18 novembre 2013

Tre diavoli e un brand: riflessioni liberali su una città in declino


 


Lorenzo Castellani è un giovane talento fabrianese che invece di giocare a fascismo e comunismo, come capita spesso a generazioni di ragazzi, si è scoperto liberale a 24 carati in un entroterra marchigiano permeato di cattolicesimo sociale, di buonismo e di politicamente corretto. Un liberalismo vero e profondo, coltivato meditando su Friedrich Von Hayek e Milton Friedman e condiviso con altri giovanissimi concittadini di cui ho potuto conoscere in prima persona l'irregolarità intellettuale e l'anticonformismo curioso. Lorenzo Castellani - amico a cui mi accomuna la passione per Nicolò Machiavelli e per una politica sfrondata di ogni ideologia - è oggi apprezzato blogger presso Linkiesta.it oltre che giornalista per il quotidiano economico ItaliaOggi, per Formiche, magazine di politica economia e cultura e ricercatore di storia dei sistemi politici e diritto pubblico all'IMT Institute of Advanced Studies di Lucca. Gli ho chiesto di mettere nero su bianco una sua liberalissima duiagnosi sullo stato di Fabriano. Ne sono usciti fuori tre diavoli e un brand. A riprova che questa terra possiede intelligenze e pensiero utili per cambiare pelle senza dover ricorrere ai soliti noti e agli antichi tromboni. Di seguito il suo punto di vista su residui statalisti e bisogni liberali nella città del fare. E nelle prossime settimane altri giovani cervelli della nostra città.



