Sono da poco filtrate le prime informazioni sull'esito del tavolo istituzionale tra Indesit, Governo e Regioni tenutosi oggi a Roma. Informazioni che è possibile riassumere in alcune indicazioni fondamentali: l'azienda conferma il contenuto del Piano - a partire dal numero di esuberi - ma auspica il ricorso ai contratti di solidarietà, invocando la disponibilità di risorse pubbliche aggiuntive per gli investimenti in Italia e una riflessione sul ricorso ai cosiddetti contratti di sviluppo. Tradotto in parole povere significa che il tavolo istituzionale ha cominciato a profumare maledettamente di IRI, ossia di salvataggi pubblici e di uno statalismo, condannato come bestemmia economica e culturale dai manager liberisti, ma che fa sempre comodo quando c'è da socializzare qualche perdita o qualche deficit strutturale di competitività. I contratti di solidarietà, infatti, non sono formule creative di contrattazione ma istituti del diritto del lavoro che prevedono una riduzione di orario e di retribuzione finalizzata al mantenimento dei livelli occupazionali, con la mano pubblica che si incarica di compensare il delta retributivo che inevitabilmente si produce. In questo senso i contratti di solidarietà sono, essenzialmente, una variazione sul tema degli ammortizzatori sociali, ossia strumenti che attutiscono la caduta e hanno altre finalità rispetto al mantenimento dei posti di lavoro. In parallelo c'è un altro versante in cui è previsto l'intervento pubblico e riguarda i contratti di sviluppo, ossia incentivi regolati dalla legge che possono essere richiesti dalle aziende per investire in settori collegati alla ricerca. In pratica dietro la formula del contratto di sviluppo si intravede il profilo dell'ormai celebre "centro fisico per l'innovazione e il design", ideato dal Governatore Spacca per sostituire gli operai di Melano con supertecnici dediti alla ricerca e all'innovazione. La sensazione, quindi, è che non ci sia nulla di nuovo sul fronte occidentale se non una tendenza all'irizzazione della crisi Indesit che rappresenta una ipotesi finanziariamente vantaggiosa per l'azienda e in grado di svolgere la funzione di specchietto per le allodole per le organizzazioni sindacali, intimamente convinte che l'individuazione di soluzioni non dipenda dalla nogoziazione tra le parti sociali ma da un rigurgito di statalismo rispetto al quale al sindacato spettano soltanto funzioni di stimolo e di sollecitazione. Per la Indesit è un primo passo, perchè l'azienda deve fare i conti con il calo della domanda in Europa e con una forte diminuzione del prezzo di vendita. Fattori che tendono ad aggredire l'azienda sia sul versante della redditività che su quello del fatturato. In questo senso Indesit non può utilizzare verso il basso la leva del prezzo perchè danneggerebbe la redditività, ma non può utilizzarla neanche verso l'alto, riallineando i ricavi ai costi di produzione, perchè questo genererebbe una erosione di fatturato. E questo cul de sac spiega, almeno in parte, l'ostinazione con cui la proprietà e il management restano fermi sulle proprie posizioni iniziali. Sul fronte sindacale accettare l'irizzazione della vertenza significherebbe tornare a casa con quattro spiccioli e con le ossa rotte, ma d'altro canto, le organizzazioni dei lavoratori non possono neanche agire ignorando gli elementi strutturali che mettono a rischio la competitività dell'azienda. Il che, che piaccia o meno, riproponecon forza l'opzione del contratto aziendale in deroga, che riporterebbe il confronto nei binari naturale della negoziazione sindacale, mettendo fuori dai giochi politica e istituzioni; realtà notoriamente più interessate al consenso che non al lavoro e alla competitività delle imprese.
23 luglio 2013
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Salvare l'indesit coi soldi nostri? Ma andate a ....
RispondiEliminaPerché con i soldi nostri non stiamo mantenendo gli operai Ardo da 7 anni ?
EliminaE quindi ci dobbiamo aggiungere anche questi altri?
EliminaChe capolavoro !!!!!! Ma se interviene lo Stato e la Regione come minimo dovrebbero contargli i peli del c...o e magari ficcanasare nei conti. Ma si sà che come al solito sarà tarallucci e vino.
RispondiEliminaProporrei la costituzione di un comitato a supporto dell'attività economica del fabrianese.
RispondiEliminaPartecipazione aperta ai soli cittadini.
Il Sindaco, è stato appurato, non rappresenta (pinamente ed efficacemente) il popolo, su queste questioni.
Ennesimo capolavoro Italico! Quando va bene, giustamente prendono gli utili, quando vanno bene le perdite le paghiamo tutti...
RispondiEliminaVolevo far notare che il "centro fisico per l'innovazione e il design" già c'è a Fabriano, la "SPES" che ha più il più alto tasso di ingegneri, ma non naviga in buone acque... sicuramente se si devono spendere soldi pubblici meglio aiutare loro!