1 luglio 2013

Cambia la lotta e forse MPM sbotta



I lavoratori della Indesit, nel corso di un’assemblea tenutasi oggi, hanno deciso di sciogliere il presidio al magazzino centrale dello stabilimento di Melano. Si tratta di una scelta di natura “sospensiva”, su cui ha sicuramente pesato la decisione distensiva della Indesit di remunerare la giornata di venerdì scorso, quando i dirigenti dell’azienda optarono per un’azione estrema, immotivata e tartufescamente camuffata come la serrata parziale. L’impressione è quella di un bisogno di decompressione, di un cessate il fuoco a tempo determinato siglato dalle parti, senza bilateralità di accordi, per calmare gli animi in vista dello sciopero del 12 luglio e per non compromettere il clima del tavolo nazionale. Un tavolo aziendale e non settoriale, dove si discuterà solamente del destino della Indesit e quindi al netto di una riflessione a tutto campo sulle politiche industriali necessarie per mettere in sicurezza il settore degli elettrodomestici. Comunque vada è sempre più evidente che l’esito della vertenza non si deciderà a Fabriano ma a Roma e questo cambia anche il ruolo e la funzione della protesta sindacale che nella nostra città va avanti dai primi di giugno. Lo sciopero a gatto selvaggio e i presidi notturni sono, infatti, battaglie sindacalmente impegnative e umanamente dispendiose, ma del tutto interne al conflitto e quindi a basso grado di richiamo e di coinvolgimento esterno. Ciò significa che questa tipologia di mobilitazione è più adatta quando lo scenario decisionale è localizzato in prossimità dei luoghi in cui si concretizza la lotta e meno efficace se la sede decisionale si sposta, anche fisicamente, in un altro contesto. In tal caso – e sembra questo il trend contrattuale della vertenza Indesit – la mobilitazione locale diventa un’azione di supporto, orientata da una specifica necessità: fare pressione, stressare psicologicamente il tavolo nazionale, scongiurare il rischio di un clima di contrattazione spassionato e asettico, dare la sensazione anche mediatica di una intera comunità pronta ad esplodere. Siamo quindi di fronte a un dinamismo che fa evolvere la situazione e, di conseguenza, modifica anche il profilo della lotta. In questo quadro, naturalmente mobile, c’è un solo punto fermo: non esiste disponibilità a modificare i contenuti di fondo del Piano Indesit perché essi, secondo l’azienda, sono la garanzia della competitività futura del gruppo; un gruppo assediato da competitors giganteschi in cui la produzione di elettrodomestici è una business unit tra le tante, i cui risultati si collocano in una logica complessiva in cui, all'interno del portafoglio delle attività, è possibile avvalersi di sinergie e compensazioni. Opportunità che Indesit non può esprimere in quanto, in toto, multinazionale degli elettrodomestici senza diversificazione settoriale. L’esigenza posta dall'azienda - a mettercisi con tanta buona volontà - potrebbe pure sembrare strategicamente sensata, ma c’è il legittimo e fondatissimo sospetto che non sia sufficiente tagliare 1.425 persone (e sottolineo persone non esuberi) per competere alla pari coi giganti che presidiano il settore. Ed è per questo che c’è pure chi sostiene che quella prevista dal Piano sia soltanto la prima ondata, cui faranno seguito nuove pene e nuovi frustatori. ma paradossalmente potrebbe essere proprio questo il crinale sottilissimo - del tutto legato ai diversi scenari di competitività del gruppo - che spiega alcune voci che hanno cominciato ad attecchire voci dando per possibile, e forse anche probabile, un intervento a breve di Maria Paola Merloni, da quel che si dice poco propensa ad adattarsi al ruolo di capro espiatorio e sempre più dubbiosa sull'evoluzione della vicenda Indesit. Ma questo è un campo minato in cui è molto più saggio farsi scudo con lo scetticismo di San Tommaso che affogare in qualche entusiasmo infondato e passeggero come quelli che abbiamo visto buggerare uomini delle istituzioni sul caso Tecnowind.
    

13 commenti:

  1. Bisogna spostare la protesta a Roma, insieme a tutti quelli che vengono da passato e si dirigono verso un futuro prossimo come il nostro.

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    1. Condivido ma Fabriano deve proseguire sennò finisce come con la Ardo: proteste a Roma e silenzio qui

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  2. Quello che volevo dire è che le proteste sindacali non importano più niente a nessuno. Ma forse quelle del distretto dei divani pugliesi, degli elettrodomestici marchigiani e via discorendo farannò riflettere molto di più... o almeno così spero.

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  3. Se sono tutte unite.

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  4. Sono finiti i sordi

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  5. I sordi non sono tutto, pagano solo i conti,...affetti, dignità e ++++ valgono di più

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  6. te li sbatti dal culo quando non arrivi a fine mese gli affetti e la dignita! =D

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  7. Evidentemente Maria Paola Merloni quando il CDA di Indesit ha votato gli esuberi era al bagno, oppure era a Roma a difendere gli interessi di Fabriano. Se invece era presente, sarebbe un atto di trasparenza far conoscere il suo voto e le sue dichiarazioni in quel CDA.

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  8. Più che Maria Paola, comunque, quando sbotterà e si scoperchierà il pentolone della J&P saranno cavoli amari per tutti.

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    1. Ragazzi una domanda che mi chiedo da 7 anni, Quando cazzo finisce la cassa integrazione per quelli della Ardo?
      No perchè sai comè io non trovo lavoro e quelli sta a panza all'aria da 7 anni! grazie della risposta, se qualcuno mi saprà delucidare sulla questione

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    2. Durerà quanto quella della Indesit così raddoppieranno quelli co la panza all aria

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    3. Che figata quindi so i soliti 4 coglioni a rimane senza stipendio e senza sordi che bella L'Italia

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    4. Esatto !!!

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