Fabriano era. In città l’uso del tempo passato è un’espiazione coercitiva, una pena per sentir bruciare sulla pelle le ferite delle occasioni perse e le punture di una crisi sempre troppo imputata a fenomeni globali piuttosto che a una seria disamina delle responsabilità locali. La verità è che la Fabriano degli anni ’90 - in cui è cresciuto chi scrive - non solo non esiste più economicamente, ma subisce un degrado corredato da drammi sociali, culturali e antropologici ancor più devastante della perdita di occupazione, centralità e produttività. Per rendersene conto i dati non bastano, ma aiutano. I disoccupati sono circa 3.800, i cassa integrati attorno ai 1.300, in totale fanno quasi 5.000 persone in un Comune di 32 mila abitanti, a cui si aggiungono diverse centinaia di giovani che ogni anno, finito di studiare, non tornano nel borgo natio a cercare un lavoro. A questo si aggiunge la drammatica realtà della “meridionalizzazione” della città, espressione che sintetizza splendidamente la transizione da polo industriale e produttivo a città sussidiata dallo Stato. Il Comune - tra contratti a termine, collaborazioni e tempo indeterminato  - impiega circa 400 persone, mentre l’Asur, nel solo comune di Fabriano, dispensa stipendi pubblici a diverse centinaia di persone. Un’alluvione di denaro pubblico, una lievitazione incontrollata di burocrazia. Ora, qui non si vuole fare un’imputazione di colpe che richiederebbe una valutazione più approfondita tanto sugli enti che erogano quel denaro pubblico quanto sulla necessità che certi servizi necessitino di così tanto personale, ma una riflessione di più ampio respiro sulla trasformazione che Fabriano ha attraversato dal punto di vista sociale. La città è passata da una sovraoccupazione, con ingente importazione di manodopera, ad una realtà con i picchi di disoccupazione più alti in Italia, mentre allo stesso tempo si è mantenuto un elevato numero di persone a carico dello Stato. Il risultato è che si è andati verso una drastica riduzione dell’impiego privato, del professionismo, del commercio, dell’imprenditoria con il conseguente aumento di persone sussidiate con la cassa integrazione, impiegate dagli enti locali e mantenute da enti inutili. La città ne ha perso in spirito d’iniziativa, libertà economica, indipendenza e ne ha guadagnato in burocrazia, appesantimento della spesa pubblica, sussidio strumentale al mantenimento dello status del disoccupato. Siamo passati dagli operai che negli anni’80 e ’90, dopo aver imparato il proprio mestiere, aprivano la propria azienda creando posti di lavoro e ricchezza, a una moltiplicazione di soggetti mantenuti dallo Stato, costretti a restare a casa avvalendosi del sussidio della cassa integrazione e sempre più dipendenti dall’apparato burocratico e politico gestito dalle istituzioni locali, da enti pubblici e sindacati. Invertire la tendenza con policies applicate da tali istituzioni è senza dubbio chimerico, in quanto le stesse non rispondono delle risorse e degli strumenti giuridici necessari per farlo, tuttavia queste possono intervenire in due modi. Da un lato cercando di mantenere un equilibrio di bilancio che permetta agli enti locali di portare al minimo la tassazione addizionale, ponendo come priorità la riduzione delle addizionali che incidono sull’impresa e sul lavoro. A questo si deve necessariamente aggiungere una riduzione della spesa che passi dalla dismissione del patrimonio pubblico inutilizzato, la vendita a privati mediante meccanismi concorrenziali (e quindi la fine del potere della politica nello spartire poltrone e gettoni) delle quote possedute dagli enti locali nell’erogazione dei servizi pubblici locali. Considerata la sterzata renziana del PD fabrianese, gli esponenti locali di quel partito potrebbero prendere ad esempio quanto fatto da Renzi a Firenze tanto nell’ambito delle società municipalizzate (trasporti, case di riposo ecc) quanto nella dismissione del patrimonio pubblico e riproporre lo schema anche a livello provinciale e regionale. Per un centrodestra che voglia dirsi liberale non serve nemmeno aggiungere parole su quanto buone e sacrosante possano essere queste piattaforme di proposta politica. Il secondo modo è quello di fare di Fabriano un vero e proprio brand, un’icona di come la crisi economica, le riforme mancate, l’eccessivo peso di Stato e burocrazia, il mercato del lavoro duopolistico, il fisco aggressivo sulla produttività abbiano potuto rovinare un distretto industriale che era fiorente e consolidato. Spiegare come la cassa integrazione non abbia risolto i problemi del lavoro, ma ne abbia prolungato l’agonia, come un sistema di welfare serio dovrebbe riqualificare i lavoratori per permettergli di trovare un’ altra occupazione se la perdono, come la flessibilità e non il precariato possa permettere ai giovani di inserirsi sul mercato, come la tassazione elevata, i grovigli di regole, il conservatorismo dei sindacati abbiano contribuito a far fuggire le aziende o a farle chiudere. Se con umiltà posso permettermi di dare un consiglio alla politica locale è questo: portate i vostri leader a Fabriano per far vedere i danni provocati da anni d’immobilismo e  da riforme sgangherate o rimandate. La situazione di Fabriano rappresenta, infatti, una delle peggiori reazioni alla mancanza di visione della politica. E non è intenzione di chi scrive trascendere nel qualunquismo, ma suggerire l’analisi di un campione, come quello fabrianese, per comprendere le cause della crisi e soprattutto le possibili scelte politiche per risolverla. La città è stata uccisa nell’anima, si è robotizzata, i fabrianesi sono diventati automi imprigionati nei meccanismi di sclerotica sussidiazione statale, nelle procedure burocratiche, nel monopolio del pubblico come fonte di occupazione e welfare, nella dipendenza dagli aiuti che hanno favorito il mantenimento del monopolio di un unico settore scoraggiando iniziative imprenditoriali diverse da quelle tradizionali dell’elettrodomestico. Se volessimo semplificare ricorrendo ad un discorso sui principi, potremmo affermare che Fabriano è stata sedotta, incensata e poi pugnalata da tre grandi diavoli: lo Stato, il monopolio pubblico e privato, la commistione tra affari e politica. Lo scrivo con convinzione né per il gusto della provocazione né per esaltare vene libertarie, ma semplicemente perché da studioso della storia mi pare evidente una lezione: ciò che ci ha reso grandi in Italia e nel mondo - siano la carta, le lavatrici, le cappe aspiranti o i salumi - non sono state create per decreto legge né da un’ordinanza del comune né dagli apparati degli enti locali. E’ stata la capacità di rispondere ai bisogni delle persone a determinare sviluppo tecnologico, miglioramento della qualità della vita, occupazione e benessere diffuso. E’ il libero mercato, lo scambio di prodotti, la libertà d’intraprendere, la concorrenza, e quindi la capacità di produrre o innovare prima o meglio degli altri, che determina il successo non solo di un’economia, ma anche di un’intera comunità locale. (Lorenzo Castellani)
    

59 commenti:

  1. Tutte giuste le critiche ma abbastanza scontate, da un 24enne mi sarei aspettato anche qualche picconata

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  2. allora continuamo a fa parlà i vecchi bacucchi come venerdì

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  3. Non sempre le picconate sono garanzia di originalità. Al picconamento si preferisce il ragionamento.

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  4. Apprezzabili le idee chiare e lo stile scorrevole e lineare ma cose già sentite e risentite in questo blog.

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    1. E' come per il givane segretario PD Crocetti. Non dobbiamo fare sconti appellandoci alla giovane età. Lo scritto mi sembra un punto della situazione, niente di nuovo.

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    2. Simonetti di queste analisi na già fatte a iosa, qua serve gente con le idee giuste.

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    3. Che intende per "idee giuste"?

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    4. Da ricercatore hai ricercato le cause. e le hai trovate. chi lanciò allamri simili in tempi non sospetti è stato giudicato una cassandra. Probabilmente molti si sono stancati di leggere le cause e vedono tutti i giorni gli effetti. Logico che non si possono pretendere soluzioni da un territorio che non ha mai prodotto un vero imprenditore (tolti i padroni del vapore).

