realtà di storica coscienza operaia, sarebbe stata votata a furor di popolo. Qui è stata ingoiata dall’oblio come se quella forma di consapevolezza professionale e sindacale dovesse essere immediatamente rimossa dalla scena. Oggi assistiamo a una rabbia che, a Fabriano, si mette in moto da quel che resta del ceto medio e che, per ora, si esprime solo in termini di sommovimento elettorale. Ma senza un patto tra i produttori e una saldatura con la componente operaia il cambiamento non sarà mai economico sociale ma soltanto aleatorio e sovrastrutturale. Chi di metalmezzadro ferisce di metalmezzadro perisce.
    

13 commenti:

  1. analisi cruda, ma terribilmente aderente alla realtà...
    per anni ci hanno tenuto calmi col "bromuro" della sicurezza economica (dovuta all'abbondanza di lavoro), poi, dopo il lavoro, hanno usato la cassa integrazione (situazione in cui molti hanno sguazzato, credendosi benestanti, per poi risvegliarsi con la doccia ghiacciata dell'accordo "JP")
    in effetti, noi fabrianesi, abbiamo la presunzione di sentirci invulnerabili e per questo finiamo per pagare un prezzo molto più alto del normale per una crisi che abbiamo lasciato scorrere sotto i piedi, pensando di essere sul bagnasciuga della spiaggia di velluto.
    altro modo con cui hanno "ritoccato" le coscienze, sono le raccomandazioni...un sistema per cui in tanti non hanno avuto lo stomaco di ribellarsi a delle palesi prese per i fondelli, per paura di perdere i loro piccoli privilegi...
    privilegi, che poi, hanno scoperto che più o meno li avevano tutti gli altri.
    "pessimismo e fastidio"...

    ______________
    G.R.

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  2. Caro G. credo sia necessario cominciare a conoscere meglio la nostra città e il suo tessuto economico sociale. Sulla vicenda di Fabriano esiste una enorme mistificazione che è diventata senso comune e a breve pubblicherò una conversazione con uno storico locale che nel 1992 ha chiarito in un libro la vera storia economica e sociale del paesello a partire dall'inizio del '900

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  3. sono tutt'occhi....
    anche perchè non è mai tardi per cercare di ampliare il punto di vista
    __________
    G.R.

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  4. La frase sul "pararsi il culo" è la fotografia della storia lavorativa a Fabriano. La scenetta di Sagramola che mendica la questua al ministro per la proroga della C.I. è la cartina al tornasole dell'incapacità dei "politici" a Fabriano. Che hanno avuto vita facilissima con le pecore di Fabriano.

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  5. Diciamo che in negativo come fabrianesi abbiamo sempre fatto sistema. Ma solo in negativo. Pensiamo soltanto all'utilizzo della cassa integrazione che, in alcune realtà industriali locali, non veniva usata soltanto come strumento di scarico delle sovrapproduzioni ma anche come elemento di armonizzazione stagionale legato alla vita dei campi...vendemmie, mietiture...ecc. Il mantenimento in vita di un modello anomalo di relazioni sociali e industriali è stato pagato dalla collettività. E adesso chiedere che sia ancora la collettività a farlo inizia a puzzare di scrocco

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  6. La stessa analisi va applicata oltre che ai dipendenti, anche a quelli che definisco gli "imprenditori dimezzati".
    Capifrabbrica trasformati in terzisti con il miraggio del lavoro sicuro a vita, che hanno da subito rinunciato a mettersi sul mercato per "portare l'acqua con le orecchie" al cliente unico, illusi che questo "atteggiamento servile" (che nulla ha a che vedere con il "servizio al cliente"), li potesse salvare nei tempi magri che sarebbero inevitabilmente arrivati prima o poi.
    In realtà quando sono partiti con l'attività, gli accordi li hanno fatti, spesso a voce e con la stretta di mano, con dirigenti locali, gente che la sera o il sabato mattina li incontri per il corso e dai quali magari un briciolo di solidarietà cittadina puoi anche sperare di ottenere. Mentre oggi si ritrovano a trattare con manager, spesso giovinastri arrembati, venuti da Milano a fare la gavetta a Fabriano e che hanno come unico riferimento il proprio premio personale di fine anno: "tanto qua al massimo ci sto due/tre anni e chissenefrega dei danni che combino, li riparerà quello che viene dopo di me". Nessuno (associazioni di categoria) ha mai spiegato a questi ex-capifabbrica, che il cliente a cui "ha portato per anni l'acqua con le orecchie" non è la fatebenefratelli e che se i conti non gli tornano, ci mette due secondi a trovare un altro fornitore a mandarti a cagare.

    (ps.- la nuova grafica del blog non mi piace)

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  7. La nuova grafica nasce da un'esigenza postami da diverse persone che leggevano male il carattere bianco su marrone. Comunque grazie per la sincerità! G. Simonetti

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  8. A parte la grafica condivido pienamente il tuo commento. la managerializzazione delle imprese locali e la rottura dei rapporti di prossimità tra i cosiddetti stakeholders è una delle concause della crisi. Ma a fianco a questo c'è questo deficit storico di combattività operaia. Quando hai una classe operaia incazzata e orgogliosa non è così facile arrivare da Milano a fare ristrutturazioni e a tagliare teste. Li vorrei proprio vedere questi galletti inamidati...

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    1. Direbbe un certo Karl Marx: Operai e Imprenditori Dimezzati di Fabriano, Unitevi!

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    2. Forse direbbe così ma di certo nons arebbe uno spettro che aleggia su Fabriano!!!! Al massimo un piccione!

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    3. speriamo che non cachi!

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    4. L'anno scorso Sorci assoldì falchi ammaestrati per allontanare i piccioni dal centro storico....niente da fare cagano ancora...cagano sempre!! :))

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    5. Beati loro che cagano sempre, se ved e che magnano !!!

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