15 giugno 2012

Giancarlone il Carbonaro, leghista per caso


Ieri mattina sul Resto del Carlino è apparsa un’intervista di Alessandro Di Marco al Sindaco Sagramola. Intervista sulla sicurezza, a seguito dei recenti colpi messi a segno da bande di ladri in alcune abitazioni della nostra città. Nel leggerla, tra una strabuzzata d’occhi e l’altra, non ho potuto fare a meno di pensare a un episodio spassosissimo del Marchese del Grillo: il risveglio di Gasparino il Carbonaro, il sosia proletario di Alberto Sordi che si ritrova, per via di un’ennesima burla del divino Onofrio, nel letto del Marchese. Mi sono chiesto: ma che ha fatto Sagramola? Si è svegliato nel letto di Flavio Tosi? Già, perché nelle risposte a Di Marco c’è qualcosa di molto leghista e securitario: telecamere, illuminazione notturna, controllo del territorio, prevenzione, repressione. Parole d’ordine che conosco bene e, di certo, non fanno parte del bagaglio lessicale del cattolicesimo democratico e di sinistra. E allora mi sono immaginato Giancarlone il Carbonaro risvegliarsi di colpo, in un alberghetto di Pontida, in camicia verde da Guardia Padana, tutto sudato e urlante: “Padroni a casa nostra”!!!. Immagino gli sia costato alquanto assumere le sembianze di Flavio Tosi, ma spero vivamente che Tosi non lo venga mai a sapere, perché potrebbe essere lui a soffrire di brutto nel sapere chi è il suo sosia marchigiano. Perché non c’è niente di più estraneo alla visione di Sagramola dell’idea di sicurezza, di tolleranza zero e di repressione. Se è arrivato a fare il democratico in salsa leghista, e a sostituire la pasta in bianco all’olio e parmigiano col pesto alla genovese - saporitissimo, verde e padano –, è perché la situazione è arrivata al livello di guardia. Non c’è giorno, ormai, in cui una famiglia di fabrianesi non faccia i conti con la visita di qualche topo da appartamento. Nessuno dorme più tranquillo e si sta sempre sul chi va là. E’ una cosa che va avanti da anni ma è sempre stata rimossa, dalla coscienza pubblica e dalle decisioni politiche, per evitare scoperte spiacevoli e per non mettere in discussione la grande mistificazione della città accogliente, solidale, ospitale in cui si balla e si canta tutti abbracciati e affratellati. In passato c’era la sinistra radicale a dire sempre di no, accusando di leghismo qualsiasi espressione di buonsenso in materia di sicurezza. Oggi, almeno in teoria, il Sindaco ha le mani più libere, ma non credo che riuscirà a far sloggiare il buonista che c’è in lui e a imitare Zanonato, il sindaco Pd di Padova che si chiama Flavio (nome fatale per la sicurezza) ed è più securitario di Borghezio. Da leghista senza tessera e senza estremismi voglio dare un consiglio a Sagramola: metta mano al centro storico. E’ lì la radice del problema sicurezza a Fabriano. Dopo il terremoto del 1997 si è follemente scelto di ricostruire privilegiando le piccole case, i monolocali, gli appartamenti con pochi vani che hanno spinto le famiglie fuori dal centro storico; un centro storico da cui sono stati espulsi proprio i fabrianesi, che erano gli unici ad avere una relazione sentimentale e di cura con questa straordinaria porzione di spazio urbano. Quando un anno fa organizzammo, all’Oratorio della Carità, un convegno sulla sicurezza il Prefetto Michele Capomacchia, uomo di grande esperienza in materia e protagonista della sicurezza in realtà difficili, disse una cosa bellissima e interessante. C’è un modo solo per garantire la sicurezza: fare in modo che i centri storici si riempiano di nuovo di famiglie, di bambini, di mamme e papà con passeggini e carrozzine. La socialità è lo strumento più efficace per garantire la sicurezza perché, in natura, quando un pezzo di territorio viene abbandonato dai nativi c’è sempre qualcuno che arriva, lo occupa e magari lo devasta. Non c’è bisogno di fare tanta sociologia. Basta guardare Il Re Leone e le sue adultissime metafore. Quando i fabrianesi si riprenderanno il centro storico la sicurezza comincerà ad essere qualcosa di concreto e rassicurante. E sono convinto che ci sia più sicurezza nella battaglia per la riapertura del Ponte dell’Aera che in cento telecamere piazzate nelle zone calde. Pensateci un attimo e capirete il perché.
    

1 commento:

  1. Sergio Ballanti16 agosto, 2012

    Come si fa a nn essere d'accordo. Purtroppo, la linea seguita dalla varie amministrazioni succedutesi a Castagnari (stoppato proprio quando cominciava a indirizzarsi verso scelte diverse)sono andate tutte verso lo stesso senso: svuotamento del centro storico (non si poteva fare il multisala al S.Francesco?), vita dei pochi cittadini "resistenti" resa immpossibile dal chiasso notturno proveniente dagli ubriachi appena usciti dai nuovi "wine bar" (adesso si chiamano così le osterie), pisciate sui portoni e auto rigate. Sono contgento che citi la battaglia per il ponte dell'Aera come volontà di cambiare pagina: Fabriano ha urgente bisogno di farlo, a partire dal suo centro storico nel quale vorrei tanto poter abitare. Ciao

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