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  5. Fare della crisi un brand era un'occasione e un'idea giusta. Trasformare Fabriano in un caso emblematico. Non ci siamo ancora riusciti

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    1. Con rispetto e stima ma non penso che sia una idea che possa far recuperare anche a solo un terzo di quei 5000 senza occupazione... Qua servono le idee imprenditoriali... Di imprenditori co la I magliuscola ce ne sono 4 in croce.... A Fabriano lo sanno tutti che la gente diventava imprenditore da un giorno all'altro perché uno dei grandi ti diceva:"ma perché non apri un azienda che produce sta cosa che poi ti compro io non ti preoccupare.... Il rischio di impresa era pressoche Zero paccato, adesso servono gli imprenditori veri ed io da ex Fabrianese che lavora all'estero vedo solo tante pecore e pochi Pastori

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    2. Guardi io sono molto d'accordo con lei ed infatti ne parlo nell'articolo dove mi scaglio contro il monopolio dell'elettrodomestico a cui i fabrianesi si sono asserviti. Il mio mestiere è attualmente quello di ricercatore e non d'imprenditore, ma concordo con lei servono diversificazione e innovazione che ci permettano di vincere nel mercato globale.

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    3. .. Innovazione va di pari passo con formazione ed istruzione. Ed è anche da questo che dobbiamo ripartire. Se fate un giro nelle scuole, soprattutto superiori vi rendete conto del basso livello sia degli insegnanti che della conoscenza dei ragazzi in ogni materia. a parità di risorse pubbliche utilizzate dobbiamo pretendere molto di più dalla scuola , perché solo con adeguato formazione si può ottenere la innovazione. Per curiosità leggete uno studio pubblicato sul tema i primi di ottobre.

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    4. Cavolate serve meno assistenzialismo e tasse piú basse! Il paese ripartirebbe in Automatico

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    5. A Fabriano la qualità della scuola la giudicano dalle condizioni degli istituti scolastici. Hanno devastato un'intera collina per costruire i nuovi plessi, hanno speso e stanno spendendo milioni su milioni per quelle strutture. A cosa serviranno? Nella migliore delle ipotesi a far crescere cervelli che verranno utilizzati altrove, nell'ipotesi peggiore, e più probabile, non serviranno a niente perchè hanno ridotto la scuola italiana un letamaio. Ormai la qualità della cultura è affidata al buonsenso e alla passione di qualche sporadico professore che ama il suo lavoro.

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    6. E questo è indipendente dal luogo in cui è costruita la scuola

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    7. a scuola non ci andranno perché le famiglie non avranno soldi per comprare i libri di testo

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    8. So gratis fino alla 5° elementare. Per lavorare a Favrià basta.

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  6. A me sembra che come al solito si è solo propensi a smerdare a priori. Un ragazzo di 24 anni che scrive in questo modo io lo ascolterei per ore e ci ragionerei sopra per molto tempo. E invece con sole 4 parole chiudiamo la questione etichettandolo scontato o troppo morbido. Credo che il nocciolo della questione è che si cerchi ancora in maniera passiva un leader che ci faccia cadere dall'alto soluzioni apparentemente risolutive. Un altro Merloni che ci riempia la pancia. Fondamentalmente l'atteggiamento Italiano è questo innalzare all'altare qualcuno delegato al compito di fare qualcosa per noi. Sbagliato in partenza.

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    1. Non arriverà piú nessun Merloni e lo sappiamo tutti, ma fa molto ridere quando senti dire che la citta ripartira e cazzate del genere, quello che tiene su la Fabriano da 30 mila abitanti adesso come adesso è solo la C.I. finito l'assistenzialismo dovranno tutti andare a cercare fortune altrove se vogliono la stozza, questo comporterà un calo drastico della popolazione, adesso a Fabriano c'è TROPPA gente per le possibilità lavorative effettive.

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    2. Questa è la riflessione più lucida e realistica che ho letto; il resto è aria fritta. Fabriano è ormai un paese per vecchi. E per chi abbiamo costruito tutte quegli appartamenti nuovi? Per nessuno! ma dovevamo far contenti i palazzinari intrallazzati con la politica, come è successo per la nuova casa di riposo. Ebbene una cosa sola mi rende felice di questa crisi: il crollo del mercato immobiliare e di che per lunghi decenni ci ha speculato.

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    3. Il problema e' che il danno patrimoniale e'arrivato fino alla prima casa....

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    4. Crude verita=(

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  7. A Favrià vale se prima presenti l'estratto conto. Se discuti non vali un cazzo. E se non urli peggio

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    1. Molto probabile c'è il maledetto vizio di associare la capacità di fare soldi direttamente proporzionale all'intelligenza.

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  8. I fabrianesi votano sempre per il Re Travicello! da una parte e dall'altra. W Sagramola!

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    1. paglialunga è la sua spina nel fianco come la cancellieri per letta comunque fabriano non mi piace piú cammino per strada e osservo la fiera dell'ignoranze ogni giorno e qualcuno di voi di questo paese ne va pure fiero

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  9. I problemi reali li conoscono quelli che li vivono e che sono sul territorio.Basta con le chiacchiere di chi sta al calduccio lontano centinaia di km dai problemi reali.Basta con questi tuttologi che non conoscono la realta' e parlano per sentito dire.Basta !

