12 novembre 2013

La Fondazione Merloni tra fasti, feste e proteste


 

Non credo che Francesco Merloni abbia intenzione di utilizzare il cinquantenario della Fondazione Aristide Merloni per celebrare agiograficamente un modello di industrializzazione - senza fratture e non volatile - giunto alla conclusione naturale del suo lungo e complesso ciclo di vita. Stiamo, infatti, parlando di un imprenditore navigato e di successo, di un fine conoscitore e gestore di equilibri, di un uomo che ha conosciuto bene, e in prima persona, le mille sottigliezze del potere economico e i molti tranelli della politica: parlamentare eletto per la prima volta dal 1972 e confermato per altre sei legislature, Ministro dei Lavori Pubblici nei Governi Amato e Ciampi ed espressione di quel patto di sindacato che ha garantito un'ininterrotta e trentennale governance di quel santuario dell'establishment e della borghesia produttiva che è il Corriere della Sera. Di fronte a una biografia di così marcato profilo ed esperienza è rodomontesco e superficiale anche soltanto supporre, congetturando sugli intenti celebrativi dell'Ing., un movente di forzatura ideologica, così come l'ipotizzare una volontà di rimozione - attraverso un'operazione cerimoniale e mediatica - del solco profondo che oramai separa e distingue Fabriano dalla sua storica signoria familiare e imprenditoriale. La Fondazione Aristide Merloni, tra le altre cose, non è mai stata la centrale ideologica del merlonismo, l'Istituto Marx-Engels del distretto metalmeccanico, nè tanto meno il luogo in cui si è teorizzata la disseminazione di un rapporto di forza unilaterale e schiacciante tra industria metalmeccanica ed entroterra, ma un'istituzione nata con l'obiettivo di trasferire conoscenza e professionalità attorno al disegno di industrializzazione diffusa del territorio marchigiano. E' quindi opportuno, anche per meglio calibrare le proprie posizioni innanzi alle celebrazioni del cinquantenario della Fondazione, spacchettare il microcosmo merloniano nelle sue diverse componenti, senza farsi sedurre e ottenebrare dal ricorso a semplificazioni olistiche: da una parte la Ardo, implosa e caduta per deficit di realismo; quindi la Indesit, alle prese con ristrutturazioni e amletiche domande di competitività; infine la Ariston Thermo Group, la formula d'impresa più conservativa e misteriosa nella sua lontananza da ribalte mediatiche e comunicazioni integrate. E a latere di questo conglomerato di esperienze e di risorse industriali la Fondazione Merloni: solitaria ed estranea nella sua vocazione immateriale, incerta nel suo mecenatismo in parte realizzato e in parte irrisolto, rigorosamente disallineata rispetto ai bisogni e alle esigenze più strettamente aziendali e produttive e, oggi, alla ricerca di una mission meno condizionata dal destino delle imprese di famiglia. Venerdì 15 novembre, per celebrarne i cinquanta anni di vita, saranno in città il Presidente del Consiglio Enrico Letta e Romano Prodi, sintesi politiche e generazionali della seduzione merloniana e tecnocratica esercitata su componenti rilevanti di cattolicesimo democratico. Ed è da qualche giorno che si parla sempre più insistentemente di contestazioni che determineranno un'inedita saldatura tra movimenti giovanili, spezzoni operai e forze politiche della sinistra radicale. Ma con quali finalità dichiarate e implicite? Contestare una manifestazione istituzionale e celebrativa rientra, sicuramente, nell'alveo costituzionale della libertà di espressione, ma farlo sensatamente significa agire dandosi finalità e obiettivi che nascono dalle risposte che si è in grado di formulare rispetto ad alcune domande non oziose. Protestare contro la famiglia Merloni, con la Ardo sparita dal panorama industriale del bianco e la Indesit in procinto di alleanze strategiche sicuramente orbitanti lontano dal paesello, è colpevolmente tardivo o può ancora impattare su decisioni di fondo in procinto di essere adottate? Contestando economia e istituzioni politiche si punta ad aprire varchi e a costruire una linea di confronto o si mira a distorcere il focus mediatico della giornata, per occupare qualche minuto di scena e di notiziario televisivo? La Fondazione Merloni la si ritiene ancora in grado di produrre conoscenza utile e funzionale per Fabriano e per il territorio o si pensa che essa vada rigettata come prolungamento culturale delle sue industrie di riferimento? Fischiare Letta in nome del "distretto distrutto" accelera politiche industriali e provvedimenti a sostegno del bianco italiano o lascia inalterato il quadro della deindustrializzazione? E, infine, è lungimirante contestare Francesco Merloni, ossai quel che resta di un vecchio tronco imprenditoriale non assenteista, o sarebbe più intelligente e sensato sfidarlo come garante di una transizione al nuovo che non potrà che essere scortata anche da chi ha incarnato limiti e glorie del passato? E' possibile, anzi certo, che venerdì saranno in parecchi a contestare e in moltissimi a incensare. Ma rispondere a queste domande vuol dire sperimentare una possibile terzia via: disertare senza sabotare, ovvero un punto di vista che non vuole essere nè educato nè rinunciatario, ma soltanto di intelligente e affilata rottura, perchè per tirare un riga sul passato servono squadra, compasso e prospettiva e non certo uova, fischietti e schiamazzi fuori tempo massimo.

Questa sera alle 22.22 sarò in diretta con gli amici fabrianesi di Radio Canaja. Si cazzeggia su H e H2O. Sintonizzativi su http://radiocanaja.blogspot.it/ e cliccate sul Player. Ore 22.22
    

8 commenti:

  1. Questa era la giornata del disertare....cosa che faro'...ma come spesso accade in questi ultimi tempi faremo la figura dei "perecottai" ....servira' solo a qualcuno x avere 45 secondi di telegiornale!!! Le proteste quelle vere e dure x difendere giustamente un posto di lavoro,sono altra cosa......
    Giorgio Fraticelli

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  2. Hanno leccato il culo ai Merloni per 50 anni e adesso fanno finta che non li conoscono

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  3. Io contesterei Letta Prodi e Spacca ovunque essi si recassero...
    Financo al bagno!!!

    William

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  4. Idem e nel bagno tirerei lo scarico augurandogli buon viaggio

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    1. idem come sopra oltre nel bagno e tirare lo scarico un litro di candeggina per disinfettare

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  5. Io questa volta non andrò la mattina con il mio sindacato, mi hanno stufato sono completamente inadeguati, andrò alla manifestazione del pomeriggio a piazzale matteotti.

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  6. andate andate a pià freddo che loro neanche ve vedono e ve sentono

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  7. io vado a quella del pomeriggio, ci vado anche solo per sentirmi ancora vivo

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