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  10. Scusami ma Castellani è un giovane che non sta al calduccio. E' un fabrianese che vive e lavora fuori ma è rimasto legato alla sua terra. Deve tacere per questo?

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  11. Interessante la visone dell'articolo. Metto una bella pulce al suo autore. Come mai dentro Indesit in primis ci sono molte lingue diverse ? Dal milanese al pugliese dal turco al polacco ? Forse che questa città non ha generato tanta intellighenzia ? Ed io che non ho una laurea ma ho un valore posso essere sicuro che se me ne vado ho un futuro ? Poi non sono per attaccare le nostre piccole imprese che hanno lavorato per... Perché cosa facevi quando Indesit era al top ? Ti mettevi a produrre per Samsung ? Molte aziende Piemontesi valide oggi lavorano per WV...

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    1. Fineldo ha incaricato la Goldman S. di trovare un compratore, azionista di maggioranza fra Samsun, Lg, Haier, Arcelik. Il 21 novembre Milani davanti al CDA Indesit dovrá presentare un nome. Chi compra diverrá azionista di maggioranza quindi proprietario e deciderá delle sorti di Indesif in Italia. Perché il 15 novembre non potevan essere esposti in piazza striscioni ritenuti offensivi per la famiglia? Perché a inizio novembre Milani è uscito comunicando il fasullo piano esuberi? Perché il 18 novembre i sindaci si appellavano al senso di responaabilitá di azienda e sindacati? Andrá a finire così; il nuovo azilnista di maggioranza taglierà tutto dai colletti bianchi alle tute blu, gli impianti di Fabriano sono obsoleti quelli grandi come quelli dei piccoli, verranno favoriti gli insediamenti nuovi di Polonia e Turchia. Se andrà bene sarà offerta dai proprietari (nuovi) di Indesit una buona uscita come avvenuto alla Best. Non vi sembra una coincidenza strana che a Pordenone 2000 operai saranno a casa da gennaio senza ci e a Fabriano una settimana prima dei festeggiamenti del 50° della fondazione merloni arriva la ci per altri sei mesi? Quanto vale la vendita Indesit?

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    2. non commentate questo?

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    3. vi arrovellate su Fabriano possibile che non avete capito ancora dove risiede il male? A Jesi e Osimo i consumi si sono ridotti ma non esiste un clima di suicidio sociale come a Fabriano, divorzi nelle famiglie giovani, genitori che non riescono a sfamare i figli, persone che collassano dalla fame, a giusto un appunto il vero dato della disoccupazione si aggira intorno alle 8000 unità. Vedremo a maggio quando finirà la cassaintegrazione quanti suicidi-omicidi ci saranno, il sindaco chierichetto timoroso SanPDSagramola (messo) è il simbolo della città, non ha ideato nessuna forma di economia pubblica, gli assessori sono rimasti quelli utili alle lottizzazioni oppure condannati (che schifo pajalunga un uomo senza vergogna) e gli antagonisti hanno piú problemi dei disoccupati o ancora pensano di essere studenti universitari, in questo quadro in cui l'immobilismo e l'attesa di un profetico evento esterno sembra essere infinita arrivano i messaggi deliranti di Spaccapig che ormai pensa solo a vini e fettuccine. Questa è una nave alla deriva "torni a bordo cazzo!" non c'è frase migliore di questa per rappresentare questo sputo di umanità che è Fabriano, e è diretta agli imprenditori e ai politici "tornate a bordo cazzo!"

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    4. infatti oggi : E' saltata la trattativa per la Indesit al ministero dello Sviluppo economico, dove sindacati, azienda e istituzioni erano riuniti dalle 17.30 circa di ieri. Secondo quanto si apprende da fonti sindacali, la situazione è degenerata ed è stata aperta la procedura di mobilità per 1.425 lavoratori. Lo strappo poco dopo le sette di stamattina. (Ansa)

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  12. Anonimo delle 14:22, io vivo a Favriano e invece trovo giusta l'analisi di Castellani, altro che tuttologi e simili. Aggiungo: è necessario intraprendere, provare a muovere la situazione facendo qualcosa. Se invece volete solo un posto che alle 16:30 stai fuori (anche de testa) tipo la fu Antonio Merloni, hai solo tre soluzioni: pubblico impiego, emigrazione, continuare con la cig, che ve piace tanto

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  13. avete provato ad analizzare "numericamente" la base su cui provare a ragionare di cambiamenti?
    perchè potrebbe essere interessante, cercare di capire qual'è l'effettivo potenziale della città, nel complesso.
    anche chi "vive" di CIG, non sempre ha una via d'uscita...vuoi perchè quando ancora qualcosa da fare si trovava, è rimasto impelagato nella speranza che qualcuno comprasse davvero l'Ardo (e cercate di mettervi nei panni di chi ha scommesso su quell'azienda...peccando si, di lungimiranza, ma credendo, o volendo credere che sarebbe durata), non è che ora abbia molte prospettive; chi se lo prende un operaio da catena di montaggio, senza alcuna specializzazione?...quanti sono?
    quanti sono quelli specializzati, in grado di apportare esperienza "interessante" in qualche produzione?
    quanti sono gli impiegati, in grado di fare impresa, o di vantare una qualche esperienza utile per una nuova attività (chiaramente, di tipo industriale)?
    basta con le solite invettive sterili; la manovalanza di base, è stata presa per il collo (ed i fondelli), facendole credere di avere un benessere reale che poi è diventata una doppia "schiavitù"...la casa di proprietà comprata col mutuo "alla pensione", la macchina cambiata ogni 4 anni, le vacanze....tutta una moltitudine di "benefit" facilmente raggiungibili, col credito al consumo a portata di mano....ma che ora li costringe a rimanere qui, nella vallata...perchè, come ho già detto un'altra volta, per togliere le tende, ci vuole un minimo di disponibilità economica, e in pochi, ce l'hanno (credo...poi, posso anche essere smentito).
    vi pongo questi quesiti, alla luce della mia esperienza personale degli ultimi 6 anni...il mio, è un settore ancora più in crisi della metalmeccanica; posso "vantare" un'esperienza discreta nel mio ruolo e persino in altri "affini"...eppure, non riesco a trovare uno straccio di lavoro, qui; per fare qualcosa di diverso, non vengo preso nemmeno in considerazione...eppure, sono convinto di poter fare qualsiasi cosa.
    pensateci...soprattutto voi che vi sperticate in critiche facili...troppo facili...non dico sbagliate, ci mancherebbe, ma spesso superficiali; provate a mettervi davvero nei panni di chi si è fatto fregare; alla luce dei fatti, il metalmezzadro, è stato più boccalone che furbo e per quanto condivida l'antipatia verso alcuni soggetti particolarmente boriosi, non mi sento così più "figo" da stroncarli del tutto.
    ____________
    G.R.

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  14. E' ora di smetterla con le lezioncine di quelli tanto bravi che se ne sono andati da fabriano.Ma se sono cosi' bravi perché non tornano,visto che sono tanto attaccati al paesello natio,a raddrizzare la situazione?
    Ve lo dico io perché ,molti se ne sono andati perché qui nessuno li voleva ,e adesso fanno i capisciotti da lontano,come se noi la situazione non la vedessimo.
    Ma fatemi il piacere !

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    1. invece a voi vi volevano tutti i mostri dell'impresa favrianese. Infatti siete talmente bravi che state col culo per terra

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    2. con la C.I., non tanto per terra!

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    3. per lavorare in merlonia bisognava avere la raccomandazione come adesso come per le cartiere come per altre schifose fogne di fabbriche i laureati se ne sono andati perché i caproni con la terza media avevano paura di loro

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    4. Egregio signor anonimo, non mi pare abbia senso discutere sugli appellativi ironici che mi ha rivolto. A Fabriano potevo tranquillamente vivere sfruttando un'attività imprenditoriale di famiglia a due passi dal Comune di Fabriano, tuttavia credo che ogni individuo invece di riparare verso ciò che è più sicuro deve impegnarsi per ciò verso cui è portato. In un mondo globale gli individui si muovono, ho farro l'università a Roma ed ora faccio ricerca a Lucca dove mi permettono di studiare in inglese, il prossimo anno mi spostero' a Londra. È semplicemente il mondo contemporaneo. Però mi sento e resto fabrianese, indipendentemente dal luogo in cui vivo. Potevo dimenticare la mia citta', fuggire semplicemente e parlarne alle persone come di un posto declinante brutti e devastato. Invece ho accettato l'invito a fornire qualche spunto ideale sulla mia città con il massimo impegno. Credo che le riflessioni e le idee nel lungo periodo possano cambiare il mondo o, più semplicemente, qualsiasi comunità. Una stretta di mano. Lorenzo

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  15. Sto aspettando con ansia quello che dira' su questo blog il prossimo cervellone nato in terra fabrianese ma che esercita in maniera egregia lontano da Fabriano,anche questo pero' attaccattissimo alla sua terra,tanto attaccato che non vedeva l'ora di andarsene.
    Avanti il prossimo !!!

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    1. Egregio signor anonimo, non mi pare abbia senso discutere sugli appellativi ironici che mi ha rivolto. A Fabriano potevo tranquillamente vivere sfruttando un'attività imprenditoriale di famiglia a due passi dal Comune di Fabriano, tuttavia credo che ogni individuo invece di riparare verso ciò che è più sicuro deve impegnarsi per ciò verso cui è portato. In un mondo globale gli individui si muovono, ho farro l'università a Roma ed ora faccio ricerca a Lucca dove mi permettono di studiare in inglese, il prossimo anno mi spostero' a Londra. È semplicemente il mondo contemporaneo. Però mi sento e resto fabrianese, indipendentemente dal luogo in cui vivo. Potevo dimenticare la mia citta', fuggire semplicemente e parlarne alle persone come di un posto declinante brutti e devastato. Invece ho accettato l'invito a fornire qualche spunto ideale sulla mia città con il massimo impegno. Credo che le riflessioni e le idee nel lungo periodo possano cambiare il mondo o, più semplicemente, qualsiasi comunità. Una stretta di mano. Lorenzo

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  16. Cervelloni, capisciotti...a che serve sminuire chi esprime un'opinione critica? E poi si è fabrianesi di cuore, di anagrafe o di residenza? Faccio fatica a capire l'astio sono sincero...

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    1. dall'una e dall'altra parte...
      ___________
      G.R.

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  17. Non volevo sembrarti astioso.
    Di opinioni critiche ne abbiamo davvero abbastanza.
    Vorrei sentire proposte concrete e attualizzabili in questa fase.
    Suggerimenti e proposte fattibili.
    Questo e' un vero aiuto.
    Molti le stanno aspettando visto che purtroppo non ci si arriva da soli.

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    1. Te lo do io un suggerimento: SCHIOPPA ASINO RAGLIANTE ASTIOSO

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  18. Nei prossimi giorni parleremo di una proposta imprenditoriale che può avere seguito e concretezza

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    1. Ecco ce semo capiti! È questo che serve idee brillanti

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  19. Personalmente credo che l'analisi di Lorenzo tecnicamente non faccia una grinza, ma..... perché dico ma..e perché questi ma che sono tanti.
    Oggi affermo che i responsabili di questa profonda crisi " che durerà 10 anni " altro che ripresa nel 2014, sono i nostri politicanti, tutti nessuno escluso...
    La creazione di enti inutili, dai carrozzoni creati at personam per i silurati della stessa politica, da una spesa pubblica incontrollata e fuori da ogni sano e santo proposito.
    Sicuramente scelte aziendali scellerate, mancata ricerca, innovazione, solo un lontano miraggio, manager "vecchi e ottusi" una banca per pochi, che dopo aver elargito alla grande sapendo di appesantire le passività è stata svenduta.
    Ma chi ha nominato gli ultimi consigli di amministrazione della Carifac???
    Ma chi ha scelto il Presidente e Direttore Generale???
    E delle persone che passano da un consiglio di amministrazione all'altro di enti locali importanti che tutti conosciamo, di quei pensionati che continuano a prendere migliaia di euro oltre la loro acquisita pensione??
    Dello Stato che ancora non abbassa il costo del lavoro?
    Se in Italia non si eliminano gli sprechi, si arriverà alla fame e la fame è da sempre rivoluzione e non rivolta come qualcuno qualche secolo fa ebbe a non capire!!!!!
    F.to Giorgio Fraticelli

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    1. la banca se la sono venduta, ma per le porchette gli rimane la Fondazione Carifac, tranquillo

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  20. dibattito interessante, però francamente a un antoniomerloniano senza altre capacità (oltre quella del lavoro seriale che faceva) è difficile dare "proposte imprenditoriali" o "idee brillanti", la vedo magra...poi la potete prendere con Castellani o con chi vi pare, ma un po' di autocritrica dovreste farla

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    1. Penso che si è tutti daccordo sull'analisi, quello che manca è.una proposta reale

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    2. forse perchè bisognerebbe mettere insieme i ragionamenti sui mercati e sulle reali possibilità della nostra area.
      __________
      G.R.

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  21. OTTIMA ANALISI ED OTTIMA SCELTA DI ANDARE ALTROVE.. CHI CRITICA LO FA SOLO PER INVIDIA CHE E' RIMASTO IN QUESTA VALLE DI LACRIME!

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  22. Mi perdoni, Castellani, ma la deindustrializzazione della nostra città è identica a quella di altri distretti industriali italiani.
    Quindi, anche a costo di ferire la “fabrianesitudine” di qualche lettore, tutto era già scritto da almeno vent'anni, a Fabriano come altrove.
    Se poi vogliamo continuare a fare i “capesciotti” alla fabrianese (e non mi riferisco a lei Castellani, ovviamente), continuiamo a credere che Fabriano sia stata “speciale” sia nella fortuna, sia nella sfortuna.
    Ricordo bene quando, intorno al 1994, ci fu l'impennata vertiginosa dei prezzi dell'acciaio inox e un autorevole manager mi descrisse lo scenario di deindustrializzazione cittadina. Aveva la sfera di cristallo? O aveva gettato lo sguardo oltre il valico di Fossato di Vico?
    L'industria a Fabriano non è morta perché, come afferma lei, la città si è “sclerotizzata” nell'assistenzialismo, ma perché non c'erano le condizioni infrastrutturali per essere competitivi.
    Una volta i fabrianesi erano i “cinesi” d'Italia e vendevano lavatrici a frotte, a prezzi contenuti. Le famiglie stesse avevano i soldi per la loro, piccola o grande, sbornia consumistica. Ora non ci sono più le condizioni e i fabrianesi sono stati soppiantati dai cinesi (veri), i turchi, i vietnamiti etc. Cane mangia cane! Questa è l'economia capitalista e liberista che lei sostiene caro Castellani.
    Ma come possiamo pretendere di fare l'industria dei grandi numeri, peraltro con prodotti a basso contenuto tecnologico come quelli della filiera del bianco, quando non abbiamo le infrastrutture viarie e paghiamo l'energia il doppio dei nostri competitor internazionali? Lei l'aprirebbe mai un'impresa, investendo i suoi risparmi, ben sapendo di partire già con una palla al piede, rispetto ai suoi concorrenti?
    E a proposito di investimenti: è facile ora per gli industriali lamentarsi contro la pressione fiscale (peraltro scandalosa!) o le inefficienze dello Stato. Ma dove sono finite le centinaia di miliardi di euro di utili aziendali che, in teoria, potevano essere investiti in ricerca, innovazione, lavoro e, invece, sono sotto l'ombrellone in qualche paradiso fiscale?
    E' questa la classe industriale, liberale, della quale andare orgogliosi?
    E quanti danni hanno fatto, lor signori, al paese?
    Le parla di “meridionalizzazione” di Fabriano nell'ultimo ventennio. In realtà, con tutto il rispetto per il meridione, questo fenomeno è tipicamente italiano e c'è sempre stato, a Fabriano come altrove. Quindi non sono per niente d'accordo con la sua analisi.
    Lei m'insegna come determinati settori industriali italiani, alla faccia del liberalismo, ricevano da svariati decenni i sussidi statali. Faccia un'analisi dei sussidi “indiretti” che vengono erogati a determinate aziende, prelevandoli direttamente dalla nostra bolletta elettrica.
    Ci sono studi molto dettagliati e autorevoli in merito, cifre alla mano, che lei sicuramente conoscerà. Gli italiani un poco meno … altrimenti sarebbero ancor più inc … ti! Non a caso, siamo gli unici in Europa, a riconoscere 2 miliardi annui circa (da vent'anni) d'incentivi a 8 (ho scritto 8!) aziende, sotto forma di incentivi per le fonti energetiche assimilabili alle rinnovabili. E come se non bastasse, cornuti e mazziati, ci paghiamo sopra pure le multe europee!
    E lei crede di vivere in una nazione dove esiste il libero mercato?
    O di vivere in una giungla dove vive solo una legge: mors tua, vita mea?
    Se crede ancora alle favole, si accomodi pure!

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    1. Infatti non credo affatto di vivere in una nazione dove viga il libero mercato. Anzi, quando parlo di commistione tra grandi affari e la politica mi riferisco proprio a quello che lamenta lei. Ho fatto un'analisi sul presente e sono d'accordo, se legge bene, che la tassazione spropositata ammazza le nostre aziende e la nostra competitività. Non è una difesa del liberismo presente, ma una denuncia dei principi di libertà che non ci sono. Il capitalismo italiano non mi pare concorrenziale, quanto piuttosto clientelare, cioè basato sul tacito accordo alle spalle dei cittadini tra grandi capitalisti/industriali e politica. Basta leggere la legge sul diritto societario italiano. Saluti

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  23. Lei conosce bene la storia delle industrie Merloni, visto che si professa studioso della storia.
    Io non mi esprimo in commenti o giudizi di sorta, ma è storia che dietro ai successi di Aristide ci sia stata, anche, la “mano santa” di colui che era fra gli uomini (purtroppo per lui) più potenti d'Italia: Enrico Mattei.
    La commistione tra industria e politica c'è sempre stata. E non s'illuda Castellani, le lavatrici sono state create anche con gli aiuti pubblici, non sono nate solo sotto il cavolo piantato nel giardino dei Merloni.
    I Merloni hanno sempre finanziato la politica, al pari di altri industriali. Gli stessi Merloni hanno ricevuto, al pari degli altri, benefici e incentivi economici vari dallo Stato. E' storia. Sono fatti.
    Non facciamo finta di non vedere che queste cose non abbiano fatto parte della storia industriale e politica italiana.
    Per cui lei ora scopre l'acqua calda, guardando alla cassa integrazione come a una “costosa” e, spesso, improduttiva panacea sociale, che scarica i costi degli errori e dei fallimenti industriali sulla collettività?
    Giusto la settimana scorsa i vertici di Alitalia sono finiti nel registro degli indagati per aver mandato in cassa integrazione 250 lavoratori, assumendone invece altri (meno costosi) sotto forma di contratti con aziende rumene. E' questo il liberalismo all'Italiana?
    Oppure vogliamo parlare degli imprenditori che mandano i lavoratori in cassa integrazione, ma poi continuano a farli lavorare in azienda? Non è truffa ai danni dello Stato questa?
    Non voglio denigrare gli imprenditori miei concittadini, ma quando lei esalta il metalmezzadro che si mette in proprio, apre la fabbrichetta o la ditta di servizi, parla di un gioco che allora era molto facile. Quando giravano tanti soldi e c'era una richiesta enorme di ogni tipo di servizio connesso alla produzione industriale di massa, dal capannone da costruire ai pacchi di Natale per i dipendenti, non ci voleva un gran talento a fare l'imprenditore, bastava un poco di sale in zucca. E anche allora, per avere successo, contava anche essere “nel giro giusto”.
    Diverso il caso degli imprenditori che i clienti, se non vogliono soccombere, se li devono andare a cercare fuori, all'estero, competendo con rivali molto agguerriti.
    Quindi la sua mi sembra una lettura molto zuccherosa e nostalgica del “mitico” talento dell'imprenditore fabrianese.
    I veri imprenditori fabrianesi che hanno gli attributi è ora che devono ermergere, ora che c'è la crisi e tutto è complicato! E' ora il banco di prova per vedere se, davvero, abbiamo imprenditori con una visione strategica.
    Lei tra le soluzioni, generiche, proposte, parla anche di dismissione di patrimonio pubblico. A quali condizioni di mercato. A quali prezzi? Alle condizioni attuali?
    Visto che siamo in tema, quanto valgono secondo lei i capannoni dell'ex Antonio Merloni ed a quanto sono stati venduti?
    Crede forse che lo Stato farà buoni affari dismettendo il patrimonio pubblico? O magari gli speculatori staranno alla finestra ad aspettare, in attesa che “il prezzo sia giusto” (per loro!). In bocca al lupo!
    Caro Castellani, chiudo con una storiella dei bei tempi andati: un mio amico, allora diciottenne appena diplomato, fu chiamato a fare l'attichino elettorale (non militante) per un partito. Finite con successo le elezioni si è trovato di fronte a una scelta: gli offrirono un posto in Comune, uno all'Ospedale, oppure uno in Cartiera (quando era gestita con le logiche statali). Erano infatti queste le quote “posto fisso”, stile manuale Cencelli, che erano state riservate a quella forza politica.
    Non a caso molta della crisi (anche locale) della partecipazione politica, deriva anche dal fatto che i partiti sono sono più in grado di promettere niente, quindi, è venuta meno anche la militanza “interessata”. Quella che, anche se non avevi talento, ti garantiva una ricompensa purché portassi acqua al mulino!
    Niente di nuovo sotto il sole, ha sempre funzionato così, non solo negli ultimi vent'anni, caro Castellani.

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  24. Salve a tutti. Vorrei sommessamente entrare nel dibattito e dire la mia.E' vero che guardare al passato non e' mai una buona cosa,ma per commentare la situazione di Fabriano non possiamo non analizzare quanto successo, commetteremmo un errore e non troveremo secondo me le ricette giuste. Cosa e' accaduto nella nostra citta' dagli anni 60 ad oggi? Citta' completamente in mano ad una famiglia e al loro partito di riferimento. Non si muoveva una paglia se l'idea non partisse da loro o piacesse a loro. Attenzione, io non do' la colpa solo a loro, ma tutta la cittadinaza si e' adagiata a questa situazione, ha fatto comodo a tutti... Allo sviluppo economico non e' seguito un pari livello culturale e sociale,tante attivita' artigianali sono scomparse perche' fagocitate dalle grande industria,si sono perse occasioni per il turismo, vedi Grotte di Frasassi,la citta' e' cresciuta in maniera disomogenea, basti pensare che non abbiamo avuto una vera zona industriale...
    Per farla breve una citta' completamente asservita alla Famiglia e company.... Risultato?
    Lavoro esclusivamente operaio manifatturiero, quindi di basso valore aggiunto,ed e' qui che pongo la mia domanda: ho letto nei vari post che i fabrianesi si devono svegliare e intraprendere anche attivita' imprenditoriali. Ok, sono d'accordo. Ma che sanno fare gli operai fabrianesi materialmente? sono operai specializzati con competenze anche culturali per poter lavorare in proprio ? Se si, chi gli fornisce la grana per cominciare?
    Vogliamo parlare della scuola? perche' continuare a insistere su istituti tecnici e professionali? Sforniamo periti a profusione per l'industria che non c'e' piu'? Non era forse il caso di puntare su altri tipi di istruzione? che ne so', turismo, informatica o ritornare anche all'artigianato di qualita'? Queste cose dovevano essere fatte da una classe dirigente illuminata e libera, che dovrebbe capire con anticipo come andranno le cose in economia...

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    1. I Soldi per quelli dell'AM ce ne sono stati e ce ne sono a palate, sono tutti a panza all'aria nel migliore dei casi, i peggiori invece lavorano in nero ed il stipendio é raddoppiato

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